mercoledì 27 settembre 2023

L'architetto Giancarlo De Carlo e la casa vacanze ATM di Bordighera

Bordighera (IM): Casa vacanze ATM. Fonte: Fondazione ATM

Bordighera (IM): un interno della Casa vacanze ATM. Fonte: Fondazione ATM

Sulle colline di Bordighera in Via Bel Soggiorno si trova la casa per ferie della Azienda Trasporti Milanesi (ATM), un gioiello architettonico a basso impatto ambientale progettato dal noto architetto Giancarlo De Carlo.
Questa particolare struttura alberghiera è riservata esclusivamente ai dipendenti dell’azienda e alle loro rispettive famiglie, ed è amministrata dalla Fondazione ATM.
L’edificio venne inaugurato nel 1966, a seguito dell’acquisto dei terreni che circondano la residenza, e rappresenta oggetto di studio per numerosi laureandi e storici dell’architettura.
Sara Alessandri, Bordighera, la casa per ferie ATM: gioiello dell’architetto Giancarlo De Carlo, Riviera Time Television, 23 ottobre 2018  

Federico Bilò, Taccuino n. 32, 2012. Bordighera, casa di vacanze per gli impiegati ATM, 1961-66 in Aa.Vv, Attualità dell'opera di Giancarlo De Carlo, Sala Editori, Pescara, 2020

La produzione architettonica post-bellica presenta una prima fase, corrispondente all’ottimismo e al fervore culturale degli anni Cinquanta, caratterizzata da alcune importanti realizzazioni sia ad opera di architetti esterni (Daneri e Giò Ponti, per citare i casi più eclatanti), sia locali (Mario Alborno) e una seconda fase, negli anni Sessanta e Settanta, purtroppo identificata dalla massiccia ed impersonale edificazione di condomini e case monofamiliari: “la febbre del cemento s’era impadronita della Riviera: là vedevi il palazzo già abitato, con le cassette dei gerani tutte uguali ai balconi, qua il caseggiato appena finito, coi vetri segnati da serpenti di biacca, che attendeva le famigliole lombarde smaniose di bagni; più in là ancora un castello di impalcature” (I. Calvino, La speculazione edilizia, Milano, 1963, pp.4-5). Rappresentano delle felici eccezioni la Casa di vacanza per i dipendenti Atm a Bordighera di Giancarlo De Carlo e il Villaggio del Poggio a Cervo di Leonardo Mosso.
Francesca Buccafurri e Lucio Massardo, Per un panorama dell’architettura moderna e contemporanea in provincia di Imperia in (a cura di) Giovanna Franco e Stefano Francesco Musso, Architetture in Liguria dopo il 1945, De Ferrari, 2016, volume esito del progetto di ricerca “Censimento e schedatura di complessi di architettura moderna e contemporanea in Liguria” ideato e realizzato dall’allora Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, oggi Segretariato regionale del MiBACT per la Liguria, da Regione Liguria e dal Dipartimento di Scienze per l’Architettura-DSA dell’Università degli Studi di Genova, nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro “Beni e Attività culturali III integrativo - Intervento BF-10 Progettazioni per lo sviluppo di programmi di valenza strategica in materia di cultura”

Giancarlo De Carlo, Casa per Vacanze a Bordighera, 1961. Pianta del piano principale di accesso. Fonte: Marco Leccese - Stefano Tucci, Op. cit. infra

Giancarlo De Carlo, Casa per vacanze a Bordighera, 1961. Vista da strada del complesso. Fonte: Marco Leccese - Stefano Tucci, Op. cit. infra

Giancarlo De Carlo, Casa per vacanze a Bordighera, 1961
Nel 1960 la Commissione Amministratrice dell’ATM (Azienda Trasporti Milanesi) decise di stanziare dei soldi per l’acquisto di un terreno e per la costruzione sullo stesso di un nuovo centro climatico a Bordighera, in provincia di Imperia (Liguria). Questo nuovo Centro avrebbe dovuto contenere 200 persone in 120 stanze, per garantire ai dipendenti dell’azienda un convalescenziario e ai pensionati un centro climatico dotato di alcune attrezzature di assistenza sanitaria. Si trattò probabilmente di un concorso ad inviti ristretti, al quale partecipò anche De Carlo, con Alberto Mioni, risultando vincitore <1. L’edificio doveva sorgere su un’area poco più grande di tre ettari, sopra al il livello del mare da dove si potevano ammirare sia il golfo che le Alpi; la strada che collega il lotto (Selva Dolce) alla cittadina dona all’area una conformazione quasi triangolare. Tutti questi elementi, le visioni panoramiche, la conformazione del terreno e quindi la predisposizione del sito consentirono a De Carlo di cimentarsi sul progetto attraverso un approccio ancora più influenzato dal contesto.
La casa vacanze, realizzata nel 1961, fu progettata con un impianto lineare che si appropria dello spazio attraverso uno sviluppo compositivo a “grappolo”, dove le cellule abitative si dispongono secondo uno schema concatenato e solo il nucleo dei servizi è posizionato in modo anomalo rispetto alla linearità venutasi a creare. Il grappolo prima citato, costituito da camere e soggiorni, fu l’elemento cardine su cui si fissò non solo l’organizzazione spaziale ma anche la sua organizzazione sociale, bilanciando così i momenti e i luoghi per la vita individuale e i momenti e i luoghi per la vita collettiva. La parola “grappolo” in inglese è tradotta con il termine “cluster”, descritto precedentemente, parola che nel Team X fu introdotta da Alison e Peter Smithson: «Cluster, concetto complesso, mutuato dalle scienze naturali, di integrazione degli oggetti singoli in un “corpo” aggregato e unitario» <2. Ignasi de Solà-Morales, architetto, filosofo e storico spagnolo, in un articolo su «Casabella» ci dà una definizione di “cluster” molto affine all’idea Decarliana: «non solo un grappolo d’uva o un mazzo di fiori, ma è l’unione, l’associazione di ciò che vive in comunità, che si scambia il flusso vitale in una convivenza che dà senso all’individuo, parte inseparabile di un gruppo umano più ampio» <3. Anche a Bordighera, l’elemento della scala, soprattutto quella del nucleo degli spazi per le attività collettive, ha un ruolo fondamentale in quanto si occupa di collegare tutti gli spazi di aggregazione, dall’ingresso posizionato alla quota più alta (0,00 m) fino alla quota del giardino a valle (-6,20 m), attestandosi in base alla pendenza del terreno.
[NOTE]
1 Cfr. Federico Bilò, Tessiture dello spazio. Tre progetti di Giancarlo De Carlo del 1961, Quodlibet, Macerata, 2014, pp. 29-40.
2 Alison e Peter Smithson, Whither CIAM?, in «Architectural Design», Ottobre 1956, p. 343.
3 Ignasi de Solà-Morales, Architettura e esistenzialismo: una crisi dell’architettura moderna, in «Casabella», n.585, ottobre 1991.
Marco Leccese - Stefano Tucci, La Colonia Sip-Enel a Riccione di Giancarlo De Carlo. La riconferma della funzione originaria come risposta al degrado e al rischio di demolizione, Tesi di laurea magistrale, Politecnico di Torino, Anno accademico 2018-2019
 
