mercoledì 28 febbraio 2024

I moti studenteschi e la contestazione avevano appena sfiorato il tran tran quotidiano della ridente città di provincia



Ventimiglia (IM): Piazza Marconi (Marina San Giuseppe) e le spiagge antistanti

Per Luigi quel sabato 7 dicembre 1968 era trascorso nell'usuale consueta normalità. Come ogni settimana la dura mattinata di scuola al liceo classico G. Rossi di Ventimiglia era passata tra le interrogazioni di storia e filosofia della prof. Trucchi e le spiegazioni di italiano del prof. Allavena. Il pomeriggio aveva stemperato le tensioni del mattino: la consueta partitella di calcio con Don Ernesto e i compagni dell'Azione Cattolica e quindi, per finire la giornata, qualche prova con gli amici del complessino beat per strimpellare gli hits del momento, come "Magic Carpet Ride" degli Steppenwolf, "Race with the Devil" dei Gun o "Applausi" dei Camaleonti. Quelle esercitazioni abitualmente trovavano il loro epilogo nell'annuale, mitico festival dei complessi beat, che proprio nel mese di dicembre, nel teatro comunale, vedeva i più agguerriti gruppi cittadini cimentarsi accanto ai mitici Kites in un'accesa kermesse musicale. Quell'anno, purtroppo, il politeama cittadino aveva chiuso i battenti e l'accesa disfida non si era potuta programmare: il 1968 può essere considerato, nel secolo appena passato, uno dei peggiori anni nella vita cittadina di Ventimiglia. I moti studenteschi e la contestazione avevano appena sfiorato il tran tran quotidiano della ridente città di provincia, rimanendo emarginati a livello intellettuale e a esclusivo appannaggio di pochi liceali impegnati: non si può certo addebitare a loro la responsabilità del processo di graduale degrado urbano iniziato proprio in quell'anno. Le decisioni di chiudere numerosi uffici pubblici ed il mercato dei fiori sono state certamente quelle che hanno determinato il nascere di una progressiva crisi che ha visto il comune di frontiera via via spogliarsi di numerose sue prerogative. Anche la "Battaglia di Fiori" vide in quell'anno la sua ultima edizione: con l'inizio della crisi dell'attività floricola tale manifestazione perse la sua prima ragion d'essere e non venne più riproposta se non in biennio a cavallo degli anni ottanta, prima di riprendere vita, sia pur lontana dai fasti iniziali, nei primi anni del nuovo millennio. Il Teatro Comunale a sua volta venne riaperto nel 1980, grazie alla ferma volontà dell'assessore alla cultura di allora [n.d.r.: che era proprio lo scrittore Gaspare Caramello] che, in un quinquennio di stampo "nicoliniano" (usando una terminologia ai quei tempi in voga), lo riportò in auge con numerosi spettacoli sia teatrali che musicali. La sua sorte si compì definitivamente agli inizi del 1985 quando venne nuovamente chiuso, nello stesso periodo in cui anche l'ospedale cittadino vide la fine della sua esistenza.
Luigi concluse la giornata assistendo alla proiezione del film "Teorema" di Pasolini, in una serata caratterizzata da accese dispute nel cineforum cittadino. La poesia proclama dello scrittore "Il P.C.I. ai giovani" era stata motivo dell'accesa controversia che vide i fautori della sinistra integralista accesi oppositori delle tesi più d'avanguardia dei giovani contestatori dell'extrasinistra o dei seguaci, come il nostro protagonista, delle tesi del filosofo Marcuse. Tutto quindi avrebbe lasciato presupporre una nottata tranquilla passata tra le braccia di Morfeo, in attesa di rivedere, nel successivo giorno di festa, gli amici del liceo e del gruppo beat. Il sonno invece tardava, sia per l'emozione dell'accesa discussione che per una specie di tarlo che iniziava a farsi strada nella mente del giovane. Un chiodo fisso si era insediato nella sua mente: doveva piantare un chiodo. L'idea in principio gli sembrava alquanto peregrina e priva di senso, ma via via che si insinuava sempre più nella sua mente iniziavano a prendere forma le giustificazioni artistiche e filosofiche che potevano motivare quell'inusitato gesto. L'arte concettuale, che dichiarava essere "Arte" non il prodotto finito in quanto tale ma il procedimento mentale alla base della sua creazione, l'arte gestuale che dava al gesto realizzativo dell'autore la priorità sulla creazione di un'opera, alla fine furono le ragioni che lo indussero a concretizzare quel pensiero che ormai era quasi divenuto maniacale e non lo lasciava riposare.
Alla prima luce del mattino decise di alzarsi e, imbacuccatosi nell'inseparabile eskimo, si diresse alla volta del laboratorio del nonno, che continuava a gestire una fiorente impresa edile. Con cura ed attenzione scelse un grosso chiodo, molto spesso e lungo, tale da essere ben visibile, un pesante martello, una squadra in legno, una livella, un carboncino ed un compasso da muro. Improvvisatosi così novello muratore, dopo aver pensato brevemente dove localizzare l'intervento, propese per un bel muro in località Marina San Giuseppe, a metà strada fra l'Alef Club ed il bar di Vito, di fronte allo stabilimento balneare "Giuseppe". La sua opera sarebbe così stata esposta al sole tutta la giornata creando così un'operazione artistica "in progess", come era di moda in quegli anni. Con l'aiuto dei suoi amici e la consulenza dei pescatori locali, si sarebbe potuta farla divenire nientemeno che una meridiana d'avanguardia, occhieggiante ai capolavori di Duchamps, Man Ray e del Dadaismo in generale. Anche il nuovo preside del liceo, il prof. Carlo Cormagi, ne sarebbe stato sicuramente orgoglioso. Egli, appena giunto da Genova, aveva subito dimostrato di apprezzare le correnti artistiche contemporanee: probabilmente, addirittura, avrebbe voluto dir la sua nell'estemporanea creazione, partecipandone in qualche modo alla sua definitiva trasformazione da oggetto d'uso quotidiano a capolavoro artistico.
Soddisfatto di quanto aveva ideato, appesantito dall'ingombrante attrezzatura che si trascinava dietro, Luigi si diresse in fretta alla volta della Marina S. Giuseppe. L'aria era frizzante e gli pungeva il volto; soprattutto sulla passerella faceva sentire il rigore dell'inverno ormai incipiente. Preso dalla volontà di vedere il suo progetto concluso, Luigi però non faceva caso a quanto gli accadeva intorno: neppure l'affascinante spettacolo della Corsica che si stagliava sul terso orizzonte del mare riuscì a distrarlo: in breve raggiunse il muro ed iniziò le sue misurazioni come se, all'improvviso, fosse divenuto un provetto geometra. Alla fine col carboncino riuscì a fissare sull'edificio l'esatto punto in cui collocare la sua opera d'arte. Appoggiato con cautela il chiodo all'intonaco, iniziò a percuoterne la testa con decise martellate. Ad ogni colpo la punta penetrava sempre più profondamente nella parete che opponeva una tenue resistenza ai vigorosi colpi del giovane studente. Metà opera era stata realizzata e già era ben visibile quello che sarebbe stato il risultato finale, quando all'improvviso Luigi si sentì apostrofare da una voce imperiosa «Cosa stai facendo?».
Il giovane si voltò e riconobbe Michele, un anziano, dalla notoria fama di valente attaccabrighe, che lo stava osservando con uno sguardo truce da cui traspariva la sua totale disapprovazione. Non correva molto buon sangue tra lo studente e l'attempato pensionato, che, vicino di casa del nonno, non mancava di inveire quotidianamente contro l'avo dello studente a causa del rumore che l'officina produceva distogliendolo dal quotidiano riposino pomeridiano che era uso fare. Michele era diventato un facoltoso possidente "appendendo il cappello al chiodo" ovvero sposando la sarta che possedeva un avviato atelier sopra il laboratorio artigianale. Dal momento del suo matrimonio aveva cessato di lavorare ed amava trascorrere la giornata senza far niente, bighellonando a "ratelare" [litigare] con chiunque gli fosse capitato intorno, che non condividesse le sue idee.
(segue)
Gaspare Caramello, A Foura du Bestentu. Racconti e Novelle della Ventimiglia di oggi e di ieri, Alzani, 2006, pp. 72-73

