venerdì 24 marzo 2023

Cercavo una cittadina che potesse essere simile a Oneglia


Imperia: Borgo Peri
 

Mio nonno, tanti anni fa, era già vecchio ed io trentenne.
Quando veniva a pranzo da me mi diceva spesso che ad Oneglia si stava bene, ma che aveva incontrato un amico che gli diceva sempre: "Sono rientrato dalla California, e ti debbo dire, Tugnen (nel dialetto onegliese Tonino), che a Los Angeles il clima è meglio che da noi... le scogliere sono bellissime ed impervie e giù, a valle, spiagge sabbiose, di sabbia scura e più consistente della nostra".
Naturalmente, nei miei sogni, continuai a pensare alla California e alle sue scogliere.
Un giorno del 1987 mi recai in una agenzia turistica e fissai un viaggio per la California con un'amica a me molto cara e con la quale sapevo di viaggiare tranquilla: uso questo termine perché in viaggio si deve andare con persone che non creano problemi.
Dopo un lungo viaggio aereo, di circa 13 ore, siamo giunte finalmente in California, a Los Angeles.
La città è splendente.
Con il pullman siamo andate in giro per la città.
Ultima meta gli studi della "Universal", dove abbiamo potuto vedere come si realizzano gli effetti speciali di alcuni film e i mostri che hanno popolato le sale cinematografiche per tante stagioni: "King Kong", il Drago di "Conan il Barbaro", "Lo Squalo" ed altri.
Siamo state anche davanti al ristorante cinese, dove sul cemento sono impressi i nomi e le impronte delle mani e dei piedi dei divi più celebri di Hollywood.
Vidi molte altre cose interessanti che colpirono la mia fantasia.
Ho ancora davanti agli occhi, nel deserto Foothill, un cactus gigante, altissimo, simile a un enorme candelabro, ed altro, altro ancora.
Cercavo una cittadina che potesse essere simile a Oneglia.
Ancora non la trovavo.
Ad un certo punto ci trovammo davanti al Gran Canyon. Uno spettacolo sconcertante. Una cosa che prende alla gola, una mostruosità della Natura che ti mostra la sua potenza. Spettacolo bello e al contempo quasi orrido.
Dopo molto errare da uno stato all'altro, rientrammo in California.
Ecco un luogo bellissimo, Carmel. In questa città l'aria è profumata di eucaliptus e di mare. Il paese era vagamente simile a Oneglia, però non c'era il Mar Ligure, ma l'Oceano Pacifico. Piccole onde si infrangevano sulla spiaggia con riccioli grossi e bianchi. In Carmel, come in Costa Azzurra, sono stati impiegati milioni di dollari per la difesa dell'ambiente.
Lontano da Carmel abbiamo percorso una strada che si snodava sull'Oceano.
Ecco le coste dell'amico del nonno, alte e rocciose. C'erano solo poche ville che sembravano scivolare sugli scogli, i quali pullulavano di gabbiani. A volte, tra uno scoglio e l'altro, si intravedeva una spiaggetta sabbiosa, di sabbia scura e molto consistente. A tratti si vedevano persone scivolare sull'acqua, impegnate nello sport che si chiama "surf".
Cosa posso concludere allora?
Le Riviere di Levante e di Ponente e la Costa Azzurra francese sono più belle e più vivibili delle pur splendide e caratteristiche città della California.
Scelgo Oneglia, la mia città natale e dove ho sempre vissuto, che, pur ricordando per alcuni aspetti la California, è più vivibile e ospitale.
Uliana Zanetta Castagno (Imperia, 1923-2012)
Giovanni Donaudi, Sognando la California, mailinglist Giovanni Donaudi, 14 gennaio 2022

venerdì 17 marzo 2023

Tutti alle 17 in Piazza Dante


45 anni dal sequestro Moro.
Ero segretario provinciale della CGIL a Imperia.
 

Imperia: l'ex Fabbrica Agnesi


Nel giro di poco più di un'ora fermammo le fabbriche.
Contattai il segretario della CISL, Claudio Pisani, che aveva sede a Sanremo e che aveva già provveduto a fermare Comune e Casa da Gioco.
Tutto l'arco costituzionale convenne sulla necessità di organizzare una grande manifestazione in Piazza Dante a Oneglia.
Ho trovato il volantino, semplice e chiaro, che distribuimmo e che diffusi con l'altoparlante:
"Il sequestro dell'onorevole Aldo Moro, il massacro degli uomini della sua scorta, sono atti compiuti contro le istituzioni democratiche, contro la convivenza civile e le conquiste dei lavoratori.
Lavoratori e cittadini uniti nello sciopero generale e nella difesa della democrazia. Tutti alle 17 in Piazza Dante
".
Fui delegato a parlare a nome della Federazione Unitaria Cgil, Cisl, Uil, dei partiti del comitato antifascista, PCI, PSI, PSDI, PRI, DC, PLI, del Comune e della Provincia.
La piazza era piena.
 

Lorenzo Trucchi durante il comizio del 16 marzo 1978 ad Imperia

Tenni un comizio di circa quaranta minuti.
Dopo ci sciogliemmo.
Ricordo come allora lo sgomento per quanto stava avvenendo, ma anche la convinzione che l'unità dei lavoratori e delle forze democratiche costituiva un sicuro e invincibile baluardo contro l'eversione.


Sanremo (IM): la casa da Gioco

Lorenzo Trucchi

sabato 11 marzo 2023

Nel bosco di Rezzo alla ricerca della "Ruve du Megu"

Rezzo (IM). Fonte: Mapio.net

Il primo albero che ho cercato è stata una quercia: la rovere del medico la "Ruve du Megu". Ero con Lucrezia, mia figlia. Lei mi ha sempre incitato a partire ed ha condiviso con me la correzione delle bozze, sorridendo quando le chiedevo se qualcuno avrebbe letto il libro.
La quercia è un albero robusto, tenace, forte. Lo stemma dell'Italia riporta il ramo di quercia affiancato a quello dell'ulivo a simboleggiare la forza della Repubblica e la volontà dello Stato di lottare per la pace. Le foglie di quercia le trovate scolpite sopra l'architrave del vecchio portone di ingresso al Castello di Rezzo a ornamento del blasone dei Marchesi di Clavesana, che su queste terre hanno dominato fino alla seconda metà del 1300.
L'albero di Zeus, il padre immortale degli Dei venerato dagli Achei e dai Troiani, era una quercia, e Atena e Apollo erano seduti su di un ramo di essa ad assistere alla battaglia era Greci e Teucri sulla pianura fuori le mura di Ilio.
Entriamo nel bosco quando il pomeriggio estivo si avvicina alla sera. La luce non è più quella fresca, diretta, del mattino, è più diffusa, planante, ombrosa, è una foresta di querce intensa, con qualche castagno sparuto, camminiamo  lungo la mulattiera risalendo il selciato.
Mentre avanziamo a passi rapidi, osserviamo intorno con occhio vigile per scorgere un albero di dimensioni inconsuete. Non può passare inosservato anche ai cercatori neofiti come noi. Niente appare ai fianchi o davanti: dietro siamo sicuri di non aver lasciato nulla di inesplorato; abbiamo letto i cartelli e siamo sulla via indicata. Domando a Lucrezia, anche per distrarla: "tu vedi qualcosa?"
"No papi, non vedo nulla, ma sei sicuro che andiamo giusti?"
"Sì! La freccia indicava questa direzione, hai visto anche tu?"
"Eeehhh, pà io ti seguo cosa mi chiedi! Già siamo partiti alle quattro, come tuo solito!"
Penso, una quercia che ha la circonferenza del fusto di oltre 400 cm ed è alta 28 metri, non può nascondersi nel bosco anche fitto.
Improvvisamente, come in un frame movie, a sinistra emerge, oltre la cima di un balzo di terra, una struttura arborea dall'impalcatura bruna rivestita di foglie ancora verdi. Grido a Lucrezia: "eccola, lassù in alto, la vedi?" Percorro pochi passi e scompare inghiottita dalla foresta; Lucrezia, dietro di alcuni metri, udita la voce concitata, mi chiede: "dove, dove?", con il braccio teso, accompagnando il gesto con la rotazione del capo, indico la direzione: "lassù, la vedi? Io l'ho persa!"
"Sì, la vedo! La vedo!" esclama rapita lei e mentre dice queste cose, mi raggiunge dove la quercia scompare alla vista. Ci osserviamo perplessi, riprendiamo il cammino attendendo nuove apparizioni.
Arriviamo alla svolta, la freccia indica la direzione. Attendiamo, prendiamo fiato. Siamo saliti rapidi, il meriggio volge alla sera. Il sentiero davanti a noi scende dritto, andiamo. Pochi passi e l'albero emerge imponente dalla foresta. Arriviamo dall'alto e questo produce un effetto prospettico da ripresa cinematografica, come l'inquadratura di un western di Sergio Leone che passa dal campo largo al dettaglio dei volti, così l'albero dapprima appare con l'impalcatura arborea completa, per poi lasciare il campo ai dettagli del fusto, dei rami e della fronda al diminuire della distanza dei passi.
Le querce intorno sono intimorite, tacciono; la terra nel raggio di cinquanta palmi dal fusto della "Ruve du Megu" è gerbida, nessuna qualità arborea osa germogliare. Restiamo muti ad osservarla girando intorno al tronco, sollevando il capo ripetutamente; estraiamo il metro, giriamo la circonferenza tornando alla partenza dopo 434 cm di tragitto. L'albero con tronco più grande che è cresciuto intorno alla "Ruve du Megu" ha un fusto di 185 cm di circonferenza.
La nostra perseveranza è stata premiata. Abbiamo insistito, non ci siamo arresi, abbiamo superato il timore di non aver il tempo di arrivare all'albero, abbiamo vinto la paura del crepuscolo raggiungendo la meta: siamo felici.
Usciamo dal bosco salendo all'abitato di Conio, dove un'anziana  signora, sulla strada di casa, ci saluta sorridendo. Noi ancora avvolti dalla gioia di aver trovato quello che cercavamo, dopo aver ricambiato il saluto, diciamo: "arriviamo dalla Ruve du Megu" e lei orgogliosamente come solo chi sente il legame materno con il villaggio di origine dice esclamando e interrogando:
"È bella, vero !?"
"Sì", rispondiamo senza indugio.
Conoscendo la fama di Conio, domando: "è possibile comprare da qualcuno i fagioli?"
Lei con saggezza contadina risponde: "tornate a metà ottobre."
Marco Bertolino, Vento alto, Youcanprint, Lecce, 2022, pp. 5-9

mercoledì 8 marzo 2023

Considerazioni, sparse nel tempo, di persone di Sanremo su cultura, scuola, educazione, e non solo

