lunedì 22 luglio 2024

Franco Carli si era anche impegnato in un repertorio che comprendeva il cabaret satirico e intellettuale di Sandro Bajni

Franco Carli. Fonte: Sergio Bagnoli, art. cit. infra

Franco Carli, attore, autore e regista, mancato nella sera di mercoledì scorso all'età di 73 anni a Imperia, ha svolto un ruolo importante  nel panorama culturale  del Ponente Ligure.
Nella sua città ha promosso varie iniziative, realizzato spettacoli e diretto per alcuni anni il Teatro Comunale Cavour.
La sua carriera di attore ha assunto tratti diversi a seconda dei periodi. A più riprese ha lavorato al Teatro Stabile di Genova, prima con Luigi Squarzina negli anni sessanta e settanta,  poi con Marco Sciaccaluga e Peter Stein, interpretando testi di Pirandello, Sartre, Goldoni  Brecht, Koltès e Shakespeare. Si è legato per un certo tempo alla Tosse, sui cui palcoscenici ha recitato come protagonista  de Il re in bicicletta di Mario Bagnara con regia di Tonino Conte e I Corvi di Becque sotto la direzione di Aldo Trionfo.
Carli ha seguito anche percorsi artistici più eccentrici. Il suo esordio è avvenuto sotto un segno marcatamente anticonformista, prendendo parte al Dottor Jekyll e Signor Hyde, messo in scena da Carmelo Bene alla Borsa di Arlecchino di Genova nel 1961. Successivamente ha collaborato col Teatro Durini a Milano, impegnandosi in un  repertorio che comprendeva il cabaret satirico e intellettuale di Sandro Bajni, la riscoperta di testi polemici e scomodi di Majakovskij, lo sberleffo critico di Dario Fo.  E nel '72, insieme con Gianni Fenzi, Antonello Pischedda e un giovanissimo Marco Sciaccaluga, ha dato vita alla cooperativa Teatro Aperto, per la quale ha interpretato Don Chisciotte.
Rientrato a Imperia,  anche per gravi ragioni che lo hanno visto coinvolto con la moglie Gianna in uno strenuo impegno famigliare, con regolarità ha allestito come autore, regista e protagonista spettacoli tratti da storie del Ponente Ligure. Ha evitato tuttavia di rinchiudersi nel colore locale, proiettando in una dimensione fantastica e di grande  affabulazione figure e  vicende, secondo la lezione di Calvino.
La sua recitazione aveva la dote di una epicità non sussiegosa,  caratterizzata insieme dall'affettuosa simpatia umana verso i personaggi  e dall'ironico distacco del narratore. Ha spesso scavalcato i confini del teatro, proponendo letture penetranti di autori del Ponente Ligure come Boine, Mario Novaro, Cesare Vivaldi, Giuseppe Conte. Dalla fondazione del DAMS ha tenuto laboratori per gli studenti del Corso di laurea di Imperia, sfociati ogni anno in rappresentazioni seguitissime. L'ultima prova in questo senso è stato Nel bosco immaginario, a maggio, nella Sala Eutropia del Polo Universitario di Imperia.
Vivace, umanamente affabile, molto attento alle tradizioni popolari e musicali della sua terra, ricercatore curioso di forme della cultura orale del Ponente, ha valorizzato una parte di mondo che conosceva bene e  che ha regalato con generosità agli altri.
Eugenio Bonaccorsi, Addio Franco Carli protagonista della prosa, la Repubblica, 4 giugno 2011

Un lavoro approfondito sui suoni e sul linguaggio impostato insieme agli studenti universitari dei locali corsi del Dams, facente parte della facoltà di lettere dell'Università di Genova. Oltre che regista Carli recitò pure, al fianco di cinque studenti, nel “Bosco Immaginario”. L'allestimento teatrale al Cavour, due repliche fuori abbinamento, fu l'ultimo suo gesto d'amore per la cara Imperia che intendeva contribuire a sprovincializzare dopo l'apertura da più di un lustro, entro i suoi confini urbani, del Dipartimento delle Discipline dell'arte, musica e spettacolo. Carli veniva da una solida esperienza teatrale alle spalle: dopo l'esordio del 1961 con Carmelo Bene passò infatti allo Stabile di Genova, uno dei maggiori teatri di prosa pubblici d'Europa, per approdare nel 1964 a Milano al Teatro Durini. Qui entrò in contatto con il Premio Nobel per la letteratura Dario Fo e recitò accanto a gente come Bogdan Jerkovic e Giovanni Poli. Tornato poi allo stabile di Genova vi imbastì un profondo sodalizio con il famoso regista Luigi Squarzina ma contemporaneamente non disdegnò neppure di lavorare per il piccolo schermo televisivo al fianco di Giorgio Gaber nel programma “Le nostre serate”. Lavorò pure per la direzione ligure della radio, allora ancora un mezzo mediatico ascoltato pure nei suoi programmi culturali, insieme all'attrice genovese Lea Landi. Fortemente attaccato alla propria terra, pur evitando allo stesso tempo di venirne sopraffatto in modo da rifuggere il vizio del provincialismo e mantenere larghezza di vedute verso un vasto orizzonte culturale, Carli lascia oggi un grande vuoto forse incolmabile non solo ad Imperia ma in tutto il mondo del teatro italiano.
Sergio Bagnoli, Imperia ed il teatro italiano piangono la scomparsa di Franco Carli, Agora Vox, 4 giugno 2011

Matteo Lupi del direttivo della provincia di Imperia dell'Arci si è unito ai tanti imperiesi che hanno avuto il piacere di conoscere Franco Carli. Il noto artista del capoluogo si è spento  la scorsa notte e Lupi lo ha voluto ricordare così: "Franco è stato Presidente Provinciale del comitato Arci di Imperia dal novembre del 2000 sino al 29 maggio del 2004. Con lui ed Alfea Possavino Delucis ci lasciano due dei massimi dirigenti della nostra associazione e due figure di alto profilo del mondo culturale imperiese.Franco ha lavorato dagli anni'60 in avanti con i più grandi interpreti del teatro di prosa italiano, ma contemporaneamente ha saputo promuovere decine di iniziative tese alla valorizzazione delle tradizioni popolari nel nostro entroterra.
A Ceriana, tutti i cori ricordano con affetto le assidue visite di Franco in occasione delle serate estive e dei concerti: la sua collaborazione con Edward Neil ha consentito di “stanare” finalmente la tradizione popolare cerianasca da quel ghetto in cui era stata relegata nel dopoguerra. Nel 1997 Franco Carli ha fondato, insieme ad altre famiglie, l'associazione di promozione sociale Agenzia "H", un circolo arci sorto per sostenere politiche a favore dei diversamente abili e sensibilizzare la popolazione alle tematiche dell'handicap. Franco nella sua infatcabile attività al servizio degli altri e della comunità tutta, ha contribuito alla nascita di reti associative, progetti sociali e formativi, con il prezioso supporto di Luca Salvo, coordinatore provinciale dell'Arci negli anni della sua presidenza, Franco ha sostenuto la fondazione di Arci Servizio Civile Imperia, il Festival “MET” di San Bartolomeo al mare e le prime importanti inziative pubbliche sul tema dell'antirazzismo e della multicultura.
Ecco perché oggi anche le associazioni si sentono più sole... Sotto la sua guida, attenta e autorevole, l'Arci di Imperia ha vissuto un periodo di significativo rinnovamento, caratterizzato dall'investimento su quei dirigenti che ancora oggi rappresentano la spina dorsale del comitato in provincia: Feli, Elisa, Donatella, Giuseppe e il sottoscritto che a nome di tutto il Direttivo intende rivolgere alla moglie di Franco ed ai suoi figli le più sentite condoglianze".
Stefano Michero, Imperia: Matteo lupi (Arci) ricorda l'artista Franco Carli, Sanremo News.it, 3 giugno 2011

“È un tentativo di raccogliere alcuni segni che mio padre ha lasciato, forse nella speranza che qualcuno li cogliesse”: il figlio Antonio presenta così “Amanuense. Il mondo di Franco Carli”, che va in scena in “prima assoluta” oggi (martedì 14 marzo) alle 21 allo spazio Italo Calvino di Imperia, con replica domani sera al teatro “Salvini” di Pieve di Teco. Lo spettacolo è proposto nell’ambito delle due stagioni “gemellate” a cura del direttore artistico Eugenio Ripepi, con la consulenza del professor Eugenio Buonaccorsi, già presidente del Dams.
Scritto, diretto e interpretato da Antonio Carli, “Amanuense” è un commosso omaggio a Franco, personaggio centrale della cultura imperiese nei decenni scorsi, che il poeta e scrittore Giuseppe Conte ricorda così: “C’era la poesia, nel suo cuore. L’ho sempre pensato… Lui, paziente come un monaco o un artigiano medievale, appassionato come un uomo del proprio tempo, ha salvato nella poesia ciò che rende umano l’uomo, ha trascritto i frammenti di una grande biblioteca dell’universo che rappresentano il meglio di ciò che l’uomo ha concepito nel suo passaggio breve, nella sua effimere avventura sul pianeta che chiamiamo Terra…”.
Premiato a 17 anni da Alberto Moravia e dal presidente la Repubblica Gronchi come vincitore di un concorso nazionale per una raccolta di poesie, Franco Carli comincia a Genova la carriera: assistente alla regia di Luigi Squarzina e attore allo Stabile. Diventa poi direttore artistico del Cavour, crea laboratori nelle scuole, fonda rassegne e instilla in molti giovani la passione per la cultura e il teatro. E partecipa alla costruzione del Dams al Polo universitario imperiese: “Fino a pochi giorni prima di lasciarci, è stato impegnato nello sviluppo di progetti ad esso collegati”, ricorda Antonio.
Stefano Delfino, Con “Amanuense” Antonio Carli ricorda papà Franco nella stagione dello Spazio Calvino, La Stampa, 14 marzo 2017

