venerdì 26 gennaio 2024

Si potrebbe dedurre una contrazione della superficie boschiva in Valle Arroscia

Fig. 2.: 1 - Il torrente Arroscia, Pieve di Teco; 2 - Il torrente Arroscia, Vessalico; 3 - Veduta sul borgo di Mendatica dal borgo di Montegrosso Pian Latte; 4 - Rezzo. Fonte: fotografie - 2019 - dell'autrice, Cristina Marchioro, Op. cit. infra

6.1 Primi passi nell’alta Valle Arroscia
L’area di studio comprende undici comuni dell’alta Valle Arroscia in Provincia di Imperia a ridosso del confine con la provincia di Savona: Ranzo (fig. 1-1), Borghetto d’Arroscia (fig. 1-2), Aquila d’Arroscia (fig. 1-3), Vessalico (fig. 1-4), Pieve di Teco (fig. 1-5), Armo (fig. 1-6), Pornassio (fig. 1-7), Rezzo (fig. 1-8), Montegrosso Pian Latte (fig. 1-9), Mendatica (fig. 1-10) e Cosio d’Arroscia (fig. 1-11). Tali comuni formano l’Unione dei comuni dell’Alta Valle Arroscia, oltre a costituire una delle 72 aree progetto della Strategia delle aree interne (SNAI). La classificazione delle aree interne introdotta dalla SNAI evidenzia la presenza nell’area di studio di cinque comuni intermedi e di sei comuni periferici sulla base della maggiore o minore accessibilità ai centri con servizi essenziali (fig. 1).
 

Fig.1. Comuni dell’area di studio ripartiti sulla base della classificazione delle aree interne proposta dalla Strategia delle aree interne (SNAI); principali vie di comunicazione con i centri di Albenga e Imperia e centri del basso Piemonte. Legenda: 1-Ranzo; 2-Aquila d’Arroscia; 3-Borghetto d’Arroscia; 4-Vessalico; 5-Pieve di Teco; 6-Armo; 7-Pornassio; 8-Rezzo; 9-Montegrosso Pian Latte; 10-Mendatica; 11-Cosio d’Arroscia. Fonte: elaborazione dell’autrice

Il torrente Arroscia (fig. 2) è tra i corsi di maggiore lunghezza (38 km) della provincia, la valle longitudinale (orientata da ovest a est) si divide tra il territorio della provincia di Imperia e quello della provincia di Savona, ove il torrente sfocia nei pressi di Albenga dopo aver assunto l’idronimo di Centa. Il suo bacino idrografico si estende dallo spartiacque ligure-padano fino al mar Ligure con una superficie complessiva di 432 kmq (di cui nel territorio imperiese 210 kmq) (Regione Liguria, 2018), a sud-ovest è delimitato dal bacino imbrifero del torrente Argentina, dall’Impero e dal Merula, mentre a nord-est ha i bacini imbriferi del Varatella e del Carenda <156. I due affluenti principali dell’alta Valle sono il torrente Arogna che scende da nord per confluire nell’Arroscia a Pieve di Teco e la Giara <157 di Rezzo che si innesta nel torrente Arroscia qualche chilometro più a valle (fig. 3).
 

Fig. 3. Comuni dell’area di studio e le principali vie di comunicazione con i centri di Albenga e Imperia. Legenda: 1-Ranzo; 2-Aquila d’Arroscia; 3-Borghetto d’Arroscia; 4-Vessalico; 5-Pieve di Teco; 6-Armo; 7-Pornassio; 8-Rezzo; 9-Montegrosso Pian Latte; 10-Mendatica; 11-Cosio d’Arroscia. Fonte: elaborazione dell’autrice

L’area di studio insiste, quindi, sulla parte sommitale della Valle Arroscia, nel versante tirrenico, e sull’alta val Tanaro, nel versante padano, su cui insiste una porzione limitata della superficie territoriale dei comuni di Mendatica (10), Cosio d’Arroscia (11) e Pornassio (7) (fig. 3). L’area di studio è caratterizzata dalla presenza di una parte del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri <158 (fig. 5). Il sistema integrato di aree protette (area del Parco delle Alpi Liguri e aree di Rete Natura 2000) interessa quasi tutti i comuni dell’alta Valle Arroscia, in alcuni casi occupa la parte maggioritaria dei singoli territori comunali: Rezzo (37,5 kmq), Mendatica (30,8 kmq), Cosio d’Arroscia (40,6 kmq), Montegrosso Pian Latte (10,1 kmq), Pornassio (27,7 kmq), Pieve di Teco (40,6 kmq) e Armo (9,3 kmq).
Quattro centri capoluogo dell’alta Valle Arroscia - Ranzo (fig. 4-1), Borghetto d’Arroscia (fig. 4-3), Vessalico (fig. 4-4) e Pieve di Teco (fig. 4-5) - sono localizzati nel fondovalle (fig. 4) e assieme al capoluogo di Pornassio, San Luigi (fig. 4-7, 630 m slm), sono lungo le principali via di percorrenza che collegano i centri della Valle Arroscia con Albenga (SP 453) e Imperia (SS 28) lungo la costa e i centri del basso Piemonte nell’entroterra (SS 28) (fig. 3). I restanti sei capoluoghi dell’area di studio sono localizzati a un’altitudine compresa tra 400 e 800 m slm e sono raggiungibili attraverso vie di comunicazione secondarie (figg. 3 e 4). Come si vedrà in seguito (cfr. par. 3), i comuni del fondovalle sono quelli con maggiore ampiezza demografica.
 