mercoledì 21 febbraio 2024

Mario Calvino introdusse nel territorio di Sanremo diverse specie di fiori

Mario Calvino e la biblioteca agricola itinerante. In P. Forneris e L. Marchi (2004), Il giardino segreto dei Calvino. Immagini dall’album di famiglia tra Cuba e Sanremo, Genova, De Ferrari & Devega, p. 27. Fonte: Thomas Pepino, Op. cit. infra

Mario Calvino aveva redatto il programma piccoli-grandi “rivoluzionari agro-ecologici” ma, in seguito al fallimento della banca, lo sviluppo fu ostacolato e, alcune strutture necessarie al funzionamento della stessa Stazione Sperimentale, furono spostate nella villa.
Fra le attività che Mario Calvino svolse nei primi anni di rientro nella città natale - trascorse 17 anni all’estero - vi fu l’introduzione di nuove specie e varietà soprattutto da aree subtropicali e tropicali, con lo scopo di acclimatarle. <135 Fra queste: varietà di avocado, pompelmo, zucche, differenti specie ornamentali e floreali, da frutto, da essenza, da fecola e da zucchero <136.
Calvino è stato uno tra i più importanti agronomi e botanici italiani della prima metà del XX secolo che ha saputo riversare la propria esperienza tecnico-scientifico nel suo paese d’origine. Il processo d’inculturazione è per Calvino un continuo operare, trasferisce la sua conoscenza nelle società in cui lavora.
Calvino è un vettore di modelli culturali innovativi, sperimentatore di un modo di agire che nel mondo agricolo rappresenta tutt’oggi un esempio del fare industria. La contaminazione internazionale, esito della continua attività sul campo e confronto internazionale - Cuba, Messico, Yucatàn, Brasile, Hawaii, Africa, etc. - va oltre il tempo in cui si colloca riuscendo a comprendere quali possono essere i benefici di un modello agricolo sostenibile, anticipando quello che oggi viene definito chilometro zero.
Le scelte progettuali applicate all’orticoltura e alla floricoltura sono il frutto di una continua ricerca applicata sul campo e acquisita nei viaggi, praticata in luoghi spesse volte lontani rispetto al punto di partenza, ma che nel seguito ritornano all’origine con una conoscenza estesa in grado di modificare e riallinearsi allo stesso tempo con la struttura originaria del territorio in cui si collocano.
Calvino ha un approccio moderno e innovativo e grazie alla forte rete di relazioni nazionali e internazionali intravvede nei caratteri rurali del territorio di Sanremo il fattore propositivo in grado di generare modelli di gestione e controllo del territorio capaci di osservare e percorrere il progresso della città.
Osservando la realtà della Costa Azzurra, Calvino comprende come il processo di trasformazione dei fiori in articoli di consumo, siano il prodotto fisico su cui innestare un nuovo modello agricolo-economico. In quegli anni, attraverso la conoscenza del collega francese Raphael De Noter, condivide interessi per piante alimentari di origine tropicale ancora ignote in Europa, dedicando sempre maggior responsabilità all’estensione - in ogni forma - della floricoltura nel territorio di Sanremo.
Quali sono le strategie e i modelli che Calvino propone e da dove derivano? In che modo i suoi studi contribuiscono a definire l’immagine e la gestione del territorio?
Per rispondere a queste domande, credo sia necessario analizzare la biografia della figura di Calvino da un punto di vista geografico, consultabile nei volumi "Il giardino segreto dei Calvino" <137 e nel "Dizionario Biografico degli Italiani" <138, ma credo tuttalpiù che sia fondamentale ricontestualizzarlo al nostro tempo come precursore di una nuova figura, un agronomo in grado di leggere il territorio per la sua connaturale forma architettonica.
Calvino introdusse nel territorio di Sanremo diverse specie di fiori tra cui rose provenienti da tutto il mondo, garofani <139, buganvillea, genista, ornitogalo, croton, fotinia, rododendri, ninfee, vite, etc., sostenendo da sempre che il progresso della coltura dei fiori è da ricercare nel miglioramento genetico - ibridazione e incroci - appartenenti alla stessa specie o genere.
Il suo lavoro alla Stazione sperimentale non si limitava alla ricerca, si estendeva a orientare e insegnare ai floricoltori di Sanremo come eseguire metodi di ibridazione e impollinazione artificiale per la produzione di nuovi colori e varietà ornamentali rendendoli più competitivi nel mercato nazionale e internazionale. <140
