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Imperia: uno scorcio del porto di Oneglia
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Nel periodo compreso tra il 1969 e il 1981, la polizia italiana fu attraversata da un movimento democratico che condusse il corpo a una riforma profonda. Smilitarizzazione e sindacato furono le parole d’ordine dei poliziotti che presero parte - nel corso di più di un decennio di lotte - alla battaglia per una nuova polizia. Partendo da una serie di riflessioni e di critiche all’organizzazione, alla gestione e al funzionamento della polizia italiana nel dopoguerra, i poliziotti democratici diedero vita ad un intenso dibattito che coinvolse, nel corso degli anni, i sindacati, i partiti e la società civile. Ciò avvenne anche grazie ad un parziale superamento della tradizionale divisione esistente tra la polizia e la società.
[...] All’inizio di questa ricerca ci siamo posti alcuni interrogativi. Chi erano gli uomini che animarono il dibattito all’interno della polizia? Che cosa chiedevano? In quale istituzione lavoravano? Quali erano le loro condizioni di lavoro? Come è possibile che sia nato, all'interno di un Corpo armato “separato” dalla società civile, un movimento democratico di tale portata? In che modo i partiti, i sindacati e i cittadini parteciparono alle battaglie dei poliziotti? Quale risposta ci fu da parte dell'Amministrazione? Come si giunse alla riforma del 1981?
[...] La tecnica di utilizzare grandi dispiegamenti di mezzi e uomini al fine di intimorire la cittadinanza, specialmente in quelle zone (abbiamo citato i casi di Genova e Bologna) dove essa era considerata “filocomunista”, sembrava insomma una prassi comune. Una parziale conferma dell’utilizzo di queste strategie intimidatorie viene anche dalla testimonianza del maresciallo di PS Armando Fontana <64, raccolta da Sandro Medici:
"Ci caricavano su automezzi dell’esercito e ci portavano in giro per la città. Non avevamo scopi precisi, si trattava semplicemente di farci notare, di comunicare alla popolazione che noi eravamo lì pronti ad intervenire. Era importante dare l’impressione dello stato d’assedio: la gente avrebbe dovuto capire che non poteva esserci spazio per forzature politiche. Il giorno stavamo ammassati in un grande locale […] e di notte andavamo in giro con questi camion, a impaurire i cittadini" <65.
I reparti mobili e celeri di polizia non servirono soltanto come mezzo intimidatorio nei confronti dell’opposizione socialcomunista ma furono utilizzati con estrema frequenza ed in maniera spesso molto dura.
Costituiti nel 1946 per volere del Ministro dell'Interno di allora, il socialista Romita, i reparti mobili e celeri (nel gergo comune la “Celere”) furono creati per disporre di una forza di grande impatto, ben armata, pronta all'impiego e soprattutto rapida negli spostamenti perché ampiamente motorizzata <66.
[...] Ancora più importante e più significativo, a livello politico e democratico, fu lo scambio di lettere pubbliche (e il successivo incontro) che si ebbe tra alcuni poliziotti del movimento e la madre di Roberto Franceschi <77, lo studente ucciso dalla polizia il 23 gennaio 1973, davanti all’università Bocconi di Milano. La lettera, scritta da Lydia Franceschi e pubblicata da «Nuova Polizia» nel dicembre del 1978, si inserì pienamente nel dibattito sulla deontologia del poliziotto e sulla necessità di “costruire” un nuovo tutore dell’ordine.
[...] Alla madre di Roberto Franceschi rispose il maresciallo Armando Fontana del comitato di Imperia. Di origini napoletane, proveniente da una famiglia molto povera, era entrato in polizia alla fine degli anni Quaranta per sfuggire alla disoccupazione ed aveva appreso all’interno del Corpo le pratiche violente adoperate dalla polizia nel corso dei primi trent’anni della Repubblica <79.