Fig. 4. Isoipse nella porzione di territorio dei comuni dell’area di studio. Legenda dei numeri: 1-Ranzo; 2-Aquila d’Arroscia; 3-Borghetto d’Arroscia; 4-Vessalico; 5-Pieve di Teco; 6-Armo; 7-Pornassio; 8-Rezzo; 9-Montegrosso Pian Latte; 10-Mendatica; 11-Cosio d’Arroscia. Fonte: elaborazione dell’autrice da DTM regionale

A parte i centri capoluogo, le numerose frazioni denotano la presenza di un insediamento sparso, visibile anche nella carta sull’uso del suolo (fig. 6, colore giallo), in cui, salvo alcuni casi <159, risiedono stabilmente pochissimi abitanti: Ranzo (14 frazioni), Aquila d’Arroscia (4), Borghetto d’Arroscia (12), Vessalico (3), Pieve di Teco (9), Armo (2), Pornassio (7), Rezzo (2), Montegrosso Pian Latte (1), Mendatica (7), Cosio d’Arroscia (1) (https://ugeo.urbistat.com/AdminStat). 

Fig. 5. Parco naturale regionale delle Alpi Liguri. Fonte: Parco delle Alpi Liguri (Parco Regionale della Alpi Liguri, 2019, p. 3) - immagine già pubblicata dall'autrice

Considerando l’orientamento della Valle, si può notare che la maggior parte dei centri abitati è localizzata sul versante a solatìo, ovvero quello sinistro rispetto al torrente, anche se, come si nota dalla figura 3, non mancano insediamenti storicamente di una certa importanza localizzati nel versante a bacìo, ad esempio Montegrosso Pian Latte, o le frazioni di Lavina nel comune di Rezzo e Degolla nel comune di Ranzo entrambi sotto i 400 m di quota, Ubaga e Ubaghetta nel comune di Borghetto d’Arroscia, situati sopra i 400 m (fig. 4).
 

Fig. 6. Usi del suolo (escluso la superficie boscata che grossomodo copre la restante superficie rimasta) ed estensione dei bacini imbriferi del torrente Arroscia-Centa e Tanaro su cui insistono i comuni dell’area di studio. Legenda dei numeri: 1-Ranzo; 2-Aquila d’Arroscia; 3-Borghetto d’Arroscia; 4-Vessalico; 5-Pieve di Teco; 6-Armo; 7-Pornassio; 8-Rezzo; 9-Montegrosso Pian Latte; 10-Mendatica; 11-Cosio d’Arroscia. Legenda delle lettere: a-Torrente Arogna; b-Giara di Rezzo; c-Torrente Arroscia-Torrente Centa; d-Torrente Tanaro. Fonte: elaborazione dell’autrice (dati del Geoportale Regione Liguria)

