venerdì 27 novembre 2020

u Profesu

Il matrimonio di Francesco Kahnemann

[...] mio Padre, Francesco Kahnemann, Francuccio per gli amici, anche chiamato "u Profesu" per via della sua qualifica professionale.
Ha vissuto una vita piena di sfaccettature, figlio di una Cattolica e di un Ebreo, nato nel 1921.
Penso che i suoi primi 17 anni li abbia vissuti nel posto più bello del mondo [Sanremo (IM)], secondo me, in una condizione sociale più che privilegiata, in una città cosmopolita, in una famiglia benestante e multietnica con respiro internazionale.
Ha avuto amici importanti come Italo Calvino, Eugenio Scalfari, Pippo Barzizza e ha frequentato Fabrizio de André.
Insisto sui primi diciassette anni, perché il suo bel passaporto azzurro Savoia racconta dell'ultimo viaggio del giugno 1936 a Praga con nonno Ugo: a Vienna, Praga e Budapest, per incontrare  i clienti che erano rimasti dopo la chiusura dei magazzini di Berlino. L’anno successivo anche Vienna, meta delle vacanze nella Capitale Austriaca insieme a Trieste, sarebbe stata abbandonata dalla ditta “Kahnemann Ugo esportazione fiori” a causa delle prime ritorsioni burocratiche verso i commercianti ebrei in quella città.
Nel 1938, poi, proprio a Trieste furono proclamate in settembre le Leggi Razziali e in novembre l’Anschluss dell’Austria alla Germania Nazista. Questi eventi avrebbero dato il colpo di grazia all’attività del nonno, all'età dell'oro della famiglia e al percorso scolastico di papà presso il prestigioso Liceo Classico G.D. Cassini.
A partire da quel momento questo enfant gâté dell'alta borghesia di Sanremo sarebbe di fatto diventato un invisibile per il Regime Fascista.
Questo trauma segnò in maniera profondissima il carattere di papà e ha minato il nostro rapporto padre-figlio praticamente per tutta la vita.
 

È diventato uno stimato chirurgo oculista, primario in vari ospedali tra Genova e Sanremo, membro esterno dell’equipe del Professor Barraquer a Barcelona, una bella storia professionale dove forse c’è stato poco spazio per un figlio scatenato come me.
Però, come sai, Francuccio, proprio alla fine ci siamo ritrovati, lasciandoci l’amaro in bocca di un’occasione perduta [...]

Paolo Kahnemann

Il secondo, peraltro brevissimo, colloquio con Italo [Calvino] avvenne nell’autunno del 1943. Svolgeva alcune mansioni presso il Tribunale di Piazza Colombo (edificio che non esiste piú) e ogni tanto usciva per scambiare qualche parola col figlio del Prof. Zauli (mi pare si chiamasse Floriano), anche lui, come il padre, insegnante nella Scuola di Avviamento Professionale, sita nello stesso edificio, al di sopra del Mercato dei Fiori. Un certo giorno Italo si rivolse al figlio di Zauli, il quale additò Cagnin (mi pare), che a sua volta lo diresse verso qualcun altro (forse Agostino de Gregorio, anche lui, come me, precoce antifascista) e poi si presentò da me. "Dovresti portare d’urgenza questo bigliettino nel negozio di fiori di Bottini, accanto a Barillaro, in Via Vittorio. Sai dov'è? Non farti notare e torna subito". Il messaggio era diretto a Kahneman (mi pare si chiamasse Enrico) e gli suggeriva di nascondersi perché "sarebbero venuti a cercarlo". La mia irruzione frettolosa in negozio sollevò qualche perplessità, forse perché c'era un'avventrice che avrebbe potuto sospettare qualcosa. Comunque il messaggio era giunto a destinazione (seppi poi che il Kahneman era nascosto addirittura nel palazzo in cui abitavo io, al n. 9 di Via Gioberti, in un deposito appartenente al fiorista Bottini). Non è chiaro se Italo agisse a titolo personale o facesse già parte di un'organizzazione clandestina, né se in Kahneman proteggesse l’ebreo, l'antifascista o il fratello del suo compagno di scuola Francesco [l'autore in questo caso potrebbe essersi sbagliato non solo di nome, ma addirittura di essersi direttamente riferito, del tutto inconsapevole, ad Enrico Kahnemann, cugino dei fratelli Eugenio e Francesco, entrambi partigiani].
Pietro Ferrua, Incontri e scontri con Italo Calvino, 25 aprile 2012 in Ra.forum
 
26 febbraio 1945 - Dal C.L.N. di Bordighera, prot. n° 2, al comandante Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] - Informava che il Comitato era entrato in contatto con il garibaldino Leo [Stefano Carabalona] inviato a Vallecrosia dagli americani...  che “Leo” aveva scritto direttamente a “Curto” una lettera, allegata alla comunicazione in oggetto, lettera in cui “Leo” riferiva al comandante della I^ Zona Operativa Liguria [...] di essere passato il 10 dicembre 1944 in Francia, [...] che, circa la presa di contatto di Kahnemann con il Comando inglese... Giorni fa è arrivato in Francia il fratello [Francesco] di Kanheman (il fratello maggiore è andato a Roma) ...  tuo Leo
da documento IsrecIm in Rocco Fava, di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

sabato 21 novembre 2020

Una soluzione per la vita in un'Africa immaginata

Fonte: Wikipedia

[...] Quando come componente della giuria del premio di Pieve Santo Stefano (la città dei diari) ho letto quello di Giacomo Agnese vi ho trovato tre motivi di grande interesse: uno attiene alla storia privata, due a quella pubblica. Il primo è una significativa storia familiare nell'Italia fascista degli "anni del consenso", quelli della più fortunata tra le "guerre del duce", come le definisce lo storico inglese Dennis Mack Smith. Si tratta della guerra d'Etiopia 1935/36 per la quale l'A. parte volontario nella divisione camicie nere "28 ottobre" con un rapporto familiare contrassegnato alla disapprovazione del padre vecchio socialista, e dall'amore della moglie, testimoniato da una costante corrispondenza. La partecipazione a un'impresa verso la quale lo spingono la retorica patriottica e anche un certo spirito d'avventura dà luogo, al di là della vicenda familiare, a un diario che permette di cogliere, attraverso Agnese, due aspetti importanti della campagna d'Etiopia: la sua impostazione complessiva e uno degli scontri più duri, la battaglia di Passo Uarieu. Si è detto che la campagna ha costituito la più fortunata delle "guerre del duce", anche per la sua accurata preparazione logistica. Nonostante questo, l'esperienza di Agnese corregge in parte questa immagine, sovente accettata anche dalla storiografia post-fascista. In realtà, se la preparazione fu effettivamente accurata (Mussolini temeva lo spettro di Adua, 1896), gli inconvenienti furono rilevanti: i conquistatori dell'impero venivano riforniti con difficoltà, spesso saltavano il rancio e pasteggiavano usando l'olio lubrificante,sottratto al suo scopo naturale [...]  Giorgio Galli