Un critico, Dario G. Martini, su “Il giornale” di quello stesso giorno, pur mostrando molte perplessità per “la tetraggine” delle scene e dei costumi della Manari e per lo spettacolo che fonde, a suo parere, in maniera poco convincente elementi disparati: fumetti, fantascienza e televisione, è ammirato in particolare dall’interpretazione di Enrico Bonavera e di Carli, rispettivamente impegnati nei ruoli di Truffaldino e Cigolotti-Durandarte.
[...] Del maggio ’91 è poi la messa in scena al Duse di Re cervo di Carlo Gozzi con Franco Carli affiancato da alcuni giovani diretti con abilità da Sciaccaluga. Della Manari sono questa volta sia le scene e sia i costumi.
Roberto Trovato, Valeria Manari: l’architetto dei sogni, Revista Internacional de Culturas & Literaturas, 2016

domenica 14 luglio 2024

Tra le case gentilizie di Latte ricorda quella di Cabagni, usando il solo cognome Baccini

Latte, Frazione del comune di Ventimiglia (IM): la zona più interessata dal racconto che qui segue

La mia curiosità ha inizio da due righe di Wikipedia che informano che il maresciallo Antonio Carcasola di Gallarate introdusse a Latte, frazione di Ventimiglia, la coltivazione industriale dei fiori, producendo rose e garofani.
Poi nella "Cronaca ventimigliese 1859-1913" di Girolamo Rossi trovo la seguente notizia: "1903 - Dicembre - Oggidì, che Ventimiglia è nota pel traffico e la coltura dei fiori, occorre segnalare che nel 1881 il maresciallo dei carabinieri Antonio Carcasola di Gallarate fu il primo ad introdurre in Latte, nella villa Cabagni, la coltura dei fiori: in essa fecero ormai fortuna i Riva, i Saini, i Notari, ed i Martini". 
Ma questa iniziativa ebbe un epilogo complicato. Il contratto tra Carcasola e Cabagni era una locazione sui generis, quasi un'enfiteusi, con canone basso ma con obbligo di effettuare miglioramenti al fondo nel corso del contratto. La morte della moglie di Carcasola, cointestataria del contratto di affitto, complica le cose e alcune clausole li portano ad un litigio davanti al giudice.
Il notaio Mauro con atto del 19 aprile 1880 prevedeva che al termine del contratto tutti i miglioramenti apportati dal Carcasola e gli arredamenti stessi presenti nella casa, andassero a Cabagni senza nessuna indennità. Purtroppo, non era previsto che uno dei coniugi Carcasola morisse e interrompesse il contratto in anticipo in modo naturale. Su questo si apre una causa che arriva a sentenza in Corte di appello a Genova a fine del 1893.
Lo scopo di questo racconto non è far rivivere la sentenza che stabilisce per l'avv. Cabagni l'obbligo di risarcire il Carcasola nel momento in cui abbandona la campagna che aveva coltivato in locazione, ma piuttosto di individuare i luoghi ed i ricordi e ricostruire gli inizi della floricoltura.
Dell'avvocato Giovanni Cabagni trovo che nel 1875 chiedeva l'aggiunta del cognome Baccini. Da altri documenti successivi emerge che lo stesso era sposato a Bordighera con Manuel Gismondi Anna fu Luigi e che fu sindaco dal 1895 al 1901.
Anche il frate Luigi Ricca già nel 1865 nel suo viaggio verso Nizza, tra le case gentilizie di Latte ricorda quella di Cabagni, usando il solo cognome Baccini.
L'ultima traccia che trovo informa che nella villa Cabagni di Latte nell'ottobre del 1903 si installò la Congregazione dei Padri di San Pietro in Vincoli, provenienti da Marsiglia per dedicarsi all'educazione dei "discoli e dei carcerati". Rimasero fino al 1915.
L'annuario d'Italia  per l'esportazione e l'importazione del 1911 include in comune di Ventimiglia Ballini Pompeo, Diana, Lercari, Martini, Notari, Palmero, Riva, Saini, Squarciafichi, Viale.
Ballini Pompeo coltivava ed esportava rose a Mortola ed era un pioniere della floricoltura. Nei giardini Hanbury in un piccolo fabbricato chiamato "casa Ballini" è ubicata una banca dei semi per la conservazione della diversità vegetale e sono disponibili circa trecento tipi di semi per scambi con altri Orti Botanici. In passato la villetta era utilizzata come casa colonica per i giardinieri.
Già nel 1901 Carlo Riva aveva partecipato al congresso degli agricoltori e orticoltori italiani a Firenze, unico floricoltore.
Siamo rimasti in pochi a chiamare "da Riva" una campagna tra l'Aurelia ed il mare vicino alla casa del Vescovo e a villa Botti ormai diventata un po' condominio e un po' roveto.
Arturo Viale, Punti Cardinali. Da capo Mortola a capo Sant'Ampelio, Edizioni Zem, 2022

[altre pubblicazioni di Arturo Viale: I sette mari. Storie e scie di navi e di naviganti e qualche isola, Book Sprint Edizioni, 2024; La Merica...non c'era ancora, Edizioni Zem, 2020; Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, Edizioni Zem, 2019; L'ombra di mio padre, 2017; ViteParallele, 2009; Quaranta e mezzo; Viaggi; Storie&fandonie; Ho radici e ali; Mezz'agosto, 1994]

Sulle complesse vicende e sull'intricata genealogia dei Cabagni e dei Baccini si trovano notizie interessanti nel racconto "Casa Eugenia dei Manuel Gismondi" di Giuseppe E. Bessone che appare in "Racconti di Bordighera - 3" (a cura di Pier Rossi, Alzani Editore, 2021): "Verso la fine degli anni '20 del 1800 i tre maschi della nobile famiglia Baccini di Castelvittorio, già Castelfranco, decidono di maritarsi e di scendere al mare. Pier Paolo rimane scapolo, e poi sacerdote, e costruisce una villa a Latte di Ventimiglia, ora Zanelli: Francesco, avvocato, scende a Sanremo ove costruisce una casa ancora esistente su Via Nuova; Giovanni, il più giovane ha ereditato i terreni assai vasti di Bordighera dei Muraglia [...] e vi costruisce nel 1830 una casa, l'attuale Casa Eugenia [...] Con la morte di Giovanni finisce la famiglia Cabagni Baccini in linea diretta e la proprietà dei vasti terreni a monte e la Villa passano prima alla moglie e, successivamente, ai nipoti Manuel Gismondi [...]".
Ponendo termine alla citazione, si vuole aggiungere che in ordine al cognome Manuel Gismondi si potrebbero aprire diverse altre pagine di storia locale, soprattutto relative a Sanremo.
Adriano Maini

domenica 7 luglio 2024

Lo scultore Igor Grigoletto espone a Badalucco

Fonte: art. cit. infra

Badalucco: mostra “L’essenziale” dell’artista Igor Grigoletto
L’esposizione si intitola “L’essenziale” e sarà aperta sino al 27 luglio, dal giovedì alla domenica dalle 16 alle 20.
L’artista è noto sia per opere in metallo di grande formato collocate in diversi spazi pubblici della Riviera, sia per le sue caratteristiche realizzazioni geometriche su vetro. Una serie di queste ultime sarà presentata con un allestimento decisamente inusuale e, inoltre, Grigoletto ha realizzato un’opera site specifica, che inviterà i visitatori ad addentrarsi in un percorso di autoriflessione.
La storica dell’arte Claudia Andreotta presenterà l’evento illustrando come l’essenzialità dell’artista, che si esprime attraverso colori netti e forme rigorose, si colleghi alla tradizione aniconica del Novecento interpretandola in modo del tutto personale.
Lontano da un asettico astrattismo, Grigoletto riesce a narrare attraverso gli elementi costitutivi del linguaggio pittorico e con l’utilizzo del segno grafico. Recentemente vincitore del Gran Premio San Babila a Milano, l’artista con questa nuova personale mette in luce un percorso artistico sempre in evoluzione.
Redazione, Alla Upart Gallery di Badalucco la mostra dello scultore Igor Grigoletto, ImperiaPost.it, 6 luglio 2024

venerdì 5 luglio 2024

Da ragazzi abitavamo in Liguria, a Ventimiglia

Ventimiglia (IM): un angolo della Città Vecchia, nella quale Pietro Tartamella abitava al tempo del diploma