6.2 Gli usi del suolo
Per quanto concerne l’uso del suolo, si può notare un cambiamento progressivo nel corso del tempo rilevato sia nei numeri relativi all’estensione della superficie in ettari di SAU (Superficie agricola utilizzata) <160 e SAT (Superficie agricola totale) <161 sia nel confronto tra immagini storiche di fotografie o cartoline e immagini attuali. Le variazioni del paesaggio naturale e antropico sono una diretta manifestazione dei movimenti umani e dei cambiamenti nella struttura demografica. La carta dell’uso del suolo (fig. 6) mostra che il versante destro della Valle Arroscia è quasi privo di coltivazioni, ed è caratterizzato quasi interamente da una fitta copertura boschiva, non più curata come un tempo <162, che ricopre tutto il versante, dal fondovalle allo spartiacque. Invece, sul versante soleggiato, fino a quote di 500 m slm, vi sono coltivazioni di olivi e viti (più di metà a Pigato <163 - Denominazione di Origine Controllata «Riviera Ligure di Ponente» - e Ormeasco - Denominazione di Origine Controllata «Ormeasco di Pornassio» <164), anche se appaiono di estensione ridotta rispetto agli ultimi decenni (tab. 1) <165. Altra coltivazione molto importante e rappresentativa della Valle Arroscia è l’aglio di Vessalico, riconosciuto presidio slow food nell’anno 2000 <166.
Tali andamenti confermano un trend generalizzato sul territorio regionale e provinciale. Ad esempio, i dati relativi alla provincia di Imperia, rilevano riduzioni dell’estensione delle coltivazioni legnose agrarie, anche se leggermente inferiori rispetto alla media regionale: per la vite -30,55%, per l’olivo -7,86%, il minor calo a livello regionale (Liguria Ricerche, 2011, p. 43).
Sulle alture, anche le aree pascolive sono interessate da una progressiva riduzione dell’estensione del rispettivo areale, in seguito alla diminuzione delle aziende zootecniche, dei capi di bestiame e alla conseguente espansione del bosco <167. Proprio rispetto a quest’ultimo dato, il decremento che si rileva confrontando il censimento del 2000 con quello del 2010 è dovuto al fatto che, nell’ultima rilevazione, le aziende forestali sono state escluse dall’universo di riferimento (Liguria Ricerche, 2011, pp. 33-34), quindi, il valore riguarda soltanto le superfici boschive di aziende agricole <168 (ISTAT, 2010, p. 32), una porzione limitata rispetto al totale. Tale spiegazione contribuisce a motivare il decremento che si rileva anche in Valle Arroscia, dal quale si potrebbe dedurre una contrazione della superficie boschiva, in netto contrasto con quelle che sono le evidenze in letteratura e le osservazioni sul campo. I comuni che dispongono di una maggiore superficie a pascolo sono Rezzo, Mendatica e Cosio d’Arroscia, i cui pascoli, spesso di proprietà comunale, costituiscono una voce importante del bilancio. Nella figura 6 si nota la presenza di aree commerciali e industriali a Pieve di Teco, legate alla presenza di piccole e medie imprese attive in diversi settori (legati in particolare alla lavorazione dell’olio o alla produzione di macchinari agricoli).
[NOTE]
156 Il suo bacino interessa le province di Imperia, Savona e Cuneo (Regione Liguria, 2018).
157 Il termine «giara» è di derivazione dialettale: «giaea» indica la terra e le pietre, corrispondenti ai materiali alluvionali trasportati dai corsi d’acqua. Nelle valli occidentali della Liguria il termine viene spesso indicato come «giaira», sempre dal latino medievale «giarca», e indica il greto del corso d’acqua oppure il torrente stesso (Ferro, 1979).
158 L’Ente di gestione del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri è stato istituito con la Legge Regionale 23 ottobre 2007 n. 34. L'Area vasta di influenza ambientale (area definita dalla superficie del Parco delle Alpi Liguri e dall’area di Rete Natura 2000) indagata si estende su una superficie totale di 619,2 km2 (61.922 ha) e comprende 23 Comuni della Provincia di Imperia
159 In alcuni casi la frazione capoluogo ospita solo una parte della popolazione residente nel comune, come nel caso di Ranzo o Borghetto d’Arroscia. In particolare l’abitato disperso del comune di Ranzo, con numerose frazioni, nuclei e case sparse e la conseguente difficoltà nel disporre e mantenere servizi di base per ogni frazione, ha favorito lo spopolamento, iniziato da oltre un secolo.
160 La superficie agricola utilizzata (SAU) è l’insieme di terreni a seminativi, coltivazioni legnose agrarie, orti familiari, prati permanenti e pascoli e castagneti da frutto. Essa costituisce la superficie investita ed effettivamente utilizzata in coltivazioni propriamente agricole. È esclusa la superficie investita a funghi in grotte, sotterranei ed appositi edifici. Il dato è espresso in ettari (Istat, 2010, p. 204).
161 La superficie agricola totale (SAT) è la superficie complessiva dei terreni dell’azienda agricola formata dalla SAU, da quella coperta da arboricoltura da legno, da boschi, dalla superficie agraria non utilizzata, nonché dall’altra superficie (Istat, 2010, p. 204).
La superficie agraria non utilizzata comprende l’insieme dei terreni dell’azienda agricola non utilizzati a scopi agricoli per una qualsiasi ragione (di natura economica, sociale od altra), ma suscettibili di essere utilizzati a scopi agricoli mediante l’intervento di mezzi normalmente disponibili presso un’azienda agricola. Sono esclusi i terreni a riposo (Istat, 2010, p. 204).
162 Alcuni utilizzi noti in queste valli sono: gli abeti e le querce per le costruzioni navali, gli aceri per i manici di utensili a uso agricolo, i noccioli per fabbricare «cavagni» cesti, canestri, i salici erano utilizzati per fissare i tralci delle viti e l’impiego a uso alimentare dei frutti del castagno (Garibaldi, 2014, p. 126).
163 Soprattutto nella bassa Valle Arroscia e in particolare nel comune di Ranzo(agriligurianet.it/en/vetrina/prodotti-e-produzioni/vino/viti-e-vitigni-doc-e-igt-della-provincia-di-imperia.html).
164 Presente in tutta la Valle Arroscia e parzialmente in Valle Argentina soprattutto nelle vigne della fascia sub-alpina (400-800 s.l.m.) (agriligurianet.it/en/vetrina/prodotti-e-produzioni/vino/viti-e-vitigni-doc-e-igt-della-provincia-di-imperia.html).
165 In Liguria, i dati degli ultimi due censimenti del 2010 e del 2000 rilevano che le riduzioni della superficie agricola utilizzata sono maggiori per le coltivazioni ortive (-38,8%) e la viticoltura (-45,1%). Le coltivazioni che vedono un decremento più contenuto sono fiori e piante ornamentali (-2,8%) e la coltura dell’olivo (-14,2%). Parallelamente, le colture più estese sono l’olivo (10.925 ettari, di cui il 52,8% è localizzato nella provincia di Imperia) e la vite (1.312 ettari), e le coltivazioni a fruttiferi (1.461 ettari) (Liguria Ricerche, 2011, pp. 32-33).
166 Recentemente si è costituito il «Comitato promotore Aglio di Vessalico D.O.P.» ed è in corso la richiesta di riconoscimento di marchio DOP.
167 In Liguria i prati permanenti e i pascoli coprono una superficie nel 2010 di 21.799 ettari complessivi, riscontrando un decremento complessivo tra i due censimenti del 38% circa. Nel 2000 la superficie a bosco complessiva in tutta la Regione era di 75.342 ettari (Liguria Ricerche, 2011, pp. 33-34).
168 Nel censimento generale dell’agricoltura del 2010, come nei precedenti, rientrano nell’universo di osservazione le aziende agricole gestite da imprese, istituzioni pubbliche e istituzioni no profit, le unità zootecniche che utilizzano terreni pascolivi di proprietà comunale o di altri enti pubblici o privati; e le proprietà collettive ad uso agricolo.
Cristina Marchioro, Nuovi abitanti nelle aree interne della Liguria. Il ruolo e gli impatti sociali e territoriali di nuovi abitanti «per scelta», «per necessità» e «per forza» in alta Valle Arroscia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Genova, Anno accademico 2020-2021