A leggere queste pagine di diario mi è tornata di colpo viva davanti agli occhi l'immagine di Giacomo Agnese, quando nei primi anni trenta ad Oneglia faceva l'istruttore, credo, degli avanguardisti marinaretti. Era fascista, e a me visto da lontano non piaceva anche perché era il tempo in cui io cercavo di sfuggire agli obblighi e alle pratiche del servizio premilitare di allora, ed un anno, nel 1933 mi pare, venni persino rinviato ad ottobre in ginnastica, proprio per richiamarmi all'ordine, tra la sorpresa e lo sdegno contenuto di parecchi insegnanti delle magistrali, che fascisti lo erano poco, o per nulla affatto. Poi il caso o la fatalità ha intrecciato in qualche misura le vicende della sua vita con il fatto che per me è stato e resta il più doloroso della mia esistenza. Agnese era capitano di lungo corso. Aveva studiato all'istituto nautico di Porto Maurizio. Anche mio fratello Lucio, più giovane di lui di due anni, aveva seguito gli stessi studi, ma non si era diplomato. Non posso dire se fra loro vi fosse un particolare legame, ma certo esisteva un rapporto di amicizia, e Ferruccio Bettoni, di cui Agnese parla con molto affetto nel diario, era anche molto vicino a mio fratello. E soprattutto io ritengo che fossero entrambi, in quella realtà angusta e penosa dell'Italia degli anni trenta, in una eguale condizione di frustrazione e di incertezza. Agnese aveva navigato per qualche anno, mio fratello, dopo il servizio militare in marina, aveva girovagato un poco in Francia, tra Nizza e Marsiglia. Né l'uno né l'altro, però, avevano voluto decidersi per una scelta pur possibile, quella di vivere sul mare, nella marina mercantile o in quella militare. Ora, tornati nell'orizzonte ristretto di Oneglia, l'assillo era non già quello del campare, anche se Agnese aveva già messo su famiglia con la Lina, ma quello più arduo dell'avvenire, delle prospettive per dei giovani senza alcun dubbio dotati di intelligenza, di una forte carica vitale ed anche di qualche ambizione. Nel 1934-'35 il capitano Agnese, suppergiù come mio fratello ed altri della loro generazione, è alla ricerca di un varco che lo conduca fuori della mediocrità, del soffocante tran tran provinciale. Lui ha già fatto da qualche tempo una scelta politica netta, quella del fascismo e in contraddizione e contrasto con le idee socialiste del padre, che non capisce e non approva. Io non ricordo che mio fratello, Lucio, anche lui di una famiglia di tradizione socialista e comunista, se si vuole divisa tra Amedeo Bordiga e G.M. Serrati, avesse compiuto in quegli anni un cambiamento di rotta, una qualche conversione delle idee e delle posizioni. Eppure egli scelse con Agnese e con altri amici di scuola e d'avventura di andare in Africa a far la guerra, come volontario, come camicia nera. L'interrogativo stupefatto e sconcertante che mi ha tormentato per anni è rimasto, nel suo caso senza risposta perchè mio fratello cadde il 21 gennaio del '36 nella battaglia di Passo Uarieu, come Agnese ricorda. Ma forse questo diario e le sue lettere dalla lunga prigionia in India, tra il 1941 e il '46, una qualche spiegazione possono darla per entrambi. La scelta che determinò l'avventura breve e tragica di mio fratello e l'odissea lunga e penosa di Agnese non fu tanto l'ubriacatura del fascismo, il mito della guerra di conquista, quanto piuttosto l' Africa, il miraggio di un grande, aperto orizzonte, di una soluzione per la vita in un'Africa immaginata, penso, un po' come il Far West! Quando Agnese tornò in Italia dopo un travaglio acutissimo, perchè egli era una persona seria e onesta e fu autentico e limpido in ogni momento della sua vita, io non ebbi difficotà a capire la sua evoluzione egli fui schiettamente amico, quando decise di militare nel partito comunista, senza alcun residuo di diffidenze e di ruggini antiche. E perché mai del resto? Pensavo sempre quando ci incontravamo e lo trovavo così pieno di fervore nella lettura e nel dibattito delle idee, così pronto all'impegno, anche umile, e nello stesso tempo battagliero, che mio fratello se fosse sopravvissuto avrebbe avuto con ogni probabilità un itinerario analogo. Ora che ho letto questo diario, il diario dico prima e più delle lettere, mi è divenuto anche più chiaro che il cambiamento di Agnese non ha nulla di sorprendente,  di improvviso, non appare come il contraccolpo del crollo rovinoso del fascismo e dell'impero.Ciò che mi ha colpito e che ritengo colpirà quanti vorranno leggere queste note è che in esse non c'è nulla di ciò che si poteva pensare di trovare nel diario di un legionario, di un ufficiale delle camicie nere. Qui in questa cronaca asciutta, tesa, non c'è nessuna mitologia della guerra imperiale; non c'è nulla della infatuazione bellicista del fascismo; non ci sono squilli di eroismo. La guerra è vista nella sua realtà effettuale e giudicata per ciò che è, una cosa dura, dolorosa, al di là di ogni logica, come sanno quanti hanno avuto la ventura di dover combattere. La guerra è una marcia estenuante sulle ambe abissine, la guerra è disagio [...] Il padre, che è tornato ad essere un punto di riferimento, egli non lo rivedrà perché muore prima del suo rimpatrio e c'è una nota dolente e chiarificatrice nella lettera del 4 aprile 1946: "... avevo enorme desiderio di rivedere mio padre e parlargli, volevo sdebitarmi moralmente e dargli quelle  soddisfazioni che meritava...". E' passato, dalla partenza per la guerra d'Africa, più di un decennio, terribile per la storia del mondo, dell'Italia, e di intere generazioni. Agnese è un altro uomo, ed altro da ogni punto di vista sembra la nuova stagione che si apre. Ora che siamo nuovamente di fronte ad un passaggio che molti ritengono epocale io penso che sia giusto ricordare, anche attraverso una testimonianza scarna ed essenziale come questo diario. La morale da trarre dalla vicenda del capitano Agnese, non è affatto quella che la storia degli uomini è solo un seguito di errori, di inganni e disinganni. Certo cambiare il mondo è estremamente difficile. Ma non bisogna mai acquietarsi: non bisogna rinunciare mai, anche ricominciando da capo.
Alessandro Natta

[...] 22 settembre XIII
Partiamo all'una, e dopo pochi chilometri lasciamo la rotabile per prendere un sentiero sulla sinistra. All'alba raggiungiamo un valico da dove ci appare un panorama meraviglioso: una breve piana, erbosa e fiorita, è incassata fra alte montagne di roccia, frastagliate e di forma strana. In mezzo alla pianura sopra unagobba del terreno, ecco un paese indigeno, quasi tutto in pietra e alberato, che si chiama Senafé e che una roccia a tre punte sovrasta. Vediamo donne esili e ben fatte, spesso belle. Sulla punta più alta della roccia, denominata della Morte, vediamo una croce che ricorda il sacrificio d'un gruppo di nostri militari, assediati e uccisi lassù nella guerra del 1895. Attraversiamo il paese alle otto e vediamo soldati nostri, stabilimenti militari, cantieri operai, comando di tappa. Ci accampiamo poco distante, in una pianura vasta dove si costruisce un campo d'aviazione. Sulle colline che delimitano la pianura, verso il confine, si scorgono dei folti.
24 settembre XIII
Tutta la divisione si riunisce in questa zona: le legioni 114a e 116a a tre chilometri da noi, verso il confine, e la 180a vicino a noi. In mattinata mi mandano a Senafé, a rintracciare un milite della nostra compagnia, da più giorni mancante. E' A., fratello d'un tenente degli arditi col quale solevo giocare a poker nel caffè Papetto di Porto Maurizio. Giunto in paese, mi metto subito in moto per cercarlo, e intanto approfitto per guardarmi attorno e fare compere; alla fine lo trovo, l'A., lo porto al comando di tappa, lo carico sopra un camion e a mezzogiorno raggiungo il nostro accampamento. Il maggiore lo riceve con una scarica di pugni sulla faccia e poi lo mette al palo. E' giornata di decade, invio a Lina un vaglia di 300 lire e ricevo una sua lettera. La sera, con il collega Battinelli e i militi Zuccheddu e Magaglio, gioco a poker e vinco 20 lire [...]

Il soggiorno di Giacomo in Italia - quello di cui parla nelle ultime righe del suo diario - finirà presto. Ritornerà in Etiopia. E Lina, nel gennaio del '38, incinta, raggiungerà il marito ad Addis Abeba, rimanendovi quattro anni. Sopraggiungerà la seconda guerra mondiale [...] Giacomo sarà catturato durante la battaglia di Cheren, in Eritrea, e farà un lungo viaggio sino a Yol, tra le montagne dell'India, dove resterà in prigionia per cinque anni
[...]
                                                                                                                                                                                                             9 maggio 1945
Carissima,
ho saputo che Oneglia è stata liberata e che tu, la bambina e tutta la famiglia state bene, ma sono ansioso di ricevere presto tue notizie. Dammi anche notizia degli avvenimenti, che noi qui ascoltiamo solo radio Londra, e leggiamo qualche giornale pubblicato in India. Per il 1944, ho ricevuto una tua lettera del maggio e una seconda del 26 settembre, dove mi parli ancora della procura. lo ho provveduto a mandartela appena ricevuta la tua richiesta; fu inviata in Italia tramite le autorità spagnole e se non l'hai ricevuta dimmi se debbo inviartene un'altra. Io da anni faccio la solita vita, ma quanto le mie idee siano cambiate lo avrai capito. Ho passato visita medica internazionale, ma senza risultato. Ho chiesto il rimpatrio perché ho sei persone inabili a carico. So che la liberazione vi porterà nuovi guai economici, ma non importa: porta con mio padre fiori sul monumento ai caduti di Castelvecchio (8) che ricostruiremo.
Tanti baci
Jacques
8) Il monumento portava la scritta "Guerra ai signori della guerra"

[...]

Giacomo Agnese, Dall'Africa all'India (Diario di guerra e lettere: 1935-1946), ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1992

Giacomo Agnese nasce nel 1905 a Pontedassio. Figlio unico d'un minatore e d'una magliaia, in famiglia è chiamato Jacques perchè da bambino è vissuto in Francia, dove i suoi erano emigrati. Ottiene il diploma di capitano all'Istituto Nautico di Porto Maurizio e lavora per tre anni nella Marina Mercantile. Nel 1932 sposa Maria Mezzobusto, detta familiarmente Lina. Nel 1935, disoccupato, fascista già da qualche tempo, decide di partire volontario per la guerra d'Africa, malgrado la disapprovazione del padre socialista. Sulla nave, lungo le marce, dopo gli scontri a fuoco, prende appunti su un diario. Scrive, all'inizio, "gloria al Duce", annota episodi di rilievo e dettagli, inneggia alla "potenza imperiale di domani". Fatto prigioniero, portato in India, scriverà parole molto diverse anni dopo, nelle lettere alla moglie [...]  


giovedì 19 novembre 2020

Cadenze (di Guido Seborga)


Secco e forte il ponente soffia

porta salute alla terra troppo umida.

Mi lascio prendere dal ponente

che s'è messo a soffiare.

Le palme s'inchinano piene di vento,

il vento attraversa il sole.

Nostro è questo paese stretto

dal mare e dalla pietra

percosso dal ponente.

Mi avvolgo di luce tersa

il cielo è ebbro d'azzurro. 

 

Guido Seborga

[P.S. Il poeta compose questi versi pensando alla "sua" Bordighera]

lunedì 16 novembre 2020

Bordighera (di Vera Noach-Kas)


Resterò qui,

dove danzano le cortine

nella dolce brezza,

il mar ligure

sferza il promontorio,

e l'amore è sempre

da qualche parte vicino.

Oh, si, resterò

qui.

 

Vera Noach-Kas in Tra pensiero e cielo. Poesie, philobiblon edizioni, Ventimiglia (IM), 2008

domenica 15 novembre 2020

Emigranti da Cervo a fine XIX secolo

Il golfo dianese visto da Cervo (IM)

emigranti du rìe cu’i cioi ‘nt’i euggi


finché u matin crescià da puéilu

rechéugge


F. De André
 

[...] 