Nel 1927, ottenuta la libera docenza in orticoltura, parte per missioni agricole in Europa e Africa: Isole dell’Egeo <141, Tripolitania, Kenia, Tanganica, Zanzibar e Somalia. <142
Sposato con Eva Mameli (1886-1978), botanica, naturalista e accademica italiana, oltre condividere interessi scientifici, fondano nel 1930 la "Società italiana amici dei Fiori" e la rivista "Il Giardino fiorito", diretta dal 1931 al 1947 che, oltre a discorrere di giardini, sensibilizzava i giovani verso la cultura della bellezza e della conservazione, di cui Calvino ne riteneva di grande rilievo preservarne i caratteri tipici.
Calvino riteneva che il territorio ligure si dovesse costruire e organizzare per fasce altimetriche, divise per tipo di coltura, facilitando così l’acclimatazione delle piante in funzione delle quote altimetriche. Il territorio si sarebbe articolato in tre fasce: la fascia per i limoni, la fascia per gli ulivi e la fascia per i palmizi.
La struttura architettonico-geografica del territorio di Sanremo, strutturata in terrazzamenti, richiedeva quindi cure simili alle coltivazioni e, in assenza della manutenzione, gli artefatti dei terrazzamenti divengono corpi morti, abbandonati archeologicamente sulle colline, cadono in obsolescenza, che è anche obsolescenza agricola, colturale e culturale.
Negli anni a seguire, Mario Calvino coordina vivai, fonda l’associazione di commercianti per migliorare e sostenere l’esportazione dei fiori verso il mercato estero, insiste per l’apertura di una banca di credito agricolo che aiuti i contadini, istituisce la biblioteca agricola itinerante, organizza mostre e conferenze.
Nel 1934 Calvino collabora con il Servizio chimico militare, tra il 1936-38 insegna alla Facoltà di Agraria di Torino, al termine della seconda guerra mondiale, in qualità di presidente di Commissione del ministero per la Costituente, elabora un programma di previdenza per l’agricoltura in Liguria <143 - dalla costa all’entroterra.
Il figlio Italo, nel testo "La strada di San Giovanni" <144, rende chiaro quale fosse il clima che si respirasse nella famiglia Calvino, immersi nella conoscenza del territorio di Sanremo. I caratteri geografici diventano la struttura su cui si articola la narrazione e, il podere di San Giovanni, fra orti e uliveti, veniva raggiunto seguendo l’opera dell’uomo, i beodi - canali di scolo. La sintassi del territorio si lega alla forma narrativa, così attraverso il racconto, è possibile riscoprire l’immagine del territorio, raggiungendo la chiesa di San Giovanni che, posta tra le fasce terrazzate di versante domina la città sottostante.
Mario Calvino morì a Sanremo per una bronchite il 25 aprile del 1951. <145
[NOTE]
135 Cfr. AA.VV. (1974), Dizionario Biografico degli Italiani, p. 30.
136 Ibid.
137 P. Forneris e L. Marchi (2004), Il giardino segreto dei Calvino. Immagini dall’album di famiglia tra Cuba e Sanremo, Genova, De Ferrari & Devega.
138 AA.VV. (1974), Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XVII, Calvart-Canefri, voce “Calvino Mario” (a cura di E. Mez), Roma, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, pp. 29-31.
139 Per esempio si veda dello stesso autore: M. Calvino (1946), “Nuova tecnica colturale del garofano”, in Humus, II, no° 12, pp. 16-18; (1948), “Innovazioni nella tecnica colturale delle rose e dei garofani”, in Atti del Congresso nazionale della floricoltura italiana, Sanremo, pp. 27-36; (1948), “Rose e garofani nei metodi di coltivazione”, in Pubblicazione della Stazione sperimentale di floricoltura, no° 39, Sanremo, pp. 1-11.
140 Si veda: M. Calvino (1936), “Come ottenere nuove varietà di fiori attraverso l’ibridazione”, in Pubblicazione della Stazione sperimentale di fioricoltura, no° 13, Sanremo, pp. 1-23; M. Calvino, (1934) “La produzione floricola italiana nei confronti con la produzione estera concorrente”, in Il Convegno nazionale di fioricoltura, Sanremo, pp. 1-7.
141 Cfr. M. Calvino (1928), “Piante e coltivazioni da introdursi e sperimentarsi in Rodi e nelle Isole Egee”, in L’agricoltura coloniale, XXII, no° 5, pp. 163-185.
142 Cfr. AA.VV. (1974), Dizionario Biografico degli Italiani, p. 30.
143 Cfr. AA.VV. (1974), Dizionario Biografico degli Italiani, p. 30.
144 I. Calvino (1990), La strada di san Giovanni, Milano, Mondadori.
145 Cfr. AA.VV. (1974), Dizionario Biografico degli Italiani, p. 30.
Thomas Pepino, L'immagine delle serre nel teatro del Golfo di Sanremo. La forma della terra e il sopraggiungere della città, Tesi di dottorato, Politecnico di Torino, 2013