Sanremo (IM): Museo e Centro di Cultura "ex Forte di Santa Tecla"

"È molto difficile non salire sul piedistallo", dice Alfredo Moreschi - e rimanere sulle cose, senza tentare di prevalere. Ma è probabilmente la cosa più saggia da fare.
pag. 87

Alberto Sinelli, musicista, mio maestro di percussioni per un breve periodo, sosteneva: un cane, quando si rallegra, scodinzola. Ora, aggiungeva, non è detto che se tu scuoti la coda ad un cane, questi diventa contento. Ma può anche essere.
pag. 92

A scuola si dovrebbe imparare a esercitare il pensiero, ragionare con la propria testa, farsi delle proprie idee. Essere autonomi e critici. E pensare che io sono stato rimproverato anche perché leggevo libri, persino in una biblioteca civica (ne stavo sfogliando, anche se con molta attenzione, troppi - dovevo toccarne solo uno...). Colpevolizzato perché leggi libri, come con la Demartini. Il prof di disegno delle medie inferiori, un giorno che sciorinò una serie di fascicoli de I maestri del colore e de I maestri della scultura, alla richiesta di uno studente di poterne sfogliare uno, rispose con un secco "no!".
pag. 95

Marisa Biga Bestagno mi raccontava che quando un allievo sosteneva di non aver capito, lei spiegava la ciosa secondo un'altra prospettiva, in modo diverso: perché se la versione che si era appenavoluto porgere all'allievo non era stata compresa, il ripeterla probabilmente avrebbe nuovamente generato la stessa incomprensione (e Bertrand Russel: "Ricapitolerò quindi i suoi punti principali, nella speranza che, messi in parole diverse, essi diventino meno oscuri"). Se un ragazzo dice di non aver capito non si deve rispiegare, ripetere, ma dire il concetto in un'altra prospettiva, per farlo capire. Non è mica sempre vero che repetita juvant.
pag. 96

"L'adolescenza, fragile e impressionabile, - scrive Giuseppe Conte, Buoni maestri cercansi per missione anti-branco, "Il Secolo XIX" del 30 marzo 2010 - avrebbe bisogno di risorse, di anticorpi contro la propria fragilità e impressionabilità. Letture importanti, obiettivi da raggiungere, sogni da inseguire per costruire un futuro".
pag. 100

Vito Farace, finalmente cito un mio compagno di scuola e non un produttore di libri, il 5 marzo 1980 chiaccherò felicemente con me, e mi diede tanti spunti: l'educazione nel corpo dei bambini, la scuola è bella perché dall'altra parte c'è un interlocutore che ti critica, il tempo dei giovani (lo puoi passare in bar in cui t'allaghi di roba il fegato, oppure in altre maniere), i ricchi non possono capire certe cose perché non le vivono, i poveri s'adeguano alle mode, ci sono pittori che non sono convinti di ciò che fanno e che appartengono a un sistema di conoscenze, ci sono gli integrati.
pag. 101

In una mia agendina, datata 1978, trovo questo pensiero: "L'inventare il sesso e altre attività elementari coma fatto affascinante e creativo". Ecco, restiamo un momento sul tema della cosiddetta "educazione sessuale".
pag. 105

Essenzialmente, io sono un autodidatta. Avevo sempre l'impressione che gli elementi veramente validi mi pervenissero dal di fuori della scuola. Potevano essere le trasmissioni televisive di Sapere o i fascicoli dei Maestri del colore, i libri di zoologia o quelli di storia del cienema. La scuola, a parte qualche eccezione, mi sembrava gestita da persone limitate, alquante stupide, e a volte cattive. Per cui ero ben felice di discutere con amici adulti dei disegni di Paul Klee, senza sentirmi dare del presuntuso e senza dover fare relazioni e verifiche.
pag. 106

Ma quello che mi interessa, qui, in senso pedagogico è semplicemente affermare che a scuola è importante fare le cose. Con l'azione capisci - un giorno fai una cosa, e da lì capisci che la sai fare. Bambini e adolescenti - e non solo - capiscono tutto, anche il non esplicito.
pag. 116

Occorre perdere tempo, per imparare le cose. L'insegnamento, se passa, passa fra gli interstizi, per distrazione, per mezze frasi casuali, passa nei vuoti, tra le fessure, fra un gesto e l'altro, quasi come un tradimento delle aspettative. E. M. Forster: "solo quello che vedi con la coda dell'occhio ti tocca nel profondo".
E poi posso citare qualche mio amico. Ad esempio, Alfredo Moreschi: che dice: no a generalizzazioni e definizioni (perché tutto è pro tempore). E dice: reinventare le cose laterali, marginali. E ancora: il libro comincia una volta chiuso, dopo la parola fine. E Roberto Colombo, quasi a chiosare: importa quello che viene dopo, gli effetti che crea.
pag. 117

Sgt. Tibbs è l'educatore che non educa ma agisce. È un operatore, non un oratore. La sua missione è portare in salvo i cuccioli, e il messaggio educativo che rilascia è quindi riferito a ciò che fa [...]
Il mio pedagogo di riferimento, il mio maestro spirituale, resta senza dubbio il Sergente Tibbs.
pag. 128

Marco Innocenti, Elogio del Sgt. Tibbs, Edizioni del Rondolino, 2020

Altri lavori di Marco Innocenti: articoli in IL REGESTO, Bollettino bibliografico dell’Accademia della Pigna - Piccola Biblioteca di Piazza del Capitolo, Sanremo (IM); articoli in Mellophonium; Lorem ipsum, lepómene editore, 2022; (a cura di) Marco Innocenti, Il magistero di Cesare Trucco - per il centenario della nascita 1922-2022, Lo Studiolo, Sanremo, 2022; Scritti danteschi. Due o tre parole su Dante Alighieri, Lo Studiolo, 2021; I signori professori, lepómene editore, 2021; Verdi prati erbosi, lepómene editore, 2021; Libro degli Haikai inadeguati, lepómene editore, 2020; Flugblätter (#3. 54 pezzi dispersi e dispersivi), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2019; Sandro Bajini, Fumata bianca dopo penosi conciliaboli (con prefazione di Marco Innocenti), Lo Studiolo, 2018; articoli in Sanremo e l'Europa. L'immagine della città tra Otto e Novecento. Catalogo della mostra (Sanremo, 19 luglio-9 settembre 2018), Scalpendi, 2018; Flugblätter (#2. 39 pezzi più o meno d'occasione), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2018; Sandro Bajini, Andare alla ventura (con prefazione di Marco Innocenti e con una nota di Maurizio Meschia), Lo Studiolo, Sanremo, 2017; La lotta di classe nei comic books, i quaderni del pesce luna, 2017; Sanguineti didatta e conversatore, Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2016; Sandro Bajini, Libera Uscita epigrammi e altro (postfazione di Fabio Barricalla, con supervisione editoriale di Marco Innocenti e progetto grafico di Freddy Colt), Lo Studiolo, Sanremo, marzo 2015; Enzo Maiolino, Non sono un pittore che urla. Conversazioni con Marco Innocenti, Ventimiglia, Philobiblon, 2014; articolo in I raccomandati/Los recomendados/Les récommendés/Highly recommended N. 10 - 11/2013; Sandro Bajini, Del modo di trascorrere le ore. Intervista a cura di Marco Innocenti, Ventimiglia, philobiblon, 2012; Sull'arte retorica di Silvio Berlusconi (con uno scritto di Sandro Bajini), Editore Casabianca, Sanremo (IM), 2010; Pensierini, Lepomene, Sanremo, 2010; Sgié me suvièn, Lepomene, Sanremo, 2010; Prosopografie, lepómene editore, 2009; Flugblätter (#1. 49 pezzi facili), lepómene editore, 2008; (a cura di) Alfredo Moreschi in collaborazione con Marco Innocenti e Loretta Marchi, Catalogo della mostra fotografica. 1905-2005: Centenario del Casinò Municipale di Sanremo. Una storia per immagini, De Ferrari, Genova, 2007; con Loretta Marchi e Stefano Verdino, Marinaresca la mia favola. Renzo Laurano e Sanremo dagli anni Venti al Club Tenco. Saggi, documenti, immagini, De Ferrari, 2006
Adriano Maini