Infine anche il redditizio commercio degli oli provenienti da Napoli e dalla Sicilia, -olii "d’une qualité inférieure, et propres seulement a faire savon" verso il porto di Marsiglia, al cui trasporto partecipavano ben 12 bastimenti cervesi da 150 tonnellate, era totalmente cessato, in ragione degli eventi bellici (26). Una crisi grave, in definitiva, che aveva colpito maggiormente proprio settori come quelli del commercio marittimo e cantieristico verso i quali si erano orientata la riconversione dell’armamento navale in conseguenza della cessazione della pesca del corallo.

Molto si è discusso sull’andamento e sulla durata della crisi economica sofferta dalla Liguria all’indomani dell’annessione con il Regno di Sardegna. Se si concorda sul fatto che il periodo di stagnazione durò almeno fino agli anni ’30, apogeo dell’indirizzo protezionistico della politica sabauda, non vi è uniformità di vedute fra chi ha sostenuto un deciso risveglio dell’economia ligure alla vigilia del decennio cavouriano (27) e fra chi invece ridimensiona questo "improvviso destarsi" di un’economia che di fatto "non ha mutato struttura in alcuno dei rami che le erano propri", vale a dire la marineria, il commercio di transito e l’industria (28). Un dato incontrovertibile sembra però essere quello di una non omogenea diffusione di questo discusso processo di ripresa che in ogni caso lasciava aree periferiche ad una realtà di arretratezza e miseria, cosicché la Liguria si avviava all’unificazione nazionale con "uno sviluppo industriale di grande portata" ma anche molto disarmonico, concentrato in pochi poli e troppo dipendente dalle decisioni politiche, che "non aveva saputo assorbire la crescita demografica e non aveva trascinato con sé, se non marginalmente, l’economia della regione" (29). I limiti di questo processo di modernizzazione economica, per così dire a due velocità, si evidenziarono maggiormente in un’area come quella dell’estremo Ponente che, in ragione anche di un eccessivo frazionamento nella divisione amministrativa del territorio, venne ancor più emarginata, accentuandone le caratteristiche di subalternità nel quadro dell’economia regionale.

Proprio la crisi del settore oleario, -la maggiore dipendenza economica del Ponente ligure- che dalla fine del dominio napoleonico, in conseguenza dell’abolizione delle barriere doganali francesi, aveva subito la pesante concorrenza degli olii del Sud Italia, della Grecia e della Tunisia, aggravò drammaticamente la situazione. L’economista genovese Jacopo Virilio, un convinto sostenitore dell’emigrazione, nel 1860 descriveva l’area in questi termini: "La miseria va oggidì maggiormente involgendo nel suo squallido sudario alcuni paesi della riviera di Ponente. Le condizioni in cui versa la costa da Alassio a Ventimiglia spinge alla fuga verso un più ospitante emisfero, mentre un’atonia sembra invadere il senso morale degli abitanti" (30). Per le popolazioni dell’estremo Ponente ligure, l’emigrazione rappresentò così non un’alternativa ma una scelta obbligata.

Le dinamiche migratorie si modificarono, ad antichi percorsi se ne aggiunsero di nuovi. Se il Sud-Est della Francia restava una meta naturale, già sperimentata per soggiorni a carattere temporaneo più che definitivo, ben presto la via delle Americhe costituì una nuova, allettante risorsa. A differenza di quanto avvenne nel resto del paese dove l’emigrazione transoceanica assunse dimensioni di massa negli anni compresi fra la fine dell’Ottocento e il primo ventennio del Novecento, in Liguria i flussi transoceanici si manifestarono precocemente e si stabilizzarono con una continuità che non subì nel corso del tempo variazioni di grande rilievo. Sono note le difficoltà incontrate dagli studiosi nella ricostruzione e, ancor più, nella quantificazione del fenomeno migratorio ligure nel suo complesso durante il diciannovesimo secolo. Se poi l’obiettivo è quello di individuare le diverse identità di partenza degli emigrati il compito si complica indefinitamente (31). La scarsa visibilità dell’immigrazione ligure verso una delle regioni privilegiate, il Dipartimento delle Alpi Marittime e città quali Marsiglia o Tolone, limita fortemente la possibilità di accertare le dinamiche migratorie in un’area pur fortemente interessata al fenomeno (32).

Se oggettivi impedimenti finiscono per limitare fortemente il tentativo di specificare sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi il fenomeno migratorio non solo nella sua globalità ma anche relativamente ad aree circoscritte, -deludenti risultano infatti le notizie in materia che si possono attingere dalle pubblicazioni ufficiali del Ministero degli Esteri o degli altri organismi preposti al controllo dell’emigrazione- esiste tuttavia una documentazione indiretta dalla quale, seppur in maniera parziale, si ricavano significativi elementi circa la mobilità della popolazione. Nel caso di Cervo una fonte di notevole interesse risulta il Libro dei defunti parrocchiale, nel quale venivano registrate le messe di funerale in suffragio per i morti altrove. In esso, a partire dall’anno 1677, vengono riportate numerose di queste solennità, che costituiscono in media il 5% del numero complessivo dei morti, con l’indicazione dei luoghi del decesso (33). 

[...]

Un diverso tipo di documentazione di grande interesse, spesso utilissimo per ricostruire gli itinerari migratori di aree dove scarse e labili sono le tracce del fenomeno, è quella rinvenibile negli ‘archivi familiari’: una quantità eterogenea di materiali, fotografie, lettere, etc., che gettano luce sulle vicende e sui destini di "gente comune", altrimenti irrimediabilmente perduti (34). In questo senso, l’archivio della famiglia Roggerone si è rivelato una fonte utilissima (35). Originari di Pairola, piccola frazione del comune di Cervo, Nicola Roggerone e Caterina Simone, entrambi contadini, ebbero nove figli, tre femmine e sei maschi, quattro dei quali nella seconda metà dell’Ottocento scelsero di emigrare (36).

Di Lorenzo Roggerone, il primo dei figli della coppia, nato nel 1839, con certezza si sa solamente che morì negli Stati Uniti, come è documentato da un atto legale. Stesso destino americano seguirono Giacomo Giovanni (n. 1853) e Domenico Santino (n. 1857). Se per quest’ultimo le notizie sono piuttosto scarse, dopo un breve soggiorno in Francia, Domenico Santino giunse anch’egli negli Stati Uniti e vi si stabilì definitivamente, l’esperienza migratoria di Giacomo Giovanni è decisamente più articolata. Dalla sua corrispondenza con il fratello Salvatore si apprende infatti che si era stabilito a Galveston nel Texas già dal 1883 (37). In un lettera, datata 26 aprile 1885, lo sconsigliava vivamente di raggiungerlo, "perché sono 2 anni che diventata assai miseria più che dalle nostre parti e questo paese si tratta che sia uno dei melio paesi dei stati uniti e pure vi è una miseria assai grande perchè non ci è lavoro e ora sono due anni che vacasi male". Anche una eventuale prospettiva Sud-americana, presa in considerazione da Salvatore non veniva incoraggiata: " Caro fratello sento che tu parli di bonesaire ma qui sono molto lontano vedremo questo inverno che viene cosa sarà dinovo se si guadagnerà melio la vita che adesso te la farò sapere e seno o pensato di andarmene ancora io che sono 2 anni che lavoro giusto per le spese". Giacomo Roggerone che a Galveston faceva "il mestiere della pesca", disponendo di una barca e di attrezzature proprie, deciderà di spostarsi a Port Lavaca, una località affacciata sul Golfo del Messico, distante una cinquantina di chilometri da Galveston, "colla speranza di guadagnare di più ma invece sono sempre lo stesso". Marsiglia sembra essere stata una sorta di stazione intermedia, di transito per molti che intrapresero successivamente il viaggio transoceanico: "Ti prego a mandarmi subito per posta con lettera assicurata le mie 5 cartelle del prestito Lionese" scrive Giacomo al fratello nel febbraio del 1887, chiedendo informazioni sui suoi depositi bancari fatti nella città francese, "che qui in Galveston vi è una banca francese e posso cambiarle senza perdita, se invece dovessi fare le carte di procura dovrei spendere più di 75 franchi". Le notizie di una grave calamità naturale che aveva colpito proprio il Ponente ligure, dove ancora molti familiari di Giacomo vivevano, non dovettero certo risollevare il suo stato d’animo in un momento di per sé già difficile: "Oggi si sono ricevuti telegrammi del terremoto in Italia principalmente nella riviera nostra, spero che non sarà accaduto niente di sinistro ai nostri parenti. Basta mi rincresce che i tuoi affari non siano troppo buoni, qui non è niente di meglio".