venerdì 16 febbraio 2024

Circa alcuni edifici storici di Porto Maurizio ad Imperia

Imperia: Chiesa Ave Maris Stella

La piccola, neogoticheggiante Chiesa portorina Ave Maris Stella [a Imperia] è stata costruita fra il 1889 ed il 1896 su progetto dell'Ing. A. Lodi. E' stata poi completata nel 1907 dall'Ing. Sicardi.
Sono visibili alle pareti tele del Bruno e del Sarzana, le quali sono provenienti dalla cappella dei Guarnieri e dall'oratorio - ormai distrutto - dedicato a Sant'Antonio Abate. Nella Chiesa troviamo un pregevolissimo bassorilievo marmoreo di S. Anna cinquecentesco, attribuito ai Gaggini. L'edificio custodisce inoltre un Crocifisso ligneo barocco opera di ignoto artista probabilmente locale, definito suggestivamente nella tradizione popolare "la Croce dei miracoli".
In una nicchia dell'abside è posta una statua processionale di S. Antonio da Padova che risale al Settecento ed è stata attribuita allo scultore genovese P. Galleano.
Questa chiesetta, vicinissima al mare, sede di culto durante tutto l'anno, diviene meta di un folto gruppo di fedeli soprattutto nei mesi estivi, quando la zona è gremita di turisti. In luglio ed in agosto spesso vi si svolgono applauditi concerti di chitarra classica.
Redazione, Ave Maris Stella, Fosca. Fonti per la storia della critica d'arte, Università di Genova, 26 Ottobre 2022 

Palazzina Liberty a Imperia Porto Maurizio. Fonte: italia.it

Alla "Marina" di Porto Maurizio, presso lo Stabilimento balneare della "Spiaggia d'Oro", si erge la mole decorata che fu un tempo "sala da ballo della Società dei Bagni".
Conosciuta dagli Imperiesi come "Palazzina Liberty", essa fu realizzata fra il 1912 ed il 1913 dall'arch. emiliano di adozione milanese Alfredo Campanini. Lasciata nel degrado per molti anni, con la sola funzione pratica di costituire riparo all'attrezzatura per lo stabilimento, tra il 2003 ed il 2004 è stata restaurata e riportata all'antica bellezza.
Con la sua ornamentazione perfettamente conservata,gli elementi plastici in rilievo di terracotta policroma, le decorazioni geometriche e floreali, la "Palazzina" costituisce uno dei pochissimi complessi balneari di gusto liberty ancora presenti in Italia.
Dal momento dell'avvenuto restauro essa si è proposta come un polo d'attrazione turistica ed un set ideale di manifestazioni turistico-culturali legate ad Imperia e in particolar modo al suo mare.
Alla sua inaugurazione, nel 2004, è stata proposta al pubblico un'esposizione di sculture in ardesia, l'"oro nero" proveniente da una delle valli dell'Imperiese, la Valle Argentina. Contemporaneamente, è stata apprestata, a cura di Walter Pareto, una singolare ed apprezzatissima mostra di "polene moderne", opere di artisti contemporanei. Tali polene erano perfettamente "nuove" e dunque non avevano ancora solcato i mari!
Redazione, Palazzina LibertyFosca. Fonti per la storia critica dell'arte, Università di Genova, 26 Ottobre 2022
 
L’edificio balneare noto come "Spiaggia d’oro" o "Palazzina liberty", situato sulla banchina di Ponente di Porto Maurizio, rappresenta una delle poche costruzioni liguri che risentano dell’influenza della Secessione Austriaca. Nel 1912 fu progettato dall’architetto milanese Alfredo Campanini ed edificato dalla Società Cooperativa Ligure Lombarda. Il complesso si sviluppa su due piani che circondano un grande corpo centrale, una volta "sala da ballo della Società dei Bagni", dotato di ristorante, caffè e servizi; sotto la quota del molo sono presenti due ali di cabine spogliatoio, attrezzate per contenere materiali ed equipaggiamenti balneari. La struttura esprime un’armonia geometrica, sottolineata dalla volumetria squadrata e dall’impiego di maiolica invetriata a forma floreale e geometrica, prodotta da Saissi di Mentone seguendo i profili del padiglione e dei due grandi arconi trabeati dei fronti principali. All’interno è possibile ammirare ancora gli eleganti decori a tempera, raffiguranti temi vegetali e animali probabilmente lombarid e ispirati allo stile Liberty, visibili grazie ai restauri del 2003 - 2004 che hanno destinato l’edificio a sede espositiva e luogo di manifestazioni turistico-culturali. La costruzione venne conclusa in breve tempo e, dopo la prima guerra mondiale, nel decennio ’20 si riprese l’attività. Negli anni del secondo conflitto mondiale la struttura fu lasciata al degrado, privata del suo originario parapetto Liberty.
Redazione, Palazzina Liberty, Italia.it

La palazzina Liberty è un edificio storico di Imperia. Si trova alla Marina di Porto Maurizio, sulla banchina Medaglie d’Oro. La sua costruzione - insieme a quella della struttura in muratura del sottostante stabilimento balneare della Spiaggia d’Oro - risale al 1913, su mandato della società cooperativa Ligure Lombarda e progetto dell’architetto Alfredo Campanini. Lo scopo era di creare una cittadella del mare in grado di ospitare (e anche attirare) i tanti turisti in arrivo dalla vicina Lombardia.
La sua particolare forma squadrata riccamente decorata è la prima cosa che si nota giungendo nel borgo marinaro imperiese. Lo spettacolare edificio ospitava in principio il ristorante della spiaggia, collegato al piano inferiore da una scala interna. In seguito la palazzina Liberty fu trasformata in una sala da ballo che ospitò diversi eventi cittadini. Dopo qualche anno in cui cessò di svolgere la sua funzione sociale, e venne quindi adibita a deposito di lettini, ombrelloni e delle altre attrezzature della spiaggia, la palazzina Liberty tornò in auge negli anni 90 quando iniziò a ospitare mostre e altre iniziative culturali. Particolarmente importante fu nel settembre del 1996, in occasione della rassegna delle Vele d’Epoca, l’esposizione fotografico documentaria Cronache balneari dedicata proprio alla storia della Spiaggia d’Oro e della stessa palazzina. Dall’evento fu anche tratta una omonima pubblicazione curata da Gianni De Moro.
La palazzina Liberty ospita oggi diversi eventi culturali
Da allora la palazzina Liberty è diventata uno scenario collaudato e di prestigio per feste pubbliche e private. La struttura ha ospitato alcune edizioni della rassegna letteraria Leggere d’Estate (e una serata di Mare Noir), eventi collaterali di Sol&Vento e Welcome to St. Tropez oltre che delle Vele d’Epoca. Nel 2012 il fotografo Settimio Benedusi ha presentato nella palazzina Liberty la maxifoto argentata dell’onda realizzata per la celebre rassegna marinara [...]
Redazione, Palazzina Liberty di Imperia, Marco Vallarino