martedì 23 gennaio 2024

Bordighera: Mostra Giorno della Memoria

Ventimiglia (IM): Piazza Ettore e Marco Bassi, martiri della Shoah

Unione Culturale Democratica -  Sezione ANPI

Bordighera (IM), Via al Mercato, 8 


sabato 27 gennaio 2024  -  domenica 4 febbraio 2024
ore 17-19

 

IL GIORNO DELLA MEMORIA

 

pubblicazioni immagini ricordi della SHOAH

 

Ingresso libero

 

Il Giorno della Memoria
Nulla coinvolge di più del ricordo della Shoah cui l'Italia ha dedicato dal 2000 un giorno, il 27 Gennaio di ogni anno, definito 'Il Giorno della Memoria'. Non si tratta di una ricorrenza come le altre, a esempio il 2 Giugno Festa della Repubblica, o lo stesso 25 Aprile, Giorno della Liberazione. Bensì l'occasione per rendere cultura comune, di tutti, la consapevolezza di quanto è tragicamente accaduto nella 'civile' Europa. E avere ben presente le dinamiche all'origine dell'affermazione del fascismo e del nazismo impedendone con una maggiore cultura storica il ritorno, anche se in mutate vesti. Cosa possibile più di quanto non si immagini se in vent'anni, dal 2,7 % del 2004 al 15,6 % del 2020,  è cresciuto in modo esponenziale il numero delle persone che credono che la Shoah non sia mai esistita. Nonostante  le testimonianze dei sopravvissuti e il numero accertato, per difetto, delle vittime. Venti milioni e più di persone uccise dalla barbarie nazista con l'aiuto dei regimi fascisti, come quello della Repubblica Sociale Italiana presieduta da Mussolini, alleati e al servizio di Hitler e dei suoi scherani. Un numero impressionante di per sé ma ben più sconvolgente quando si pensi alle traversie vissute da ciascuna vittima, al dolore fisico e morale, alle violenze loro inferte, fino all'inalazione dell'acido cianidrico Zyklon che le avrebbe portate alla morte per soffocamento nelle false docce e all'incenerimento nei forni crematori. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, Aprile-Maggio del 1945, i sopravvissuti poterono rientrare nei propri Paesi e nelle loro abitazioni, se ancora agibili.  In tutti vi era la volontà di riprendere una vita civile, sicura, in pace e di ricostruire quanto gli eventi bellici avevano distrutto. La guerra, il male assoluto, aveva toccato tutti e ciascuno si leccava le proprie ferite e ben pochi erano disposti ad ascoltare le vicissitudini degli altri. I reduci dei Lager volevano voltare pagina e riprendere il proprio equilibrio psico-fisico, minato anche dal senso inconscio di colpa per essere in vita mentre gli altri erano morti. D'altra parte era impossibile trovare persino le parole per descrivere l'inferno concentrazionario che avevano attraversato:  nessuna parola né immagine erano in grado di rispecchiare la realtà. Ciò che era stato messo in atto dai nazisti, la Shoah, era la negazione e il capovolgimento di tutti i valori su cui si fonda la civiltà. I sopravvissuti, anche se erano interpellati da persone amiche, alla richiesta di raccontare quanto avevano subito e in che consistesse la loro deportazione, si sottraevano invitando a 'lasciare perdere'. Come rispose il deportato Antonio 'Nino' Biancheri di Bordighera.
Ermanno Muratore

Giorgio Loreti

Unione Culturale Democratica -  Sezione ANPI - Bordighera (IM),  Tel. +39 348 706 7688