"Anch’io, cara Lidia, sono stato […] un accanito e convinto manganellatore. Anch’io, col passare degli anni ho preso coscienza, chiedendomi com’era possibile che un figlio del popolo, allevato nei bassifondi di Napoli, che aveva iniziato il lavoro nero all’età di otto anni (perché di famiglia numerosa col padre disoccupato), cresciuto nella miseria, dovesse manganellare proletari come lui. Mi sono dovuto documentare per conoscere certe verità. Ma mi creda, è molto difficile capire certe cose quando si parte da uno stato di semianalfabeta, con la licenza elementare, raggiunta faticosamente alle scuole serali perché di giorno si doveva lavorare. Una altissima percentuale dei lavoratori della polizia sono come me. La mia presa di coscienza è stata lenta, non solo per deficienze di cultura ma principalmente a causa dell’ambiente che mi soffocava nella sua morsa. […] La mia presa di coscienza l’ho fatta sulla mia pelle. Quante volte, dopo aver caricato un corteo di studenti o lavoratori, che non avevano fatto niente contro la legge, alla sera a letto, non riuscivo a prendere sonno. Davanti agli occhi chiusi dalla stanchezza per le lunghe ore di servizio, mi sfilavano i volti degli operai o studenti terrorizzati che somigliavano a quelli di mio padre, di mio zio e degli amici del mio quartiere" <80.
Le parole di Armando Fontana mettevano in luce le contraddizioni profonde e le difficoltà che i poliziotti (fuori e dentro il movimento) portavano sotto l’uniforme. «Dentro la divisa c’è un uomo», recitava un manifesto curato dal Pci dedicato agli agenti vittime del terrorismo; un "io in divisa", scrisse il fotografo Aldo Bonasia, intitolando così un lavoro molto crudo ed efficace dedicato alla figura del poliziotto impegnato nei servizi di ordine pubblico <81.
[...] All’inizio degli anni Settanta, intorno a Franco Fedeli e alla redazione di «Ordine Pubblico», si formò un nucleo di carbonari (sette fra sottufficiali e guardie) che pur non essendo “fondatore” del movimento, poiché vi erano contemporaneamente poliziotti attivi in varie località della Penisola, contribuì ad «indicare il come e il perché, la tattica e la strategia dell’impresa-scommessa».
Il direttore di «Ordine Pubblico» seppe intercettare il disagio che montava all’interno dell’istituzione divenendo personalmente un vero e proprio punto di riferimento per i primi carbonari del movimento <97.
[...] «Ordine Pubblico» era una rivista già in parte conosciuta negli ambienti di PS. Fondata nel 1952 da un ex funzionario di PS, inizialmente era apparsa come foglio “di classe” tenendo una linea editoriale - da guerra fredda - notevolmente conservatrice e corporativa. Alla morte del suo proprietario, fondatore e direttore (Carmelo Camilleri), avvenuta nel 1962, era succeduto alla direzione della rivista il figlio, Andrea Camilleri. Grazie a questo avvicendamento generazionale, i toni, il formato ed i contenuti del periodico si erano gradualmente trasformati nel corso di tutti gli anni Sessanta. In tal modo, all’inizio degli anni Settanta, la rivista era un mensile completamente diverso da quello fondato quasi venti anni prima. Con più di cinquanta pagine corredate di immagini, servizi giornalistici di qualità e spesso interviste e firme di una certa importanza, «Ordine Pubblico» aveva guadagnato spessore e qualità e si era (almeno in parte) sganciata dall’orbita politico-ideologica strettamente “governativa” <99. Parte del nuovo corso e della più moderna linea della rivista si dovette all’opera del suo vicedirettore (e direttore dal 1973): Franco Fedeli.
[...] Il giornale diretto da Fedeli, negli anni compresi tra il 1969 ed il 1976, svolse contemporaneamente il ruolo di organo ufficioso, piattaforma segreta e centro di coordinamento. Inoltre, attraverso le sue rubriche, la rivista ebbe un ruolo notevole nell’alfabetizzazione politica e democratica dei poliziotti.