L'architetto De Carlo vince il concorso ad inviti indetto dall'Azienda Trasporti Milanesi nel 1961 per la realizzazione di un nuovo centro climatico marino per i dipendenti, sulle alture di Bordighera.
L'edificio insiste su un esteso lotto in declivio, ben esposto e con un ampio panorama sul paesaggio terrazzato ad ulivi. Il progetto è fortemente influenzato dal rapporto con il sito, sia nella sua organizzazione plano-altimetrica sia nell'aggregazione dei volumi.
Il complesso comprende un nucleo di servizi collettivi da cui partono percorsi orizzontali e verticali, lungo i quali sono distribuiti ambienti di soggiorno comuni a piccoli gruppi di 5-7 camere che vi si affacciano; l'edificio è pertanto costituito dall'aggregazione di grappoli di camere+soggiorno.
Il nucleo dei servizi non occupa una posizione centrale, ma è posto in corrispondenza dell'estremità più alta e l'accesso avviene dal piano a quota maggiore; i volumi digradano progressivamente in direzione sud-nord, con un'altezza media di quattro piani.
I soggiorni sono attraversati dal percorso orizzontale e da una scala che sale fino alla copertura adibita a terrazza, con ulteriori scale esterne che consentono di superare i dislivelli in un'ideale passeggiata continua attraverso l'intero edificio.
Il disegno del complesso è segnato da una rigorosa ortogonalità, movimentata dalla sinuosità dei percorsi e dalla varietà altimetrica dei volumi e dal gioco di aggetti e rientranze degli alzati.
Le camere sono volutamente di dimensioni minime al fine di favorire l'aggregazione degli ospiti negli spazi collettivi; sono tutte dotate di bagno e aperture posizione d'angolo, con un piccolo balcone, con particolare attenzione alle vedute.
Il blocco dei servizi presenta una maggiore estensione planimetrica rispetto ai nuclei delle camere ed è caratterizzato da finestre a nastro e carabottini in legno per l'ombreggiamento; al suo interno, “la scala che collega l'ingresso con il giardino è affiancata sui due lati da spazi che De Carlo manipola variamente […] ottenendo una serie di ambienti che si affacciano l'uno dentro l'altro, altezze multiple, visuali diagonali, aggiungendo distribuzioni ausiliarie (rampe e scale) e collocando in tali ambienti i giochi dei bambini, il gioco del biliardo e delle carte ecc.” (Bilò, 2014, p.37).
In questa grande articolazione costruttiva le finiture riconducono all'unitarietà: fra tutte spicca l'intonaco di graniglia che ricopre le facciate, a cui De Carlo stesso attribuiva grande importanza (Bilò, 2014, p. 39) [...]
Crediti Scheda
Enti di riferimento: DGAAP - Segretariato Regionale per la Liguria
Titolare della ricerca: Università degli Studi di Genova - Dipartimento Architettura e Design
Responsabile scientifico: Stefano Musso, Giovanna Franco
Scheda redatta da Simonetta Acacia, creata il 31/12/2009
[...]
Redazione, Case di vacanza per dipendenti ATM, Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi, Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura

martedì 19 settembre 2023

Sanremo da Pasolini viene identificata di fatto con il Casinò

Sanremo (IM): il Casinò

La traversata pasoliniana del litorale ligure si compie nel mese di giugno [1959], da ponente verso levante, e prevede circa dieci tappe: la zona di confine con la Francia, Sanremo, la Riviera di Ponente (Alassio e Spotorno), Genova, Portofino, Santa Margherita Ligure, Rapallo, la Riviera di Levante, La Spezia e San Terenzio e, infine, Lerici. 