giovedì 18 gennaio 2024

Raccontava di qualche sosta lungo il tragitto da Varapodio a Ventimiglia

Ventimiglia (IM): il tratto iniziale di strada delle Ville

Ho rivisto Rocco da lontano dopo cinquant’anni passando davanti alla casa di sua figlia, affacciato al poggiolo del secondo piano, sopra alle Calandre. Mi sono chiesto cosa ci facesse lì, lui che abitava solitario sulla collina di Peidaigo, nascosto tra qualche pinastro ma con davanti il disegno mobile del mare. Ho sospettato avesse problemi di salute.
Non mi ha riconosciuto credo e mi ha salutato come fa con tutti quelli che passando a piedi per la strada delle Ville e alzano gli occhi, augurandomi buona passeggiata con la stessa gentilezza con cui quando ero piccolo mi offriva le sue olive cunzate* alla calabrese che stava mangiando con una pagnotta: “volete favorire?”.
Ho capito che era lui per deduzione. Quando lo conoscevo ero un bambino sui dieci anni, ma ero il figlio del padrone o almeno del datore temporaneo di lavoro quando c’era da cavare le patate e Rocco dava del voi per rispetto quasi a tutti.
Nell’ora meridiana del pasto e del riposo si sedeva sotto al grande albero di pissalùte* nella fascia in fondo alla campagna che raccoglievamo per fare seccare sul terrazzo e confezionare a pani avvolti nelle foglie di alloro.
Oltre alle olive schiacciate alla calabrese mangiava qualche fetta di mortadella impacchettata in un foglio di carta oleata e in un altro foglio di carta grezza bianca per alimenti come facevano i salumieri. Quel foglio bianco lo utilizzava nel frattempo per scrivere la brutta copia della lettera per la sua donna che abitava e lavorava a Romano Lombardo dove erano note fabbriche di caramelle, tra cui l’azienda dolciaria Enrico Pagliarini.
Le caramelle erano vendute in una scatola di lamiera che veniva spesso utilizzata come portagioie o portadocumenti da nascondere nell’armadio. A casa nostra era la cassaforte tenuta sul comò, c’erano dentro un po’ di soldi di scorta per un paio di mesi, in attesa di andare a vendere al mercato e c’erano anche dei buoni postali nominativi da diecimila lire che mia nonna ogni tanto mi regalava. Ma questa è la storia di casa mia.
Rocco era arrivato col padre e la famiglia da un paese calabrese da cui era derivato il loro cognome. Raccontava di qualche sosta lungo il tragitto da Varapodio a Ventimiglia e il periodo vissuto a Genova in via Borgo Incrociati, vicino alla stazione di Brignole. Poi a Ventimiglia Vecchia li avevano accolti molto meglio e nelle campagne faceva anche delle giornate dal Lillo per insertare*. C’è chi se ne ricorda ancora.
Rocco aveva messo su anche un piccolo banco di calze sul mercato del venerdì, e un giorno alla settimana non poteva assolutamente venire in campagna. La filanca, finita la guerra, attirava i clienti francesi che approfittavano del cambio favorevole del franco. Ogni tanto tirava un urlo e i clienti accorrevano al suo banco.
Il fratello Salvatore lo incontro più spesso e mi parla nel nostro dialetto con un accento di un paese che non esiste nella realtà. Oggi dopo più di sei mesi sono salito a Ventimiglia Vecchia e c’era il manifesto di una settimana fa che annunciava che Rocco è mancato all’età di 91 anni e che a causa del virus non hanno fatto la funzione religiosa. Avrei voluto parlargli, ricordare qualcosa insieme. Ho perso un’altra occasione.
* Cunzate: olive schiacciate e condite, insaporite alla calabrese - Pissalùte: pissalutti, varietà di fichi con picciuolo allungato - Insertare: innestare.
Arturo Viale, Punti Cardinali. Da capo Mortola a capo Sant'Ampelio, Edizioni Zem, 2022

Altre pubblicazioni di Arturo Viale: La Merica...non c'era ancora, Edizioni Zem, 2020; Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, Edizioni Zem, 2019; L'ombra di mio padre, 2017; ViteParallele, 2009; Quaranta e mezzo; Viaggi; Storie&fandonie; Ho radici e ali; Mezz'agosto, 1994.
Adriano Maini

lunedì 8 gennaio 2024

L’unico comune ad avere oltre il 75% di abitazioni vuote o non occupate da persone residenti è proprio Molini di Triora