«Ordine Pubblico», scrisse Sandro Medici riprendendo le parole del maresciallo Armando Fontana (fondatore del nucleo di Imperia), assunse un’importanza vitale: "Le nostre idee, i nostri pensieri dovevano rimanere clandestini, e purtroppo anche i nostri interlocutori, i nostri colleghi. Per questo la rivista assumeva un valore ben al di sopra dei suoi semplici contenuti: era la mediazione formale che ci permetteva di comunicare il nostro punto di vista al resto dei poliziotti. E questi ultimi in stretta progressione, si abituavano all’idea che poteva esistere un altro modo di pensare la polizia" <103.
Grazie agli articoli e ai temi proposti dai poliziotti del Movimento, regolarmente sviscerati da Fedeli (insieme con altri collaboratori della redazione), «Ordine Pubblico» divenne un vero e proprio cahier de doléances <104. Il malcontento esistente nel Corpo trovò in tal modo uno sfogo propositivo <105 e contemporaneamente la rivista servì a creare in coloro che la leggevano una sorta di “nuova coscienza”.
[...] Appare più plausibile, tuttavia, che l’attività degli agenti legati al movimento sia stata largamente sottovalutata (o qualche volta coperta) da alti ufficiali e funzionari. Probabilmente ciò avvenne anche a causa delle molte complicità che i carbonari del movimento per la smilitarizzazione avevano all’interno della stessa istituzione e in particolar modo negli uffici politici delle questure <116.
Nelle città dove vi erano dei nuclei attivi, tra il 1972 e il 1974, i carbonari usavano riunirsi periodicamente nei luoghi più disparati come «stazioni, chiese, ospedali, bar, mercati generali, abitazioni [e] persino cimiteri» <117.
Il nucleo romano trovava frequentemente ospitalità nella sede di «Ordine Pubblico» e si riuniva spesso presso abitazioni private: «Noi ci riunivamo all’inizio da Fedeli, a Via Napoli, la sede di «Ordine Pubblico». Poi nelle case private, a casa mia facevamo diverse riunioni, anche con Sergio Flamigni. […] Fino al dicembre ’74 le riunioni erano nelle case private» <118.
A Imperia il maresciallo Armando Fontana creò intorno alla sua persona un nucleo numeroso, intransigente e particolarmente attivo <119. Orlando Botti, dello stesso nucleo, ma molto più giovane del maresciallo, ricorda in che modo fu cooptato e dove usavano riunirsi i carbonari: 'Allora venni avvicinato dal Maresciallo Fontana, giù a Oneglia, e mi disse: “Orlando tu cosa ne pensi?” e gli dissi: “belìn, che penso, bisogna darsi da fare!”. In poche parole partì questa situazione [… Ci riunivamo] per non farci vedere, anche su il molo, sul molo lungo, dove da buoni poliziotti [dicevamo] se mi devi venire a spiare, ti vedo […]. Iniziò un percorso in tutte le questure, con “radio fante”, come si dice no, […] di una serpentina di conoscenze […] anche grazie [al coordinamento di] Franco Fedeli, che è lui il creatore del sindacato di polizia, è lui il promulgatore degli inizi […] al suo giornale «Ordine Pubblico» scrivevano i poliziotti' <120.
Lo stesso Fontana aveva raccontato a Sandro Medici come fosse abitudine dei carbonari di Imperia riunirsi generalmente di sera, sul molo lungo, lontani da sguardi indiscreti: «Una sera di primavera del 1974 eravamo riuniti sulla punta del molo a fare il punto sugli abbonamenti a «Ordine Pubblico». Con me c’erano il muto, testa di ferro, il feddayn, il rospo, il piccoletto, il ragioniere, il toscano, il partigiano e il falchetto» <121. Coscienti del rischio che correvano talvolta i carbonari utilizzavano pseudonimi, specialmente nell’atto di coordinare telefonicamente o per passaparola le riunioni e gli incontri: «noi sapevamo benissimo che [riunirsi] era un rischio e quindi cercavamo di essere molto attenti. Quando c’erano queste riunioni, per esempio, […] pur rimanendo nel mondo degli animali, Tortorella si chiamava Colombella, per confondere» <122.