Imperia: Palazzo della Prefettura. Fonte: Ministero dell'Interno

La storia dell'attuale palazzo della Prefettura di Imperia è strettamente legata a quella della città.
Nei primi anni del '900 alcuni operatori economici di Porto Maurizio ebbero l'idea di fare della cittadina un centro turistico d'élite, sull'esempio di Alassio, Sanremo e Bordighera, che già da anni godevano dell' entusiatico apprezzamento di molti viaggiatori europei.L'odierna Prefettura nacque dunque come elegante albergo in stile liberty,costruito nella regione portorina di San Lazzaro ad opera dell'Impresa Angelo Lupi. Inaugurato il 15 novembre 1906, denominato Grand Hotel Riviera Palace, dotato di un lussureggiante parco, 68 camere da letto e numerosi saloni, l'edificio si costituiva come l'opportuno completamento della vasta struttura balneare presente in quella zona. L'intento dei finanziatori era di affiancare ad esso, nel giro di pochi anni,altri alberghi, nonché altre costruzioni orientate a favorire il turismo.
L'edificio presentava nel progetto iniziale disatteso chiari stilemi secessionisti, nella successiva realizzazione ancora avvertibili nei pinnacoli d'angolo, nell'andamento curvo del corpo centrale avanzato e nella loggia tripartita.
Il famoso pittore tedesco Hermann Nestel dipinse l'hotel in una bella tempera, che venne pubblicata sull'Illustrazione Italiana nel 1905.
L'albergo ospitò nell'aprile del 1910 l'allora Presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt, cui fu dedicato il panoramico Corso che costeggia l'Hotel a Levante. Oltre all'augusto ospite americano ed al nostro poeta A. Fogazzaro, numerosi furono i viaggiatori provenienti dall'Inghilterra, dalla Germania, dalla Russia - per lo più ricchi infermi alla ricerca di un clima temperato e salubre - che trascorsero periodi di soggiorno al Riviera Palace negli anni immediatamente precedenti la Grande Guerra.
Il progetto turistico tanto bene iniziato e a poco a poco boicottato dagli stessi portorini, che non vedevano di buon occhio l'arrivo di malati- ancorché portatori di valuta pregiata - nella loro terra, registrò infine un completo crollo in concomitanza con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
La costruzione venne dapprima convertita in Ospedale della Croce Rossa. Più tardi, in seguito alla fusione di Porto Maurizio con Oneglia nel 1923, il Palazzo, ubicato idealmente fra i due centri, venne scelto come sede della Prefettura.
Redazione, PrefetturaFosca. Fonti per la storia critica dell'arte, Università di Genova, 26 Ottobre 2022

Imperia: il Museo Navale

Visita alla Città dei Marinai di Porto Maurizio
Il Museo Navale di Imperia, noto anche come La Città dei Marinai, si trova in via Scarincio 9 a Porto Maurizio. È stato aperto il 30 gennaio 2017 nella palazzina degli ex magazzini generali. Per quanto non sia stato ufficialmente inaugurato perché ancora in corso di allestimento, lo stabile ha attirato fin da subito l’interesse di molti turisti, italiani e stranieri, oltre che dei residenti, per il complesso e suggestivo allestimento.
Uno spazio espositivo di 9.000 metri quadrati
L’esposizione, che include una sezione archeologica, presenta reperti, oggetti e strumentazioni che testimoniano la storia e l’evoluzione della marineria, con particolari riferimenti a Imperia. Nei circa 9.000 metri quadrati di spazio, si trovano imbarcazioni d’epoca, sia vere che riprodotte in scala, attrezzi, tute e divise, fotografie e quadri, ricostruzioni meticolose di alcuni caratteristici ambienti marinari. Ci sono inoltre installazioni multimediali interattive che, tramite sofisticati dispositivi elettronici, permettono di cimentarsi in una sessione di navigazione al timone e in una battaglia navale al periscopio di un sottomarino.
Secondo l’associazione che si occupa della struttura, il Museo Navale di Imperia è destinato a diventare il più articolato e completo tra gli oltre ottocento che ci sono al mondo. Ogni settimana arrivano nuovi reperti da catalogare ed esporre. Tra i più significativi, si trovano i cimeli militari provenienti dalle spedizioni di Ghersi in Tibet e di Nobile al Polo Nord. Poi ci sono i modelli delle caravelle di Colombo e due cimeli del sommergibile Scirè: il portello poppiero e la relativa scala di accesso dalla coperta.
Gli orari di apertura del Museo Navale di Imperia e i percorsi tematici
A partire dal 20 giugno 2022, il Museo Navale di Imperia - insieme al nuovo planetario - è aperto venerdì, sabato e domenica sera dalle 18.30 alle 22.30. L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura. Il biglietto costa 7 euro ma sono disponibili riduzioni per bambini, studenti e gruppi di almeno dieci persone. La visita guidata dura circa un’ora. Sono inoltre presenti quattro percorsi tematici, corredati di postazioni video e gallerie fotografiche: il lavoro sul mare; il viaggio per mare a fini commerciali; la guerra sul mare; il mare come evasione.
L’auditorium del Museo Navale
Nel Museo Navale di Imperia si trova anche un auditorium, dotato di maxi schermo, che ospita ogni anno diversi eventi di carattere culturale. La prima stagione di appuntamenti, nella primavera del 2017, ha offerto anche la presentazione di un progetto di gamification. Gli studenti dell’IIS Marconi hanno mostrato al pubblico il videogioco letterario ambientato nella antica Grecia realizzato nel corso dell’anno 2016/17.
Nel novembre dello stesso anno l’attore portorino Antonio Carli ha portato in scena, insieme al chitarrista Mauro Crespi, Navigazioni e canti de mä. L’evocativa performance di teatro canzone ha rilanciato l’epica marinara con le parole di grandi scrittori e cantautori.
Nel 2018/19 l’auditorium del Museo Navale è diventato Teatro del Mare per ospitare una vivace rassegna di cabaret, prosa e musica, a cura di Matteo Monforte e Eugenio Ripepi. Beppe Braida, Maurizio Lastrico, Enrique Balbontin, Daniele Raco sono alcune degli artisti che hanno animato la manifestazione [...]
Redazione, Museo Navale di Imperia, Marco Vallarino