“C’è un poeta su un albero”: scriveva “La Stampa” il 10 dicembre 1973. “In Piazza Carlo Felice il giovane voleva dormire su un’amaca e raccogliere fondi per una rivista letteraria” continua la cronaca. “Alla fine è stato convinto a scendere. Erano le 2,30. Lo hanno accompagnato in Questura e identificato per Pietro Tartamella, 25 anni, Via Madama Cristina 6, due volte laureato. È stato visitato dalla guardia medica e giudicato sano di mente”.
Da quella gelida notte torinese sono trascorsi molti anni, ma Pietro Tartamella ha conservato il coraggio delle scelte difficili seppur “creative”.
Se così non fosse, non si spiegherebbe, per esempio, la magica invenzione di Cascina Macondo, un esperimento originale e forse unico dove uomini, donne, bambini, anziani, stranieri, s’incontrano in un clima di amicizia, studiano, imparano, ricercano: dalla lettura creativa ad alta voce, alla dizione, alla danza, al teatro, alla scrittura creativa, alla manipolazione dell’argilla, alla musica.
Tutto questo avviene in un vecchio cascinale nella placida campagna di Riva presso Chieri. Da quasi trent’anni. Ma prima, Pietro Tartamella, classe 1948, da Camporeale (Palermo), uomo dalle doti affabulatorie non comuni, era stato tante altre cose.
“La passione per la lettura e per i racconti di storie nasce da bambino. Mia madre e mio fratello erano dei bravi affabulatori. Soprattutto mio fratello Giuseppe, che mi raccontava sempre i film che andava a vedere con gli amici. Era un narratore così bravo che ancora adesso non so se quei film li ho visti per davvero o se è lui che me li ha raccontati. Questo mi ha fatto capire la potenza della parola. Da lì è nato il piacere di raccontare, di scrivere e di usare la voce per creare i racconti”.
Come si lavora sulla voce?
“Quando sentivo una voce che mi colpiva, mi allenavo a tentare di riprodurne le intonazioni. Una che adoravo era quella del doppiatore di Perry Mason. Lo studio ha senz’altro modificato la mia voce; infatti non ricordo più com’era prima!”
Arrivato a Torino nel ‘70, dopo un’infanzia trascorsa a Ventimiglia, Pietro Tartamella frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia, ma per protesta contro il mondo accademico e “la concezione utilitaristica che la nostra società ha della cultura” rinuncia deliberatamente al conseguimento della laurea a soli quattro esami dal suo raggiungimento. Fonda una rivista di poesia e letteratura, “La Tenda”. Per mantenersi fa mille lavori, durati una stagione, uno o due anni: manovale, cameriere, sceneggiatore di fumetti, correttore di bozze, edicolante, traduttore, aiutante restauratore di affreschi.
“Ho fatto anche politica attiva, con la Sinistra Indipendente, quando avevo l’edicola a Torino, in via Vanchiglia. Sono stato eletto consigliere in Circoscrizione e poi sono stato candidato in Parlamento con i radicali, ma lì è andata male. Proprio nel mio quartiere realizzavo e distribuivo gratuitamente in diecimila copie un giornale molto letto: ma ai miei colleghi consiglieri non piaceva che avessi tutta questa visibilità, così mi boicottarono. Questa e altre circostanze per me negative furono decisive nell’allontanarmi definitivamente dalla politica”.
[...]
Com’è nata l’idea di creare Cascina Macondo?
“Erano tanti anni che mia moglie Anna, bravissima ceramista, voleva trasferirsi in campagna. Dopo la nausea della politica anche in me è cominciata a farsi strada l’idea di mollare il rumore, l’insensatezza della metropoli. Anni prima mi ero imbattutto in Cent’anni di Solitudine, il capolavoro di Garcia Marquez. È destino di chi legge incontrare almeno un libro che diventa davvero importante per la tua vita. Per me è stato quello. Un libro che mi ha aperto delle porte. Nel ‘93 fondiamo, con altri artisiti, l’associazione Cascina Macondo, un laboratorio di ceramica, poesia e musica, dove si impara a parlare in pubblico ed a trasformare il suono della voce in immagini. Non solo: Cascina Macondo ha proposto negli anni percorsi didattici riabilitativi anche per i carcerati e i disabili”.
Nel '94, dopo aver lasciato l’edicola, Tartamella viaggia in camper per l’Italia con un grande tepee, la tipica casa a forma di cono degli indiani d’America, ospitando gruppi di bambini e di adulti a cui Il “Raccontastorie della tenda indiana” narra le leggende e le storie della tradizione popolare indiana.
“Il tepee era un luogo ideale e raccolto per raccontare. L’avevo fatta costruire da un amico con un telo leggero di lino, era di 6 metri di diametro, poteva ospitare anche 50 bambini. Ci volevano tre ore per montarla e quasi altrettante per smontarla. La tenda era arredata con manufatti realizzati da mia moglie, e con altri oggetti che ricordavano il mondo indiano. Regalavamo ai bambini copricapi indiani in cartoncino con le piume di carta colorata. Terminati gli spettacoli, passavamo la notte a confezionare i copricapi per il giorno dopo”.
Come si svolgeva il vostro spettacolo?
“Lo spettacolo durava tre quarti d’ora, in una giornata facevamo anche 3-4 repliche. Finita la storia, regalavamo una pallina d’argilla con un buco in mezzo, che, spiegavo ai bambini, ha il potere di ascoltare tutte le parole che sente e di restituirle ai bambini che sanno davvero ascoltare con attenzione. Era una cosa che li colpiva. L’atmosfera della tenda era davvero magica. Credo che in quel periodo abbiamo fatto della grande cultura. È stata un’importante occasione per dare informazioni positive sulla vita degli indiani, in modo che il concetto di selvaggio fosse definitivamente rimosso”.
[...]
Qual è il fascino dell’haiku?
“L’essenzialità. Cimentarsi con gli haiku significa osservare il mondo con occhio attento. Costringe a liberarsi delle sovrastrutture, delle parole inutili e superflue, di tutti i concetti che contemporaneamente si affollano attorno ad un evento, ad una esperienza, ad una sensazione. Ci spinge a guardare e soprattutto a cogliere l'essenza di un accadimento di cui siamo testimoni, la sostanza di una esperienza, il centro di una emozione”.
Chissà se Pietro Tartamella ha mai provato a scrivere un haiku che racchiuda il senso e la missione sociale della sua vita di artista con la A maiuscola?
Se così non fosse, lo invitiamo cordialmente a farlo.
Nico Ivaldi, Pietro Tartamella e la sua Cascina Macondo, Piemontemese.it, giugno 2011  

Eravamo molto amici io e Piero. Da ragazzi abitavamo in Liguria, a Ventimiglia.
Avevo conosciuto Pietro Tartamella, per me semplicemente Piero, in una festa che aveva organizzato a casa sua in una sera d’estate del 1968. Festeggiava il diploma da geometra che aveva appena conseguito.
Era nato in una modesta famiglia, il minore di cinque figli (tre fratelli e due sorelle). Amava dire: “Siamo quel che siamo… non ci si può illudere di avere origini o radici diverse…Quello è il nostro punto di partenza. Inequivocabile. Il resto è cammino”.
Eravamo tutti e due squattrinati e accettai di fare con lui un viaggio in autostop per l’Europa.
Era l’anno del movimento studentesco, Piero si era lasciato crescere i capelli, da contestatore. Il parroco della chiesa notava che tagliare i capelli non serve…quando questi sono lunghi nell’anima!
Diventammo amici.
Avevamo caratteri diversi, ma ci capivamo al volo.
Mi affascinava il suo modo di riflettere. Era molto attento alla comunicazione e ai messaggi, a quelli volontari ma soprattutto a quelli involontari, che intercorrono tra gli individui. Li indagava, traeva conclusioni, era un pensatore.
Ci siamo ritrovati a Torino, iscritti all’università: lui in Ingegneria, io in Medicina. Nessuno dei due continuò quella strada.
Piero ad un certo punto decise: né geometra né ingegnere. Studiare sì, ma letteratura, linguistica. Soprattutto gli interessava la poesia.
Avrebbe lavorato per mantenersi, non però alle dipendenze di qualcuno. Fece la scommessa con stesso di perseguire tenacemente le proprie idee affidandosi esclusivamente alle proprie forze, al proprio ingegno. Gli sarebbe costato dei sacrifici, specie quando in seguito avrebbe messo su famiglia.  Ma era riuscito a dare un significato all’esistenza.
Di carattere meditativo, dotato di una profonda calma, che a me risultava sorprendente e quasi misteriosa, possedeva una voce attraente, che definiva il miglior organo sessuale secondario!  “Io scrivo con la voce!”.  Manifestava una personalità magnetica.
Ricordo la sua contagiosa risata, quando reclinava il capo e si accarezzava la barba.
Era contro l’autoritarismo e la prepotenza.  Lo definisco un socievole eremita.
Negli anni ’70 a Torino aveva pubblicato i primi libretti di poesie (“Sentimenti” e “Stalattiti di speranze ammutolite”) e poi la bella e lunga lirica de “Il poeta sull’albero”. Elaborava in quegli anni la teoria della poesia gestazionale: il poeta è anche attore che si mostra in pubblico con azioni spettacolari, la scrittura ne delucida il senso.
 Una sera di dicembre nel 1973, compì la prima di queste azioni: si era arrampicato su un albero di fronte alla stazione di Porta Nuova a Torino.
Lassù, tra ventri di freddo e dita biforcate, confermava a se stesso e agli altri la scelta di farsi poeta “con l’abbraccio della vita e della lotta... scrissi / tante volte /a tutte le lune / dell’universo / inviando doni / e mi risposero…”
In quegli anni io mi ero trasferito a Como. Piero si era sposato con Anna, e hanno avuto due bimbe: Nagy e Ajdi.  
Mi incontravo ancora con lui e rivederlo era un piacere: sempre nuove idee, proposte, socialità e cultura.
Non saprei enumerare tutte le sue innumerevoli iniziative: la rivista La Tenda, i concorsi di poesia, i corsi di dizione, i racconti esposti nella Poeticola ’ l’edicola che gestiva in via Vanchiglia.  E poi gli hajku giapponesi, la scrittura ortoèpica, la danza-teatro, le domeniche aperte ed il lavoro con i detenuti del carcere di Saluzzo, a cui teneva tanto.
Assieme ad Anna aveva creato la bella realtà di Cascina Macondo.
Per un lungo periodo non lo rividi più, finché nella primavera 2018 ci incontrammo a Torino, in occasione del suo settantesimo compleanno.. Mi confidò di voler pubblicare trentatré racconti, autobiografici, che avrebbero spaziato per l’intero l’arco della sua vita. Mi chiese di scriverne una prefazione. L’ho fatto ed ho riprovato lo stesso piacere di quando, cinquant’anni anni, prima gli avevo scritto la prefazione al “Poeta sull’albero”.
E se 50 anni prima, a Torino un grande albero lo aveva accolto tra i rami con la profezia di una feconda vita d’artista, dopo mezzo secolo un altro grande albero dialoga, questa volta con il protagonista del suo ultimo racconto, “Senza compianto per il luogo natio”, ma questa volta per chiudere l’esistenza.
Nella sua vita Piero ha avuto un cruccio. Quello di partorire continuamente tante idee e progetti, più di quanto il tempo e la salute concessogli dal creatore potevano permettere di realizzare.
È comunque riuscito a mostrare una possibilità, una via, una visione del mondo. Una concezione della cultura che ricorda le parole di Giorgio Strehler: la cultura è un esserci, un essere insieme. Ascoltare insieme, pensare insieme. Lasciando vivere la curiosità e vincendo la pigrizia.
Meglio svelare, diceva Piero, meglio condividere idee e progetti, metterli a disposizione di tutti in un patrimonio comune piuttosto che lasciarli al buio chiusi per sempre in un cassetto.  
È forse stata la sua un’ispirazione analoga a quella che ha spinto Paolo Godani, un filosofo contemporaneo, a scrivere:
“Noi, abitanti non pacificati delle società contemporanee, manchiamo di qualcosa di fondamentale: di un piacere che ha a che fare con la fruizione gioiosa dell’esistenza…
Di un vivere assieme che non contempla più alcuna concorrenza e dunque in questo senso è l’espressione più alta dell’amicizia…”
Recuperare questo piacere costitutivo è stata propriamente la vocazione profonda di Piero nel suo continuo pellegrinaggio e ricerca: Come se Dio avesse mescolato una manciata di uomini in mezzo agli altri uomini, dando ad essi il compito di trovarsi ("I poeti de La Tenda", 1975).
Negli ultimi anni, Piero ha affrontato la lunga malattia con saggezza ed umiltà, con sempre accanto Annamaria, nella Cascina Macondo, dove si è spento alle prime luci dell’alba del 25 febbraio.
Un mese prima, quando il male avanzava, gli avevo chiesto: “Scrivi ancora?”, mi aveva risposto “No, sono stanco. Sto quasi sempre a letto. Nonostante ciò i giorni corrono veloci. Cerco di cucire delle frasi...mi manca il lavorare. Ho il rammarico di non essere riuscito a pubblicare i miei racconti”.
Ora, Piero, sei nelle grandi praterie´. Forse sei su un albero o forse all’interno di un tepee azzurro. Forse abbozzi passi di danza o forse scolpisci nuvole di fumo a colpi di frusta.
Ti ho voluto bene! Ti vogliamo bene!    
Il tuo amico Bruno Veri, Un ricordo, Facebook, 27 febbraio 2022