Sanremo (IM): Corso Mombello

CHIARA: anche se non lo so a mille, questo epistolario non esiste, non c’è una lettera che sembri di Do, sì una c’è!, quella sul Natale, lei sa scrivere bene da sempre, da sempre 10 e i complimenti dei prof., lo so perché le superiori le abbiamo fatte insieme…che due persone diverse! Sono praticamente sicura che un bel giorno mi ha girato lo zucchino (una girata de sucùn) e le ho fatte, queste lettere,  a partire dal mio diario e dai ricordi che…ragazzi,  ce l’ho sempre “belli freschi” come l’insalatina!
Spero si apra un dibattito con la Do, ma la Do è già sconfitta, non avrà pezze d’appoggio.
- ma figurati! La Do è un po’ maga!
- è tanto maga che le sue lettere le ha scritte lei…senza mai averle scritte! Amen, ha vinto! Forse queste lettere, che sono state messe lì nude e crude, per dire qualcosa di due adolescenti di allora (sembrano passati vari secoli), andrebbero “rifatte”, se qualcuno ne fosse capace, e farle diventare “un prodotto letterario” perché così, temo, abbiano il sapore della gioventù solo per noi due! Chiunque potrebbe farlo, chiunque ci si identificasse un po’, certo la più adatta sei tu cara la mia maga DoDo!
Voglio trascrivere un commento di B.B., che voi conoscete, ma che ripubblicherò!, sulle lettere che, gentilmente, si è pure letta… Questo commento e’ necessario perché, pesante come un macigno, ci riporta subito coi piedi per terra di fronte a due adolescenti più o meno abbastanza “tipiche!
"Peccato che non ci siano le date delle lettere che vi scrivevate. Però mi rendo conto che avevate dei problemi ben profondi, ma molto, molto diversi dai miei di quei tempi".
[...]
DO - Mi dici che ho chiuso i battenti e che non rido. Secondo te c’è qualcosa da ridere in giro? Il panorama è squallido, tutto fatto a “strissie”, come dice il nostro brillantissimo professore. Se almeno ci fosse un po’ di sole, ma anche quello oggi sembra andato a dormire, beato lui. E intanto le erbe della steppa germogliano, diventano altissime e si seccano, senza che noi ci possiamo fare niente (beh, possiamo almeno seccarci).
Io guardo il professore semplicemente per non addormentarmi. È una sfida a chi si addormenterà per primo, sicuramente io morirò per prima. Quei poveretti in prima fila davanti alla cattedra si prendono anche tutti gli spruzzi di saliva. Bisognerà mandarci Birone, così avrà la faccia di aprire un ombrello. Pastorelli mi ha portato da leggere un libro di Marina Sereni, “I giorni della nostra vita”. Che sia un auspicio? Già il mio cuore batte più forte e “le rose del mio viso” trascolorano. Ma lui non lo sa.
[...] oltre alla scuola, c’è la città dove siamo nate.
Una città che non è una città, ma un buco di paese dove tutti sanno tutto di tutti e ci passano le serate, sanno con chi vai, come ti vesti e commentano… Mia sorella dice sempre che è una vergogna come mi concio… perché tutti sanno che sono sua sorella… insomma ci perde in onore e reputazione!
Non c’è un teatro stabile, né una compagnia, né rappresentazioni liriche; i concerti sinfonici li fanno al casinò, ma insomma bisogna avventurarsi in quell’ambientino e non tutti ne hanno voglia, e poi come ci si veste, e le signore in pelliccia…; c’è comunque un’orchestra stabile e invitano a volte dei buoni direttori da fuori… niente che inviti chi già non è appassionato… niente rivolto ai giovani, che chiami con pezzi più attraenti…, è sempre la stessa cerchia che sa già e da lì non si esce… niente jazz, niente musica popolare, niente canzoni se non quella cosa ributtante che è il Festival e che serve solo a vendere dischi.
La nostra biblioteca, tristissima, non ha nessuna attività culturale come per esempio organizzare conferenze e dibattiti dove sia possibile trattare qualsiasi argomento che sia d’interesse comune.
Che ne dici, le organizziamo noi? [...]
Chiara Salvini, 6 ottobre 2012 ore 08:04. Disperata dei pacchi che mi fissano, coperta di vecchie polveri, quelle che dovevamo spolverare da tanti anni, mi azzardo a pubblicare questo epistolario senza rileggerlo. Guai certissimi!! E' di due ragazzette d'antan ... 1058... Non così d'antan, era il 1958! Paziente trascrizione di Barbara Bonifacio, elegantissima in tutto, Nel delirio non ero mai sola, 6 ottobre 2012 

sabato 4 marzo 2023

E Binda fece il suo esordio a Nizza

Nizza: Nizza nord-est

Binda, varesino di Cittiglio classe 1902, debutta nel professionismo nel 1922, appena ventenne, e lo fa con la francese Nice Sport, se è vero che subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale si è trasferito di là dalle Alpi con il fratello maggiore Primo. Proprio a Nizza, e lungo le strade assolate della Costa Azzurra, il campione lombardo inizia l’attività di ciclista, denunciando doti non comuni nello scalare le montagne e nel tenere alto il ritmo sul passo. Vince, tanto, nei primi tre anni in Francia, e nel 1925 viene assoldato dalla Legnano, a cui regalerà gli anni migliori di una carriera che si protrarrà fino al 1936.
Nicola Pucci, La tris vincente e consecutiva di Alfredo Binda al Giro di Lombardia, SportHistoria, 11 ottobre 2019

«Alfredo! Bravo! Non badare alla squalifica, per me hai vinto lo stesso: eri chiaramente il più veloce di tutti!». L’uomo che esulta è Primo Binda; suo fratello minore, Alfredo, ha appena ottenuto la prima vittoria della sua carriera da ciclista in una gara amatoriale corsa sui colli attorno a Nizza, ma è stato squalificato per non aver risposto al secondo appello che precede la partenza. Primo ha ragione: lui suo fratello lo conosce bene, insieme pedalano tutte le domeniche lungo le strade della Costa Azzurra e da un pezzo ha intuito il talento di Alfredo, soprattutto quando, in sella a quella bicicletta comprata con i primi risparmi da operaio stuccatore, lo vede attaccare in salita il massiccio dell’Esterel. Ma nemmeno lui immagina che quel giovanotto neanche ventenne originario di Cittiglio, paesino in provincia di Varese, emigrato nell’immediato primo dopoguerra a Nizza a cercar fortuna, diventerà il grande Alfredo Binda, vincitore, tra il 1925 e il 1933, di cinque Giri d’Italia (record eguagliato solo da Fausto Coppi e Eddy Merckx), tre Campionati del Mondo su strada, quattro Giri di Lombardia, quattro Campionati italiani e due Milano-Sanremo.
La storia di Binda è quella del periodo d’oro del ciclismo italiano tra le due guerre e ha un denominatore comune a quelle degli altri grandi ciclisti dell’epoca: la fuga, prima ancora che dagli avversari, dalla fame e la bicicletta non solo come passione, ma come mezzo per affrancarsi dalla miseria. Storie che riaffiorano, come pescate da un vecchio baule dimenticato in soffitta, dal racconto di Edoardo Rosso nel suo libro “Binda l’invincibile”, Italica Edizioni, impreziosito dalle illustrazioni di Serena Tommasini Degna [...]
Enrico Fabretti, Binda l'Invincibile, leggenda di un ciclismo (e di uomini) di altri tempi, Listone Magazine, 16 ottobre 2015

Proprio cent’anni fa, il 4 marzo 1923, il grande Alfredo Binda, all’inizio della sua splendida carriera, conquistava a sorpresa un’importante vittoria, tra le prime di un’interminabile serie. Aveva 20 anni e mezzo ed abitava a Nizza, dove si era trasferito per lavoro (faceva lo stuccatore) insieme ad uno dei suoi tredici fratelli. Pedalava per diletto, ma diventare un campione era il suo sogno. In Francia aveva già vinto tre corse e quel giorno si doveva misurare con alcuni assi dell’epoca, come Alavoine, Barthélémy, Azzini e nientemeno che Girardengo e Belloni. In questa 'course de côte' s’era già distinto l’anno prima, giungendo terzo, alla sua prima vera esperienza agonistica.
Corsa in salita, breve (16 chilometri), ma con un bel dislivello (740 metri) da Nizza al Forte del Mont Chauve d’Aspremont, quasi interamente su sterrato, con 58 partenti. Binda ha la cittadinanza italiana, ma corre per La Française, lo stesso team dei belgi Jean Rossius e Léon Scieur. All’esordio tra i professionisti, s’impone suscitando meraviglia e ammirazione. Belloni e Azzini abbandonano presto. L’esito della corsa rimane incerto sino alle battute finali, ma con un imperioso allungo il varesino di Nizza va a vincere con discreto margine sul francese Barthélémy. Girardengo è sorpreso: s’è impegnato al massimo per colmare il distacco da Binda, ma poi desiste e arriva quarto. Il francese Alavoine, vincitore l’anno prima (1922), chiude mestamente all’ottavo posto e si vede pure sfilare il record della scalata: nel 1922 aveva vinto in 46’29”, Binda ferma i cronometri sul 44’49”, alla media di 21,420 chilometri orari.
Il quotidiano sportivo 'L’Auto' titola “Le poussin a battu les aigles”, il pulcino ha battuto le aquile. Inizia una sfolgorante carriera che porterà Alfredo Binda a vincere 115 corse, tra cui 3 campionati del mondo, 5 Giri d’Italia, 4 Giri di Lombardia e 2 Milano-Sanremo. Il trombettiere di Cittiglio veste sino alla fine del 1924 la maglia della Française, poi torna in Italia e passa alla Legnano, di cui difenderà i colori sino a fine attività.
Della Nizza-Mont Chauve si correranno altre otto edizioni. L’ultima della serie nell’ormai lontano 1975, vinta dal francese Raymond Delisle davanti al ligure Giuseppe Perletto. Tra i vincitori della prova anche Raymond Poulidor, nel 1972.
Ordine d’arrivo: 1. Alfredo BINDA (Ita) km 16 in 44’49”, media 21,420 kmh; 2. Honoré Barthélémy (Fra) 44’51”; 3. Achille Souchard (Fra) 44’52”; 4. Costante Girardengo (Ita); 5. Giovanni Trentarossi (Ita) 45’50”; 6. Joseph Normand (Fra) 45’51”; 7. Paul Broccardo (Fra) 46’17”; 8. Jean Alavoine (Fra) 47’01”; 9. Théo Beeckmann (Bel) 47’03”; 10. Pierre Dordoni (Fra) 47’05”
Alberto Ferraris, Cent'anni fa la prima grande vittoria di Alfredo Binda: l'inizio di una carriera senza pari, Bicisport, 4 marzo 2023 

Dal 1945 ad oggi l’Avan ha tesserato più di 3000 membri <220; l’attività ciclistica resta ancora quella principale della società. Per quanto riguarda gli italiani che fecero parte dell’associazione si possono rintracciare svariati nomi, da quello più celebre di Alfredo Binda a quelli un po’ meno noti di François Menta ed Henri Ferrara <221.
[NOTE]
220 Per la storia dell’AVAN vedi il sito ufficiale, http://membres.lycos.fr/avanice/, P. Henri Gache, Le sport à Nice, cit., p. 75 e Tony Bessy, L’A.V.A.N. Nice, «Nice Matin», 14 novembre 1947.
221 Per la carriera di Binda in Costa Azzurra, come anche per Ferrara e Menta, vedi la tesi di A. Cavaciuti, Sport, immigrazione e politica tra le due guerre.