Più complessa la vicenda di Salvatore Roggerone (n. 1850) il quale, avendo seguito il consiglio del fratello, non lasciò l’Europa. Dal 1873 al 1881, come si apprende dal libretto di matricolazione rilasciatogli dalla Marina Mercantile Italiana, si imbarcò per brevi periodi, lavorando anche negli stessi anni come "ouvrier terrassier" in alcune fabbriche di ceramica a Marsiglia. Dopo questa esperienza farà ritorno a Cervo e riprenderà l’attività di agricoltore. Anche Adolfo (n. 1892), figlio di Salvatore, seguì il percorso migratorio del padre. Dopo aver lavorato per un breve periodo ad Albenga in una fabbrica di laterizi, nel 1914 si era trasferito a Marsiglia. Qui aveva trovato occupazione come cameriere presso il "Grand Restaurant". In una lettera dell’ottobre 1914 inviata ai genitori Adolfo si lamentava del lavoro che "è diminuito ancora si lavora ore 7 per giorno, fino che ne guadagno tanti per vivere resto e un giorno non ce n'è più allora verrò". Rientrato in Italia dal 1917 aveva trovato impiego come fonditore nella Società Nazionale Officine di Savigliano dove rimarrà fino al 1922. A Savigliano si era iscritto al Partito Socialista e alla Camera del lavoro (Federazione nazionale degli operai metallurgici). Negli anni Venti Adolfo si trasferì nuovamente in Francia, in compagnia della moglie, Nicolina Fresco, anch’essa originaria di Cervo Ligure. La coppia si stabilì a Haute Loges au Manoir, un piccolo villaggio vicino a Rouen, nel Dipartimento dell’Eure. Le lettere che i coniugi scrivono alla famiglia di Adolfo tra il 1923 e il 1925 sembrano testimoniare il raggiungimento di una relativa tranquillità economica. Nell’agosto del 1923 Nicolina Roggerone poteva infatti confidare alla cognata di essere contentissima dell’andamento delle cose: "Io faccio i lavori di casa e da mangiare e poi alla domenica tutti insieme si va a fare qualche passeggiata nei paesi e città più vicine, io dopo che sono qui ho veduto Parigi, Pont de l’Arches, Alizais, Pitres, ma il più bello è Parigi, per poco che ci siamo fermati non posso dirti cose vidi di bello, te ne darò una descrizione quando verrò a casa. Noi due ce la passiamo divinamente bene". Adolfo, occupato in una "officina", riusciva a trovare anche il tempo di dedicarsi ad un terreno preso in affitto: "Avendo ora il giardino abbiamo molto lavoro, siamo presso mettere le patate e in seguito altro ancora. Abbiate pazienza" scriveva Nicolina ai genitori del marito "se questa volta Adolfo non scrive per il motivo che alla sera finita la giornata nell’officina lavora fino a tarda ora nell’orto e quando viene a casa si trova stanco e non ha più voglia di fare lettera così vi scrivo io". Questa pur breve ricognizione attraverso tre generazioni della famiglia Roggerone ha illustrato con efficacia quali potessero essere le più frequenti dinamiche migratorie di una piccola comunità del Ponente ligure.

In definitiva, in età moderna, ad una incerta economia agricola, legata principalmente alla monocoltura olearia, si era associata un'attività, la pesca al corallo, che aveva costretto gran parte della popolazione di Cervo a migrare verso la Sardegna, la Corsica o le coste Africane. A partire dai primi decenni dell’Ottocento rinnovate necessità orientarono il flusso migratorio verso nuovi itinerari, imponendo spesso una mobilità permanente in luogo di una mobilità stagionale. Se Genova e i maggiori centri rivieraschi continuarono a rappresentare un polo di attrazione, sempre più spesso la vicina Francia e infine l’America diventarono le mete di una migrazione dove ancora pesca e agricoltura, vecchie consuetudini, continuavano ad alternarsi, combinandosi con le nuove realtà industriali, nello scenario imposto dalla modernità.

Pierangelo Castagneto, Crisi economica e movimenti migratori nel Ponente ligure dall’età napoleonica alla grande emigrazione. Il caso di Cervo Ligure in biblioteca dell'egoista, 2000

26) G. Chabrol de Volvic [...]

 27) C.M.Cipolla, Agli inizi della rivoluzione industriale nell’economia ligure, in Genova, uomini e fortune, Genova s.d.

28) L. Bulferetti-C.Costantini, op.cit., p.481.

29) G. Assereto, Dall’antico regime al’Unità, p.215. Sulla realtà genovese: E. Grendi, Genova nel Quarantotto. Saggio di storia locale, in "Nuova rivista storica", 1964, pp.307-350. Per quanto riguarda il quadro politico generale, vedi: G. Assereto, Problemi della transizione politico-amministrativa nella Liguria postnapoleonica, in Ombre e luci della Restaurazione, Roma 1997, pp.327-336.

30) J. Virilio, Delle condizioni economiche delle provincie liguri, in "Il Politecnico", 1860, p.134.

31) La questione riguardante i rilevamenti statistici sulle dimensioni del fenomeno migratorio resta, come è noto, assai controversa. Per alcune considerazioni generali sull’argomento, vedi: A. Gibelli, La risorsa America, p.597 nota 15.

32) In uno studio sull’immigrazione nel Sud-Est della Francia, Faidutti-Rudolph, ricordando che i liguri costituivano, tra il 1871 e il 1914, più del 12% degli immigrati italiani presenti della città, osserva solamente che "Les ligures qui formèrent autrefois l’essentiel de la colonie viennent de moins nombreux car leur grand port et leur cote se développent sur un rytme semblable à celui de la cote française. Mais leur souvenir reste vivace a Marseille et l’on appelle toujours ‘Génoises’ les ‘partisanes’ qui portent les légumes au marché" (A.M. Faidutti-Rudolph, L’immigration italienne dans le sud-est de la France, Gap 1964, p.99). Per una prima indagine sull’imperiese, vedi: A. Molinari, Storia e storie di emigrazione dal Ponente ligure. Alcuni percorsi di ricerca, in "Recherches Alpes-Maritimes et contrées limitrophes régionales", 3ème trimistre 1995, pp.140-148.

33) Archivio Vescovile di Albenga, Libro dei Defunti della Parrocchia di S.Giovanni Battista-Cervo Ligure.

34) Su questo tipo di fonti, vedi i contributi di: S. L. Baily – F. Ramella eds, One Family, Two Worlds. An Italian Family’s Correspondence across the Atlantic, 1901-1922, New Brunswick-London 1988; E. Franzina, L’immaginario dell’emigrante, Treviso 1992; Id., Merica! Merica! Emigrazione e colonizzazione nelle lettere dei contadini veneti, Milano 1979; A. Gibelli, "Fatemi unpo sapere"… Scrittura e fotografia nella corrispondenza degli emigranti Liguri, in La via delle Americhe, pp.87-94. Nell’Archivio Ligure di Scrittura Popolare, presso il Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea della Facoltà di Lettere dell’Università di Genova, sono conservati numerosi di questi epistolari di emigrazione e altri documenti provenienti da archivi familiari.

35) L’archivio della famiglia Roggerone è custodito presso il Museo Etnografico di Cervo Ligure. Desidero ringraziare i coniugi Savina e Giorgio Roggerone per la loro disponibilità e per le utili indicazioni che mi hanno fornito.

36) Archivio della Diocesi di Albenga, Atti di nascita e battesimi, Pairola.

37) Secondo i dati dei censimenti, nel 1870 risiedevano in Texas 186 italiani, nel 1880 il numero era salito a 539, mentre dieci anni dopo erano 2.107. Nel 1920 il loro numero arrivò a 8024. La maggior parte degli italiani stabilitisi in Texas in questi anni proveniva da regioni dell’Italia settentrionale, principalmente Piemonte, Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige, mentre solo una minoranza, circa il 10%, da regioni del Sud del paese, Sicilia e Calabria. Come ha ricordato Valentine J. Belfiglio, malgrado che "high taxation, corruption, lawlessness, and race riots" fossero fattori non certo incoraggianti, il Texas rappresentò una buona opportunità per molti emigranti europei in ragione del rapido sviluppo economico che investì la regione proprio sul finire del secolo. Di preferenza gli italiani scelsero la zona Sud-orientale dello stato, lungo la valle del fiume Brazos e più in generale le aree urbane intorno a Houston, Dallas, Forth Worth e Galveston. Fu quest’ultima "the Ellis Island of the West", ad attirare numerosi italiani "because of economic opportunities to be found there in processing and shipping cotton, sulfur, rice, and flour, and in shipbuilding, fishing, and port-related activities". Difficile quantificare la presenza ligure all’interno di questo movimento migratorio. Sull’argomento vedi: Valentine J. Belfiglio, Italian experience in Texas. A closer look, Eakin Press: Austin, Texas, 1995, pp.29-30; 36-53; Id., Italians in Small Town and Rural Texas, in Italian Immigrants in Rural and Small Town America, ed. by Rudolph J. Vecoli, New York 1987, pp.31-49; Andrew F. Rolle, Gli emigranti vittoriosi. L’avventurosa storia degli Italiani nel West, Milano 1972, pp.240-247.

mercoledì 11 novembre 2020

La mia Guerra dei Sei Giorni. Primo viaggio in Israele. Parte IV


[seguito di questo articolo]

