venerdì 6 dicembre 2019

La Veijenda


Canale irriguo di Ouri (Pigna (IM)

La Veijenda era di domenica ed andava dalle ore quattro della domenica alle ore quattro del lunedì. L'ultimo che innaffiava era U Barba Già de Sorijun, che aveva l'acqua dalle ore due alle quattro della domenica.

Si raccontava che Baruna, uno dei maggiori possidenti pignaschi, nel secolo diciannovesimo coltivasse dei terreni in prossimità della sorgente delle Carsee e che, quando i contadini d'Ouri decisero di costruire il canale irriguo, che avrebbe portato l'acqua nei terreni coltivati, a suo piacimento, o quando riteneva utile innaffiare, non rispettasse la divisione delle ore, che i contadini si erano dati, in base alle esigenze ed alla grandezza dei siti in oggetto.

L'aiga (l'acqua) in un primo tempo fu incanalata per poter innaffiare i siti coltivati a castagneto. In seguito, quando il seminativo e la diversificazione delle coltivazioni crebbero, si ravvisò la necessità di incanalare l'acqua per tutta la bandita d'Ouri, e di dividerla ad ore sull'intero arco della giornata. (Tunin U Preva)
La particolarità del canale delle Carsee, era che di domenica l'acqua era libera, appunto, alla Veijenda. Questo tipo d'organizzazione era una risposta al fatto che, se il Baruna toglieva l'acqua nei giorni feriali a chi stava in quel momento, nelle sue ore, innaffiando, questi non aveva altra possibilità di recuperare l'acqua perduta che di domenica.
Allora si decise che chiunque avesse avuto bisogno dell'acqua, stabilita nella misura di un'ora, si sarebbe recato sulla mulattiera detta a Tira in prossimità del sito di Casciun, e li essendovi una bella pianta di fico vi avrebbe appeso uno straccio facilmente identificativo: appesolo nella parte più alta della pianta, aveva di conseguenza il diritto di innaffiare per primo.

Durante la siccità del 1920-1922, che mise a dura prova sorgenti e terreni coltivati, con la notevole riduzione delle sorgenti stesse, si dovette rimettere in discussione il modo con cui si prenotava l'acqua la domenica: straccio appeso al fico.

Non poche discussioni provocò quel sistema, perché chi aveva le campagne in prossimità del fico era in qualche modo avvantaggiato sulla scelta dei tempi: erano sempre gli stessi ad innaffiare per primi. Si ritenne che chiunque avesse bisogno d'acqua si sarebbe recato sul posto e avrebbe presenziato: contati i presenti si sarebbe proceduto all'assegnazione dell'ora della Veijenda. Chi primo arrivava conservava il diritto ad innaffiare per primo. Andava mio padre in piena notte e poi nella mattinata gli andavo a dare il cambio per non perdere il mio turno (Tunin u Preva).
Mi recavo sul bear con la sveglia per non perdere neanche un minuto d'acqua e anche per non togliere l'acqua prima che era arrivato il proprio turno, i minuti erano davvero preziosi, s^ era veramente preziosa quell'ora della Veijenda (Tunin u Preva)

Fredo de Pignatta chiese una volta a mia nonna: mi date la vostra ora, che devo andare via, devo vedere degli amici, devo essere a Lago Pigo oggi pomeriggio presto? Mia nonna, Petronilla Ferrero (a Maistretta), gli rispose: l'altra volta ti ho concesso di innaffiare prima di me, ma questa volta aspetti, prima innaffio io e poi tu al tuo turno. Così Fredo non poté recarsi a Lago Pigo, e questo forse gli salvò la vita, perché tutta quella fretta era legata al ritrovamento di un ordigno della seconda guerra mondiale. Insieme con altri ragazzi si erano dati appuntamento per provare a smontare quella bomba. Due di questi ragazzi, Ivo e Pippo, rimasero uccisi dall'improvviso scoppio. Fredo ringraziò mia nonna che involontariamente gli aveva salvato la vita. L'aiga a la sarvau [l'acqua l'ha salvato] mi diceva mia nonna...


Roberto Trutalli, Sindaco di Pigna (IM)