Molini di Triora (IM). Fonte: mapio.net

Immagine qui ripresa da Alessandro Collet, Op. cit. infra

Tutti i dati analizzati in maniera approfondita nei capitoli precedenti hanno portato, per una serie di motivazioni che ora spiegherò in dettaglio, alla scelta di Molini di Triora come caso studio interessante per effettuare un approfondimento. Il comune di Molini di Triora è infatti caratterizzato da alcuni dati nel periodo di riferimento delle analisi con i dati ISTAT 2001-2011 che lo pongono come caso studio significativo. Nel periodo di riferimento infatti la popolazione residente è passata da 695 a 626 abitanti, con un calo piuttosto significativo pari al 10% circa. Inoltre, le elaborazioni hanno evidenziato come il comune sia caratterizzato da un elevatissimo indice di vecchiaia pari a 740, dovuto al fatto che ci sono soltanto 32 residenti giovani (sotto i 14 anni) a fronte di una popolazione anziana (con più di 65 anni) di ben 237 residenti. Ma i parametri maggiormente significativi che hanno portato a tale scelta sono stati anche quelli legati allo sviluppo insediativo e alla costruzione di nuovi edifici residenziali nel periodo di riferimento: nel comune di Molini di Triora risultano ben 51 abitazioni realizzate tra gli anni 2001 e 2011. Se come valore assoluto può non sembrare una cifra estremamente alta, è rapportando il dato sulle nuove abitazioni alla consistenza demografica e all’andamento di popolazione del comune che vengono fuori le cose più interessanti: il rapporto tra nuove abitazioni realizzate nel periodo di riferimento e la popolazione residente al 2011 è infatti di circa 0,08, vale a dire che è stata realizzata più di una nuova abitazione ogni 20 residenti. Anche il rapporto tra le nuove abitazioni e la variazione percentuale di popolazione ha inserito Molini di Triora nella lista dei comuni con il valore più basso. L’ultimo dato preso in considerazione ha poi fatto sì che la scelta ricadesse proprio su Molini di Triora: se infatti anche il vicino comune di Cosio d’Arroscia ricadeva nei parametri precedenti, l’unico comune ad avere oltre il 75% di abitazioni vuote o non occupate da persone residenti è proprio Molini di Triora, dove infatti soltanto poco meno di un’abitazione su quattro risulta occupata da residenti. Altre ragioni hanno poi portato ad una scelta di questo tipo. Il comune infatti, nonostante risultino molte abitazioni realizzate nel periodo di riferimento, non ha visto invertire il trend demografico nel periodo successivo, perdendo abitanti anche dal 2011 al 2018: spesso infatti nel resto delle Alpi c’è stata un’inversione di tendenza o un bilanciamento di questa dinamica, mentre a Molini di Triora la realizzazione di nuove abitazioni non ha fruttato l’insediamento di nuovi abitanti. La scelta è stata poi favorita infine dalla localizzazione del comune, l’entroterra ligure, territorio dal quale io stesso provengo (sono infatti originario di Ceriana, comune della valle limitrofa) e che ho avuto spesso l’occasione di visitare e frequentare, potendo quindi contare di una buona conoscenza di base del territorio e delle locali dinamiche socio-economiche.
Una volta compresi il quadro territoriale e il contesto in cui si trova il comune, prendiamo in considerazione la marginalità individuata da due diverse tipologie di studi sui comuni montani italiani. Per quanto riguarda il primo, il comune di Molini di Triora non è classificato come comune estremamente marginale nello studio effettuato su tutto il territorio alpino dal prof. Alberto di Gioia, come illustra la cartografia qui presente. Lo studio, che tiene conto di numerosi parametri (dall’accessibilità alle attività e servizi presenti, dalla dinamicità turistica ai posti di lavoro), identifica Molini di Triora come comune caratterizzato da una marginalità “relativa - molto debole”.

Figura 26: il comune di Molini di Triora non è caratterizzato da un grado di marginalità elevato. Alcuni comuni limitrofi come Bajardo e Montalto Carpasio (che quando venne realizzato questo studio erano ancora comuni autonomi) in Valle Argentina e Mendatica e Montegrosso Pian Latte in Valle Arroscia sono invece caratterizzati da un grado di marginalità relativa forte (fonte: carta dei Gradi di Marginalità realizzata dal prof. Alberto di Gioia nell’ambito della pubblicazione “Nuovi Montanari. Abitare le Alpi nel XXI secolo”). Immagine qui ripresa da  Alessandro Collet, Op. cit. infra

Il secondo studio che si è occupato della marginalità dei comuni italiani montani e non è l’analisi realizzata dalla SNAI - Strategia nazionale per le Aree interne. Si tratta di un importante iniziativa di pianificazione a livello nazionale in cui viene analizzata la marginalità dei territori italiani prevalentemente secondo la distanza dai principali servizi, identificando quelle che possono essere considerate “aree interne” per motivi di scarsa accessibilità e dotazione di servizi di un rango superiore. La SNAI ha individuato numerose aree studio su cui effettuare investimenti per lo sviluppo all’interno delle aree interne italiane. Molini di Triora non fa parte di una di queste aree (una delle Aree interne prese in considerazione è invece la limitrofa Valle Arroscia, con i comuni confinanti di Rezzo e Montegrosso Pian Latte), ma viene in ogni caso identificata con un certo grado di marginalità: infatti in una scala di sei categorie nelle quali sono classificati i comuni (polo, polo intercomunale, cintura, intermedio, periferico e ultraperiferico), Molini di Triora risulta comune intermedio. Entrambe le analisi di conseguenza non inseriscono il comune in una posizione di particolare drammaticità per quanto riguarda l’isolamento e la marginalità, ma lo piazzano, specialmente per quanto riguarda l’analisi della SNAI, in una posizione di forte ambiguità.