[...] Oltre che tramite la redazione di «Ordine Pubblico» i contatti con nuovi aspiranti carbonari avvenivano grazie anche ai trasferimenti a cui erano sottoposti gli uomini, oppure nel corso dei diversi momenti di formazione: corsi da sottufficiali o corsi di specializzazione <124. Diversi agenti della polizia ferroviaria (che compivano lunghi e frequenti viaggi attraverso la Penisola) si occupavano invece dei collegamenti e funsero da “portaordini” mantenendo i contatti tra i vari nuclei in tutta Italia <125.
Contemporaneamente alla prima fase organizzativa i carbonari entrarono gradualmente in contatto, sempre grazie a Fedeli, con alcuni sindacalisti ed esponenti di partiti politici. Sin dall’inizio il movimento si mosse con lungimiranza e con cautela rivolgendosi a tutte le forze politiche dell’arco costituzionale e non soltanto a quelle maggiormente interessate alla causa dei poliziotti (PCI, PSI, Radicali) <126.
I primi approcci con il mondo politico e sindacale furono piuttosto ruvidi. Le diffidenze tra i due mondi erano forti e reciproche.
[...] Qualche anno prima, nel 1975, in un articolo comparso sulle pagine della rivista «Tempo», il maresciallo Armando Fontana (fondatore del nucleo clandestino di Imperia) aveva denunciato il costante utilizzo inappropriato di uomini da parte di prefetti, alti funzionari e ufficiali: "[Prefetti, ufficiali e questori] continuano ad usare uomini, automobili e benzina di proprietà dello Stato per portare le proprie mogli a passeggio e i figli a scuola. […] [N]on si tratta di casi isolati. Bisogna sottolineare che tutti i prefetti e i questori d’Italia si comportano alla stessa maniera. Allora i conti diventano molto più cospicui di quanti agenti, quante auto e quanta benzina vengono sprecati abusivamente da questi burocrati che già tanto costano allo Stato? Noi che siamo uomini di legge diciamo che questi sono reati veri che vengono dalla prepotenza mafiosa del potere democristiano" <192.
[...] L’importanza dell’ora di sciopero nazionale per la riforma della polizia del dicembre 1977 è ricordata anche da molti poliziotti del movimento. Orlando Botti intervenne, insieme al maresciallo Fontana, in un’assemblea di portuali, disoccupati e netturbini <211.
[...] Ma di fatto, come raccontò il maresciallo Armando Fontana ai giovani della DC, la preparazione impartita ai poliziotti era esattamente l’opposto di quanto auspicato nell’intervento del commissario Di Francesco: «nel modo in cui siamo […] preparati adesso, possiamo ottenere qualche successo nei confronti dei ladri di galline e di conigli. Basta dirvi che quasi nessuno di noi sa distinguere una bustina contenente bicarbonato da una contenente eroina oppure cocaina, stessa cosa dicasi tra un pezzo di mattone e uno di tritolo» <236.
[...] Sul piano dei diritti, sempre facendo una sorta di comparazione internazionale il maresciallo Armando Fontana ricordò come l’Italia fosse rimasta uno dei pochi paesi senza una polizia civile e senza un sindacato di Polizia: «siamo rimasti (unitamente alla Spagna, in cattiva compagnia) le uniche polizie d’Europa, ancora militarizzate e senza diritto alla sindacalizzazione» <238.