Ventimiglia (IM): uno scorcio della zona del rio San Luigi

La prima immagine che accoglie il lettore sulla soglia del testo, ambientata al confine franco-italiano [di Ventimiglia] sullo sfondo del tramonto, contiene già - quasi nell’intento di riprodurne l’atmosfera - un rapidissimo e icastico profilo dell’asperità tipica del territorio ligure: “Un mucchio di rocce e cespi, unico: un mucchio di terra, con picchi, insenature, crespe”: poche veloci pennellate per catturare le forme di una natura impervia, stigmatizzata nella sua frammentarietà. <9 Dinanzi ad un panorama suggestivo e al contempo rigido, a tormentare l’autore è il desiderio di rendere dicibile nella sua essenza la scena alla quale sta assistendo, definita una “pura visione”, data dal mescolarsi dei colori del crepuscolo e della ruvidezza del paesaggio. Protagonista del primo report è il Palazzo Confinario, presso il quale l’autore incontra un maresciallo che gli mostra l’accesso ad un piccolo arenile e all’adiacente rio San Luigi, al cui tracciato viene fatto corrispondere il confine. Si tratta di una zona non neutra dal punto di vista storico, che pare rievocare, anche se in secondo piano, le vicende belliche che avevano agitato quel territorio, spartiacque tra due nazioni, durante il conflitto mondiale non ancora così remoto nel tempo. Il breve primo resoconto cede subito il passo all’arrivo a Sanremo. La città viene identificata di fatto con il Casinò: l’associazione è immediata, come dimostra l’apertura della nuova tessera narrativa: “Entro al Casinò”. Il quadro proposto mette subito a nudo il sottilmente ambiguo e non pacifico rapportarsi dell’autore con l’universo del denaro: se in parte egli ne subisce l’attrazione, al contempo nutre nei suoi confronti un sentimento di rifiuto, poiché in esso intravvede l’avamposto di quella borghesia da lui tanto esecrata. Una simile attrazione mista a senso di repulsione si manifesta chiaramente nel corso della sua breve permanenza nel regno del denaro: “Entro come Charlot, cercando di farmi piccolo sotto gli sguardi monumentali dei custodi […] basta un attimo: perdo. Fatto questo, fuggo. Sono il tipico suicida per perdita al giuoco: e preferisco tagliare subito la corda”. Consumatosi l’inganno, Pasolini rimarca il suo ruolo di interprete e difensore dell’ingenua purezza, dell’innocenza offesa dai contorti meccanismi che la rozza e spietata società borghese ha avvallato e giustificato. Il tema dell’ingenuo o dell’inetto “non allineato”, caro all’autore che ne veste i panni - e qui evocato dal nome di Charlot - suggerisce un richiamo ad un altro “ultimo” pasoliniano, ossia Stracci, protagonista del cortometraggio "La ricotta", messo in scena qualche anno più tardi - nel 1963 - e incardinato sulla medesima polemica. <10 Allo stesso modo, il contesto e il calarsi dello scrittore in un personaggio “sconfitto” e vinto dal senso di disorientamento paiono accomunare il soggetto di questo passo al pirandelliano Mattia Pascal, a sua volta protagonista di una fortunosa incursione nel casinò di Montecarlo. <11
Il viaggio prosegue quindi verso la Riviera di Ponente, terzo capitolo della narrazione. La sponda occidentale della Liguria, ritratta come “sole che brucia e nuvolaglia fresca”, <12 è l’occasione per Pasolini per proporre qualche riflessione sul fenomeno della migrazione interna all’Italia del boom economico, in particolare dal meridione verso il settentrione. Pretesto per mettere in campo questa scottante questione di attualità è il dialogo con un cameriere che ha esercitato in passato la sua professione a Roma, il quale evoca quel tempo lontano con commossa malinconia e individua nel fenomeno di immigrazione dei meridionali la causa prima della scontrosità dei liguri, del loro essere “molto più chiusi e difficili” dei romani: “Sa, qui la gente è così, come dice lei, da quando sono venuti su i terroni”. <13
L’incedere dell’autore nel litorale ponentino indugia poi brevemente presso la città di Alassio, alla quale è dedicata qualche riga: “ecco Alassio ingoia il visitatore in una matrice d’alberghi protesi sul mare avaro. Controluce, sfatti, brillanti come ghiaia sui promontori opachi”. Si tratta di un veloce bozzetto che concede ancora spazio alla descrizione orografica del paesaggio ligure, sottolineando la stretta prossimità delle montagne al mare, che poco margine lascia allo sviluppo delle città. Come già Alfonso Gatto, anche per Pasolini il tratto distintivo della cittadina costiera è la sua fervente attività turistica: tuttavia, se al tempo del primo era ancora possibile rintracciare negli anfratti più reconditi l’anima autentica del luogo e la sua verace dimensione paesana, <14 per il secondo ormai il mercato del turismo ha quasi integralmente completato la consunzione di quell’anima, asservendola totalmente alle logiche del commercio. E così - come viene detto - anche il mare sembra assumere nella propria indole quel vizio di avarizia proverbialmente imputato alle genti liguri che in esso si rispecchiano. Ecco, dunque, un’ulteriore denuncia dell’imporsi irrefrenabile della tendenza all’accumulo, del trionfare dell’ottica del guadagno e del logorarsi di una dimensione minoritaria, paesana, umana.
[NOTE]
9 Le tonalità con cui si cerca di delineare il paesaggio ligure, lato sensu considerate, non sono forse completamente indifferenti alle tinte che contraddistinguono alcune liriche di Eugenio Montale, Ossi di seppia, p. 30, e di Camillo Sbarbaro, Trucioli 1941 per Elena, ad es. pp. 85, 112 e 113.
10 Cfr. Pier Paolo Pasolini, La ricotta, Roma, Cineriz, 1963, disponibile online sul canale YouTube.
11 Cfr. Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal, pp. 53-70.
12 Le nuvole sono elemento paesaggistico ricorrente ancora in alcune immagini poetiche montaliane, cfr. ad es., dagli Ossi, Corno inglese, e sbarbariane, in particolare, per l’occorrenza lessicale di nuvolaglia, cfr. Trucioli, p. 112.
13 La forma compiuta della riflessione pasoliniana sul fenomeno migratorio trova espressione in Profezia, “poemetto in forma di croce” inserito nella raccolta Poesie in forma di rosa (1964), nella cui sezione incipitaria in particolare si allude allo spostamento delle genti del meridione italiano verso il nord del paese.
Andrea Ferrando, Un corsaro in Liguria: l’arco ligure ne 'La lunga strada di sabbia' di Pier Paolo Pasolini in Viaggio in Liguria. Studi e testimonianze. Atti del Convegno di Studi Accademia Ligure di Scienze e Lettere - Palazzo Ducale Genova, 19 novembre 2019 (a cura di) Massimo Bacigalupo e Stefano Verdino, Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Genova, 2020