Mentre noi percorrevamo le strade di Israele era sempre più frequente incrociare convogli armati e movimenti di truppe e sulla nostra testa sfrecciavano i Mirage con la stella di David.
Era una fine di maggio piena di fermenti e arrivati a San Giovanni d’Acri e Cesarea si sentiva nei bazar e anche nel bel Dan Carmel Hotel di Haifa, aria di guerra, quell’eccitazione che prelude a qualcosa di grave.
Comunque visitammo la città di Erode il Grande, con il suo ippodromo, l’anfiteatro e, nascoste dall’acqua del mare, le rovine del grande molo di Erode.
Cesarea e San Giovanni d’Acri furono anche le città fortificate dei Crociati e quest’ultima la ricordo meravigliosa con le sue fortificazioni sul mare,ora la città dei Cavalieri del Santo Sepolcro è patrimonio  Mondiale dell’Unesco.
Il ristorante panoramico del Dan Carmel Hotel diede il battesimo al mio primo approccio con il vino. Zio Eugenio [Eugenio Kahemann, già comandante partigiano] scelse un ottimo rosso del Carmelo per accompagnare quelle che ricordo come le migliori cotolette di montone che abbia mai mangiato; andai a dormire con un leggero capogiro provocatomi dall’ebbrezza del vino.
Con un po’ di apprensione ci dirigevamo verso Gerusalemme. Solo Nonna Remigia pareva incurante della tensione che cominciava a circondarci.
Andare nei luoghi che avevano visto le opere  di Cristo e poter calpestare il percorso del suo martirio era il sogno di tutta una vita che alla fine si realizzava.
Il nostro Hotel era il fantastico King David Hotel, quello dell’attentato del luglio del 1946 compiuto dal’Irgun contro gli Uffici Centrali delle Autorità Britanniche e del Comando Militare, che purtroppo causò 137 vittime.
Non conoscendone la storia in quell’epoca mi limitai ad apprezzare le camere e il suo meraviglioso giardino con una spettacolare piscina, la nonna era talmente eccitata che non mi impedì di tuffarmi per tutti i giorni che ci fermammo lì.
In seguito venni a conoscenza degli antefatti dell’attentato a cui parteciparono alcuni padri fondatori dello stato di Israele il 15 maggio 1948.
In ogni  negozio campeggiavano le immagini di David Ben Gurion e di Golda Meir, dei quali io allora non sapevo nulla.
Mentre io esploravo l’hotel, la nonna preparava l’itinerario della Via Crucis che ci avrebbe inflitto per almeno tre giorni per vedere tutte le sue stazioni della passione di Gesù.
Eugenio preparava altre visite per la ditta presso la Camera di Commercio.
Io avevo curiosità per il Muro del Pianto, per la Moschea di al-Aqsa, per la Porta dei Leoni e per la città vecchia dopo aver sfogliato tutte le brochure nella grande hall dell’hotel.
Il cielo azzurrissimo era sempre di più  trafitto dalle scie dei Mirage.

Gerusalemme.
Nella Città vecchia la via Dolorosa è indicata in ebraico, arabo e latino.
Le stazioni sono quattordici e la prima è dove Gesù Cristo viene portato davanti a Pilato e ai sommi sacerdoti ed è posizionata nell’angolo nord-ovest della Spianata del Tempio.
A testimoniare la presenza delle tre grandi religioni monoteistiche nella città Santa si trova per esattezza nel cortile della Scuola Coranica di El-Omarye.

La seconda è quella dove al Nazareno venne posta per la prima volta la croce sulle spalle.

La terza stazione era in leggera discesa e qui Remigia commossa mormorò “chi, mei belu Segnu, ti sei casüu [in dialetto di Sanremo (IM): "Qui, Signore, è dove sei caduto] e nel luogo dove Cristo cadde la prima volta si segnó con fervore.
Il segno della croce era un rito che mia nonna compieva  ripetutamente anche a casa, ma qui assumeva un’aria misteriosa come ai tempi dei protocristiani.

La quarta stazione, dove Gesù incrocia Maria, Remigia la aspettava, perché sapeva esattamente l’ordine della Via Dolorosa e come si susseguivano gli accadimenti, come quando si rivede un film conosciuto.

Passata la quinta stazione dove Simone Cireneo aiuta Gesù a portare la croce, alla sesta, la nonna, quasi ripetendo a memoria una scena già vissuta estrasse un fazzoletto bianco e imitando i gesti della Veronica immaginò di detergere la fronte del Nazareno.

All’incrocio che delimita il quartiere arabo da quello Cristiano, nei pressi del bazar, il Signore cadde la seconda volta e la nonna pareva rivedere la scena della settima stazione nella sua mente.

Passata l’ottava dove il signore consola le fedeli, si giunge dove Gesù intraprese la salita cade per la terza volta.
Ogni passo fino alla crocifissione Remigia lo ripercorre mormorando la trama della passione, con il volto contratto dalla commozione, fino alla cima del Golgota.

Sussulta quando giunto alla fine il Signore muore e viene deposto e infine composto nel Santo Sepolcro.

Questa successione di gesti e mormorii le replicammo per altri due giorni nella loro esatta successione e ogni volta Remigia provava le stesse emozioni.

L’affascinante città vecchia, l’orto di Getsemani, la porta di Damasco a ovest, quella dei Leoni ad est li visitammo insieme al Muro del Pianto e alla Spianata delle Moschee nei giorni successivi, ma ogni volta che si ripassava davanti a una delle stazioni la nonna ripeteva gli stessi gesti.

In questo viaggio che avrebbe dovuto soddisfare la mia metà cristiana si acuì invece il mio desiderio di scoprire le mie radici ebraiche, che mio padre [(1)] aveva nascosto sotto la cenere dopo i terrori della guerra.

Paolo Kahnemann

[ (1) Nella missiva (conservata presso l'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia) del C.L.N. di Bordighera, prot. n° 2, inviata in data 26 febbraio 1945 al comandante Curto (Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria), studiata di recente da Giorgio Caudano, documento che soprattutto trascrive informazioni rese dal comandante partigiano Stefano Leo Carabalona, in quel momento gravemente ferito ed in attesa di essere trasferito clandestinamente a Nizza anche per essere adeguatamente curato, si legge che Carabalona, in proposito del padre di Paolo Kahnemann, Francesco, dice ad un certo punto "... Giorni fa è arrivato in Francia il fratello di Kahnemann (il fratello maggiore è andato a Roma... ]

sabato 7 novembre 2020

La mia guerra dei sei giorni. Primo viaggio in Israele. Parte III

Il Mar Morto tra il 1890 e il 1900 - Fonte: Wikipedia

 [seguito di questo articolo]

Mar Morto.
Non vi ho parlato del clima che a fine maggio raggiungeva già i 33°.
Quando decidemmo di scendere verso la riva occidentale del Mar Morto la nonna indossava ostinatamente il cappotto nero proveniente da Praga e i gradi della depressione si avvicinavano ai 40°. Avevo letto della densità dell’acqua e della curiosa attitudine dei corpi a rimanere a galla.
L’occasione di immergermi comunque in acqua, poiché la nonna mi aveva già impedito di bagnarmi a Tel Aviv e nel Mare di Galilea, era irresistibile, però Remigia [la nonna Remigia Pesante] asseriva che in quel lago salatissimo ci fossero pesci pericolosi. Questa volta Eugenio [lo zio Eugenio Kahnemann] mi corse in soccorso dicendo "Mama, au mascimu u trüva e anciue suta sa" [Mamma, al massimo trova delle acciughe sotto sale!], ridendo di gusto e invitandomi a provare quell’esperienza.
Immergersi in quell’acqua pesante ed untuosa non è poi così rinfrescantema la sensazione di inaffondabilità è curiosa. E poi la doccia era fresca in quel caldo opprimente... La nonna, scettica, osservava da lontano sotto il suo cappotto nero con il collo di breitschwanz.
 

Bethlaem.
Ecco il giorno di gloria per Remigia, la visita alla Basilica  e alla Grotta della Natività credo sia stato un momento incomparabile per lei, che emozionantissima baciava ogni cosa con trasporto indescrivibile.
Per parte mia, poggiare le labbra sulla pietra levigata che migliaia di mani avevano toccato o baciato era leggermente repulsivo.
 

Il mercato di Hebron.
Visitammo il mercato della vivace città di Hebron e io mi aggiravo stupito tra le bancarelle di spezie, abiti mediorientali, djallaba, kippah, frutta coloratissima e profumata, ma la mia attenzione si rivolse verso il banco dove campeggiavano dei cosciotti neri che entusiasticamente indicai allo zio “Guarda, gli speck anche qui!”. Con un gesto secco della mano il macellaio scostò dalla sua merce appesa il nugolo fitto di mosche nere che l’avevano ricoperta...

Paolo Kahnemann

 

martedì 3 novembre 2020

Note sulla flora e vegetazione dei monti Toraggio e Pietravecchia

 

Il Monte Toraggio - Foto: Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM)

Il gruppo montuoso Toraggio Pietravecchia (m 1971 e 2038 s.m.), alla testata della val Nervia nel ponente della provincia di Imperia, possiede, soprattutto sotto il profilo fitogeografico, un insieme di pregi che non sembra azzardato definire eccezionali: ospita un numero di endemismi, esclusivi delle Alpi Liguri e Marittime ed a più ampia distribuzione, che appare molto elevato in confronto alla modestia della superficie complessiva; presenta inusuali risalite in quota di specie mediterranee e discese ad altezze modeste di entità orofile o di elevata latitudine; custodisce contiguità, e in certi casi coesistenze, di forme caratterizzate da areali ed ecologia del tutto dissimili; presenta una flora ricchissima per numero e varietà di specie.

Varie cause hanno contribuito a determinare queste peculiarità.
La posizione geografica del rilievo: si tratta di un'erta bastionata posta tra il mare e lo spartiacque principale della Alpi Liguri, al quale risulta raccordata da un lungo contrafforte che culmina sulla vetta più alta del settore (M. Marguareis, 2651 m s.m.). La distanza dalla costa è di una ventina di km.
Gli eventi climatici remoti: mancando qualunque traccia di esarazione glaciale, si deve dedurre che questo complesso montuoso, pur trovandosi a breve distanza dai territori invasi dai ghiacci quaternari, non è stato coinvolto nel fenomeno; ne consegue che esso, oltre a vedere totalmente risparmiata la flora autoctona, per la sua posizione intermedia tra il mare e le vette più elevate del settore, costituì un punto di transito obbligato sia per le specie micro-terme ed orofile, migrate verso sud durante le glaciazioni, sia per quelle mediterranee, in attiva espansione nel corso delle fasi interglaciali, nettamente più calde.
Le condizioni climatiche attuali, nel complesso intermedie tra quelle proprie di un clima submediterraneo e quelle tipiche invece dei climi d'altitudine, presentano variazioni ampie e repentine ma non durature. L'irregolarità delle precipitazioni piovose e nevose, la frequenza di nubi orografiche, l'entità delle escursioni termiche, notevoli per rilievi prossimi al mare ma non in assoluto, la brevità delle situazioni limite, sia in eccesso sia in difetto, possono contribuire a spiegare la persistenza di numerose specie in situazioni distanti da quelle ottimali, e quindi le contiguità e le coesistenze di forme assai differenti, cui si è accennato prima (per altre notizie sul clima della zona cfr. MARTINI, 1982: Prof. Enrico Martini, Istituto Botanico "Hanbury" dell'Università di  Genova).
La natura del substrato, costituito prevalentemente da litotipi ad elevato tenore di carbonato di calcio, è un importante motivo di selezione della componente vegetale. Sono presenti calcari più o meno marnosi del Senonia-mo (Cretaceo superiore) e calcari nummulitici del Luteziano (Eocene medio), cui si aggiungono, sul Pietravecchia, lembi di flysch oligocenico, in prevalenza arenaceo-marnoso (CALANDRI e CAMPREDON, 1982).
 