[...] L’atteggiamento ostile e controproducente tenuto dal ministro Gui era stato ricordato anche in un incontro pubblico agli inizi di febbraio del 1976 dal maresciallo Armando Fontana del comitato di coordinamento di Imperia:
'Perché il ministro Gui, continuando a restare fuori dalla storia, si ostina a combatterci con trasferimenti, punizioni ed altre ingiustizie allo scopo di svuotare il nostro movimento? Come mai lasciano l’iniziativa di questa lotta ai soli partiti di sinistra? Noi abbiamo fatto presente in diverse occasioni che non vogliamo raggiungere la nostra meta con il solo appoggio della sinistra ma bensì con tutti i partiti dell’arco costituzionale' <253.
Senza particolari riguardi nei confronti dell’uditorio - durante un convegno del movimento giovanile della DC di Imperia - lo stesso maresciallo ribadì che se la DC avesse continuato a mantenere un atteggiamento ostile al movimento, le conseguenze, in termini elettorali, sarebbero state molto pesanti: «nella prossima campagna elettorale per le politiche del 1977, saremo costretti a dire ai nostri 80 mila colleghi e alle loro famiglie: “non votate per la DC”» <254.
L’atteggiamento della DC nei confronti di una possibile riforma della polizia registrò una svolta notevole dopo l’arrivo di Francesco Cossiga al Viminale a partire dal 12 febbraio 1976. Dopo alcuni mesi di studio <255, Cossiga promise, nella sorpresa generale, che il Governo avrebbe presentato un progetto di riforma organico entro il 15 febbraio 1977. Con una circolare dell’8 ottobre del 1976 concesse finalmente ai poliziotti il diritto di riunirsi per discutere dei loro problemi, anche se con una serie di limitazioni
[...] L’arrivo di Cossiga al Ministero, pur rappresentando una novità particolarmente importante per il movimento, non pose fine agli episodi di repressione e, per varie ragioni, non condusse alla tanto auspicata riforma. Sin dall’estate del 1974, quando al Ministero c’era Paolo Emilio Taviani, continui atti di repressione (talvolta completamente arbitrari e privi di qualsiasi appiglio normativo) e d’intimidazione colpirono diversi appartenenti del movimento.
[...] Anche i servizi segreti, il SID <271 ad esempio, sorvegliarono con attenzione l’evolversi del movimento <272.
Su alcuni poliziotti la sorveglianza fu particolarmente elevata. Il maresciallo Armando Fontana, fondatore del comitato di coordinamento di Imperia, fu controllato con particolare zelo dal prefetto della stessa città:
"Sin dal 1975 sia nella sede di Imperia che in altre sedi [il maresciallo Armando Fontana] è stato l’animatore ed il promotore di iniziative per la smilitarizzazione e la sindacalizzazione del corpo: è intervenuto in pubblici dibattiti e convegni durante i quali ha preso la parola muovendo critiche malevole e demagogiche all’organizzazione ed al funzionamento dell’Amministrazione, al Ministro dell’Interno e alla Democrazia Cristiana contro la quale ha rivolto minacce di effettuare propaganda a sfavore in quanto i suoi esponenti persistevano nell’ignorare il problema del riordinamento della Polizia" <273.
La vicinanza del maresciallo ai partiti di sinistra (talvolta anche a quelli dell’estrema) era fonte di attenzione continua da parte ministeriale. Dopo una lunga lettera scritta dallo stesso maresciallo a «L’Espresso» <274 e alcune dichiarazioni di apertura rilasciate ai partiti dell’estrema sinistra il prefetto di Imperia scrisse: «Ha rilasciato a nome dello pseudo comitato provinciale di coordinamento di Imperia di cui è il factotum una intervista pubblicata su di un bollettino di informazione del partito di unità proletaria per il comunismo asserendo di ritenere indispensabile e qualificante l’appoggio del PdUP alla causa della sindacalizzazione» <275. Una viva inquietudine era stata suscitata dalla partecipazione del maresciallo (e di altri poliziotti) ai cortei svolti ad Imperia in occasione del primo maggio <276.