Pasolini stesso è un argonauta: in che altro modo interpretare il viaggio intrapreso nel 1959 per la rivista Successo, dove percorre la costa italiana al volante di una Fiat Millecento, se non un viaggio da Occidente a Oriente, ossia dal mondo del padre a quello della madre? Questo diario di viaggio si intitolerà La lunga strada di sabbia. Pasolini parte dalla Liguria per terminare il viaggio a Trieste, nel suo amato Friuli.
Matteo Bianchi, Le tracce di un passato ancestrale: mito e storia in Pier Paolo Pasolini, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Bergamo, Anno Accademico 2015-2016 

Nel 1959 Paolo Di Paolo ha 34 anni e fotografa da cinque anni per “Il Mondo” diretto da Mario Pannunzio, Pier Paolo Pasolini è un promettente scrittore di 37 anni, ha pubblicato La meglio gioventù, Ragazzi di vita e Una vita violenta, non è ancora regista. In Italia il miracolo economico è appena iniziato. Alle famiglie italiane nei giornali si tende a prospettare un microcosmo di personaggi mitici, in alternativa al grigiore e alle paure della guerra,  dell’emigrazione, della povertà da lasciarsi alle spalle.
Arturo Tofanelli, direttore del mensile “Successo” e del settimanale “Tempo”, affida ai due autori, che non si conoscono, il servizio sulle vacanze estive degli italiani.
Lo scrittore e il fotografo partono insieme da Ventimiglia, con il progetto di percorrere le coste dell’Italia sino al sud e risalirle sino a Trieste. Ma hanno visioni diverse. “Pasolini cercava un mondo perduto, di fantasmi letterari, un’Italia che non c’era più - ricorda Di Paolo - io cercavo un’Italia che guardava al futuro. Avevo anche ideato il titolo La lunga strada di sabbia che voleva indicare la strada faticosa percorsa dagli italiani per raggiungere il benessere e le vacanze.” Nasce un sodalizio complesso, delicato, che li accomunerà solo per la prima parte del viaggio, ma che si consoliderà poi nel rispetto e nella fiducia reciproci.
La lunga strada di sabbia, lo straordinario racconto per immagini di Paolo Di Paolo accompagnato dai testi di Pier Paolo Pasolini, verrà pubblicato da “Successo” in tre puntate (4 luglio, 14 agosto e 5 settembre 1959) e racconterà gli italiani in vacanza, dal Tirreno all’Adriatico; da Ventimiglia a Ostia; da Torvaianica alla Sicilia; da Santa Maria di Leuca a Trieste.
Redazione, Milano: alla Fondazione Sozzani la mostra “La lunga strada di sabbia”, Centro Studi Pier Paolo Pasolini, 6 aprile 2021

sabato 16 settembre 2023

Mostra di fotografie di Ryszard Podkalicki a Bordighera

 

Unione Culturale Democratica -  Sezione ANPI

Bordighera (IM), Via al Mercato, 8 


sabato 16 SETTEMBRE - lunedì 25 SETTEMBRE 2023
ore 17-19

 

RYSZARD     PODKALICKI

 

L'ITALIA VISTA DA UN BERLINESE

 

Fotografie

 

ingresso libero

 

 

Il documentarista avvocato e fotoreporter Ryszard Podkalicki viaggia in Italia da molti anni: Venezia e la Liguria sono tra le sue destinazioni preferite.

 

Ryszard Podkalicki vive e lavora a Berlino.

 

Giorgio Loreti

Unione Culturale Democratica -  Sezione ANPI - Bordighera (IM),  Tel. +39 348 706 7688

giovedì 14 settembre 2023

I pomodori di Cervo Ligure nei ricordi di un grande intellettuale

Un angolo di Cervo (IM)

Il luogo a cui sono più legato al mondo è un paese nella costa di ponente della Liguria, Cervo, a metà strada tra Alassio e Imperia. È un paese bellissimo: probabilmente il più bello della Liguria. È molto antico. E le rare volte in cui penso al mio passato, mi accorgo che Cervo è l'unico luogo che conservo, intero o quasi, nella mente.
Pietro Citati, Cervo Riviera dei Fiori, Minerva, 2021