Alessandro Dall'Aglio, Emigrazione italiana e sport a Nizza nel secondo dopoguerra (1945-1960), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Parma, Anno Accademico 2002/2003

Cittiglio, pochi chilometri a nord di Varese, è un paese piccolo, eppure conosciuto perché ha dato i natali al più grande campione che l’Italia abbia regalato al ciclismo mondiale: Alfredo Binda. Nato nel 1902 e scomparso nel 1986, lanciato da un commerciante di biciclette italiano in Francia (a Nizza Binda collaborava con zio e fratello stuccatori), fu ingaggiato dalla Legnano del mitico Eberardo Pavesi per dodicimila lire di stipendio annuo. Debuttò ad alto livello nel Giro d’Italia del 1925, in teoria gregario, nei fatti libero di prendere iniziative: si dimostrò talmente ispirato da vincere la corsa rosa tra lo stupore dei tifosi. Fu l’abbrivio di una carriera ineguagliabile, fatta di 5 Giri come Coppi e Merckx (più uno… ad honorem: nel 1930 gli organizzatori lo pagarono per restare a casa), 3 titoli mondiali, 4 campionati italiani, 2 Milano-Sanremo, 41 tappe del Giro e 2 del Tour (purtroppo ne disputò uno solo, per motivi di sponsor), più mille altri trofei che stanno stretti in una bacheca pazzesca. Si ritirò nel ’36 dopo un rovinoso capitombolo alla Sanremo. A guerra finita divenne ct della nazionale, riuscendo a far coesistere due galli come Bartali e Coppi: portò in Italia quattro maglie gialle (Bartali, due volte Coppi, Nencini) e due iridate (Coppi e Baldini). Furono lui e Gianni Brera a introdurre nel mondo del pedale il concetto di ammiraglia [...]
Redazione, Da Alfredo Binda nel 1902…, Cycling Sport Promotion

È interessante analizzare il caso del ciclismo, lo sport più seguito in regione [la Costa Azzurra] e molto amato dagli italiani nel periodo postbellico. Tanti sono gli immigrati che in questa disciplina hanno trovato un mezzo per vivere e, talvolta, diventare celebri. Il caso di Alfredo Binda è senza dubbio il più celebre: nato l’11 agosto 1902 a Cittiglio, in provincia di Varese, emigrò in Francia nel 1919 per lavorare a Nizza nell’edilizia, precisamente come stuccatore. Il fratello Primo lo contagiò con la sua passione per la bicicletta e così Binda cominciò a correre; nel 1924 vinse 19 delle 21 gare regionali alle quali si presentò al via. Fu soltanto l’inizio di una grande carriera. Alfredo Binda è ancora oggi ricordato e stimato in Costa Azzurra <7.
7 A titolo di esempio si veda «Nice et le vélo», Lou Sourgentin, 82, 1988.
Alessandro Dall’Aglio, Emigrazione italiana e sport a Nizza nel secondo dopoguerra, Altreitalie, gennaio-giugno 2005

martedì 28 febbraio 2023

L'onegliese che, affermato architetto - ed ingegnere - nel regime fascista, nel dopoguerra preferì farsi monegasco

Imperia: Piazza G. Bianchi ad Oneglia

Costantino Costantini nacque ad Oneglia (Imperia), l’11 agosto 1904. Figlio di Pier Paolo e Rosa Maria, si sposò con Maria Annunziata Valfrè nel 1929, nata a Rivoli il 3 Maggio 1905.
 

Costantino Costantini: ritratto di Giorgio Guidugli. (“Notiziario del Geometra”, n. 154, La Spezia 2005). Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Risiedette a Torino dal 1906 al 1932, e a Roma dal 1933. Negli anni del Liceo aveva aderito al movimento nazionalista di Enrico Corradini <64, il quale sin dal 1910 spingeva il Governo a occupare la Tripolitania ancora sotto la sovranità dei Turchi. Tale movimento, che raccoglieva un numero notevole di intellettuali tra cui Gabriele D’Annunzio, sosteneva la teoria dell’Italia “nazione proletaria” con diritto all’occupazione della Libia.
 

Diploma di laurea in Ingegneria di C. Costantini. (Politecnico di Torino). Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Terminati gli studi liceali si laureò in Ingegneria Civile al Politecnico di Torino nella sessione estiva dell’anno 1926; alla sessione autunnale conseguiva la laurea in architettura e l’abilitazione all’esercizio della professione presso la Regia Scuola di Ingegneria di Napoli.
 

Ponte Balbis, Torino. Foto 2012. Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Compiuti gli obblighi militari alla scuola Allievi Ufficiali di Bra (Cuneo) dall’agosto del 1926 al marzo del 1927, dopo qualche mese di tirocinio professionale nello studio di Pagano (col quale progettò i terrazzini di Ponte Balbis), incominciò nello stesso anno la libera professione e in breve tempo si creò una buona clientela privata. <65
Il triangolo industriale italiano forniva il terreno di coltura privilegiato per le teorie e le pratiche sulla casa razionale e le casse di risonanza erano le riviste di settore che proprio lì andavano fiorendo. Costantini viveva e operava dunque in quell’ambiente particolarmente fervido di iniziative intellettuali, in specie quello rappresentato a Milano dalla rivista “Casabella”, diretta dal suo collega ed amico Pagano insieme a Persico <66, a sua volta in contatto e in dibattito con “Domus” di Giovanni Ponti <67, con “Rassegna di Architettura” di Enrico Rocca <68, con “Quadrante” di Massimo Bontempelli <69 e Bardi.
Per comprendere quel clima culturale così speciale basti pensare che proprio nel periodo in cui fu costruita da Costantini a La Spezia la Palazzina, a Milano veniva costituito lo studio BBPR - Banfi, Belgioioso, Peressuti, Rogers - <70. Inoltre la biennale di Monza si triennalizzava e si spostava a Milano.
La sua prima opera fu la Scuola Comunale di Saluggia in provincia di Vercelli, dove si trovava per esigenze di leva militare. Realizzerà poi a Torino una villa per l’ammiraglio Bogetti in corso Galileo Ferraris ed un’altra in via Amerigo Vespucci, di sapore neoclassico.
Il suo nome giunse all’attenzione di Renato Ricci, presidente nazionale dell’ONB [Opera Nazionale Balilla], grazie all’amicizia e alla stima dell’Ing. Ferraris, presidente dell’ONB Torinese e gerarca fascista rilevante nel capoluogo torinese. Nel 1928 fu quindi invitato, fra i più giovani architetti della città, a presentare senza impegno alcuno da parte dell’O.N.B. un progetto di massima per la casa del balilla di Torino. Il progetto, sottoposto all’esame del Presidente Centrale dell’O.N.B., Renato Ricci, fu approvato e venne confermato l’incarico al Costantini di procedere all’elaborazione del progetto esecutivo.
Poco dopo Costantini si sposò con la signorina Maria Annunziata Valfrè, detta Mimma, di Rivoli Torinese. Dall’unione nacque l’unica figlia, Anna Maria.
Nel 1929 veniva incaricato dal Comm. Ermanno Rivetti di Biella di elaborare il progetto della Casa Balilla di detta città. Nel 1930 il Maresciallo dell’Aria Italo Balbo, durante <71 una visita ai lavori di costruzione della casa del balilla di Torino, esprimeva il suo elogio al Costantini per la genialità dell’opera e come premio lo incaricava della redazione del progetto di alcune costruzioni dell’Aeroporto di Cadimare (La Spezia). Costantini, quando ricevette l’incarico da Italo Balbo, non aveva ancora trent’anni: lo possiamo dunque immaginare nel pieno delle sue energie professionali e proiettato verso le istanze razionali e moderne che aveva sicuramente assorbito nel clima avanzato della Torino degli anni Venti dove aveva studiato e dove si sviluppò la cultura architettonica moderna di respiro internazionale prima ancora che a Milano. Egli fa parte di quella generazione formatasi negli anni Venti che ha segnato la vita italiana al credo razionalista e si è battuta per un’architettura che fosse all’altezza della modernità intesa come miglioramento sostanziale delle condizioni di vita dell’umanità. Una generazione che usciva da una guerra durissima ma vittoriosa e si trovava alle prese con un regime politico che all’inizio sembrava potesse incarnarne il mito del moderno sia a livello sociale sia produttivo e culturale.
 