Voglio ricordarlo, Pietro, con uno dei primi libri che mi aveva mandato, testimonianza del suo grande impegno anche nelle carceri: “La stretta di mano e il cioccolatino”, in qualche modo resoconto di un progetto che ha coinvolto, fra Belgio, Italia, Polonia, Serbia, Grecia, dodici prigioni con circa 200 detenuti, impegnati in percorsi didattici, laboratori creativi e tante altre iniziative. E’ stato come un fiume lo scorrere di queste pagine, un’antologia di diari, riflessioni, racconti, poesie, haiku. Il racconto dei mille giorni di un progetto nato per portare scrittura ed arti nelle carceri. Ma soprattutto per portarne fuori, dalle carceri, scrittura e arti.
Francesca de Carolis, Il grande cuore di Pietro Tartamella, Ultima Voce, 27 febbraio 2022

lunedì 1 luglio 2024

Mario Bardelli espone a Ceriana (IM)


Mario Bardelli espone a Ceriana (IM), Palazzo Roverizio, da sabato 29 giugno 2024 a lunedì 29 luglio 2024. Vernissage: sabato 20 luglio 2024 dalle ore 16.

giovedì 27 giugno 2024

A Torria l'edificio rimase sede della scuola elementare fino al 1981

Torria, Frazione del Comune di Chiusanico (IM). Fonte: Wikimedia

La tesi in oggetto ha lo scopo di analizzare gli interventi di recupero e restauro conservativo dell'edificio del Santuario della Madonna della Neve in Torria, paese sito nella Valle Impero in provincia di Imperia [n.d.r.: Frazione del Comune di Chiusanico], e le relative coperture finanziarie derivanti dalla vendita di immobili di proprietà della Parrocchia di San Martino a cui il Santuario fa capo.
Questa analisi è stata promossa dalla Parrocchia al fine di avere un quadro più chiaro sui lavori da eseguire sul suddetto edificio ecclesiastico e per avere una stima sufficientemente affidabile sulla fattibilità economica dell'intervento.
Le valutazioni riportate nelle seguenti pagine sono suddivise in quattro capitoli principali, che partendo da un'analisi ad ampio raggio, vanno via via a focalizzarsi sullo specifico argomento oggetto di indagine. Ad essi si aggiungono la presente prefazione introduttiva, la conclusione riportanti le mie considerazioni finali ed la bibliografia riportante tutte le risorse utilizzate per la redazione della tesi in oggetto.
Il primo capitolo ha come titolo: “La Valle Impero” e ne studia i relativi aspetti storici, ambientali, urbanistici, amministrativi, viari e relativi alle tipicità edilizie presenti.
Il secondo capitolo nominato: “Il paese di Torria”, analizza il nucleo urbano ed il territorio limitrofo, prima sotto il profilo storico e demografico e poi da un punto di vista prettamente urbanistico, anche mediante la redazione di quattro tavole di rilievo: 2A) Comune censuario che evidenzia le destinazioni d'uso dei terreni, i percorsi viari e la collocazione del nucleo urbano principale e della sua borgata disgiunta; 2B) Mappa cellulare che grazie ad una
rappresentazione simbolica individua per i vari immobili il periodo di costruzione, la finalità d'uso, il numero di piani ed analizza gli spazi esterni; 2C) Mappa aggregato urbano che rappresenta la pianta delle coperture con l'indicazione degli ingressi degli edifici costituenti il borgo, nonché l'analisi degli spazi esterni; 2D) Sezioni urbane che permette di intuire l'andamento altimetrico dell'area più prossima al paese.
Il terzo capitolo chiamato: “Il Santuario della Madonna della Neve” è il cuore della tesi e riporta un'analisi storica dell'edificio e degli elementi circostanti, nonché il rilievo dello stato di fatto e gli interventi per il restauro anche grazie a sei elaborati grafici: 3A) Planimetria generale; 3B) Piante; 3C) Prospetti 1; 3D) Prospetti 2; 3E) Sezioni; 3F) Progetto che riporta i disegni dei locali laterali restaurati e la rappresentazione 3D dell'intero stabile.
Il capitolo quattro ha come titolo: “Asilo Parrocchiale” ed è il capitolo prettamente economico in cui sono riportati il computo metrico estimativo ed il cronoprogramma dei lavori, l'analisi del prezzo di vendita dell'immobile e l'analisi costi e ricavi che permette di definire la fattibilità dei suddetti interventi.
[...] Durante la seconda guerra mondiale, diversi uomini di Torria vennero impiegati sul fronte mentre nel periodo successivo all'armistizio dell'8 settembre 1943 ed all'occupazione tedesca, si registra la strage del passo di Vellego, in cui alcuni soldati tedeschi bloccarono e fucilarono un gruppo di uomini che andavano a scambiare olio in Piemonte, tra cui figuravano tre abitanti di Torria.
A partire dal secondo dopoguerra inizia l'edificazione delle case sparse, fuori dal nucleo storico del paese, che col passare degli anni sono arrivate a circa 15 abitazioni. Agli inizi degli anni '50 si assiste al rogo di un edificio in via Padre Gandolfo, col successivo crollo del piano terra e dei due soprastanti, le cui macerie andarono a riempire i due piani sotto strada. Dopo il consolidamento iniziale, in anni recenti si è operata una nuova messa in sicurezza e vi è stata realizzata una piccola piazza. Alla fine del decennio vengono cementificate le vie interne all'abitato, che cinquant'anni più tardi verranno pavimentate in pietra e mattoni.
Negli anni '70, su proposta del sindaco Vincenzo Armando Leone, vengono realizzate le strade interpoderali carrabili, per facilitare il collegamento tra i terreni agricoli ed il paese. Tale intervento suscitò l'ostracismo di alcuni proprietari per il passaggio della strada nei loro poderi, ma oggi i terreni ancora coltivati sono in buona parte quelli collegati da tali arterie.
Negli anni '80 viene ripavimentata la piazza centrale del paese e rinnovato il sagrato dinanzi alla parrocchiale. Nel decennio seguente, ad opera del comune, viene recuperato il podere della Dotta, di proprietà della chiesa. Su di esso viene realizzato un locale coperto per le manifestazioni con sovrastante parcheggio a servizio della piazza principale. Nel 1996 viene ristrutturato il campanile della parrocchiale. Nel 1997 muore Don Luigi Faraldi, ultimo parroco residente in paese e da quel momento le celebrazioni sono demandate a sacerdoti esterni. Con la sua eredità si è proceduto alla ristrutturazione della facciata della parrocchiale.
Nel nuovo secolo vengono ristrutturati il campanile del santuario, l'oratorio di San Giovanni Battista, viene pavimentata la via principale e si esegue il progetto di recupero dell'oratorio dell'Annunziata, i cui lavori non sono ancora iniziati per mancanza di fondi.
[...] Le tavole di rilievo sono state redatte mediante l'utilizzo della “Carta Tecnica Regionale regione Liguria in scala 1:5000”, la “Mappa Catastale del Comune Censuario di Torria” ed attraverso la misurazione diretta grandezze costituenti il nucleo urbano di Torria
I disegni costituenti le suddette tavole sono stati riportati nelle seguenti pagine con rappresentazioni non in scala. I disegni in esse presenti sono:
- Comune censuario di Torria, Catasto di Imperia, scala 1:10.0000, tavola 2A;
- Mappa cellulare del paese di Torria, scala 1:1.000, tavola 2B;
- Mappa aggregato urbano del paese di Torria, scala 1:1000, tavola 2C;
- Sezioni urbane del paese di Torria, scala 1:1000, tavola 2D.
[...] L'ex casa comunale
La tradizione secentesca riportata dal prevosto Alassio permette di affermare che l'attuale edificio insiste sul sito e parzialmente sulla muratura della domus communis medievale. Gli atti consolari superstiti dei secoli XVIII e XIX fanno riferimento alla sala del Consiglio della Comunità, che costituiva il vano più grande della casa comunale, situata al primo piano dell'edificio d'angolo prospiciente sull'allora Piazza della Fontana. I documenti relativi al primo restauro dell'edificio risalgono al 1830, per lavori eseguiti solo nel 1845, per mancanza di fondi. L'ampliamento dei locali, corrispondente alla situazione attuale, risale al 1852 ed alla decisione del Consiglio di costruire sul terrazzo della casa comunale, attiguo alla sala consigliare e sovrastante la cisterna dell'acquedotto, una stanza ad uso scolastico. Il progetto, redatto l'anno seguente dal geometra Giò Batta Gandolfo di Pontedassio, prevedeva la muratura delle fondamenta del nuovo locale e la coerente sistemazione della fontana pubblica, la completa ristrutturazione della sala consigliare soffittandola a volta, la sopraelevazione del tetto e tutte le opere interne. Con la soppressione del Comune nel 1923, l'edificio rimase sede della scuola elementare fino al 1981 quando l'autorità scolastica ne decretò la chiusura per il numero insufficiente di alunni. Oggi l'edificio conta tre stanze al piano primo, quella principale con doppio affaccio e comprendente anche la scala di accesso dalla Piazza Brigata Liguria, la seconda con affaccio sulla piazza stessa e la terza con affaccio sul tratto iniziale di Via Padre Gandolfo, tutte con solai di copertura piani, rifatti nel novecento. Tali locali sono oggi utilizzati come sede del seggio elettorale. Al piano terra si ha il porticato della fontana, il locale della vecchia cisterna con ingresso dalla via suddetta ed un piccolo locale magazzino con accesso dalla piazza.
Luca Gandolfo, Recupero del Santuario della Madonna della neve in Torria (IM). Analisi storica, rilievo del territorio e fattibilità degli interventi, Tesi di laurea, Politecnico di Torino, 2018