“Che buoni i pomodori di Cervo! Li mangiavo senza stancarmi mai e non sopportavano paragoni nemmeno con i capolavori della cucina ligure: la torta pasqualina e la cima. Il pomodoro era il frutto supremo del Mediterraneo: dorato e amato dal sole. Oggi i frutti sono tutti uguali mentre il vero pomodoro ha forme diverse, complicate, con spaccature e screziature, e talvolta generosi aspetti barocchi, che piacevano ai pittori napoletani del diciassettesimo secolo. Non sanno di niente. Sono pieni d'acqua, mentre allora venivano innaffiati da ruscellini magri e parsimoniosi”.
Queste sono parole di Pietro Citati, che nacque a Firenze e trascorse la sua infanzia e adolescenza a Torino, dove frequentò il Liceo Massimo D'Azeglio.
Durante la seconda guerra mondiale, nel 1942, lui e la sua famiglia sfollarono a Cervo Ligure, che rimase il luogo a cui fu più legato. Questo paese del ponente ligure, a metà strada tra Alassio e Imperia, è un paese bellissimo e antico.
Citati è morto il 28 luglio di quest'anno a Roccamare, vicino a Castiglione della Pescaia, luogo dove riposa Italo Calvino, con il quale ebbe una lunga amicizia.
Laureato in Lettere Moderne all'Università Normale di Pisa, fu un grande intellettuale e critico letterario ma prima di tutto un lettore curioso e instancabile. Quelli che lo hanno conosciuto dicono che era impietoso e senza peli sulla lingua, capace di apostrofare come “i cretini” alcuni professori universitari, ma anche dotato di una estrema gentilezza che rivolgeva ai suoi studenti migliori.
“Se vogliamo conoscere il senso dell'esistenza” - diceva - “dobbiamo aprire un libro: là in fondo, nell'angolo più oscuro del capitolo, c'è una frase scritta apposta per noi”.
Come critico aveva un metodo diverso da tutti gli altri: leggeva tutto di un determinato scrittore e poi ne scandagliava la psiche ed eviscerava le parti più intime dei personaggi, come nel caso di Dickens. Citati ce lo descrive come instabile, isterico, istrionico, con una volontà di ferro, uno scrittore che sapeva toccare le profondità dell'animo umano ma aveva paura di perdere il successo e l'affetto dei suoi lettori, che a Natale si sedevano davanti al camino divorando tacchini e leggendo i suoi romanzi. Storie che parlavano di ombre, sogni, terrore e miseria. Con un piacere insaziabile nel raccontare e con l'ansia di essere abbandonato (lo stesso sentimento che provano gli orfani delle sue storie). Dickens ci rivela come il fascino che alcuni personaggi esercitano, possa nascondere l'abisso e l'orrore.
Lo scrittore inglese viene raccontato dal critico come un uomo sempre lieto, pieno di estro, con un'allegria furiosa, che non si annoiava mai, che amava le belle giornate e con una tale immaginazione che poteva beffarsi della realtà. Dotato di un grande senso dell'umorismo, amava i buoni, soprattutto quelli buffi.
Chissà se Citati stesse parlando anche un po' di sé, proiettando sul giovane Dickens alcuni aspetti della sua natura.
Aveva amato smodatamente anche Pinocchio, e del suo autore racconta che era stato un gran giocatore, che aveva perso al tavolo da gioco molti guadagni ricavati dai suoi innumerevoli lavori (impiegato, libraio, giornalista, autore teatrale); Collodi poteva fare di tutto ma si ubriacava e fumava troppi sigari toscani. Era nevrastenico e fobico, sembrava un bambino non cresciuto e aveva la mania di possedere molti cappelli. Ma era dotato di una immaginazione fenomenale e lo si capisce dalle prime parole del libro “c'era una volta… un re! diranno subito i miei piccoli lettori - no, ragazzi, avete sbagliato, c'era una volta un pezzo di legno”.
Sono convinta che Citati amasse questo libro perché anche Pinocchio, come già molti personaggi dei romanzi di Dickens, a modo suo è un orfano; figlio di un secolo che ama la spontaneità, l'illegalità e la crudeltà infantile ma vorrebbe correggerla e castigarla trasformando l'enfant terrible in un ragazzino per bene. Pinocchio è vanitoso, credulone e bugiardo ma anche sentimentale, con una struttura psicologica molto complessa. Un libro di iniziazione, di trasformazione come lo sono tutte le fiabe: quando Pinocchio viene buttato in mare senza pietà risalirà diverso e in una notte di luna piena prenderà il padre per mano e nuoterà con Geppetto sulle spalle guadagnando la riva.
Citati, con grande sensibilità ed intelligenza, dà origine ad una “critica narrativa” che analizza il testo e le biografie; le poetiche di grandi autori diventano a noi semplici lettori più familiari e comprensibili.
Da ragazzino, guardando il mare dalla sua camera a Cervo Ligure, aveva visto un sommergibile inglese, dal quale erano emersi soldati in bermuda che dopo qualche minuto rientrarono nel ventre del sottomarino. Quando raccontava questa esperienza giovanile che era capitata durante la guerra aveva un tono lieve e divertito; chissà se pensava al suo Pinocchio che emergeva dal ventre del pescecane?
Laura Bonfiglio, Che buoni i pomodori di Cervo!, Margutte, 21 ottobre 2022 