Importanti sono anche le conseguenze dei processi erosivi, determinati dalla tettonica tormentata della zona, ricca di litoclasi e faglie, ed accentuati dall'azione chimica dell'acqua e dell'anidride carbonica sul calcare, oltre che dalla pressione meccanica dei ghiacci invernali nelle fenditure: i rilievi vengono ripetutamente rimaneggiati da frane e crolli, e risultano ricchi di stazioni rupestri e ghiaioni, cioè di ambienti assai severi per la vita vegetale, idonei ad ospitare e proteggere specie frugali ma provviste di doti competitive modeste (il contingente endemico è rappresentato per la maggior parte da casmofite o glareofite esclusive o preferenziali).
La varietà e l'elevato numero delle specie presenti (in poco più di un km si sale dalla florida degli oliveti a cenosi con dominanza di forme vegetali tipiche dei pascoli alpini) sono da mettere in relazione anche con il notevole sviluppo altitudinale (da circa 300 a più di 2000 m s.m.), oltre che con la marcata acclività e la morfologia assai articolata dei versanti, incisi da frequenti rotture di pendìo e profondi canaloni: vengono garantite una notevole varietà di esposizioni ai raggi solari e in generale una grande ampiezza di situazioni microclimatiche distinte: tutti questi fattori hanno contribuito a generare ambienti contigui ma molto diversi, idonei ad ospitare, su modeste superfici, specie ad esigenze ecologiche assai differenti.

La componente endemica della flora
Le erborizzazioni compiute tra il 1978 e il 1983 hanno consentito di rilevare, su una superficie complessiva di circa 5 kmq, la presenza di 31 endemismi. Nell'elenco che segue essi sono stati riuniti in gruppi, in base ai rispettivi areali; per la definizione di questi ultimi si sono tenute presenti, in particolare, le opere di BURNAT (1892-1931), PIGNATTI (1982), FIORI (1923-1929), TUTIN et al. (1964-1980), gli studi di PAWLOWSKI (1970), BARBERO (1967, 1972a e b), OZENDA (1950) e le indagini d'erbario compiute dall'autore in FI, GÈ, TO, MARSSJ, GR, GRM, G, G-BU.
Per la nomenclatura, il rango e l'ordine sistematico, si è fatto riferimento a PIGNATTI (1982). Le sigle degli autori sono riportate solo in occasione della prima citazione di ogni specie.

Endemismi delle Alpi Liguri e Marittime
Moehringia lebrunii Merxm. - Frequente su entrambe le pareti della Gola dell'Incisa e sul versante SSO del Pietravecchia; presente anche sul Toraggio ma solo in prossimità dell'Incisa.
Fessure minime delle rupi calcaree, tra 1500 e 1700 m s.m. Esposizioni preferite: E, O. Per ulteriori notizie su questa specie, non contemplata in TUTIN et al. (1964), cfr. MERXMÙLLER (1965).
Silene campanula Pers. - Si ritiene di dover includere questa specie tra gli endemismi propri delle Alpi Liguri e Marittime in quanto alcuni rinvenimenti in località delle Alpi Cozie (cfr. essiccati in FI e TO) richiedono conferme (possibile confusione con Silene saxifraga L.). Segnalata da PIGNATTI (1982) solo in diverse stazioni delle Alpi piemontesi, Silene campanula è in realtà presente anche in Liguria, sui monti Toraggio e Pietravecchia, oltre che sul vicino M. Grai.
Frequente nelle fessure delle rupi ed occasionale su sfatticci rocciosi alla loro base, su calcare e su flysch, a quote superiori a 1400 m. Indifferente all'esposizione.
Saxifraga cochlearis Rchb. - Si ritiene di dover includere questa specie tra gli endemismi propri delle Alpi Liguri e Marittime, nonostante la presenza di una stazione disgiunta situata oltre il limite orientale del settore (Monte di   Portofino).
    Frequente nelle fessure minime di massi e rupi calcaree, a partire da 550 m di quota e fino ad oltre 1900 m. Esposizioni preferite: E, O, in subordine S.
    Euphorbia hyberna L. subsp. canuti (Pari.) Tutin - Rinvenuta solo sul versante NE del Toraggio, tra 800 e 1000 m s.m., nel sottobosco di un consorzio misto a dominanza di Ostrya carpini/olia Scop., su calcare.
    Viola valderia Ali. - Frequente su ghiaioni ad elementi minuti, sfatticci, bordi sassosi di strade e sentieri, occasionale nelle fessure delle rupi, tra 1300 e 1900 m s.m., su calcare e flysch. Indifferente all'esposizione.
    A giudizio dell'autore, la sua diffusione su calcare contrasta con la scelta come caratteristica dell'associazione a Thlaspi limosellaefolium e Viola nummulariifolia Barb. et Bono 1967, identificata in diversi ghiaioni silicei del settore.
    Micromeria marginata (Sm.) Chater - Frequente nelle fessure minime delle rupi, occasionale su suoli detritici ad elementi minuti, a quote superiori a 1400 m, su calcare e su flysch. Indifferente all'esposizione.
    Phyteuma cordatum Balbis - Frequente sul versante NE del Toraggio, fino all'Incisa, nelle fessure minime delle rupi calcaree, tra 1600 e 1950 m s.m. Esposizioni preferite: E, O.
    Leucanthemum discoideum (Ali.) Coste - Presente dal versante SSO del Pietravecchia alla Gola dell'Incisa, in varie scarpate pietrose o inerbite, su calcare, tra 1300 e 1650 m s.m. Esposizioni S, O.
    Rhaponticum scariosum Lam. subsp. bicknellii (Briq.) Pign. - Frequente sul versante SSE del Toraggio in praterie a cotica continua, tra 1600 e 1850 m, su calcare. Molto localizzato ma in lenta espansione sui pendii ONO della stessa montagna.

Endemismi liguri-provenzali
    Aquilegia bertolonii Schott - In Provenza e nelle Alpi Liguri si rinvengono esemplari che mostrano una precisa corrispondenza con A reuteri Boiss., considerata sinonimo di A. bertolonii Schott dagli autori delle flore più recenti.    Sull'Appennino settentrionale e sulle Apuane sono presenti forme lievemente dissimili, meritevoli di uno studio tassonomico ulteriore (Nardi, com. verb.).
    Presente sul Toraggio, versante NE, dove è frequente su accumuli detritici ad elementi minuti ed in aree inerbite; rara invece sui pendii NNO, in radure di lariceto. Quote tra 1500 e 1800 m, calcare, indifferente all'esposizione.
    Ptilotrichum halimifolium Boiss. - Frequente nelle fessure delle rupi calcaree, occasionale su sfatticci alla loro base, da 950 a 2000 m s.m. Indifferente all'esposizione, predilige tuttavia i luoghi soleggiati.
    Saxifraga Ungulata Bellardi subsp. Ungulata - Frequentissima nelle fessure delle rupi, a quote superiori agli 800 m, su calcare e su flysch; indifferente all'esposizione.
    Saxifraga Ungulata Bellardi subsp. lantoscana (Boiss. et Reuter) Arcang. - Diversi esemplari, rinvenuti in particolare sui pendii NNO del Toraggio e ONO del Pietravecchia, per il netto accorciamento delle foglie e la drastica riduzione nel numero dei fiori e nelle dimensioni della pannocchia, devono essere ascritti alla sottospecie lantoscana. Sull'effettivo valore sistematico di quest'ultima si manifestano tuttavia alcuni dubbi: si è constatato infatti che tali esemplari risultano accantonati in fessure minime delle rupi, caratterizzate da situazioni edafiche e microclimatiche severissime (assenza di terreno e di humus, alto tenore di carbonato di calcio, aridità, ventosità): un simile fenotipo potrebbe essere la conseguenza di condizioni di vita quasi esiziali. Forme analoghe, legate ad analoghi ambienti, sono state osservate nelle valli Roia e Argentina. Per un approfondimento del problema appaiono opportuni studi cito-tassonomici.
    Campanula medium L. - Presente ma di regola non frequente su pendii inerbiti ed in radure boschive, tra 1000 e 1650 m (versanti a solatìo, roccia madre calcarea).
    Campanula macrorrhiza Gay ex DC. - Frequente nelle fessure minime delle rupi calcaree, a partire da 550 metri di quota; indifferente all'esposizione.
    Lilium pomponium L. - Tipico di ambienti aridi, pietrosi e rupestri, è frequente lungo i bordi sassosi dei sentieri ed in praterie per lo più a cotica discontinua, tra 1400 e 1900 m s.m.; versanti a solatìo, calcare.