sabato 10 febbraio 2024

Le notti di Ventimiglia


Per tornare alle guide, corretta ed equilibrata appare la «rossa» del Touring, edizione 1924, in cui il tono asettico ed informale non ha ancora cancellato l'aspetto descrittivo dei luoghi e dei territori <43. Ventimiglia è «assai pulita e ben tenuta, bell'esempio di vecchia città ligure dalle strade strette, le case alte, le scalinate di qualche centinaio di gradini e gli androni sotto le case». Il resto è sbrigativo e ricorda proprio certe inquadrature da foto d'epoca, ma risulta più accettabile sia della disattenzione di altre guide, sia di qualche enfatica celebrazione, in chiave medievalistica o di retorica esaltazione. Tipico esempio di questa ultima, con sconfinamenti in involontaria comicità, sono talune pagine del volume rievocativo della costituzione della Provincia di Imperia <44, che per Ventimiglia (ma il tono è frequente) parla di «terra promessa», per il Capo di un «colle leopardiano», per la città vecchia che si specchia nel Roja di «scenario shakesperiano», - e proprio non si capisce perché. Con la prosa di V.G. Donte (che nel paragrafo finale Oggi e domani si abbandona ad una esaltazione che volendo essere ispirata finisce per divenire oscura) contrastano curiosamente le illustrazioni, di onesta descrittività, in cui pure la veduta di Ventimiglia che apre il testo, ripresa da un qualche punto elevato in sponda sinistra del Roja, appare - con un tetro caseggiato in primo piano, il corso d'acqua quasi asciutto, l'aggrapparsi «pittoresco» dell'abitato alla collina - una immagine da terra difficile e povera, tutt'altro che «promessa».
Un singolare quadro della città è quello dato da un testo, oggi pressoché dimenticato, pubblicato nel 1940 con «approvazione del Ministero della Cultura Popolare» - Sulla strada di Nizza, di Gustavo Traglia <45. Scopo dell'autore era presentare le vicende della brevissima campagna italo-francese del 1940, viste appunto da Ventimiglia e dintorni: ma lo sforzo di esaltare l'impresa bellica in una prosa che vorrebbe essere di popolare e militaresca epicità non è pari alle capacità del Traglia, ed anche momenti che avrebbero potuto dar spunto a pagine vigorose (il terrore degli stranieri, la fuga precipitosa dei turisti benestanti sotto lo sguardo ironico e rassegnato della povera gente, i bombardamenti) si risolvono in fiacca retorica.
Bastino i titoli dei vari capitoli: «Mussolini parla alla radio - Il popolo canta già la futura vittoria - Episodi di coraggio popolare - L'inferno di Vallecrosia - Bombe sulla distilleria - Buonumore e battaglia - Notti insonni e canzoni allegre - A Villa Voronoff sotto il bombardamento - Sotto il fuoco nemico - Storia di un eroico soldato del 90° suonatore di cornetta e scansafatiche abituale  - Magnifico slancio delle popolazioni - Le ore dell'armistizio e della vittoria - Arriva Mussolini!».
Nel dopoguerra, mutati ormai i tempi, ancora due volumi meritano un cenno, emergendo fra la gran massa di informazioni statistiche e di immagini di banale propaganda turistica. La Riviera di Gabriel Faure è forse l'ultimo esempio di viaggio in Liguria nel senso del gran tour settecentesco: ma di Ventimiglia, salvo i cenni d'obbligo per villa Hanbury e Voronoff, la Cattedrale e poco altro, cosa mai è degno di ricordo? «Le interminabili ed esasperanti visite alla dogana», il giardino a palme sul lungomare e il mercato dei fiori «lo spettacolo più interessante» <46.
Infine, nel 1962, nel volume Liguria di una serie dedicata alle varie regioni italiane <47, a Ventimiglia sono riservate parecchie pagine. Più che alle considerazioni storiche ed artistiche di Piero Torriti o al drastico giudizio di Gaetano Ferro sulla città antica - «una città morta» - daremo uno sguardo ad una pagina di colore di Antonio Aniante, Le notti di Ventimiglia. C'è da chiedersi quale idea volesse dare lo scrittore e spiace doverne riportare solo qualche frase: «Una folla di avventurieri nostrani e stranieri appare, scompare, si rinnova a vista d'occhio da mane a sera (...). Nello squallido piazzale della stazione una leggiadra ragazza sonnambula spacca e spacca legna e raggi di luna piena senza fare il minimo rumore(...).
Il caffè notturno splende e arde come torcia di fronte alla ferrovia (...). Son ritrovi che ricordano Montmartre. Ceffi che diresti irreali si fan servire da due giunoniche ostesse venute fuori dal pennello di Giorgione e Tiziano (...). Poi, di colpo, a una data ora precisa (...) gli avvinazzati (...) si sbandano, si eclissano, strisciano contro i muri, si perdono in un labirinto di ricchezze frodate. Sono i contrabbandieri, i famigerati contrabbandieri di Ventimiglia».
Peccato che Aniante non inserisse nel raccontino anche Marlene Dietrich e Gary Cooper. Non c'erano, a Ventimiglia, nel 1962 - si potrà obiettare: resta da vedere se ci fosse anche il resto.
[NOTE]
43 Touring Club Italiano, Guida d'Italia - Liguria, Toscana a nord dell'Arno, Emilia, Milano, 1924, I, p. 211.
44 La provincia... cit., 1934, pp. 17-48
45 G. Traglia, Sulla strada di Nizza, Ed. "L'Eco della Riviera", Sanremo, 1940.
46 G. Faure, La Riviera, SADAG, Paris-Grenoble, 1956, p. 11.
47 Liguria, Sansoni - Istituto Geografico De Agostini, Firenze-Novara, 1962, pp. 185-190.
Bruno Ciliento - Nadia Pazzini Paglieri, Ventimiglia, Sagep Editrice, Genova, 1991 , p. 194

sabato 3 febbraio 2024

La riviera di Ponente, così com'era negli anni fra le due guerre, non esiste più

Se oggi Italo Calvino uscisse di casa per prendere la strada di San Giovanni...