lunedì 17 giugno 2024

Vede sulla punta di Mortola, controluce, una leggera scia bianca


Parliamo un po’ di Lei [Arturo Viale], dove è nato e cresciuto?
Sono nato a Ventimiglia in una casa di campagna lungo la via Julia Augusta in cui la nonna Lilla ha gestito una osteria per decenni nella prima metà del Novecento e fino alla sua morte.
A vent'anni, pur conservando profonde radici, sono sceso in città a lavorare in banca per oltre quarant'anni.
La nonna, che negli anni di guerra aveva tenuto un diario della zona Intemelia, è stata uno dei primi semi verso la scrittura.
Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
Dato il legame dell'autore col mio territorio consiglierei il Barone Rampante.
Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’eBook?
Personalmente, data l'età, uso l'eBook solo parzialmente quando voglio fare ricerche veloci, reperire testi che non ho sottomano etc.
Sono molto più attratto dai Podcast che considero più favorevolmente degli Instant Book. Per pigrizia uso a volte gli eBook anche per farne una "lettura ad alta voce" utilizzando le funzioni delle applicazioni.
La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
La voglia di scrivere è con me dall'età di diciotto anni inizialmente per un richiamo verso Pavese, Fenoglio, Vittorini etc.
Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Una delle mie passioni principali è quella di "salvare la memoria" quasi fare un "backup". Agli spunti familiari e personali che sono sempre presenti si sono aggiunte scoperte, notizie, informazioni che ho incontrato progressivamente.
Ad esempio, mio nonno, Arturo come me, a bordo nella Regia Nave militare "Fieramosca", aveva raggiunto Ushuaia a marzo del 1906. A me questa storia era parsa degna del capitano Achab o di Benito Cereno.
Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Credo che ognuno possa trovare il proprio messaggio; ci sono migranti italiani in cerca di fortuna e soldati italiani che aspettano di tornare in patria. Ci sono situazioni disperate e scoperte fortunose. Ci sono atti di eroismo e di vigliaccheria. È un mondo che non esiste più, a cui si fa fatica a credere.
La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Ho sempre scritto in modi diversi, per un certo periodo stampando in proprio "librini" che utilizzavo come strenne agli amici.
Poi quando è stato possibile ho pubblicato con piccole tirature storie di carattere locale a cavallo della frontiera tra Liguria di Ponente e Provenza sempre con attenzione alla conservazione dei ricordi.
C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Ho ricordato che quando ero bambino, nell'osteria della nonna Lilla c'era appeso alla parete della sala un quadro con una cornice fatta con conchiglie di mare che riproduceva la Regia Nave Fieramosca e in un piccolo medaglione il ritratto del nonno Arturo, che non ho conosciuto, raffigurato al rientro nella Darsena di La Spezia.
Poi negli anni non ho più visto quel quadro ed ho pensato che fosse stato incluso nel feretro della nonna, quando anche lei se ne era andata.
[...]
Redazione, Intervista all'autore Arturo Viale, Book Sprint Edizioni, 5 giugno 2024

Ventimiglia (IM): Casa Bataglia oggi. Foto: Arturo Viale

Qui devo raccontare la leggenda familiare sulla morte del nonno Arturo, malato da tempo. Dicevano che avesse una macchia di sangue nella testa. Siamo nel 1930. È una sera dei primi di maggio; saranno le otto e mezzo. In lontananza i cani smettono a uno a uno di abbaiare: sono i particolari che contano nella vita. Nella stanza grande, all’ultimo piano di casa Bataglia, l’uomo è nel letto, da prima di Natale, stanco. Gli sono intorno la moglie e i figli che hanno circa vent’anni. Il prevosto è appena uscito dopo avergli dato l’Olio Santo. Sulla porta ha detto a bassa voce di non scendere ad accompagnarlo, di stare lì ad assistere, che non passerà la notte: lui lo sa bene, ne ha già visti tanti andarsene così. L’uomo nel letto sembra più vecchio dei suoi cinquanta anni, ma combatte ancora, ha la scorza dura. Ne ha passate di peggio da giovane, sul mare. Ogni tanto si riprende e racconta come solo lui sa raccontare: dice che sulla punta di Mortola c’è un brigantino a tre alberi fermo nella calma. I suoi gli stanno stretti intorno e contano i suoi respiri che stanno finendo. Sanno che quello che vede, quello che racconta, è sempre più spesso frutto delle allucinazioni e della malattia. La moglie e i figli lo ascoltano e non osano guardare oltre la finestra. Ha sempre raccontato storie di mare e di navi, vissute nei lunghi mesi di navigazione verso la fine del mondo, a Ushuaia. Ma stavolta, pensano, non si è mosso dal letto, non può aver visto, sarà l’ultima allucinazione prima del trapasso. Alla fine, l’uomo si arrende con un crampo, un sussulto, e gli chiudono gli occhi. Allora la moglie si alza per accostare gli scuri e coprire tutti gli specchi nella stanza per evitare che l’anima del defunto si porti con sé l’immagine di qualcuno dei presenti nella stanza. In quel momento vede sulla punta di Mortola, controluce, una leggera scia bianca che disegna il mare calmo, fermo che sembra un lago sfumato di tramonto in una sera di rondini e pensa che l’anima di Arturo se n’è andata per sempre. Potrebbe esserci stato davvero un bastimento a vela appena salpato, spinto dalla poca aria che si leva a quell’ora da terra verso ponente; forse dal letto Arturo avrà visto un riflesso nel vetro della finestra aperta o nello specchio del comò a fianco del letto. La scia va verso Garavano, oltre lo scoglio dell’Isurotu, dietro la villa degli Hanbury e ormai non si potrà più sapere se la barca c’era davvero o se era il ricordo più forte della sua vita mentre la sua memoria si stava dissolvendo.
Arturo Viale, La morte del nonno Arturo, Facebook, 12 giugno 2024

sabato 8 giugno 2024

Allieva di Giuseppe Balbo e di Enzo Maiolino

Gabriella Allara, La Porta del Capo a Bordighera, 1967. Fonte: dzen.ru

Col patrocinio del Comune di Bordighera - assessorati alla Cultura e al Turismo - Gabriella Allara espone i suoi "Ritratti a Matita e Sanguigna" nella suggestiva sede dell'ex chiesa Anglicana dal 26 dicembre 2009 al 10 gennaio 2010 con il seguente orario di tutti i giorni: 15,30/19. L'inaugurazione della mostra si terrà alle 17 del 26 dicembre. Ingresso libero.
Gabriella Allara nasce a Bordighera, dove vive e lavora. Figlia d'arte. Il padre, Giuseppe, stimato pittore e fondatore della Galleria d'Arte "La Certosa", è stato commemorato nel 2008 in occasione del centenario della nascita con un'esposizione presso l'ex chiesa Anglicana.
Artista figurativa. Le sue tecniche più usate sono l'acquerello, la tempera, l'olio e la china. Conosciuta soprattutto per il suoi "carrugi", suggestivi lavori eseguiti in china bianca su nero, ritraenti angoli caratteristici dei paesi dell'entroterra ligure ricco di scorci.
Ha scritto di lei il professor Giacomo Migone: "… possiede le innate, peculiari doti, privilegio delle creature elette, che volgono all'elevazione della mente e alla commozione del cuore, dinanzi al mistico richiamo della natura. Pur denotando istintive predisposizioni nell'interpretazione di soggetti paesaggistici, evocativamente resi, sente particolarmente attrazione per lo studio della figura".
Allieva di Giuseppe Balbo e di Enzo Maiolino. Dopo un periodo di silenzio artistico, causato da motivi familiari, torna al pubblico dal 1992 con mostre collettive e dal 2005 con la mostra "Ritratti a matita e sanguigna", riprendendo un'attività espositiva che in passato aveva caratterizzato la sua produzione.
Ha esposto in collettive e personali in tutto l'entroterra del Ponente ligure, a Bordighera, Vallecrosia, Ventimiglia, Sanremo, Imperia, Principato di Monaco, Milano, Parma, Biella, Villefranche sur mer, Mentone.
Francesco Mulè, Gabriella Allara all'Anglicana, Sanremo Buongiorno!, 23 dicembre 2009   