Endemismi delle Alpi sudoccidentali
Diffusi dalle Alpi Cozie (o dalla Savoia) alle Liguri, sui versanti italiano e francese, manifestano, rispetto alle specie del gruppo precedente, un'orofilia nel complesso più accentuata.
    Sempervivum calcareum Jordan - Frequente nei luoghi aridi pietrosi e rupestri, tra 700 e 2000 m s.m.; calcare, esposizioni a solatìo.
    Euphorbia valliniana Belli - Localizzata in una stazione rupestre ed in alcuni ghiaioni, su calcare, tra 1540 e 1900 m s.m. Esposizioni a solatìo. Per ulteriori notizie cfr. MARTINI (1982). 

   

Eryngium spinalba

Eryngium spinalba Vill. - Frequente in aree sassose ed in praterie aride, su calcare e su flysch, tra 1500 e 2000 m s.m. Esposizioni a solatìo.
    Primula marginata Curtis - Frequente nelle fessure delle rupi, occasionale su suoli pietrosi, per lo più nei luoghi aperti, di rado in seno a consorzi a Larix decidua Miller; calcare e flysch, tra 1400 e 2000 m, indifferente  all'esposizione.
    Gentiana ligustica Vilm. et Chop. - Rara nelle fessure delle rupi e su suoli detritici, frequente nelle praterie sassose a cotica discontinua e nel sottobosco di consorzi misti per lo più a dominanza di Ostrya carpini/olia. Calcare,    tra 600 e 2000 m, indifferente all'esposizione ma meno frequente a N.
    Asperula hexaphylla All. - Frequente nelle fessure delle rupi, su calcare e flysch, tra 1400 e 2000 m s.m.; indifferente all'esposizione.
    Teucrium lucidum L. - Frequente nei ghiaioni ad elementi minuti, su sfatticci e lungo i bordi sassosi dei sentieri, su calcare e flysch, tra 800 e 1900 m; esposizioni a solatìo.
    Scabiosa candicans Jordan - Frequente nei luoghi pietrosi e rupestri, tra 700 e 1800 m, su calcare; esposizioni a solatìo.
    Fritillaria involucrata All. - Presente ma non frequente in praterie a cotica discontinua su suoli pietrosi, rara in aree arbustate e nel sottobosco di consorzi misti a dominanza di Ostrya carpini/olia. Calcare, tra 800 e 1900 m,    esposizioni preferite: E, O, in subordine S.
    Allium narcissiflorum Vill. - Localizzato in un ghiaione calcareo sul versante NE del Pietravecchia, tra 1600 e 1700 m, dove cresce associato ad Euphorbia valliniana. Esposizione E.
    Helictotrichon sempervirens (Vill.) Pilger - Assai frequente nei luoghi aridi pietrosi e rupestri, colonizza in particolare i ghiaioni mobili ad elementi minuti, tra 1400 e 1900 m s.m.; calcare, esposizioni a solatìo.
    Carex tendae (Dietrich) Pawl. - Frequente nel sottobosco di lariceti ed in radure e scarpate erbose, rara su suoli pietrosi. Da 800 m s.m. alla vetta del M. Pietravecchia, su calcare e flysch; indifferente all'esposizione ma meno  diffusa sui versanti a solatìo.
    

Nigritella nigra

Nigritella nigra (L.) Rchb. f. subsp. corneliana Beauverd (sensu Soó in TUTIN et al., 1980) - Pochissimi esemplari sul versante N del M. Pietravecchia, in direzione di Cima della Valletta; prateria a cotica continua, flysch, 1950 m,   esposizione N.

Endemismi delle Alpi occidentali
    Oxytropis helvetica Scheele - Frequente su sfatticci ed in praterie a cotica discontinua, su calcare, tra 1500 e 2000 m; indifferente all'esposizione.
    Knautia mollis Jordan - Presente sul versante SSE del Toraggio in praterie a cotica continua, tra 1500 e 1800 m, su calcare.
A titolo di breve commento si può osservare che su 31 endemismi 9 risultano esclusivi delle Alpi Liguri e Marittime, 7 sono liguri-provenzali, 13 sono propri delle Alpi sud-occidentali, 2 di quelle occidentali. 22 entità vivono esclusivamente su calcare, 9 si rinvengono anche su flysch; 11 si accantonano nelle fessure delle rupi, 11 sono tipiche dei ghiaioni o dei suoli pietrosi, 3 possono vivere anche in stazioni a terreno abbondante, 6 prediligono quest'ultimo tipo di ambiente. Sul dirupato versante NE del M. Toraggio si sono rinvenuti ben 23 endemismi.

Contiguità e coesistenze di specie dissimili
Questi fenomeni sono la diretta conseguenza delle risalite in quota di forme a gravitazione mediterranea e della discesa di entità orofile o proprie di elevata latitudine, cui si è già accennato in precedenza.
Una notevole ascesa di entità termofile si riscontra sui pendii meridionali sia del Toraggio sia del Pietravecchia; mentre però quest'ultimo rilievo ospita nel complesso la risalita di singole specie, sul Toraggio, il cui versante meridionale è più regolare nella morfologia e nell'inclinazione dei pendii, si rinvengono, fino a quasi 1000 metri di quota, intere cenosi, ed in particolare lembi di gariga e di macchia mediterranea (danneggiate purtroppo dal passaggio del fuoco in tempi recenti).
Un primo limite per l'ascesa delle specie termofile si situa intorno all'isoipsa dei 950 m, che è sormontata da una fascia a terreno abbondante, un tempo impiegata per coltivare l'olivo ed oggi sede di un bosco misto a dominanza di Quercus pubescens Willd., Pinus sylvestris L., Ostrya carpinifolia.
A 950 m si arresta ad esempio, Coris monspeliensis L.
Un secondo limite è rappresentato dalla quota di 1200 m, che non viene valicata, tra l'altro, da Ononis minutissima L., Dorycnium pentaphyllum Scop. subsp. suffruticosum (Vili.) Rouy, Psoralea bituminosa L., Argyrolobium zanonii (Turra) P. W. Bali, Cistus salvifolius L., Fumana ericoides (Cav.) Gandog., Reichardia picroides (L.) Roth.
Poco oltre 1200 m si rinvengono ancora esemplari di Quercus ilex L. (Ch suff, P n), nelle grosse fenditure delle rupi come pure nel sottobosco dei già citati consorzi misti arborei, che più in quota occupano maggiori superfici.
Degna di nota è anche la presenza sul versante NE, fino ad altezze di 800-850 m s.m., di Brassica oleracea L. subsp. robertiana (Gay) Rouy et Fouc., localizzata alla base di rupi, su scarpate pietrose ed ai margini del bosco misto sottostante, a dominanza di Ostrya carpinifolia.
 

Thymus vulgaris

Thymus vulgaris L. ed Euphorbia spinosa L. salgono sul Toraggio fino a circa 1500 m s.m. Per queste specie, dotate di buona ampiezza ecologica, il fattore limitante è costituito, probabilmente, dalla persistenza a questi livelli di nubi orografiche, cui è imputabile una brusca caduta dei valori medi della temperatura. Il primato della risalita in quota spetta comunque a Thymus vulgaris, rinvenuto sul versante occidentale del M. Pietravecchia, poco sotto la bastionata rocciosa sommitale, tra 1900 e 1930 m s.m., su una cengia rocciosa esposta a SO. Questa specie, tipica del bacino mediterraneo occidentale, era già stata segnalata fino a 1750 m s.m., ad ovest di Tenda (MADER, 1905).
Le forme microterme dominano, ovviamente, nella porzione più elevata dei rilievi; non mancano tuttavia singoli esempi di discese a quote che appaiono relativamente modeste, quanto meno in considerazione della breve distanza dal mare e dell'assenza di rilievi intermedi, che ne riducano l'influenza. È il caso, ad esempio, di Saxifraga oppositifolia L. (=S. murithiana Tiss.), S. caesia L., S. aizoides L., Erinus alpinus L., Draba aizoides L., Pulsatilla alpina (L.) Delarbre subsp. alpina, osservate tra 1400 e 1500 metri d'altezza sui contrafforti meridionali del Pietravecchia o sul versante NE del Toraggio. Nelle valli della catena alpina si constatano a volte discese a quote anche molto inferiori, però in genere si tratta di fenomeni conseguenti a fluitazione dei semi lungo corsi d'acqua.
Le risalite di entità mediterranee e le discese di forme tipiche di latitudine e quote più elevate determinano eccezionali compressioni dei piani e degli orizzonti altitudinali ed inusuali inversioni: sui pendii sud-occidentali del Pietravecchia esemplari di Thymus vulgaris sovrastano di circa 500 metri i pulvini di Saxifrega oppositifolia (specie che in Groenlandia si spinge a 83° di latitudine N; cfr. HULTÉN, 1971).
A volte si giunge, come già accennato, ad un'effettiva coesistenza di piante assai dissimili in uno stesso microambiente. Indubbiamente sulla formazione di simili «connubi» influiscono anche eventi fortuiti; è un dato di fatto, tuttavia, che molti di questi fenomeni non appaiono effimeri; a giudizio dell'autore essi devono configurarsi come peculiarità sia fitogeografiche sia vegetazionali, di grande suggestione anche per la loro rarità in Italia.
A titolo d'esempio si citano le seguenti coesistenze:
    Globularia punctata Lapeyr., G. cordifolia L., G. repens Lam. (Toraggio, 600 m s.m., fenditura in placca rocciosa inclinata di 30° verso SE).
    Thymus vulgaris, Euphorbia spinosa, Anthyllis montana L. subsp. montana, Globularia repens (M. Toraggio, 850 m, nicchia di rupe con pietrisco, esposizione S).
    Quercus ilex (Ch suff) ed Arabis alpina L. (M. Toraggio, 950 m, sotto esemplari di Pinus sylvestris, su suolo pietroso-rupestre, esposizione SE).   Thymus vulgaris, Saxifraga oppositifolia, Lotus alpinus (DC.) Schleicher, Micromeria marginata (M. Pietravecchia, m 1550, fessura in una parete rocciosa, esposizione O).
 