Immagine qui ripresa da  Alessandro Collet, Op. cit. infra

4.2.1 Il territorio: cenni storici, frazioni, attività economiche, accessibilità
Il comune di Molini di Triora ha una storia relativamente abbastanza recente se paragonata gli altri comuni circostanti. Se infatti gli insediamenti abitati sono presenti sul territorio da oltre 1000 anni, il comune venne creato soltanto alla fine del 1903, quando dopo anni di richieste e pressioni da parte della comunità locale il Parlamento decise di staccare il comune di Molini di Triora da quello di Triora, con le numerose frazioni della parte più bassa dell’alta valle che vennero aggregate al nuovo comune. Prima di tale data infatti soltanto una piccola rappresentanza di Molini e delle frazioni principali (Andagna e Corte) erano ammesse a partecipare alle decisioni nel comune di Triora, ma restavano comunque in forte minoranza sebbene nel 1900 la popolazione residente del comune di Triora era di 2475 abitanti in totale nel capoluogo e nelle frazioni dell’alta valle, mentre a Molini, Corte, Andagna e le frazioni della bassa valle la popolazione totale era di ben 3290 residenti. In ogni caso il dato che fa riflettere è anche quello relativo alla popolazione totale dei due comuni dell’alta Valle Argentina: a fine ottocento si contano infatti oltre 6000 residenti totali nell’allora comune di Triora, con tutte le frazioni montane e le piccole borgate rurali molto popolate e vivaci. Come già abbondantemente citato in precedenza, i territori dell’estremo entroterra ligure furono tra quelli dell’arco alpino maggiormente colpiti dallo spopolamento della montagna, che si è qui perpetrato per tutto il Novecento e tuttora stenta ad arrestarsi. Il dato relativo al 2011 infatti riporta 626 residenti a Molini e 374 a Triora, con un totale di esattamente 1000 residenti: si tratta di una diminuzione totale dei residenti dell’83% in 120 anni di storia recente. Questa drammatica emorragia di popolazione è dovuta ad una molteplicità di fattori tutti collegati tra di loro già ampiamente analizzati nei capitoli iniziali: le difficili condizioni abitative e lavorative della vita di montagna, l’attrattività di un lavoro fisso presso le città della costa, le difficoltà nello spostamento e nel reperire i beni di prima necessità dalle frazioni più piccole, l’abbandono parziale delle tradizionali attività di agricoltura e allevamento e la carenza di servizi hanno portato molte famiglie ad abbandonare questi territori; nel caso dell’alta Valle Argentina non vanno poi dimenticati i pesanti effetti della Seconda Guerra Mondiale, che in molti casi durante la lotta partigiana ha decimato la popolazione. Attualmente il settore turistico è in crescita soprattutto per quanto riguarda il comune di Triora ma anche a Molini, come vedremo in seguito con l’analisi delle strutture ricettive e attraverso il dialogo con i titolari di alcune attività commerciali del capoluogo e delle frazioni.
Per capire meglio la struttura del territorio comunale di Molini di Triora è necessario procedere analizzando le frazioni singolarmente citando anche le varie attività commerciali presenti in esse.

Immagine qui ripresa da  Alessandro Collet, Op. cit. infra

Capoluogo. Il centro storico di Molini di Triora si sviluppa nel fondovalle lungo il torrente Capriolo che subito a valle dell’abitato confluisce nel torrente Argentina. Si tratta di un vivace ed animato borgo dell’entroterra, sviluppato sulle due sponde del torrente Capriolo, con poco meno di 250 residenti. Il paese è punto di riferimento per il territorio circostante e per chi è di passaggio grazie a numerose attività commerciali ed esercizi pubblici: sono infatti presenti un albergo-ristorante, tre bar, due botteghe di alimentari e un fornaio. I servizi pubblici di base sono assicurati dalla presenza dell’ufficio postale, della farmacia e dell’ambulatorio medico, mentre per quanto riguarda lo sportello bancario è necessario recarsi nei vicini comuni di Triora o Badalucco. L’unica altra struttura ricettiva del borgo è un bed&breakfast, aperto però soltanto nella stagione primaverile ed estiva. Negli ultimi anni lo sviluppo del turismo verde e sostenibile e delle attività sportive all’aperto ha accompagnato l’apertura di alcune attività commerciali legate all’outdoor come guide escursionistiche, cicloescursionistiche e noleggio di attrezzatura sportiva come le e-bike. Per quanto riguarda l’istruzione sono presenti a Molini la scuola dell’infanzia (che nell’anno scolastico 2019-2020 conta 6 iscritti) e la scuola primaria, che però risulta attualmente chiusa da 3 anni per la mancanza di iscritti: i bambini frequentano infatti la scuola primaria di Triora, il paese vicino al quale si recano tutti i giorni grazie allo scuolabus messo a disposizione del comune. Per quanto riguarda la scuola secondaria di primo grado il comune di riferimento è invece Badalucco.
 
Figura 29: una veduta di Andagna dalla strada d'accesso alla frazione. Le antiche case in pietra del centro storico sono state quasi tutte ristrutturate, talvolta però non si sono mantenuti i caratteri tipici nel passato con interventi che spesso stonano con il contesto del vecchio borgo medievale. Foto di Alessandro Collet, gennaio 2020.

Andagna. Si tratta della principale frazione del comune che con 102 residenti (dato del 2011) è posta a 730 metri di altitudine su un colle immediatamente ad Est del capoluogo comunale, dal quale dista 3,5 km lungo la strada che procede poi in direzione del Passo Teglia. Andagna è un borgo compatto sviluppato attorno alla chiesa parrocchiale posto in posizione estremamente soleggiata, che durante la stagione estiva si anima grazie alle numerose feste organizzate dalla locale pro loco. Non sono presenti attività commerciali, mentre l’unico esercizio pubblico presente nella frazione è la locale osteria che funziona anche da bar, la cui apertura è però saltuaria durante buona parte dell’anno. L’unica struttura ricettiva della frazione è un’attività di bed&breakfast.
 
Figura 30: il borgo di Corte ha un centro storico compatto attorno alla chiesa parrocchiale e nasconde numerosi manufatti significativi di architettura civile come per esempio i portali scolpiti. Foto di Alessandro Collet, febbraio 2015.