Cervo (IM): una vista su Capo Berta e sul Dianese 

[...] "Quand'ero ragazzo, passavo le lunghe vacanze estive a Cervo Ligure, un piccolo, bellissimo paese tra Alassio e Imperia. Ogni mattino, verso l'una, se avevo fatto il bagno nella spiaggia più famigliare, il Pilone, pieno di scogli e scoglietti coperti di alghe, tornavo a casa, in cima al paese. Con la gioiosa ed ansiosa velocità della giovinezza, risalivo centocinquanta ripidi scalini. Correvo. La prima rampa era la più dura. Poi s'allargava una piazzetta. Lì c'era un vecchio palazzo in rovina: dove, in una specie di antro, abitava l'unico barbiere-parrucchiere di Cervo Ligure. Credo che ci dormisse, in un lettuccio lungo la parete. Era il più povero barbiere, che abbia mai conosciuto: molto più povero di Geppetto. Nell'antro dipinto di calce bianca come una moschea del Sahara, non c'era quasi niente: solo un vecchio rasoio, un paio di forbici, un pettine, una grossa brocca piena di acqua fredda, un fornellino che cercava timidamente di produrre acqua tiepida, una sedia, un bacile sopra un treppiede. I fohn e le macchinette superavano le possibilità finanziarie del barbiere. I clienti erano pochissimi: pescatori di origine napoletana; gli appena abbienti andavano dai sontuosi parrucchieri di Diano Marina, a tre chilometri. Sopra la sedia stava un giornale di Genova, La Gazzetta Mercantile: sempre lo stesso giornale, di alcuni anni prima, che doveva placare le curiosità intellettuali dei clienti. Il vecchio barbiere aveva i modi e l'eleganza di un principe o di un duca alla corte di Versailles, al tempo di Luigi XIV. Salutava con discrezione e grazia, con un lieve cenno del capo: aveva un particolare sorriso per me, perché appartenevo ai potenti (senza potere) di Cervo Ligure. Quando arrivavo davanti al suo antro, stava pranzando. E mi invitava con un sorriso dolcissimo: «Vuol favorire?». Era un gesto puramente simbolico, che apparteneva alla sua buonissima educazione. Nulla di reale gli corrispondeva, perché né lui voleva separarsi dal suo poco cibo, né io volevo intingere la forchetta in un bacile, che assomigliava pericolosamente al bacile che gli serviva per insaponare i clienti. Non mangiava mai né carne né pesce, perché costavano troppo. Il suo pranzo era sempre e soltanto il condijun ligure (che i liguri colti traducevano in italiano con condiglione): vale a dire, cipolla, basilico, peperoni, insalata, qualche oliva, qualche acciuga, e soprattutto POMODORO [...] Non ci sarà, da qualche parte, in Liguria, o nelle Puglie o in Sicilia, un giovane, audace imprenditore, capace di far rinascere i pomodori? Non ci vogliono molti capitali: eccellenti semi, poca acqua, sole, diligenza, attenzione, precisione, accordo con qualche supermercato. I veri pomodori hanno un grande pubblico: quasi come i libri di Alessandro Baricco. In piccola parte, potrei contribuire al finanziamento. Come molti, sarei disposto a pagare i veri pomodori almeno venti euro al chilo [n.d.r.: racconto di Pietro Citati]".
I pomodori di Cervo Ligure.
Mauro Salucci, Pomodori di Cervo Ligure e altre storie di Pietro Citati, zena a toua, 7 febbraio 2022