Lilium pomponium

Contiguità e coesistenze di diversa natura sono invece legate alle frequenti nebulosità che si addensano lungo i versanti meridionali del massiccio. Ad esempio, sui pendii sassosi o inerbiti, sottostanti la vetta del Toraggio (versante SSE) vegetano insieme entità eliofile come Sempervivum calcareum, Scabiosa candicans, Helictotrichon sempervirens, Lilium pomponium, ed altre marcatamente sciafile come Mercurialis perennis L., Euphorbia dulcis L. subsp. purpurata (Thuill.) Rothm., Melittis melissophyllum L., Polygonatum odoratum (Miller) Druce.

Impostazione delle indagini fitosociologiche
Molti studiosi, soprattutto francesi, hanno svolto ricerche su singoli aspetti della vegetazione nelle Alpi Liguri e Marittime: si esamini l'estesa bibliografia riportata in Barbero, Bono, Ozenda, Mondino (1973) e inoltre i lavori di Bresset (1971), Lapraz (1970, 1973a, b, 1975, 1976, 1977), Lenoir, POortet, Silvestre (1971), Poiron et Barbero (1967), Sandoz et Barbero (1974).
In vari casi si tratta di indagini sintetiche relative a popolamenti individuati su territori molto estesi, a volte coincidenti con l'intero settore: l'insieme delle comunità vegetali presenti nella regione risulta quindi sufficientemente delineato nelle sue linee generali, tuttavia può essere opportuno che si realizzino indagini su singoli territori di estensione minore, allo scopo di sottoporre a vaglio critico le acquisizioni già ottenute, per confermarle o meglio puntualizzarle.
L'opportunità di approfondimenti specifici risulta dalla constatazione che la grande mole di dati fin qui raccolta ha già richiesto più di una precisazione: ad esempio la mancata separazione da Pinus mugo Turra di P. pumilio Haenke e P. uncinata Miller ha indotto alcuni autori a definire una sottoassociazione siliciculum di un Pinetum mughi ligusticum (cfr. anche Montacchini, 1968).
Per quanto riguarda le fitocenosi distinte nelle stazioni rupestri, è opportuna e corretta la decisione di Quèzel (1950) di definire una nuova alleanza, esclusiva del settore (Saxifragion lingulatae), distinta dal Potentillion caulescentis Br.-Bl. 1926 per la presenza di un nutrito contingente di endemismi; non sembra invece accettabile la tendenza, manifestata da più autori, ad individuare associazioni nuove sulla base dell'abbondanza (puramente locale) di singole specie, già indicate come caratteristiche d'alleanza e considerate poi caratteristiche d'associazione (cfr. anche Martini, in corso di stampa, e). Si aggiunga inoltre che nell'individuare tali specie non sempre si è tenuto conto dell'ampiezza ecologica delle singole entità, per cui in qualche caso si sono scelte forme indifferenti al substrato per caratterizzare associazioni accantonate nelle fessure delle rupi calcaree o silicee (es.: Silene campanula, Viola valderia).
Lo studio delle fitocenosi presenti sui monti Toraggio e Pietravecchia non può essere svolto su base strettamente locale, bensì va impostato tenendo presente sia il quadro complessivo delle comunità vegetali già individuate nelle Alpi Liguri e Marittime, sia l'insieme delle acquisizioni rinvenibili in letteratura per l'arco alpino e in generale per i rilievi che delimitano a nord il bacino mediterraneo.
Di fronte al pullulare di associazioni vegetali che andrebbero soggette, in realtà, ad un accurato lavori di revisione, si ritiene indispensabile, in questa fase della ricerca, preoccuparsi di ottenere sul terreno il maggior numero possibile di dati sperimentali obiettivi.

L'elaborazione di questi ultimi andrà rinviata ad un periodo successivo, quando la fisionomia dei vari popolamenti e il ruolo fitosociologico e l'ampiezza ecologica delle diverse entità saranno state individuate con sicurezza.
Stando alle notizie reperibili in letteratura, sulla base di singoli rilievi effettuati da vari autori nel territorio considerato (oltre che in altre zone), sul gruppo montuoso Toraggio-Pietravecchia sono stati riscontrati i seguenti popolamenti:
   Festuco-Koelerietum Mol. 1967 (ass. a Festuca glauca Lam. e Koeleria vallesiana (Honc-keny) Bertol.);
    Bracbypodio-Bupleuretum Barb. et Loisel 1971 (ass. a Brachypodium pinnatum (L.) Beauv. e Bupleurum falcatum L.   subsp. cernuum (Ten.) Arcang.);     

 

Ononis spinosa

  Ononido-Festucetum Barb. et Loisel 1971 (ass. ad Ononis spinosa L. ^Festuca duriuscula L.);
    Rhodoreto-Abietetum sud-occidentale Barb. et Bono 1970, facies a Festuca flavescens Bellardi;
    Vaccinio-Rhododendretum ferruginei Br.-Bl. 1927;
    Ass. ad Helictotrichon sempervirens e Centaurea triumfetti subass. a Campanula spicata Barb. 1968;
   Centaureo-Festucetum spadiceae Br.-Bl. 1926 subass. trifolietosum pannonid Barb. 1970;
    Phyteumo-Poetum Barb. 1970 (ass. a Phyteuma michelii Ali. e Poa violacea Bellardi);
    Nigritello-Nardetum Barb. 1970 (ass. a Nigritella nigra subsp. corneliana eNardus strida
    Saxifragetum lingulatae Quézel et Rioux 1949 subass. subalpinum Barb. 1969.

Si ritiene che siano opportune ricerche ulteriori: a titolo d'esempio si commenta lo stato delle acquisizioni sulle fitocenosi rupestri, in rapporto al territorio considerato.
Sulle pareti rocciose del gruppo Toraggio  Pietravecchia dovrebbe essere ampiamente diffuso un unico popolamento, il già ricordato Saxifragetum lingulatae subalpinum.
Quezel et Rioux (1949) indicarono come specie caratteristiche Saxifraga Ungulata, Potentilla caulescens var. petiolulosa Seringe e Moehringia papulosa Bertol. (in realtà M. lebrunii): si sono unite cioè due entità ad ampia valenza ecologica, in particolare capaci di tollerare forti insolazioni, ad una legata strettamente alle fessure minime di alcune rupi ombrose.
 

Asperula exaphylla 

Quèzel (1950) aggiunse altre caratteristiche: Micromeria marginata ed Asperula hexaphylla, casmofite tipiche, ed Aquilegia bertolonii, che sulle rupi deve essere considerata del tutto occasionale, prediligendo i suoli detritici.
Barbero (1969) considerò come differenziali della sottoassociazione subalpinum la già citata Asperula hexaphylla, Phyteuma charmelii Vili, e Bunium bulbocastanum L. var. nanum Cariot et St.-Lag., che non può essere considerato una casmofita tipica.
Sulle rupi elevate del massiccio Toraggio Pietravecchia potrebbe ipotizzarsi l'esistenza anche del Silenetum campanulae Quézel 1950; infatti l'autore, per caratterizzare l'associazione, scelse Silene campanula, Phyteuma cordatum e Bupleurum petraeum (ivi presenti) oltre ad Asplenium fissum Kit., Saxifraga diapensioides Bellardi, Silene quadrìdentata (Murray) Pers., Senecio persoonii De Not.
Barbero (1969) accettò come caratteristiche Silene campanula, Phyteuma cordatum, Bupleurum petraeum e Saxifraga diapensioides, aggiungendovi inoltre Helianthemum lunulatum (All.) DC. Come il Saxifragetum lingulatae, a giudizio di chi scrive anche il Silenetum campanulae appare mal definito: Asplenium fissum colonizza nelle Alpi Liguri ambienti molto particolari, come i lapiès delle zone carsiche, Bupleurum petraeum è una specie panalpica, a valenza ecologica relativamente ampia; Silene quadrìdentata predilige stazioni alquanto umide (es.: rupi stillicidiose); Senecio persoonii è un'entità silicicola, diffusa sia nelle fessure delle rupi sia su sfatticci e suoli detritici ad elementi minuti; la già ricordata Silene campanula, infine, considerata una specie calcicola da Ozenda (1950), Quèzel (1950), Chater et Walters in Tutin et al. (1964) e Barbero (1972 b), scelta appunto per denominare l'associazione, si rinviene anche su silice (gneiss granitoidi, «granito» della Valmasca), e questo non in un distretto remoto della catena alpina bensì in un territorio non lungi da quello considerato, le vicine Alpi Marittime francesi (silicee), sulle quali già Burnat (1892, 1902) l'aveva segnalata.
Secondo i dati acquisiti da chi ha individuato il Saxifragetum lingulatae subalpinum e il Silenetum campanulae, i due popolamenti occuperebbero fasce altitudinali distinte: la seconda associazione sovrasterebbe in quota la prima.
In realtà molte specie caratteristiche di entrambe, anche nel gruppo Toraggio Pietravecchia, concorrono a colonizzare le stesse pareti rocciose, in condizioni stazionali molto simili se non identiche: Saxifraga lingulata, Potentiila caulescens, Moehringia lebrunii, Micromeria marginata, Asperula hexaphylla, Silene campanula, Phyteuma cordatum, Bupleurum petraeum.
 
Alfredo Moreschi