Palazzina Ufficiali Aeronautica Militari, Costantino Costantini, Cadimare. Foto. (FARINA 2013, copertina). Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Nel 1931 veniva incaricato dal Ministero dell’Aeronautica di eseguire i progetti per delle costruzioni da effettuarsi agli aeroporti di Campo Formico e di Orbetello, (Grosseto). Nel 1932, nuovamente chiamato da Renato Ricci, veniva incaricato di progettare la casa del balilla di Mantova ed invitato a presentare dei progetti di Massima per l’Obelisco del Foro Mussolini.
Il bozzetto del Costantini fu prescelto tra numerosi progetti di un notevole stuolo di architetti e Renato Ricci lo incaricava del progetto esecutivo della Direzione dei Lavori per l’innalzamento dell’Obelisco. L’architetto proporrà una serie di soluzioni altamente tecnologiche per il trasporto e la messa in opera del monumento. Il grande blocco, pesante 350 tonnellate e alto ben 17.15 metri, fu posato grazie ad una serie di martinetti idraulici che lo spingevano lungo un’incastellatura in cemento armato a sagoma parabolica per farlo arrivare poi sino al suo basamento in cemento armato. Costantini si trasferirà pertanto a Roma dove gli saranno affidati numerosi incarichi pubblici di notevole rilievo: lo Stadio dei Marmi, il Foro Mussolini, dove continua l’opera di Del Debbio, e la Piscina Olimpionica coperta. Inoltre, progetta la nuova grafica fascista, realizzando le tessere del partito. <72
 

Palazzina del gruppo Tennis al Foro Mussolini, Costantino Costantini, Roma. Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

I rapporti di Costantini con i problemi e l’ambiente del Foro Mussolini non furono tuttavia facili. L’obelisco dedicato al Duce doveva essere formato da un unico blocco di pietra o di marmo e Costantini avrebbe dovuto impegnarsi in ricerche attente poiché la macchina del trasporto doveva assicurare l’assoluta integrità del pezzo. Questo periodo è stato tuttavia dimenticato dai critici, prima a lui favorevolissimi, e dai giornalisti, e da chi aveva lavorato gomito a gomito con Costantini, lodandolo precedentemente. Questo cambiamento di giudizio, anzi questo silenzio, non fu sostenuto da alcuna dichiarata motivazione. Secondo alcune notizie provenienti da una fonte che era presente all’inaugurazione del Foro Romano, alla presenza del Duce, gli operai accolsero Costantini addirittura scrivendo il suo nome con i corpi: cosa che non fu per nulla gradita al duce. Nessun organo di stampa parlò di tale fatto ma fu dopo questo episodio che Costantini non venne più incaricato di nuovi progetti da parte del Duce. <73
 

Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Alla fine del 1932 Renato Ricci invitava diversi architetti a presentare i progetti per le Piscine Coperte del Foro Mussolini e anche per questa opera veniva prescelto il bozzetto Costantini, il quale veniva incaricato della progettazione e della direzione dei lavori dell’opera che comprendeva l’Accademia di Musica e l’Auditorium, siti nello stesso edificio e ultimati negli anni 1939-40. <74 Nel 1933 gli erano affidati i progetti per la costruzione degli stadi del tennis del Foro e delle case del balilla di Mondovì (Cuneo), e rionale di Torino. 

Obelisco Mussolini, Costantino Costantini. Foto 2012. Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Nel 1934 progetta l’edificio “Alloggiamento atleti del Foro Mussolini”, ora ex Comando generale della G.I.L. Durante il 1935 continuano i lavori al Foro Mussolini e fu incaricato del progetto della casa dei Marinari di Torino e della <75 casa del balilla di Chivasso (Torino).
Nello stesso anno, chiamato dalla Società Italo Portughesia de Costrucao di Lisbona, partecipa in qualità di progettista all’appalto concorso internazionale per la città Olimpionica di Lisbona e vince il 1° premio del Concorso di primo grado.
Nel 1936, poiché gli architetti che si erano interessati al tema non erano molti, partecipa alle Olimpiadi di Berlino quale rappresentante dell’Italia al Concorso di Architettura gruppo B vincendo il 3° premio. <76
Nel 1937 continuano i lavori al Foro Mussolini e fu incaricato del progetto di continuazione del fabbricato Comando Generale G.I.L. per alloggiarvi il Centro di Preparazione politica. Nel 1938 continua i lavori in corso al Foro, l’anno successivo fu incaricato del progetto di ampliamento del Comando Gen. GIL e, insieme all’architetto Luigi Moretti, del progetto di ampliamento della sede del Direttorio del PNF. Nel 1940 continuano i lavori in corso al Foro. Nel mese di luglio fu richiamato alle armi e, salvo un breve intervallo, rimane sotto le bandiere fino al 16 Ottobre 1941, dopo tale data fu inviato in licenza di convalescenza per infermità. <77
Costantini, al rientro dalle armi, continuava la professione portando man mano a compimento le opere che erano in corso, provvedendo alla liquidazione della contabilità. <78 Riprese il lavoro dedicandosi prevalentemente all’edilizia industriale, avendo quali committenti l’IRI e l’impresa Recchi, del cui titolare era molto amico.
 

Atto di nascita di C. Costantini. (Ufficio di Stato Civile, città di Imperia). Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Nei primi anni Sessanta, non condividendo i cambiamenti che stavano avvenendo nel nostro Paese, decide di trasferirsi nel principato di Monaco.
 

Atto di morte di C. Costantini. (Ufficio di Stato Civile, città di Milano). Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Morì nel 1982 a Milano, ripudiando la cittadinanza italiana e precisando che la sua cittadinanza rimase ufficialmente quella monegasca fino alla morte. <79
[NOTE]
64 ENRICO CORRADINI: (San Miniatello, 20 luglio 1865 - Roma, 10 dicembre 1931) scrittore e politico italiano, esponente di punta del nazionalismo italiano. Fu senatore del Regno d'Italia nella XXVI legislatura.
65 Si veda MONTANARI 1992, pp. 112-113.
66 EDOARDO PERSICO: (Napoli, 8 febbraio 1900 - Milano, 10 gennaio 1936) è stato un critico d'arte e saggista. Amico di Piero Gobetti, con cui collabora alle riviste La Rivoluzione Liberale e Il Baretti, si trasferisce nel 1927 a Torino. Dopo aver conosciuto Lionello Venturi, sostiene il gruppo di artisti “i Sei di Torino”. Trasferitosi a Milano nel 1929, collabora alla rivista Belvedere e nel 1930 fonda la galleria del Milione. Dal 1931 dirige con Giuseppe Pagano la rivista Casabella.
67 GIOVANNI PONTI: (Milano, 18 novembre 1891 - Milano, 16 settembre 1979) architetto, designer e saggista. Oltre a vari oggetti d’arredo, P. progetta tra gli altri: la Scuola di Matematica, Città Universitaria, Roma (1934), il primo Palazzo Montecatini a Milano (1936), il grattacielo Pirelli (1955-58) e Chiesa di San Francesco d'Assisi al Fopponino, Milano (1964).
68 ENRICO ROCCA: (Gorizia 1895 - Roma 1944) giornalista e scrittore.
69 MASSIMO BONTEMPELLI: (Como, 12 maggio 1878 - Roma, 21 luglio 1960) è stato uno scrittore, saggista e giornalista. Accanto ai suoi amici Alberto Savinio e Giorgio De Chirico, ha rappresentato il tentativo di un'adozione degli esperimenti surrealistici nell'arte italiana, che chiamò realismo magico.
70 BBPR: è l'acronimo che indica il gruppo di architetti italiani costituito nel 1932 da: Gian Luigi Banfi (Milano, 1910 - Gusen, 1945), Lodovico Barbiano di Belgiojoso (Milano, 1909 - Milano 2004), Enrico Peressutti (Pinzano al Tagliamento, 1908 - Milano 1976), Ernesto Nathan Rogers (Trieste, 1909 - Gardone Riviera, 1969). Per citare alcuni loro progetti: Quartiere INA-Casa a Cesate, Milano (1951), Torre Velasca, Milano (1958), Edificio per uffici e abitazioni, Torino (1959).
71 ITALO BALBO: (Quartesana, 6 giugno 1896 - Tobruch, 28 giugno 1940) è stato un politico, generale e aviatore italiano. Iscritto al Partito Nazionale Fascista, fu uno dei quadrumviri della marcia su Roma, diventando in seguito comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e sottosegretario all'economia nazionale.
72 Si veda NICOLOSO 2013 648-649
73 Si veda D’AMELIO 2013 p, 8-13.
74 Si veda: Lo stadio olimpionico ed i campi di allenamento per il tennis al foro Mussolini in Roma, Ing. Costantino Costantini, da “Architettura”.1935, pp.65-79
75 Si veda PROTTO 1937, pp. 53-54
76 Si veda GARGANO 1936, p. 49
77 Si veda FARINA 2013, pp. 41-49
78 Informazioni tratte dal curriculum vitae di C. Costantini, depositato all’Archivio
Centrale dello Stato di Roma.
79 Si veda MOSCARA 2008, pp. 151-157
Luca Mirandola, Le case del balilla di Costantino Costantini: studi sull’evoluzione tipologica attraverso la lettura dei manuali di regime, Tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, Polo Territoriale di Mantova, Anno Accademico 2014-2015

lunedì 20 febbraio 2023

Giorgio Amendola era contrario al Controfestival di Sanremo del 1969

Stampa Sera, p. 5, lunedì 27 - martedì 28 gennaio 1969. Fonte: Archivio La Stampa