lunedì 4 settembre 2023

La Valle Arroscia è localizzata in un’area a bassissima densità abitativa

Vessalico (IM). Fonte: mapio.net

Il capitolo 8 presenta il punto di vista di quelli che potrebbero essere definiti «contested countryside» (Cloke e Little, 2005), ovvero i migranti per forza, ospitati nei due centri di accoglienza straordinaria (CAS) di Nava e Vessalico, e i migranti per necessità. Entrambi i gruppi sono giunti in alta Valle Arroscia con percorsi migratori e canali di arrivo differenziati, e le loro rappresentazioni ed esperienze del territorio sono ovviamente diverse.
L'articolazione e l'elaborazione della tesi sono il frutto di molteplici esperienze personali e di studi. L’intento è stato quello di valorizzarle e ricomporle nell’analisi della letteratura e nell'evidenziare la complessità incontrata sul campo, fornendone una narrazione come auspicato nelle righe iniziali.
[...] Il lavoro di ricerca si inserisce in un quadro teorico ampio che tiene in considerazione i processi di trasformazione delle aree rurali, sintetizzabili nelle dinamiche demografiche di spopolamento e nuovo popolamento. I processi di trasformazione delle aree rurali e montane sono il risultato di forze di lungo periodo che travalicano la scala locale, forze diffuse globalmente (Woods, 2007 e 2011; van der Ploeg, 2009). Tali trasformazioni interessano, in primo luogo, il piano quantitativo dei dati statistici, i quali definiscono i cambiamenti socio-economici in atto come l’esodo rurale e il progressivo invecchiamento della popolazione, i più recenti movimenti di ritorno, il declino dell’impiego nel settore primario, la diffusione di nuove occupazioni ibride (ad esempio, le aziende agri-turistiche), i cambiamenti d’uso del suolo ecc. In secondo luogo, interessano parallelamente il piano qualitativo delle rappresentazioni del rurale (Halfacree, 2006), dei valori e dei significati a esso connessi, degli attori che vivono quei luoghi, riproducono o trasformano paesaggi e territori, applicando logiche nuove o della tradizione.
Studiare i processi di trasformazione dei territori rurali significa, anzitutto, affrontare l’evoluzione demografica che ha caratterizzato e caratterizza quei luoghi, segnando profondi cambiamenti nei paesaggi, nelle comunità, nelle pratiche sociali e territoriali, e nelle funzioni svolte da tali spazi. In secondo luogo, dinamiche demografiche e dinamiche territoriali sono chiaramente connesse al punto che le variazioni della popolazione restano impresse nelle strutture ambientali e antropiche del paesaggio determinando, nei casi di declino significativo, un lento ritorno allo stato di natura, nei casi di ripopolamento, una rinascita anche in chiave post-produttivista o multifunzionale. [...] Nei primi decenni considerati, 1951-1961 e 1961-1971, le aree localizzate nella Liguria di Levante -Antola-Tigullio e Val di Vara -registravano tassi di decremento superiori alle Valli di Ponente -Beigua-SOL e Valle Arroscia -anch’esse in declino, ma a ritmi più contenuti.
A partire dal decennio 1971-1981, la Valle Arroscia registra ritmi di decremento superiori alle altre aree progetto. Posto che, nel periodo considerato, solamente l’area dell’Antola-Tigullio registra una variazione demografica positiva nel decennio 2001-2011, la Valle Arroscia si dimostra il territorio con la progressione più lineare: infatti nel corso dei decenni successivi al 1981, ha visto la progressiva riduzione dell’entità del declino demografico, raggiungendo la situazione più favorevole (ovvero il decremento più contenuto) nel decennio 2001-2011, come accade anche nelle altre aree progetto che, tuttavia, presentano situazioni più altalenanti nel periodo considerato.
[...] Inoltre, si può notare la localizzazione della Valle Arroscia rispetto al quadro complessivo presentato. È localizzata in prossimità del confine francese, da un lato, e a ridosso delle valli cuneesi, dall’altro, in un’area a bassissima densità abitativa e prossima a un solo centro con più di 50.000 abitanti (Sanremo); i restanti centri della costa, compreso il capoluogo di provincia Imperia sono di dimensioni demografiche inferiori. Tali informazioni hanno condotto a definire i comuni dell’alta Valle Arroscia comuni intermedi e periferici nell’ambito della Strategia nazionale delle aree interne.
[...] I dati relativi alle imprese individuali per settore e nazionalità del conduttore sono stati appositamente richiesti a Unioncamere Liguria, in quanto non sono direttamente visibili online al dettaglio comunale. Seguendo le suggestioni contenute nel volume di Azzari (2010), si è inteso esplorare, mediante la raccolta di dati aggregati sulle imprese individuali, la distribuzione, la caratterizzazione e la dinamicità dell’iniziativa imprenditoriale locale e straniera, in particolar modo delle imprese individuali, natura giuridica prevalente nelle aree interne. Il dato è utile nell’ambito delle analisi preliminari di inquadramento delle dinamiche socio-economiche che caratterizzano la regione e consentono di tracciare l’andamento generale e la dinamicità delle aree interne in rapporto alle aree di costa.
Infine, si sono consultati i dati del Censimento generale dell’Agricoltura per gli anni 1970-2010 <120 per valutare le variazioni di Superficie agricola utilizzata (SAU), per i comuni del caso di studio, un dato utile per l’inquadramento territoriale della Valle Arroscia.
[...] Le dimensioni indagate possono essere distinte in due piani: il piano personale legato alle singole motivazioni, ai canali di accesso e scoperta della Valle Arroscia, le visioni e le rappresentazioni del territorio costruite e veicolate dagli intervistati; e il piano territoriale, legato agli impatti sociali ed economici legati alla presenza di nuovi abitanti nei comuni della Valle Arroscia.
[...] Come viene rappresentato il territorio dai migranti? Quali elementi vengono posti in risalto? Quale organizzazione del territorio emerge? Quali simbologie vengono fatte proprie? Quali significati vengono reinterpretati?
Le carte mentali disegnate dagli ospiti dal CAS di Nava in Valle Arroscia, rispondono alla consegna di realizzare su un foglio bianco, precedentemente compilato sul retro con alcune informazioni anagrafiche, un disegno libero in bianco e nero di una mappa dei luoghi conosciuti e frequentati nella Valle Arroscia. L’assenza di colori consente al soggetto di concentrarsi esclusivamente sul contenuto del disegno, senza preoccuparsi eccessivamente della forma o dell’estetizzazione dello stesso.
Le mappe mentali sono state il punto di partenza di un racconto descrittivo, più o meno ampia a seconda della sensibilità del soggetto e della padronanza linguistica. In altri termini, la mappa oltre a essere uno strumento espressivo, è anche un mediatore non solo tra l’intervistato e il contesto di vita, ma anche tra l’intervistato e il riceratore, consentendo di ovviare in parte i problemi di comunicazione e di espressione in una lingua diversa da quella madre, di affrontare/condividere significati e sensazioni legati ai luoghi non sempre positive o neutre.
 

Fonte: Cristina Marchioro, Op. cit. infra

La tabella 4 sintetizza, dunque, l’articolazione del campione preso in considerazione nella presente ricerca con una breve descrizione delle caratteristiche e dello strumento di indagine adottato.
[...]
4.5.1. L’analisi delle interviste
Le interviste di durata media di 1 ora, sono state svolte in lingua italiana e inglese; sono state registrate con il consenso dei partecipanti e successivamente trascritte, omettendo i dati sensibili. Sono state classificate abbinando a ciascuna codici identificativi distinti per: gli amenity migrants (AM -amenity migrants; AM2 -quando l'intervista è stata svolta in coppia; AM_IT -amenity migrants di origine italiana; AM_EN -intervista svolta in lingua inglese; i codici elencati erano seguiti da lettere identificative del comune seguite da un numero progressivo: Aquila Arroscia -AA; Armo -AR; Borghetto Arroscia -BO; Cosio Arroscia -CO; Mendatica -ME; Montegrosso Pian Latte -MO; Pieve di Teco -PI; Pornassio -PO; Ranzo -RA; Rezzo -RE; Vessalico -VE); i migranti economici (ME); i migranti per forza (MF); i residenti locali (L); e i rappresentanti eletti (EL).
La trascrizione si è svolta parallelamente alla rilevazione, consentendo una prima «analisi longitudinale» (Bichi, 2007, p. 133) sulle singole interviste in modo da verificare la traccia elaborata ed eventualmente implementarla. Concluse le interviste sul campo, si è proceduto con l’» analisi trasversale» (ibidem) sull’intero corpus raccolto.
[...] L’esperienza sul campo ha permesso quindi di consolidare le ipotesi elaborate nel corso della ricerca bibliografica e sul campo svolte in Valle Arroscia, ovvero l’esistenza di permanenze variabili, di una pluralità di nuovi attori territoriali con diversi profili socio-economici, e diversi stadi del processo di gentrificazione.
[...] La fragilità è uno dei caratteri più spesso ricondotti al territorio regionale, complici gli eventi calamitosi di dissesto idrogeologico e gli eventi alluvionali, un triste riferimento nella storia recente e passata della regione Liguria <138.
La serie di avvenimenti che hanno colpito l’area di studio della Valle Arroscia negli anni immediatamente precedenti il presente lavoro di ricerca e nel corso dell’attività sul campo, e gli impatti materiali ed emotivi che questi hanno avuto ed hanno sulle popolazioni, le attività economiche, gli edifici e i paesaggi naturali e antropici hanno motivato l’inserimento di un approfondimento sul carattere di fragilità del territorio. In particolare, i risultati emersi nel confronto con gli indicatori proposti nei rapporti ISPRA sul tema confermano la fragilità dell’area di studio, regionale e locale, e risultano di profondo interesse per delineare le caratteristiche geografiche del contesto territoriale.
 