Corte. La frazione sorge a 670 metri sul livello del mare a 3 chilometri di strada dal capoluogo comunale, su un colle posto a solatio immediatamente a Nord del capoluogo, separato da Andagna dalla profonda valle del Rio Corte. Il piccolo centro storico compatto conta attualmente 38 residenti stabili (2011) e non sono presenti attualmente né attività commerciali né esercizi pubblici.
Gavano. Il vallone di Gavano, che qualche chilometro a valle del capoluogo si dirama ad Ovest fino alle pendici del Monte Ceppo, è estremamente selvaggio e boscoso. Nelle piccole borgate immerse nel verde accessibili grazie ad una stretta strada asfaltata che si stacca dalla provinciale di fondovalle, tra le quali le principali sono Galei e Ciagin, vivono solo 16 residenti al 2011. Ad inizio 2020 invece risultano soltanto più 4 persone residenti, tutte in borgata Galei. Alcune borgate situate in luoghi difficilmente accessibili versano ormai in stato di abbandono.
Gratino. Questa piccola frazione posta su un versante a solatio alla sinistra orografica del torrente Argentina qualche chilometro a valle del capoluogo comunale comprende diversi piccolissimi nuclei dove vivono soltanto 8 residenti stabili al 2011. La frazione è accessibile dal fondovalle tramite una stretta strada asfaltata. Come a Gavano, anche qui non sono presenti attività commerciali né esercizi pubblici.
 
Figura 31: la borgata Firighetti è posta a qualche centinaio di metri a monte di Agaggio Inferiore, sulla strada che conduce ad Agaggio Superiore. Solo più una coppia di anziani vive qui, per il resto le antiche case sono state tutte acquistate da persone del Nord Europa che utilizzano le abitazioni soltanto come seconde case in alcuni periodi dell’anno. Foto di Alessandro Collet, gennaio 2020.

Agaggio Inferiore. La frazione è posta cinque chilometri a valle del capoluogo lungo la strada provinciale di fondovalle ad un’altitudine di 370 metri e può contare al 2011 su una popolazione di 72 residenti. Si tratta della frazione più vivace del comune, grazie alla presenza di una storica bottega di alimentari che funge anche da edicola e rivendita di prodotti da merceria, un agriturismo, un ristorante, una nuova struttura di recente apertura che propone un’interessante ed innovativa attività di “home restaurant” e un’attività produttiva che si occupa della lavorazione e distillazione della lavanda. Fino a pochi anni fa resisteva anche una storica macelleria che ora ha però chiuso definitivamente i battenti, mentre anche il locale ufficio postale è stato chiuso nell’ambito degli ultimi tagli alle spese da parte di Poste Italiane.
 
Figura 32: le borgate più alte di Agaggio Superiore sono circondate dal verde e la vegetazione spontanea si sta sempre più riappropriando dei terrazzamenti un tempo coltivati. Foto di Alessandro Collet, gennaio 2020.

Agaggio Superiore. Accessibile con una stretta strada asfaltata che si stacca dalla provinciale di fondovalle presso la frazione di Agaggio Inferiore, è composta da diverse piccole borgate rurali nelle quali vivono in totale 25 residenti al 2011. Il versante a solatio sul quale di sviluppa l’insediamento è favorevole alle attività agricole, tra le quali spicca quella di un’azienda che produce olio e vino locali. Numerose piccole borgate risultano attualmente in stato di abbandono, avvolte dalla fitta vegetazione spontanea sta man mano coprendo i terreni un tempo coltivati. Non sono tuttavia presenti attività commerciali né esercizi pubblici.
Aigovo. La frazione di Aigovo comprende, oltre il piccolo centro abitato principale, le borgate di Costa, Colletta e Morghetta, dislocate sul versante destro orografico della vallata e collegate fra di loro e al fondovalle son una stretta e ripida strada asfaltata. La frazione conta solamente 14 residenti stabili al 2011 e molte abitazioni delle varie borgate risultano abbandonate e versano in precarie condizioni di stabilità. Anche ad Aigovo non sono attività commerciali.
 
Figura 33: nella piazzetta del nucleo storico di Glori il negozio di alimentari, la macelleria, l'osteria e il tabacchi hanno ormai chiuso i battenti da oltre 20 anni. Foto di Alessandro Collet, gennaio 2020.

Glori. Si tratta della frazione più bassa del comune, collegata alla provinciale da una stretta strada asfaltata di due chilometri. Le antiche abitazioni in pietra sembrano costruite le une sulle altre a causa della forte pendenza del territorio circostante, interamente terrazzato ed adibito ad olivicoltura. Al 2011 contava 29 residenti stabili e la presenza di un agriturismo come unica attività della frazione, mentre dal 2020 l’attività di agriturismo è stata sostituita da una nuova trattoria gestita da due giovani che fungerà anche da bar: questo investimento fa parte del progetto denominato “Glori: the place to be”, che, come vedremo meglio in seguito, grazie all’impulso dei pochi abitanti rimasti affiancati da numerosi nuovi residenti punta a ripopolare la frazione creando nuove opportunità lavorative nei settori dell’agricoltura e della ricettività.
Il resto del territorio. Oltre alle frazioni principali, il territorio di Molini di Triora è costellato dalla presenza di numerose piccole borgate rurali (per esempio Perallo) e case sparse nell’immenso territorio agricolo circostante. Gran parte del territorio è peraltro prettamente boschivo e i versanti spesso impervi e poco accessibili hanno impedito qualsiasi tipo di sfruttamento da parte dell’uomo.
Alessandro Collet, Uno studio sullo sviluppo insediativo nell’arco alpino. Il caso dell’area Basso Piemonte - Entroterra Ligure di Ponente, Tesi di Laurea Magistrale, Politecnico di Torino, Anno Accademico 2019-2020