Imperia degli anni '60 era una provincia periferica, senza atenei, priva d'istituzioni scientifiche e artistiche prestigiose dove il "sessantotto" non aveva segnato il nostro territorio con particolari accadimenti. Della spinta al cambiamento che aveva attraversato il mondo occidentale, dalle università californiane a Parigi e quindi Berlino e Roma, noi avevamo soltanto potuto leggere e vederne gli effetti riprodotti dai reportages televisivi. Non per questo non avevamo letto Marcuse e non sognavamo che anche le tante periferie potessero essere abbracciate dal nuovo vento.
I nostri desideri sembrarono esaudirsi, il sessantotto che si concretava all'inizio del 1969 in occasione dell'avvenimento popolare televisivo dell'anno, il Festival della canzone italiana di Sanremo. Per la verità avevamo cominciato, dall'autunno precedente, a ragionare sulle modalità per rendere l'occasione del Festival di Sanremo un avvenimento mediatico. Avevamo convenuto, come Federazione del Pci, di contattare Dario Fo, un autore teatrale e attore che insieme alla moglie Franca Rame aveva acquisito un credito notevole dopo che la Tv democristiana aveva fatto pagare alla coppia un duro prezzo escludendoli dalla presenza in video, dopo le loro pungenti performances in Canzonissima dove avevano saputo, tra l'altro, denunciare la piaga dell'emigrazione italiana, un fenomeno che coinvolgeva milioni di italiani e le loro famiglie, obbligandoli a una vita di stenti e a subire le soperchierie e l'emarginazione fomentata dai razzisti locali, a subire uno sfruttamento che assumeva forme schiavistiche, un'emigrazione che accompagnava molti alla morte sul lavoro.
Negli anni '60 Dario Fo aveva calcato le scene sempre schierandosi dalla parte degli ultimi e denunciando le mene dei poteri forti negli Stati Uniti, in Europa e in Italia.
Con Ugo Caneto eravamo andati a Genova per contattare il futuro premio Nobel. Raggiunto in treno il capoluogo ligure, verso le nove di mattina, ci eravamo incamminati verso la vicina via Gramsci, la strada che costeggia il fronte marittimo e il porto per raggiungere l'hotel Galles, dove i due attori alloggiavano.
Certo, per le consuetudini dei teatranti eravamo arrivati a un'ora antelucana e la reception non aveva mancato di informarci che difficilmente prima delle undici sarebbero comparsi ma, nel contempo avevano suggerito di incontrare i due ospiti dell'hotel sul fine mattinata al teatro della Gioventù ubicato in via Cesarea, una traversa di via XX Settembre, in prossimità di piazza della Vittoria.
Con Ugo ci eravamo recati all'appuntamento nel teatro dove Fo e Rame, con sedici attori del loro collettivo, dovevano provare il lavoro teatrale in programma e avevamo illustrato le nostre intenzioni di contrapporre alla manifestazione canora usurata, una presenza artistica che sollecitasse l'affermazione di una diversa cultura, con risorse pubbliche adeguate, con spazi congrui per produrla ed esercitarla.
Il Pci non era contro la canzone italiana, ma voleva sollevare il problema di una errata politica culturale dei governi che ad essa dedicavano poche risorse e che utilizzavano la Tv inibendone un uso democratico e pluralistico.
Il compenso per il collettivo teatrale, che avevamo concordato in quattrocentomila lire, ci era parso un prezzo molto a buon mercato e ciò aveva facilitato la nostra missione.
Ma i problemi seri dovevano ancora manifestarsi.
Il Festival della Canzone si svolgeva ancora nel salone delle feste del Casinò. Nel mese di gennaio si erano intensificate le voci di possibili interventi provocatori di gruppi neofascisti, i "boatos" si riferivano alle SAM (squadre d'azione Mussolini), per la maggior parte provenienti da Milano e dalla Lombardia. Per la verità, a Botteghe Oscure, dove aveva sede a Roma la direzione del Pci, alcuni compagni dirigenti erano contrari all'iniziativa della Federazione comunista imperiese. Gino Napolitano, il parlamentare comunista che rappresentava il nostro territorio, al suo ritorno da Montecitorio, ci aveva raccontato dell'avversità di Amendola all'iniziativa. Giorgio Amendola era un dirigente di esperienza e certamente le sue valutazioni non erano estemporanee. Probabilmente temeva provocazioni non controllabili e possibili sviluppi della situazione che avrebbero potuto provocare conseguenze assai difficili. Complessivamente il gruppo dirigente della Federazione comunista imperiese era unito nel proseguire l'intrapresa, confortato dal consenso dei militanti la cui ultima preoccupazione erano i paventati scontri; anzi, era probabile che qualche militante di base se li augurasse per sistemare conti pregressi. Ma il gruppo dirigente federale era tranquillo, sapeva di avere la fiducia dei militanti che avrebbero seguito gli orientamenti operativi decisi.
Probabilmente la nostra sicurezza derivava in parte, almeno tra i più giovani, dalla naturale incoscienza che in politica, e non solo, è necessaria, se disciplinata opportunamente.
Mi sono chiesto che cosa avesse spinto Giorgio Amendola a dichiararsi contrario all'iniziativa. Tra i diversi motivi possibili del suo punto di vista ritengo che ci fosse un giudizio sulla non affidabilità del gruppo imperiese del partito, almeno quello più giovane. Infatti un episodio, vissuto in prima persona alcuni anni prima, mi porta a questa conclusione.
Durante la campagna elettorale amministrativa dell'autunno del 1964, Giorgio Amendola aveva tenuto un comizio serale nel vecchio mercato dei fiori in via Garibaldi a Sanremo. Da Imperia eravamo partiti alla volta di Sanremo, oltre al sottoscritto, Nedo Canetti e Francesco Rum, mentre Franco Dulbecco il segretario della federazione e Gino Napolitano il nostro parlamentare erano già sul posto.
Terminata l'affollata manifestazione, Gino ci aveva comunicato che avevano preparato, in un albergo della frazione di San Romolo, una cena alla quale sarebbero stati presenti l'onorevole Giorgio Amendola con la moglie Germaine.
Tralascio le considerazioni logistiche di chi doveva trasferirsi a San Romolo dopo il comizio terminato intorno alle ventidue e trenta. Ma eravamo giovani e la possibilità di discutere con un protagonista del calibro di Amendola non poteva essere lasciata sfuggire. Non mi dilungherò sui dettagli del confronto polilico che si era intrecciato durante la cena, ma sicuramente i punti di vista controversi non erano stati sottaciuti. Valga per tutto il brevissimo intervento di Germaine, con il suo caratteristico accento francese, che aveva puntualizzato "Ma il mondo non è solo bianco e nero, esiste anche il grigio". E Giorgio Amendola, ne sono convinto, riflettendo sull'annunciato Controfestival a Sanremo si sarebbe ricordato di quel gruppo di compagni della provincia di Imperia che un po' gli avevano rovinato la degustazione della cena per la foga e la radicalità delle argomentazioni portate a sostegno di una richiesta di innovazioni politiche del Pci, ritenute necessarie.
Del resto, la Federazione di Imperia e il suo gruppo dirigente negli anni '60 aveva già dimostrato indipendenza di giudizio, assenza di timore reverenziale verso i dirigenti più conosciuti nazionali o regionali che fossero.
Un migliaio abbondante di poliziotti, carabinieri e guardie di finanza il 30 gennaio erano stati schierati a "protezione" del Casinò e di altri punti sensibili, La Stampa a sua volta, scriveva "ci sono migliaia di uomini, carabinieri del Battaglione mobile di Torino e della Legione di Genova, agenti del 3° Battaglione Celere di Milano e del 2° Battaglione di Padova". Ricordo gli innumerevoli camion, pulmini e jeep che stazionavano nella zona dell'allora stazione ferroviaria, poco distante dal Casinò e al termine di via Roma.
Nella mattinata per le vie di Sanremo era sfilato un corteo di giovani con cartelli con foto delle borgate più povere della Città dei fiori e le scritte "Bolivia, India? No. Sanremo". I fascisti, della Gioventù nazionale, sempre in mattinata, avevano diffuso un volantino significativamente intitolato "Adunata" per dire No al Pci e alle speculazioni marx-capitalistiche, per salvare Sanremo, ma in piazza Colombo alle 21 non vi era stata traccia di "camerati".
Il Controfestival era ubicato nel padiglione di Villa Ormond, unica area capiente (e non costosa) in direzione opposta alla casa da gioco e a levante di Sanremo. Dario Fo e Franca Rame erano giunti da Livorno con la loro compagnia e avevano montato le strutture per un palcoscenico di fortuna. Avvicinati dall'inviato de La Stampa, Dario Fo aveva fornito la sua motivazione della protesta sul fatto che "si specula su queste stupide canzoni. In Italia, in nome di questa musica leggera si spillano miliardi alla povera gente e come se non bastassero i dischi, ci sono quattrocento piccole orchestre che vanno in giro ad addormentare la gioventù. Le canzoni hanno ragione di esistere soltanto quando svolgono una funzione culturale, quando servono a far prendere coscienza agli uomini, quando gli consentono di capire che esiste un mondo di sfruttatori e un mondo di sfruttati".
Avevamo organizzato un servizio d'ordine per presidiare i punti esterni più rischiosi. Prima dello spettacolo Dario Fo, Franca Rame ed esponenti del nostro partito, del Psiup e dei giovani socialisti erano intervenuti sui motivi della contestazione. Lo spettacolo, la "Pantomima", veniva rappresentato nei teatri e anche nelle fabbriche occupate. Alle 21 la gente aveva incominciato ad affluire a Villa Ormond, occupando tutti i cinquecento posti a sedere e in molti avevano dovuto assieparsi in piedi. Al termine della rappresentazione era seguito un dibattito sullo spettacolo.
La rappresentazione teatrale era proseguita tranquillamente; purtroppo della prestazione di Dario Fo e Franca Rame non avevo visto nulla per l'incombenza di organizzare il servizio di sicurezza. Ma il finale tranquillo è stato per noi comunisti del Ponente ligure la ricompensa migliore. Avevamo dimostrato di saper correre i rischi necessari, aver valutato in modo corretto i rapporti di forza sul campo e lanciato un segnale preciso: i comunisti erano presenti, decisi e numerosi. I successivi risultati politici per il Pci sarebbero stati figli anche del Controfestival di Sanremo.
Giuseppe Mauro Torelli(1), Viaggio tra generazioni e politica, ed. in pr., 2017

(1) Giuseppe Torelli [Nato a Imperia il 13 marzo 1940]. Figlio di artigiani, ha conseguito la maturità scientifica nel liceo Vieusseux di Imperia. Eletto parlamentare nel 1983, ha partecipato ai lavori della Camera dei deputati nell'ambito del gruppo del Pci nella IX e X Legislatura. In Parlamento è stato componente della Commissione Interni e successivamente della Commissione Esteri. In tale contesto ha avuto l'incarico di responsabile dei problemi dell'ordine pubblico e delle forze di polizia e dei Vigili del fuoco, con particolare riferimento alla problematica della Protezione civile. In precedenza, a partire dal 1965, è stato per venti anni consigliere comunale di Imperia, svolgendovi lungamente la funzione di capogruppo. È stato Sindaco del capoluogo nel 1975. Eletto consigliere provinciale nel 1990, nell'ambito della legislatura ha svolto la funzione di Presidente della Commissione Affari istituzionali. Membro dell'Unione regionale province liguri, è stato eletto altresì nell'assemblea nazionale dell'Upi. Nella Federazione Giovanile Comunista Italiana (Fgci) ha ricoperto l'incarico di segretario provinciale e componente del Comitato Centrale. Nel Pci, dal 1972 al 1983 e quindi nel 1991, ha svolto le funzioni di Segretario provinciale e dirigente in organismi provinciali, regionali e nazionali, come altresì successivamente nel Partito Democratico della Sinistra e nei Democratici di Sinistra. Nel 1989 aderì alla mozione, voluta tra gli altri da Pietro Ingrao e Alessandro Natta, contraria alla svolta della Bolognina, operata dal segretario del Pci Occhetto. Tale mozione si affermò in provincia di Imperia nel congresso del 1990. È stato componente della Presidenza del Consiglio nazionale dei Garanti dei Ds a partire dal congresso di Pesaro del 2001. Al congresso Ds di Firenze del 2007 non aderiva alla proposta di dar vita al Partito Democratico. Dal 1998 era componente del Coordinamento nazionale dell'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra (Ars), di cui è stato tra i promotori e Presidente dell'Ars di Imperia intitolata ad Alessandro Natta. [n.d.r.: deceduto il 12 agosto 2019]. da Wikipedia  

lunedì 13 febbraio 2023

Sanremo (IM): presentazione di un saggio su Calvino

  