Gabriella Allara, Bordighera Alta. Fonte: dzen.ru

Si è svolta ieri pomeriggio, nella sala polivalente di Vallecrosia, l'inaugurazione della mostra 'Ritratti a matita e sanguigna' della pittrice Gabriella Allara.
Carlo Alessi, Vallecrosia: inaugurazione della mostra di Gabriella Allara, Sanremo.news, 24 maggio 2010 

Gabriella Allara

Gabriella Allara

Gabriella Allara

Gabriella Allara

Gabriella Allara

Gabriella Allara

Gabriella Allara

Riportando di seguito alcuni riconoscimenti ottenuti da Gabriella Allara, si sottolinea che qui sopra vengono pubblicate immagini (da lei gentilmente concesse) di altre sue opere: Medaglia d’Oro Circolo Amici della Pittura di Apricale, Medaglia d’Oro a Vallecrosia, Medaglia d’Argento a Villefranche S/Mer, Primo Premio a Molini di Triora, Terzo Premio a Coldirodi, Secondo Premio a Vallecrosia, Terzo Premio Trofeo Internazionale “Mosè Bianchi 1977” di Milano, Secondo Premio al Concorso Internazionale “La Bitta d’Oro” di Milano, numerose altre targhe e coppe.
Adriano Maini

mercoledì 5 giugno 2024

Coll’aiuto di patrioti bordigotti

Bordighera (IM): Casa Eugenia

La mia curiosità ha inizio da due righe di Wikipedia che informano che il maresciallo Antonio Carcasola di Gallarate introdusse a Latte, frazione di Ventimiglia, la coltivazione industriale dei fiori, producendo rose e garofani [...] Dell'avvocato Giovanni Cabagni trovo che nel 1875 chiedeva l'aggiunta del cognome Baccini. Da altri documenti successivi emerge che lo stesso era sposato a Bordighera con Manuel Gismondi Anna fu Luigi e che fu sindaco dal 1895 al 1901.
Anche il frate Luigi Ricca già nel 1865 nel suo viaggio verso Nizza, tra le case gentilizie di Latte ricorda quella di Cabagni, usando il solo cognome Baccini.
[...] Siamo rimasti in pochi a chiamare "da Riva" una campagna tra l'Aurelia ed il mare vicino alla casa del Vescovo e a villa Botti ormai diventata un po' condominio e un po' roveto.
Arturo Viale, Punti Cardinali. Da capo Mortola a capo Sant'Ampelio, Edizioni Zem, 2022

[altre pubblicazioni di Arturo Viale: I sette mari. Storie e scie di navi e di naviganti e qualche isola, Book Sprint Edizioni, 2024; La Merica...non c'era ancora, Edizioni Zem, 2020; Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, Edizioni Zem, 2019; L'ombra di mio padre, 2017; ViteParallele, 2009; Quaranta e mezzo; Viaggi; Storie&fandonie; Ho radici e ali; Mezz'agosto, 1994]

Sulle complesse vicende e sull'intricata genealogia dei Cabagni e dei Baccini si trovano notizie interessanti nel racconto "Casa Eugenia dei Manuel Gismondi" di Giuseppe E. Bessone che appare in "Racconti di Bordighera - 3" (a cura di Pier Rossi, Alzani Editore, 2021): "Verso la fine degli anni '20 del 1800 i tre maschi della nobile famigla Baccini di Castelvittorio, già Castelfranco, decidono di maritarsi e di scendere al mare. Pier Paolo rimane scapolo, e poi sacerdote, e costruisce una villa a Latte di Ventimiglia, ora Zanelli: Francesco, avvocato, scende a Sanremo ove costruisce una casa ancora esistente su Via Nuova; Giovanni, il più giovane ha ereditato i terreni assai vasti di Bordighera dei Muraglia [...] e vi costruisce nel 1830 una casa, l'attuale Casa Eugenia [...] Con la morte di Giovanni finisce la famiglia Cabagni Baccini in linea diretta e la proprietà dei vasti terreni a monte e la Villa passano prima alla moglie e, successivamente, ai nipoti Manuel Gismondi [...]".
Ponendo termine alla citazione, si vuole aggiungere che in ordine al cognome Manuel Gismondi si potrebbero aprire diverse altre pagine di storia locale, soprattutto relative a Sanremo.
Qui si aggiunge solo la sottolineatura dell'amicizia di Vincenzo Manuel Gismondi con Giuseppe Porcheddu, la quale rifulse in un episodio significativo in occasione del tentativo, fallito (Giuseppe Porcheddu, Memoriale: "organizzato in casa mia coll’aiuto di patrioti bordigotti; [Vincenzo Manuel] Gismondi - Assaddria [Federico Assandria] - Maraglia [Muraglia] - Un canotto di Donegani, trafugato venne adattato col fuoribordo acquistato con fondi di Giacometti equipaggiato e messo in acqua: vi salirono… i 2 inglesi ed i nominati patrioti, dopo un breve soggiorno in casa mia per gli ultimi preparativi. Ma l’imbarco, avvenuto felicemente ad onta della attiva sorveglianza tedesca, non ebbe buon esito, chè la barca si empì d’acqua a 200 metri da riva ed a stento i fuggiaschi raggiunsero la costa rifugiandosi poi da me, fradici ed avendo salvato solo il motore"), di fare fuggire verso la Corsica già in mano agli alleati via mare su di una barca provvista all'uopo di motore gli ufficiali britannici Michael Ross e George Bell, già prigionieri di guerra ma evasi dalla detenzione in provincia di Parma dopo l'8 settembre 1943.
Adriano Maini

mercoledì 29 maggio 2024

Azzi era stato per parecchi mesi il responsabile della polveriera di Pietrabruna

Pietrabruna (IM): una vista sulla vallata del rio San Lorenzo

Quando Azzi è ormai piantonato dai carabinieri nell’ospedale di Santa Margherita Ligure, la carrozza del treno dove è avvenuta l’esplosione viene staccata dal convoglio e ispezionata. Sul pavimento a grata metallica della toilette, il personale dell’Ufficio politico - coadiuvato da un artificiere - non raccoglie molto: alcune schegge di tritolo, del filo di rame ricoperto di plastica verde, un rottame di alluminio proveniente da un detonatore esploso, frammenti di nastro adesivo e un pomello di ottone per la regolazione delle lancette di un orologio. Gli agenti si accorgono però che il sangue copre anche la maniglia del finestrino, aperto per metà, sul cui orlo superiore scorgono altra polvere sospetta. L’ispezione del tratto di strada ferrata percorso dal convoglio dopo l’esplosione, permette il ritrovamento di due saponette di tritolo scheggiate (del peso originale di 500 gr ciascuna), una sveglia adattata a timer, una borsa a soffietto del tipo da medico e un detonatore pieno di esplosivo allacciato ad una micro-lampada da presepe.
Quattro giorni dopo, un operaio in servizio alla stazione di Sestri Levante (40 km di distanza sulla stessa linea) trova una borsa in un cespuglio sulla scarpata. All’interno la polizia ferroviaria estrae due pistole, munizioni e assorbenti da donna. Il reperto, scrive l’Ufficio politico, è considerato «defenestrato dal treno su cui viaggiava l’Azzi» e lascia pensare «che nel caso sia implicata una donna»; il proprietario potrebbe essersene sbarazzato «avendo notato gli agenti di Polizia eseguire il servizio di controllo sul treno» <3.
Le indagini permettono di capire cosa è avvenuto nei secondi precedenti e successivi all’esplosione. Nico Azzi, che a Imperia ha svolto il servizio militare come artificiere di fanteria con il grado di caporale istruttore, sa maneggiare gli esplosivi. Con una sveglia, due detonatori, una pila elettrica e due pani di tritolo cerca di attivare un ordigno ad orologeria da collocare nel cestino metallico dei rifiuti. Siede sul water quando i bruschi sobbalzi del treno sugli scambi della stazione genovese provocano una manovra maldestra che attiva il circuito e fa esplodere il detonatore. Anche grazie alle sue gambe che fanno da protezione, l’esplosione non coinvolge il tritolo. Pur gravemente ferito, il ragazzo può quindi disfarsi del materiale compromettente gettandolo dal finestrino.
Con l’avvio della fase istruttoria del processo cominciano gli interrogatori.
3 ASBO, Questura di Genova, Ufficio politico, rapporto giudiziario a carico di Azzi Nico, 14 aprile 1973. cit.
Alessio Ceccherini, La ragnatela nera. L’eversione di destra e la strage dell’Italicus (1973-1975), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Anno accademico 2021-2022
 