Che cosa significa per Calvino, il suo paesaggio? Esso è sia la matrice figurale di uno schema mentale, sia la traccia di un'esperienza primaria. Da questa ambiguità del paesaggio - locus della tecnica memoriale e al contempo naturale rimanenza affettiva - s'origina il percorso critico seguito sin qui. Poco tempo prima di morire Calvino concede un'intervista a Maria Corti. Una domanda sugli «ambienti naturali e culturali» conosciuti dallo scrittore richiama le relazioni che legano il paesaggio d'infanzia alla fantasia e alla scrittura: "Come ambiente naturale quello che non si può respingere o nascondere è il paesaggio natale e familiare; San Remo continua a saltar fuori nei miei libri; nei più vari scorci e prospettive, soprattutto vista dall'alto, ed è soprattutto presente in molte delle Città invisibili. Naturalmente parlo di San Remo qual'era fino a trenta o trentacinque anni fa, e soprattutto di com'era cinquanta e sessant'anni fa, quando ero bambino. Ogni indagine non può che partire da quel nucleo da cui si sviluppano l'immaginazione, la psicologia, il linguaggio; questa persistenza in me è forte quanto era stata forte in gioventù la spinta centripeta la quale presto si rivelò senza ritorno, perché rapidamente i luoghi hanno cessato di esistere." (S, p. 2926).
[...] Il destino degli uomini di natura, tuttavia, pare minacciato dal progresso storico contemporaneo. Già prima della guerra era iniziata la disgregazione del tratto costiero: «io ero della Riviera di Ponente; dal paesaggio della mia città - San Remo - cancellavo polemicamente tutto il litorale turistico - lungomare con palmizi, casinò, alberghi, ville - quasi vergognandomene». (RR I, p. 68). Dalle propaggini della costa avanza la speculazione che nel corso dei decenni lambisce i primi colli e minaccia l'integrità della campagna. Sin dalle prime pagine de La strada di San Giovanni risuona un senso di perdita. La riviera di Ponente, così com'era negli anni fra le due guerre, non esiste più, lo sviluppo economico ha trasformato il suo volto: tratti di campagna sono svaniti e «ora […] al posto di tutto questo si estende squallida geometrica e feroce una piantagione di garofani con i muri squadrati» (RIII, p. 24).
L'avanzata del progresso aggredisce la riviera ligure modificando le frontiere disegnate dalla topografia affettiva de La strada di San Giovanni: «una spiegazione generale del mondo e della storia deve innanzitutto tenere conto di com'era situata casa nostra, nella regione un tempo detta “punta di Francia”, a mezza costa sotto la collina di San Pietro, come a frontiera fra due continenti. In giù […] cominciava la città […]; in su […] subito si era in campagna» (RR III, p. 7). Il «giù» è il mondo della storia dove le biglietterie dei cinema attendono gli spettatori e le navi attraccano e poi ripartono, dove si distende una civiltà ricca di segni da decifrare e colma di locandine ammiccanti: fascinose attrazioni per un bambino che aspira a divenire «cittadino delle città e della storia». Il «su», invece, è l'universo naturale prediletto dal padre, regno dove le strade sono tortuose e acciottolate. Sul fondo incidentato dei sentieri, fra gli ombrosi recessi dei boschi prealpini camminano gli uomini di natura, i partigiani-rododendro, il padre amante della campagna. Ma l'avanzata del progresso - responsabile di speculazioni, geometrie e uniformità estensiva delle colture - si muove dal basso verso l'alto: è la storia nella sua espansione progressiva a minacciare la tradizionale armonia che lega l'uomo alla natura.
La tradizione filosofica e letteraria che nel corso di tre secoli ha ragionato sul dissidio fra la natura e la civiltà, fra l'infanzia e l'età adulta, è ben presente a Calvino.
[...] Ne La strada di San Giovanni il protagonista colleziona le vedute in un «rosario d'immagini» durante la camminata, ma i paesaggi rimangono ancora separati l'uno dall'altro perché l'apparizione delle valli nell'entroterra esclude la possibilità di scorgere la linea costiera. San Giovanni è il territorio originario dove i frammenti non si integrano, ma rimangono parziali aggregati dotati di una forma. La separazione inscritta nella topografia della Liguria - il mondo «in su» è la campagna lontana dal progresso e prediletta dal padre, quello «in giù» è l'universo urbano denso di segni anelato dal figlio - richiama il dissidio fra il processo storico e la persistenza della natura. La distanza fra storia e natura ne La strada di San Giovanni è anche un sintomo del fallimento della forma romanzesca. <515
Alcuni indizi permettono di corroborare l'ultima ipotesi. L'esistenza di due universi separati e orientati in relazione alla casa dell'infanzia non è nuova alla letteratura occidentale. Barenghi nota acutamente come i due versanti osservati dalla villa dei Calvino siano «due côtés» <516 simili a quelli che aprono À la recherche du temps perdu.
[NOTE]
515 Esiste uno scritto di Calvino dove lo scrittore tenta di intravedere nel paesaggio un'integrazione fra la storia e la natura. Nel 1974 esce Ferro rosso, terra verde, l'ultimo volume della collana che «l'Italsider ha, nel corso degli anni, dedicato alle realtà che ospitano i suoi stabilimenti». (Ferro rosso, terra verde, Italsider. Genova 1974, p. 3). Il libro raccoglie le foto e i testi di diversi autori, fra cui Gabriele Basilico, Mario Soldati e Italo Calvino. Il contributo dello scrittore ligure ha un titolo significativo: Savona: storia e natura. La «forma» di un luogo, secondo Calvino, è attraversata «dalla dimensione del tempo»: «la vera descrizione d'un paesaggio finisce per contenere la storia di quel paesaggio, dell'insieme dei fatti che hanno lentamente contribuito a determinare la forma con cui esso si presenta ai nostri occhi, l'equilibrio che si manifesta in ogni suo momento tra le forze che lo tengono insieme e le forze che tendono a disgregarlo». (S, p. 2390). Nel tentativo di osservare il paesaggio come intersezione di natura e storia, Calvino immagina una verticale che attraversa la Liguria seguendo un orientamento diverso da quello dominante in Dall'opaco: «occorre dire che la Liguria d'un tempo - e d'un tempo che non è molto lontano - non si definiva come una linea stradale litoranea, quale ormai siamo abituati a considerarla. Era in senso perpendicolare alla costa che si usava vederla: o dai naviganti che ancor oggi s'orientano sui suoi campanili per stabilire la rotta verso i porti; o dai viandanti che percorrevano le strade lungo le valli che collegavano la costa ai centri dell'Italia padana, scavalcando i gioghi delle montagne». (S, 2400). La variazione dello sguardo e lo sforzo di integrazione sono aspetti notevoli se raffrontati agli altri scritti liguri. L'approccio di fondo al paesaggio - lo sguardo dall'alto, a distanza - tuttavia non cambia: lo scrittore osserva il mondo dalla terrazza della fortezza del Priamar e nell'ultimo paragrafo chiarisce: «sto seguendo linee che s'intersecano su questa mappa attraverso lo spazio e il tempo». (S, p. 2402).
516 M. Barenghi, Italo Calvino. Le linee e i margini, cit., p. 95.
Francesco Migliaccio, Il luogo dello sguardo. Paesaggio e scrittura in Calvino, Celati e Biamonti, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Torino, Anno accademico 2014-2015 