L'editore Lo Studiolo di Sanremo ha pubblicato, ascoltando un suggerimento di Marino Magliani, un libro su Italo Calvino, “Il mondo che verrà”, scritto da Manuela Ormea, narratrice e saggista, allieva di Gianni Vattimo.
Il volume espone una visione originale dell'opera di Calvino, collegandola e confrontandola con le filosofie e le scritture di Vattimo, Braidotti, Haraway, Deleuze, Bender, Tokarczuk...
Al museo civico di Sanremo, sabato 18 febbraio alle ore 16 e 30, il libro sarà presentato al pubblico.
Cordiali saluti.
per l'editore Lo Studiolo / Marco Innocenti
 
Nel quadro dell'omaggio che La Riviera sta realizzando in occasione del centenario della nascita dello scrittore sanremese Italo Calvino si inserisce a pieno titolo il saggio "Il mondo che verrà-Incontri con l'altrove di Italo Calvino" di Manuela Ormea (Lo Studiolo Edizioni).
[...] Il saggio si avvale di una prefazione di Antonio Panizzi, esperto conoscitore della "scuola" letteraria del Ponente Ligure di cui Calvino, ovviamente, è stato la punta di diamante. La copertina è illustrata da una bella fotografia scattata da Paola Lanteri nel giardino di Terralba Calvino, la dimora avita dello scrittore. "Il mondo che verrà" costituisce il decimo volume della collana di saggistica "As-saggiando" coordinata per Lo Studiolo da Marco Innocenti. Il volume di 221 pagine si trova in vendita nelle librerie di Sanremo, ma è anche disponibile sulle principali piattaforme on-line.
Abbiamo intervistato l'autrice.
[...] Nel tuo saggio affronti molte tematiche di Calvino. Ci parli del Fantastico?
«Il Fantastico è un concetto centrale per la comprensione di Calvino, i cui personaggi si sottopongono perennemente a prove per il conseguimento di una crescita e di una maturazione esistenziali, per salvarsi dall'Io che si vuole centro e assoggetta gli altri, per farsi altro nella consapevolezza che si è sempre anche altri. Quando Calvino afferma che "Chi non vuole accettare (il mondo) così com'è ma vuole spiegarselo e cambiarlo sarà scrittore favoloso" ci regala un insegnamento sulla sostanza unitaria del tutto: donne, uomini, bestie, piante, cose, nell'infinita metamorfosi di ciò che esiste e nella vitale relazione con ogni alterità, ogni altrove».
Marco Scolesi, «In un mondo omologato Calvino ci insegna a cercare l'altrove e mondi "altri"», La Riviera, 26 gennaio 2023

 

sabato 11 febbraio 2023

Bordighera (IM): mostra fotografica di Salvatore Russo


Unione Culturale Democratica

A.N.P.I.

Via al Mercato n. 8

BORDIGHERA

15-26 febbraio 2023

ore 17-19

 

SALVATORE RUSSO

Autunno a Bussana Vecchia

Mostra fotografica

 

Ingresso libero

La  Mostra aperta al pubblico tutti i giorni, festivi compresi, dalle ore 17 alle ore 19       

 
Salvatore Russo, chiamato da amici e colleghi fotografi “Sal”, ha da sempre una speciale attenzione per i soggetti legati alla natura e agli insediamenti storici, luoghi dove ama recarsi a volte in bicicletta, per poi aggirarsi con rispetto e discrezione, passando inosservato ai più. È la sua prerogativa, come quando iniziò da giovane a riprendere immagini lungo i torrenti delle vallate del Ponente, silenziosamente, per non disturbare la vita in corso, tra acqua, cielo e terra. Lo stesso, immutato stupore che rivelano le sue prime immagini di allora, si ritrova qui, con in più l’amore sincero per un borgo - quello di Bussana Vecchia - cristallizzato nel tempo, e parzialmente reso vivo dalla presenza di artisti che vi hanno preso dimora e creato i loro ateliers. Il racconto rivelato dalle pietre rimaste - la testimonianza del cataclisma che distrusse il paese - e dal fiorire della natura che in parte si è re-impossessata di quegli spazi, non rappresenta l’unico elemento di contrasto descritto dai riquadri scelti da Salvatore Russo: c’è in più la volontà di raccontare cenni di vita, del passato più recente (un mezzo di trasporto a motore abbandonato) o del presente (un cavallo a dondolo lasciato su un prato, o l’insegna di un ristorante). Nonostante, l’antico dolore è allontanato lasciando spazio a dolcezza e speranza; in queste immagini c’è difatti la volontà ferma di rassicurare, di offrire all’osservatore un conforto. Salvatore Russo certamente ci dice che questo è stato lo scenario di una tragedia dovuta alla natura; tuttavia, allo stesso tempo, per quel suo immutato rispetto per essa, egli non trascura di rivelarci che quella stessa natura così potente è anche l’unica a poterci regalare nuova poesia: riconoscendo la sua presenza e il suo aborrire costantemente il vuoto, senza mancare mai di stupirsi per la sua meravigliosa bellezza.
Ettore De Franco

Salvatore Russo si appassiona alle immagini in movimento e alla fotografia frequentando, giovanissimo, gli animatori del cineclub di Vallecrosia fondato negli anni sessanta del secolo scorso da appassionati realizzatori di film amatoriali, fra i quali Elio Tardito e il fratello Ivo. Film in superotto che venivano proiettati, per i soci e gli invitati, in una saletta concessa dal Comune, situata al piano interrato di una delle ex caserme e approntata per tale scopo dagli stessi cineamatori, con schermo e poltroncine di risulta. Questa esposizione di scatti, che risalgono all'Autunno del 2022, vuole essere un omaggio a Bussana Vecchia, frazione di Sanremo a 136 anni da quel fatidico 23 Febbraio 1887 in cui un violento terremoto la semi-distrusse provocando molte vittime per il crollo della quasi totalità delle abitazioni e della volta della chiesa dove molti fedeli si erano raccolti per seguire la messa. 

Salvatore Russo, pensionato, abita a Vallecrosia (IM).

Giorgio Loreti

Unione Culturale Democratica -  Sezione ANPI - Bordighera (IM) Tel. +39 348 706 7688 