Nella riunione della segreteria provinciale comunista [n.d.r.: Mauro Torelli era all'epoca segretario provinciale del PCI] si era preso spunto dalla manifestazione antifascista di Sanremo (di sabato 18 novembre 1972 in Piazza Colombo con lo svolgimento di un corteo. Oratori erano stati Vittorio Guglielmo "Vittò" e l'on. Gino Napolitano. Alla manifestazione avevano partecipato 800 persone) per affrontare alcune questioni collegate a codesta battaglia, come la sicurezza delle Sedi e quella dei compagni, esaminando tre aspetti come i turni di vigilanza, la tempestività degli interventi e la chiarezza di orientamento politico.
Ugo Caneto aveva riferito in merito a telefonate minacciose e sospette e il giorno successivo la figlia di un compagno partigiano era stata minacciata per iscritto. Il Consiglio comunale di Imperia, su sollecitazione del gruppo consiliare comunista, aveva approvato all'unanimità un nostro ordine del giorno. Sulla problematica antifascista, che stava assumendo aspetti sempre più delicati, la segreteria aveva deciso di coinvolgere Angelo Carossino, segretario regionale del Pci.
In quello stesso periodo l'Anpi nazionale (riunione di martedì 27 febbraio 1973) aveva lanciato una raccolta di firme per chiedere di perseguire penalmente coloro che si richiamavano al Partito fascista e inoltre richiedeva l'istituzione da parte del Parlamento di una Commissione di inchiesta sugli avvenimenti riguardanti le stragi e l'attività neofascista.
Il partito riprendeva queste problematiche in una segreteria di aprile (riunione di giovedì 12 aprile 1973) in cui si giudicava opportuno dar vita a Nuova Resistenza a Sanremo, un'associazione che si ispirasse a un orientamento democratico e antifascista, come definito dal congresso dell'Associazione dei partigiani (Anpi); ma la bozza del documento presentato era in contrasto con la linea dell'Anpi e i giovani comunisti si sarebbero battuti all'interno della nuova associazione per recuperarla a un orientamento unitario, rifiutando autonomie equivoche e strumentali.
Nella riunione di segreteria di agosto (sabato 4 agosto 1973) avevo dato conto dei risultati dell'incontro (venerdì 27 luglio 1973) svoltosi all'Istituto Storico della Resistenza che si proponeva di riattivarne l'attività, dopo la paralisi generata dall'ostruzionismo della FIVL (Federazione Italiana Volontari Libertà) alcuni membri della quale erano legati ad Edgardo Sogno. <1
Al termine di una lunga riunione dell'Istituto Storico si era deciso che nel mese di settembre si sarebbe convocata una riunione dei partiti antifascisti per ricostruire un embrione di dialogo e verificarne la possibile continuità con l'iscrizione di soci all'Istituto Storico e la sollecitazione di ogni partito a sensibilizzare i propri rappresentanti nei consigli comunali e provinciale per ottenere che la stragrande maggioranza dei comuni diventasse socia dell'Istituto, pagasse le relative quote e nominasse propri rappresentanti, garantendo la presenza delle minoranze.
Durante il periodo di fine anno avevamo incontrato un gruppo di compagni dell'Anpi (27 dicembre 1973: presenti, per il PCI Mauro Torelli, Francesco Rum, Gian Mario Mascia e on. Gino Napolitano, per l'Anpi Eolo Castagno, Franco Magurno, Menicco Amoretti, Nando Bergonzo e Franco Bianchi "Stalin") per esaminare la possibilità di rafforzare e ringiovanire i quadri dirigenti dell'Associazione, con innesti appropriati e l'irrobustimento culturale della segreteria dell'associazione partigiana. Si era evidenziata la necessità di eliminare i doppi incarichi, in particolare tra la direzione dell'Anpi e quella dell'Istituto storico, una convinzione sostenuta con vigore da Menicco Amoretti, il quale manifestava la sua propensione a dedicarsi all'Istituto.
Diversi compagni avevano posto il problema della propria sostituzione, ma vi era chi, come Nando Bergonzo, osservava che non era il momento politico opportuno per abbandonare gli incarichi. Tra l'altro, veniva evidenziato come il quindicennio alle spalle avesse segnato il rilancio dell'Associazione che alla fine degli anni '50 aveva praticamente smesso di funzionare. L'attualità dei valori antifascisti era importante anche per il Pci e l'incontro si concludeva con l'impegno di indire un convegno entro la prima settimana di febbraio 1974 per giungere nell'aprile ad organizzare una manifestazione con i giovani.
Gli impegni in cantiere avevano sollecitato un nuovo incontro, circa un mese dopo, nel quale Eolo Castagno avrebbe rimarcato la necessità di organizzare l'annunciato convegno. La relazione del segretario dell'Anpi aveva configurato due obiettivi: il rafforzamento politico e organizzativo dell'Associazione dei Partigiani e il rapporto con Nuova Resistenza. Si riconosceva che la situazione politica era gravida di pericoli, che la borghesia aveva accentuato la sua sfiducia verso gli organismi democratici e che i fascisti tentavano di pescare nel torbido. Eolo proseguiva nella sua analisi affermando che il "golpe cileno" ammoniva tutti noi a trarne insegnamenti anche alla luce di recenti avvenimenti che avevano visto ufficiali dell'esercito implicati in traffici d'armi e collegamenti con organizzazioni parafasciste, come l'emblematica vicenda del terrorista di destra Nico Azzi <2.
Franco Dulbecco, il nostro parlamentare, ad ogni buon conto ci aveva fornito informazioni in merito al protagonista nero, stilando una sintetica nota da cui risultava che Azzi era stato per parecchi mesi il responsabile della polveriera di Pietrabruna e ne era in possesso delle chiavi. Sempre secondo l'informativa redatta, venivano evidenziati dubbi sulle procedure seguite e sulle responsaoilità di diversi addetti. L'Azzi aveva uno zio a Imperia.
La situazione economica difficile e il referendum sul divorzio erano strumenti che la destra utilizzava per creare le condizioni per uno spostamento a destra della situazione politica. Eolo riteneva opportuno rafforzare la segreteria dell'Anpi cooptandovi quattro o cinque com pagni. Il congresso del 1971 aveva affrontato ampiamente la questione giovanile ed esprimeva un giudizio sostanzialmente positivo sulla costituzione di Nuova Resistenza pur non mancando tendenze settarie in alcuni gruppetti. L'Anpi avrebbe chiesto ai giovani di entrare in Nuova Resistenza purché si riconoscessero nella linea congressuale dell'Associazione dei Partigiani e tutti gli intervenuti avevano apprezzato siffatte considerazioni ed evidenziato l'opportunità dì trovare modalità idonee a evitare la rottura tra le forze antifasciste.
L'attenzione nei confronti dei neofascisti non calava: a febbraio veniva annunciata la presenza di Giorgio Almirante a Bordighera nella sede del Movimento sociale (Msi) e il partito intemelio si era mobilitato.
La situazione italiana era assai tormentata. Il nuovo governo Rumor succedeva nel marzo ad un governo analogo che doveva, tra l'altro, traghettare il Paese durante i mesi della battaglia referendaria sul divorzio.
Due settimane dopo l'affermazione referendaria di chi voleva salvare l'istituto del divorzio, a Brescia nuovo atto terroristico e altri morti.
Ancora una volta, dopo piazza Fontana, la strategia stragista veniva utilizzata per impedire un avvenire democratico al Paese.
Nella nostra provincia, come in tutto il Paese, si era avuta una reazione di massa molto ampia e significativa. Le principali iniziative si erano tenute a Imperia, Sanremo e Ventimiglia. Anche a Ospedaletti e a Bordighera si era manifestato.
Eravamo anche riusciti a far convocare con urgenza, il mercoledì 29 maggio 1974, il Consiglio comunale di Imperia che si esprimeva con un documento di condanna.
La giornata di mercoledì era stata impegnativa e il Consiglio comunale, convocato dal neosindaco Alessandro Scajola, coronava l'impegno civico contro il terrorismo.
[NOTE]
1) Edgardo Sogno nato a Torino il 29-12-1915 e ivi deceduto il 5-8-2000. La sua è una biografia controversa. Caratteristica fondamentale è l'anticomunismo che lo spinge a militare in Spagna tra le fila golpiste di Franco. Monarchico, prese parte alla Resistenza e rappresentò il Partito Liberale nel Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia. All'inizio degli anni '50 pubblicò un giornale anticomunista "Pace e Libertà" che incentivava provocazioni antioperaie. Nel 1971 aveva dato vita ai Comitati di Resistenza Democratica, centri politici in funzione anticomunista. Nel 1974 sarebbe stato formalmente accusato dal magistrato Luciano Violante di aver pianificato, con R. Pacciardi e L. Cavallo, un golpe al fine di mutare la Costituzione dello Stato e la forma di governo con mezzi non consentiti dall'ordinamento. Il proscioglimento dei protagonisti, avvenuto alcuni anni dopo, non mette in ombra l'operazione progettata che lo stesso Sogno ricorda dovesse essere "un'operazione largamente rappresentativa sul piano politico e della massima efficienza sul piano militare", da Messori e Cazzullo, "Il mistero Torino", pag. 423.
2) Da "l'Unità" in un articolo pubblicato il 13 gennaio 2007: "Nico Azzi, funerali in chiesa con svastica" rievoca gli avvenimenti che videro protagonista l'Azzi. "Nell'ideale eredità di Nico Azzi alcune bombe. La prima sarebbe dovuta esplodere sul treno Torino-Roma il 7 aprile 1973. Esplose invece tra le gambe di Azzi, mentre stava preparando l'innesco di due saponette di tritolo militare da mezzo chilo l'una nella toeletta... Le altre erano le bombe a mano che aveva provveduto a fornire per una manifestazione neo fascista quello stesso aprile [giovedì 12] a Milano... la seconda uccise Antonio Marino, un altro agente."
Giuseppe Mauro Torelli, Viaggio tra generazioni e politica, ed. in pr., 2017, pp. 277-279