I Calvino arrivano a Sanremo e si trasferiscono inizialmente a villa Angerer, situata in via Fratelli Asquasciati di fronte al Casinò, magnifico esempio del liberty floreale, nella cui serra sperimentale, ora distrutta, operò lo stesso Mario. Quindi acquistarono Villa Meridiana dove la madre Eva risedette fino alla morte all’età di 92 anni, avvenuta il 30 marzo 1978. «Ho vissuto coi miei genitori a Sanremo fino a vent’anni, in un giardino pieno di piante rare ed esotiche» (S, p. 2709) giardino che spesso, con le sue mille specie arboree, animali e vegetali, diventa il protagonista di alcuni racconti come per esempio Un pomeriggio Adamo. Nel racconto, apparso per la prima volta in Ultimo viene il corvo (1949) pubblicato nei «Coralli» con dedica «Ai miei genitori», Italo descrive in maniera precisa e puntuale il giardino della villa con piante grasse fiorite, laghetti con ninfee, siepi di bamboo, vasche con zampilli, di petunie, alberi da frutto e molteplici animaletti come rospi, formiche argentine e porcospini. Primo di un gruppo di trenta racconti, questo apre la raccolta dichiarando lo stretto rapporto instaurato tra Calvino letterato e scrittore e Calvino figlio di scienziati e nipote di chimici. Rapporto spesso forzato in gioventù dalla figura di un padre che non smetteva mai di istruire i figli insegnandogli i nomi latini delle varie specie botaniche. Ne La strada di San Giovanni dirà: «Lui del mondo vedeva solo le piante e ciò che aveva attinenza con le piante, e di ogni pianta diceva ad alta voce il nome, nel latino assurdo dei botanici, e il luogo di provenienza […] e il nome volgare se ce ne era uno» <10.
L’adolescenza sanremese è dettata quindi da rapporti profondi verso un paesaggio che sarà sempre il sostrato nascosto delle opere di Italo e la costante voglia di allontanarsene per poter approfondire la propria inclinazione personale verso la scrittura. Egli si dichiarerà «la pecora nera. L’unico letterato della famiglia» (S, p. 2714) in mezzo a scienziati, botanici, agronomi, chimici, professori universitari, geologi. Preferiva trascorrere il pomeriggio al cinema Centrale <11 di Sanremo, scappando da casa di nascosto, inventandosi di andare a studiare da un amico, per poter invece assistere alla prima proiezione pomeridiana, dove, la sala quasi vuota, gli permetteva di poter allungare le gambe sulle spalliere delle poltrone davanti e godersi comodamente la visione. Il cinema doveva «soddisfare un bisogno di spaesamento […] una tappa indispensabile d’ogni formazione […] il cinema era il modo più facile e a portata di mano, ma anche quello che istantaneamente mi portava più lontano» <12. Si comincia a formare quindi una personalità in contrasto con l’insegnamento paterno «Capite come le nostre strade divergevano, quella di mio padre e la mia. […] Parlarci era difficile. Entrambi d’indole verbosa, posseduti da un mare di parole, insieme restavamo muti, camminando in silenzio a fianco a fianco per la strada di San Giovanni» (RR II, p. 11).
[NOTE]
10 Italo Calvino, La strada di San Giovanni, RR III, pp. 7-26 (9). Uscì per la prima volta nel 1962 sul primo numero della rivista «Questo e altro», edita dalla casa editrice Lampugnani Nigri, pp. 33-44.
11 Teatro edificato nel 1925 con una sala a croce latina, coperta da una cupola apribile, contiene una vasta platea e una galleria disposta a ferro di cavallo. Le decorazioni del soffitto sono state realizzate da Galigeo Chini, un artista toscano tra i più conosciuti e apprezzati nel panorama figurativo europeo ei primi anni del Novecento (www.aristonsanremo.com).
12 Italo Calvino, Autobiografia di uno spettatore, in RR III, pp. 27-49, (27). Composta nel 1974 e pubblicata nello stesso anno come prefazione al volume di Federico Fellini Quattro Film, Einaudi, Torino.

Elisa Longinotti, Calvino e i suoi luoghi, Tesi di laurea, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2022-2023