martedì 7 febbraio 2023

Socialisti italiani a Nizza nel secondo dopoguerra

Un vicolo di Nizza Vecchia

Un interessante spaccato della presenza dei socialisti italiani in Francia, e soprattutto della loro situazione nell’immediato dopoguerra, è offerto da una lettera di Andrea Caprini a Nenni dell’aprile 1946 <8. Di origine umbre, in Francia dall’inizio dai primi anni Venti, iscritto sia alla SFIO che al PSI, con un recente passato prima da volontario nell’esercito francese e poi da partigiano nella regione delle Alpes-Maritimes, avendo vissuto anche l’arresto da parte della polizia fascista e un periodo di detenzione, nella primavera del 1946 Caprini risultava essere un elemento di punta della rinata sezione di Nizza (probabilmente ne era, come già negli anni Trenta, il segretario) <9. Nella sua missiva a Nenni, il socialista italiano a Nizza sottolineava come il suo lavoro per il partito e per «la causa della democrazia italiana in Francia» lo avesse impegnato indefessamente fin dal suo ritorno dalla prigionia nell’ottobre 1944 - «non ho più curato i miei interessi personali e quelli della mia famiglia» rivelava al leader socialista - ottenendo un rilevante duplice successo: il PSI nelle Alpes-Maritimes era «una delle meglio e più importanti federazioni [sezioni] della Francia» ed era stato spezzato «il cerchio di ferro» della «xenofobia violenta» che gli italiani avevano dovuto recentemente affrontare <10.
[...] I forti contrasti del 1949 sono confermati da una lettera proveniente da Nizza, inviata direttamente a Nenni in novembre, che ben chiarisce la netta spaccatura dei socialisti italiani in Francia, con la testimonianza degli sconfitti: la sezione locale aveva registrato la scissione di «circa dieci o dodici defezioni su quaranta iscritti» (ma si trattava dei più importanti esponenti e altri avrebbero presto seguito), oltre che «soprusi» e «arbitrio di abusi» da parte della direzione a maggioranza socialdemocratica e anti-frontista, con Burgassi invitato inutilmente alla moderazione e a non precipitare gli eventi <24. Una speranza rivelatasi poi vana, con una successiva comunicazione, sempre da Nizza, che rivelava come il partito socialista non avesse alla fine perduto nulla dall’esclusione dei «bambocci» socialdemocratici, e che anzi da questo allontanamento ne avrebbe avuto da guadagnare, sia politicamente che soprattutto moralmente <25.
[...] Nenni, d’altronde, restava un punto di riferimento non solo per i suoi compagni di partito, ma anche per alcuni socialdemocratici in Francia, come il già citato Andrea Caprini di Nizza. Da qualche anno anche cittadino francese, questi aveva aderito al PSU di Romita per poi confluire nel PSDI, diventando (o più probabilmente conservando) la guida della sezione di Nizza (e delle Alpi-Marittime), e figurando sempre tra gli esponenti di punta di quella, più ampia, di tutta Francia. Anzi, negli aspri contrasti sorti alla fine degli anni Quaranta, questi era finito al centro delle polemiche: si trattava infatti di uno di quei «bambocci» pesantemente accusati dall’ala socialista, tra le varie cose, di aver tradito la propria origine operaia e di fare il gioco del capitalisti <53. Dalle lettere che inviò a Nenni nell’estate del 1956, Caprini sembra essere stato anche uno degli organizzatori (o meglio “facilitatori”) del celebre incontro di Pralognan tra il leader socialista e Saragat del 25 agosto 1956, soprattutto grazie ai contatti che lo legavano al leader di Faenza, al PSDI e alla SFIO. Dei legami con i socialisti francesi aveva d’altronde già dato prova nel passato, come quando si era impegnato in prima persona nel promuovere la partecipazione di Jacques Cotta, sindaco socialista di Nizza, al congresso del PSI (allora PSIUP) di Firenze, nell’aprile 1946 <54. In riferimento a Pralognan, sempre nell’agosto ’56, Caprini riferì di aver personalmente effettuato «un intervento» presso il segretario generale della SFIO, Pierre Commin, e di come questi, di ritorno dall’incontro, si fosse successivamente fermato a Nizza per informarlo «delle buonissime disposizioni» di Nenni «agli sviluppi della riunificazione del socialismo italiano» <55. Caprini affermava esplicitamente di aver così portato con successo a termine «la [sua] modesta azione di trait d’union fra PSDI e SFIO» - probabilmente soprattutto dal punto di vista organizzativo - per quello che gli appariva un primo fondamentale passo verso la riunificazione dei socialisti e dei social-democratici italiani <56. Un ruolo “pubblicamente” riconosciuto anche su «l’Avanti! di Francia», dove, nella consueta panoramica di fine anno sull’attività della Federazione, si sottolineò entusiasticamente «l’ottimo lavoro compiuto» di cui aveva dato prova Caprini verso l’unificazione, «valendosi delle sue amicizie e del suo ascendente verso i compagni» italiani e francesi <57.
[...] I contatti con la gauche francese non erano trascurati dalla Federazione di Francia, seppure tra molte difficoltà. Coraluppi rivelava di aver preso contatto con una delegazione di giovani socialisti e universitari del PSU francese, tramite i quali sperava di poter penetrare «nell’elemento studentesco italiano» della Maison de l’Italie alla Cité internationale universitaire de Paris <79. Il segretario federale invitava anche la direzione a promuovere una sorta di gemellaggio “social-termale” tra Salsomaggiore e la francese Bagnoles-de-l’Orne. La scelta non derivava soltanto dal fatto che la seconda fosse come la prima un centro di cura termale, ma soprattutto da essere stata il luogo del “martirio” dei fratelli Rosselli nel giugno 1937. Coraluppi era in tal senso esplicito: «Un tale giumellaggio [sic] permetterebbe, fra le due città termali dei [sic] scambi di correnti turistiche, letterarie, colturali [sic], ecc. ed in medesimo tempo di perpetuare e diffondersi [sic] il ricordo dei nostri cari compagni» <80.
Nella sintetica risposta a Coraluppi, Nenni si disse perfettamente d’accordo su quest’ultimo punto, accogliendo in pieno l’idea dell’emigrato italiano, anche se il gemellaggio sarebbe rimasto solo sulla carta <81. Sulle altre questioni sollevate dall’italiano a Parigi, il leader del PSI si limitò a una più generica comprensione, prendendo malinconica-mente atto delle difficoltà di reclutamento di nuovi militanti, «ora che vanno spegnendosi parecchi centri di attività dell’emigrazione politica» <82.
Nella sua lettera alla direzione, Coraluppi aveva anche sostenuto come «un lento processo» di riavvicinamento tra le due anime del socialismo in Francia fosse positivamente in corso, «con molti socialdemocratici che si domanda[va]no se il loro posto non [fosse] nelle nostre file» <83. Lo stesso concetto era stato espresso, circa negli stessi termini, in un precedente comunicato della Federazione di Francia <84 e anche dal già citato Caprini di Nizza che, in una lettera a inviata a un compagno italiano della città di Garibaldi e inoltrata poi a Nenni, ammetteva di seguire con «estremo interesse gli sviluppi del centro-sinistra» e di intravvedere «dei punti di contatto e d’incontro con il PSI», esprimendo una posizione che lo divideva dal segretario federale socialdemocratico Burgassi <85.
[NOTE]
8 FN, Fondo P. Nenni, s. 1, ss. 3, u. 2029, Lettera di A. Caprini a P. Nenni, Nizza, 9 aprile 1946.
9 Oltre che nella succitata lettera, un sintetico profilo biografico è presente anche su «l’Avanti! di Francia» del gennaio 1963, in occasione del conferimento a Caprini della Legion d’Onore. Il socialista risultava essere «il fiduciario della Federazione di Francia del PSDI per Nizza e le Alpi-Marittime» (Il compagno Andrea Caprini insignito della Legion d’Onore, «l’Avanti! di Francia», gennaio 1963, p. 4). Sintetiche informazioni sull’italiano in Francia sono reperibili anche in V. Cirefice, Cultures et imaginaires politiques socialistes, cit., p. 554, nota 233 e id., La federazione francese del PSI nel secondo dopoguerra, cit., p. 76.
10 «Dalle bombe ai negozi tenuti da Italiani al comitato Francia-Italia ed alle recezioni ufficiali di Giorgio Amendola, ecc. senza tenere conto del grande lavoro e dei grandi risultati dei prigionieri rimpatriati» (ibidem). Un risultato ottenuto grazie a quella che Caprini definiva come la sua indiscutibile «posizione morale» che poteva vantare e di «vero amico della Francia» (ibidem).
24 «Quanta miseria umana ha invaso anche gli animi di vecchi compagni!» (FN, Fondo P. Nenni, s. 1, ss. 3, u. 2038, Lettera della Sezione delle Alpes-Maritimes a P. Nenni, Nizza, 8 novembre 1949).
25 «Sono uomini corrotti, sorpassati fino a dimenticare che essi pure furono dei modesti operai. Oggi, in possesso di quattro miserabili soldi, hanno perduto ogni ritegno di decenza diventando ogni sempre più i bieghi [sic] agenti del Capitalismo, parandosi dal più puro anticomunismo, fino alla più bassa frenesia isterica, sì da sollevare, sdegno e disgusto fra la massa emigrata» (FN, Fondo P. Nenni, s. 1, ss. 3, u. 2040, Lettera a P. Nenni, Nizza, 14 novembre 1949).
53 Si rimanda alla già citata lettera in ivi, u. 2040, Lettera a P. Nenni, Nizza, 14 novembre 1949.
54 Ivi, u. 2029, Lettera di A. Caprini a P. Nenni, Nizza, 9 aprile 1946.
55 Ivi, u. 2061, Lettera di A. Caprini a P. Nenni, Nizza, 29 agosto 1956.
56 Ibidem. Allegata a questa comunicazione vi era anche la lettera scritta da Caprini «all’infaticabile» Pierre Commin, in cui l’italiano lo elogiava apertamente come «il più grande artigiano di questo incontro», rivelava come il documento finale «superasse tutte le nostre speranze» e che tutto fosse ora nelle mani dell’Internazionale Socialista (Ivi, Lettera di A. Caprini a P. Commin, Nizza, 28 agosto 1956). Su Pralognan e il ruolo giocato dallo SFIO, e da Commin in particolare, si rimanda al capitolo dedicato all’IS di questo lavoro, in particolare p. 258.
57 Attività della Federazione, «l’Avanti! di Francia», dicembre 1956, p. 4.
79 Ibidem. Sulla Maison de l’Italie: G. Albanese, La Maison de l’Italie. Storia della residenza italiana alla Cité universitaire di Parigi, FrancoAngeli, Milano 2004.
80 Coraluppi lamentava anche del cattivo stato in cui versava il monumento commemorativo ai due antifascisti italiani, collocato presso il bosco di Couterne, luogo del crimine, e inaugurato nel 1949 (FN, Fondo P. Nenni, s. 1, ss. 3, u. 2074, Lettera di R. Coraluppi alla Direzione, Parigi, 20 gennaio 1961). Sulla storia del monumento, e più in generale, sul rapporto di Bagnoles-de-l’Orne con l’affaire Rosselli, cfr.: G. Bourdin, L’affaire Rosselli et l’Orne: de l’aveuglement à l’oubli, in «Cahiers des Annales de Normandie», n. 29, 2000, pp. 220-224).
81 FN, Fondo P. Nenni, s. 1, ss. 3, u. 2074, Lettera di P. Nenni a R. Coraluppi, Roma, 3 febbraio 1961.
82 Ibidem.
83 Ivi, Lettera di R. Coraluppi alla Direzione, Parigi, 20 gennaio 1961.
84 Ivi, Lettera di R. Coraluppi ai compagni di Francia, Parigi, 25 dicembre 1960.
85 «Quante volte abbiamo augurato che il PSI si rendesse conto e si decidesse a prendere la strada che sta prendendo la giunta di Milano? Quante volte abbiamo augurato che il PSI si rendesse veramente conto che solamente la via Democratica è la più idonea per la Classe Operaia?… Non credi che sia per lo meno intempestivo il rimanere nella posizione di critica a quel partito bene sapendo che se il PSI avesse avuto nel 1947-1948 la politica di oggi la scissione di Palazzo Barberini non sarebbe avvenuta e noi non avremmo lasciato il Partito? D’altra parte, come potrò mai dimenticare che ho appartenuto a quel partito per oltre trent’anni? Che fu il partito dei Turati, dei Treves, dei Matteotti?» (ivi, Lettera di A. Caprini a T. Pazzaglini, Nizza, 30 gennaio 1961; la lettera di inoltro Nenni è in ivi, Lettera di A. Caprini a P. Nenni, Nizza, 1° febbraio 1961).
Samuele Sottoriva, Un’amicizia difficile: il Partito socialista italiano (PSI) e il Parti socialiste français (PS) nei lunghi anni Settanta (1969-1983), Tesi in cotutela con Università Paris-Sciences Po, Università degli Studi Roma Tre, 2021