Giuseppe Mauro Torelli. Nato a Imperia il 13 marzo 1940. Figlio di artigiani, ha conseguito la maturità scientifica nel liceo Vieusseux di Imperia. Eletto parlamentare nel 1983, ha partecipato ai lavori della Camera dei deputati nell'ambito del gruppo del Pci nella IX e X Legislatura. In Parlamento è stato componente della Commissione Interni e successivamente della Commissione Esteri. In tale contesto ha avuto l'incarico di responsabile dei problemi dell'ordine pubblico e delle forze di polizia e dei Vigili del fuoco, con particolare riferimento alla problematica della Protezione civile. In precedenza, a partire dal 1965, è stato per venti anni consigliere comunale di Imperia, svolgendovi lungamente la funzione di capogruppo. È stato Sindaco del capoluogo nel 1975. Eletto consigliere provinciale nel 1990, nell'ambito della legislatura ha svolto la funzione di Presidente della Commissione Affari istituzionali. Membro dell'Unione regionale province liguri, è stato eletto altresì nell'assemblea nazionale dell'Upi. Nella Federazione Giovanile Comunista Italiana (Fgci) ha ricoperto l'incarico di segretario provinciale e componente del Comitato Centrale. Nel Pci, dal 1972 al 1983 e quindi nel 1991, ha svolto le funzioni di Segretario provinciale e dirigente in organismi provinciali, regionali e nazionali, come altresì successivamente nel Partito Democratico della Sinistra e nei Democratici di Sinistra. Nel 1989 aderì alla mozione, voluta tra gli altri da Pietro Ingrao e Alessandro Natta, contraria alla svolta della Bolognina, operata dal segretario del Pci Occhetto. Tale mozione si affermò in provincia di Imperia nel congresso del 1990. È stato componente della Presidenza del Consiglio nazionale dei Garanti dei Ds a partire dal congresso di Pesaro del 2001. Al congresso Ds di Firenze del 2007 non aderiva alla proposta di dar vita al Partito Democratico. Dal 1998 era componente del Coordinamento nazionale dell'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra (Ars), di cui è stato tra i promotori e Presidente dell'Ars di Imperia intitolata ad Alessandro Natta. [n.d.r.: deceduto il 12 agosto 2019].
Wikipedia

martedì 21 maggio 2024

Un racconto ambientato a Sanremo e soprattutto a Capo Nero quando ancora non c’era quello schifo di colata di cemento ma solo rocce maestose

Roberto Rododendro. Fonte: Chiara Salvini, art. cit. infra

... Roberto Rododendro... poeta e scrittore e "altro" nasce a Sanremo nel 1943 in Corso Inglesi. Intorno ai 15 anni partecipa a concorsi di poesia organizzati da Alberto Ablondi e alcuni li vince... altri li vince Donatella.
Nell'opaca luce di una cittadina del West un bianco, appollaiato sull’alto sedile di un polveroso bar, osserva l’esterno con sguardo sornione. Tra poco risuoneranno nella sonnolenza dell’ora i colpi della sua Colt.
Donatella, commento del 19 maggio 2024
Chiara Salvini, Roberto Rododendro..., Nel delirio non ero mai sola, 18 maggio 2024

Qualche volta nella mia vita
Mi sono incontrato
E ho sempre finto di non conoscermi
Eravamo in due ad evitarci
(31 gennaio 2024)
L’ultima alba
Vorrei morire
di fronte al mare
in un’alba limpida
di cielo
trafitto dall’ultima
falce di luna.
(5 maggio 2024)
Non chiedermi scelte definitive
non chiedermi scelte
Oggi saprei dirti
appena il mio nome
Non chiedermi i perché
I perché perentori
non hanno risposte
nemmeno approssimative
(16 maggio 2024)
Chiara Salvini, Roberto Rododendro detto "Il Grande", ultimissime poesie, Nel delirio non ero mai sola, 18 maggio 2024    

Mario Bardelli, Senza titolo. Fonte: Chiara Salvini, art. cit. infra

Qualche volta nella mia vita
Mi sono incontrato
E ho sempre finto di non conoscermi
Eravamo in due ad evitarci.
[Roberto Rododendro]
La frase, poi interpretata da Mario, contiene qualcosa di portato all’estremo, quasi all’assurdo, ma profondamente realistico: poesia.
Donatella, commento del 2 febbraio 2024
Chiara Salvini, 2 - Roberto Rododendro, Qualche volta nella mia vita… Bardelli, senza titolo, 2024 - computer graphic -, Nel delirio non ero mai sola, 1 febbraio 2024

Belli!
Ti suggerirei, tra quelli che hai, “se non qui, dove”. Come ti ho scritto, togliendo le parti in corsivo. Oppure “Domani è un altro giorno” racconto squallido. Ti rimando per mail “Se non qui dove”, poi di' a Mario che qualunque scelta mi va bene. Mi piace questa faccenda del feeling! Ciao Chiara chiara.
Roberto Rododendro, commento del 2 agosto 2016
[...] Invece mi chiedo se ti ho mai mandato il racconto: "Forse il mare" ambientato a Sanremo e soprattutto a Capo Nero quando ancora non c’era quello schifo di colata di cemento ma solo rocce maestose.
Roberto Rododendro, commento del 20 dicembre 2019
Mi sarò sbagliata, ma adesso è impossibile ritrovarlo
Chiara Salvini, commento del 21 dicembre 2019
Ecco qua: "Forse il mare".
Te ne racconto un po’ la storia. Credo che questo racconto nasca quando avevo vent’anni e comunque è tutto inventato. La Gabriella del racconto era una ragazza che mi piaceva, più anziana di me e si sarebbe sposata da lì a un anno. Conoscevo il ragazzo e il fratello, entrambi di una certa destra estrema.Il fratello m’incuriosiva parecchio e, magari, un giorno o l’altro (un po’ tardino vero?) ci scriverò un racconto.
Allora Capo Nero era “solo” una scogliera … bellissima. Di lì a poco una bella colata di cemento l’avrebbe resa quella che è ora.
Questo racconto, da allora, è stato “riverniciato” almeno altre due volte e questo sarebbe il risultato finale. L’ultima variazione è stata nel titolo, in precedenza era “Forse il sole, forse il mare”.
Racconto [...]
Roberto Rododendro, commento del 21 dicembre 2019
Chiara Salvini, caro Roberto, dovrei ripubblicare "Lettere aldilà" per mettere uno - uno solo, assolutamente! - uno (ripeto) di questi due disegni fatti ieri da Mario Bardelli per il tuo racconto..., Nel delirio non ero mai sola, 2 agosto 2016    

Mario Bardelli, L’attesa, maggio 2016. Fonte: Chiara Salvini, art. cit. infra

Mario Bardelli, Esterina. Fonte: Chiara Salvini, art. cit. infra

Grazie Mario!
A parte che son due bellissimi disegni … un po’ più che “disegni”. Col primo hai colto perfettamente nel segno: è il volto che ho immaginato io per Esterina!
… il che vuol dire anche che (con la tua sensibilità) sono riuscito a dare una sua immagine nel racconto, forse senza descriverlo (non lo ricordo).
Grazie ancora!
Roberto Rododendro, commento del 22 giugno 2016
Chiara Salvini, Mario Bardelli- 22 giugno 2016 - due disegni per il racconto di Roberto Rododendro..., Nel delirio non ero mai sola, 22 giugno 2016

Donatella:
La riproposizione dei cavalli stretti all’attenzione pubblica ci suggerisce di indagare un po’ più profondamente sull’origine di questa strana e assolutamente speciale razza di forma animale. Noi sosteniamo la natura animale di questi cavalli dalla vita stretta, ma, tra veterinari e studiosi di vario tipo, c’è chi sostiene abbiano addirittura un’origine minerale (fondamentalisti mineralogici, che affermano, seguendo la Bibbia, che ogni creatura sia stata fatta con la creta) e chi invece (l’ala moderata dei fondamentalisti) afferma con prove anche importanti che i cavalli stretti siano stati modellati dalla fatica e dallo sforzo da loro sostenuto per uscire dai cunicoli dove erano stati procreati. Non vogliamo intrometterci in questo dibattito che si è prolungato inutilmente per decenni, ma ci impegniamo per esporre con chiarezza le opinioni di tutti, studiosi e non [...]
Roberto:
Cara Donatella, ti sei ricordata, quasi con amore malgrado il di lei autore, della cavallina storna che portava colui che non ritorna. Si mormora tra l’altro che lo portò più volte e più volte, perché sarà pur vero che colui non tornava ma la cavallina si ripeteva sempre ad ogni sessione (scolastica) con una certa noia degli studenti. Di quegli studenti che più che ascoltare la cavallina storna preferivano “correre la cavallina”. Altra specie di animale normalmente bipede e di sesso normalmente femminile. Secondo alcuni delicato e piacevole. Secondo altri, sopratutto dopo una lunga frequentazione, intollerabile scassa coglioni [...]
Chiara Salvini, Roberto Rododendro e Donatella D'Imporzano hanno creato una nuova scienza..., Nel delirio non ero mai sola, 25 maggio 2016