Fonte: Cristina Marchioro, Op. cit. infra

Anzitutto, l’indice di franosità <139 elaborato nell’ambito del progetto IFFI (Inventario dei fenomeni franosi in Italia) che censisce le frane nel territorio nazionale con metodi standardizzati e condivisi (ISPRA, 2018) (fig. 1), evidenzia la presenza di casi critici disseminati su tutto il territorio regionale, nelle valli dell’entroterra così come lungo la costa. Una maggiore densità è visibile in corrispondenza delle valli imperiesi (Valle Impero, Valle Arroscia, Valle Argentina), e delle vallate nell’entroterra genovese. Tale inventario costituisce un dataset di informazioni utili alle elaborazioni più complesse come la definizione dei livelli di pericolosità da frana nei Piani di assetto idrogeologico (PAI) e la progettazione di interventi nei Piani di emergenza della Protezione civile.
[...] La carta sulla distribuzione della popolazione straniera nel territorio regionale evidenzia chiaramente la netta prevalenza percentuale di stranieri nella provincia di Imperia, una presenza superiore ai nove punti percentuali in quasi tutti i comuni, salvo i comuni di Montegrosso Pian Latte, Cosio d’Arroscia e Aquila di Arroscia in Valle Arroscia, tra i territori più periferici dell’imperiese, che nel 2020 (1° gennaio) non registrano stranieri sul territorio. È nella provincia di Imperia che si registrano i picchi percentuali regionali, in particolare in Valle Roja nel comune di Airole, in Val Nervia nei comuni di Apricale e Baiardo, in Valle Argentina nel comune di Molini di Triora, in Valle Arroscia nei comuni di Vessalico e Pornassio <149.
[NOTE]
120 L’ISTAT ha avviato negli ultimi anni un processo di rinnovamento delle modalità di rilevazione dei dati relativi alla popolazione e alle abitazioni e all’agricoltura, tematiche di interesse nella ricerca in oggetto. Si fa riferimento in particolare al Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni avviato a ottobre 2018 i cui dati saranno pubblicati a fine 2020, frutto di una rilevazione non più decennale ma annuale, in grado quindi di fornire informazioni continue sulle principali caratteristiche socio-economiche della popolazione. Anche il Censimento generale dell’agricoltura, la cui ultima pubblicazione risale al 2010, vedrà nel 2021 l’avvio delle rilevazioni per la pubblicazione dell’ultimo censimento generale, successivamente anche questa raccolta diverrà permanente consentendo di disporre di dati più coerenti.
138 Si ricordano a titolo esemplificativo alcuni avvenimenti recenti che hanno coinvolto centri costieri e dell’entroterra regionale: le alluvioni delle Cinque Terre e della Val di Vara del 25 ottobre 2011; le alluvioni di Genova del 4 novembre 2011 e 9-10 ottobre 2014; le alluvioni e gli smottamenti che hanno interessato i comuni dell’area di studio in Valle Arroscia nel novembre 2016, in cui sono stati pesantemente colpiti i comuni di Rezzo (frazione di Lavina) e Mendatica (frazione di Monesi), nel novembre 2019 in cui sono state duramente colpite la frazione di Cenova nel comune di Rezzo e la frazione di Calderara del comune di Pieve di Teco, nell’ottobre 2020 l’alluvione che ha interessato molte valli e centri dell’Imperiese, ha causato il crollo del ponte di Vessalico, danni al sistema fognario e all’acquedotto, ha provocato danni ingenti al patrimonio edilizio della frazione Cenova del comune di Rezzo, al sistema fognario e all’acquedotto.
139 Il dato è calcolato su una maglia reticolare di quadrati da 1 km di lato ed è pari al rapporto tra l’area in frana e a superficie della cella (ISPRA, 2007).
149 In alcuni di questi comuni -Vessalico, Pornassio, Molini di Triora -sono presenti centri di accoglienza straordinaria (CAS) ed ex-SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), la cui presenza incide più o meno marginalmente nel dato (Ministero dell’Interno (2018), Atlante Sprar, Sipromi. Rapporto annuale, Montefiascone, Graffietti; Di Gioia, 2018, pp. 52-53).
Cristina Marchioro, Nuovi abitanti nelle aree interne della Liguria. Il ruolo e gli impatti sociali e territoriali di nuovi abitanti «per scelta», «per necessità» e «per forza» in alta Valle Arroscia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Genova, Anno accademico 2020-2021