[NOTE]
64 Il maresciallo Fontana fu il fondatore del comitato clandestino per la smilitarizzazione ed il sindacato della PS a Imperia. Intervista a Orlando Botti (ex sottufficiale di PS), Imperia, 4 aprile 2014. Si veda inoltre: Paolo Pozzesi (a cura di), Eroi senza medaglia. Uomini, idee, lotte, speranze, delusioni e vittorie della grande battaglia per la riforma della polizia, Roma, Editoriale Nuova Polizia, 1984, passim.
65 Sandro Medici, Vite di poliziotti, Torino, Einaudi, 1979, p. 20.
66 Tosatti, Storia del Ministero dell’Interno cit., p. 268.
77 Sulla Vicenda di Roberto Franceschi abbiamo tenuto presente Pierluigi Zavaroni, Caduti e memoria nella lotta politica. Le morti violente nella stagione dei movimenti, Milano, Franco Angeli, 2010, pp. 57-60. Cfr. anche Daniele Biacchessi, Roberto Franceschi. Processo di Polizia, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2004, passim.
79 Armando Fontana è uno dei due protagonisti del racconto pubblicato nel 1979 da Sandro Medici: Vite di poliziotti, Torino, Einaudi, 1979.
80 Armando Fontana, «Anche mio figlio si chiama Roberto», in «Nuova Polizia e Riforma dello Stato», a. II (1978), n. 12, pp. 20-21.
81 Il manifesto del Pci dedicato agli agenti uccisi dal terrorismo è citato in Sandro Medici, In morte di un agente, in «Nuova Polizia e Riforma dello Stato», a. IV (1980), n. 1, p. 41. L’ottimo volume fotografico di Aldo Bonasia (L'io in divisa. immagini per un'analisi sociale, Milano, Imago ’78, 1978), per quanto molto critico nei confronti dell’Istituzione, fu recensito molto positivamente anche nelle pagine della rivista diretta da Franco Fedeli. Nel volume di Bonasia, si scrisse nella recensione, «v’è tutta la realtà del poliziotto, con le diverse sfumature che accompagnano la dura vita del tutore dell’ordine: la paura, la violenza, lo smarrimento, il sorriso, la noia, la solitudine, l’angoscia. Dinanzi alle foto di Bonasia, dopo la prima lettura veristica, ci appaiono, tuttavia, nuove e profonde immagini: ci appare come in un’epifania l’uomo sotto la divisa, il malessere esistenziale riflesso sul metallo delle armi, la contraddittoria umanità dietro il ghigno terribile di colui che si appresta a sparare, l’inquietudine e il dubbio accanto al gelo degli occhi che spiano la folla dei manifestanti» (L’io in divisa, in «Nuova Polizia e Riforma dello Stato», a. II (1978), n. 5, p. 46).
97 Stando al racconto di Vincenzo Tortorella, ex sottufficiale della polizia stradale e carbonaro della prima ora, «l’origine di tutto è stato Franco Fedeli». Intervista a Vincenzo Tortorella, Civitavecchia (RM), 27 febbraio 2014.
99 Non esiste, ad oggi, una storia né un breve racconto organico della vicenda di «Ordine Pubblico». Per molti dati ci siamo rifatti allo spoglio della rivista. Il fascicolo personale (di poliziotto) del fondatore Carmelo Camilleri (consultabile in ACS, MI DGPS, Divisone del personale di Ps, fasc. personale fuori servizio, vers. 1963, b. 38, fasc. 1196-3) fornisce alcune informazioni sommarie. Altre informazioni sono riportate in Lehner, Dalla parte dei poliziotti cit., passim.
103 Medici, Vite di poliziotti cit., p. 60.
104 Lehner, Dalla parte dei poliziotti cit., p. 143.
105 Intervista ad Ennio di Francesco, Roma, 25 febbraio 2014.
116 Sulla diffusione segreta del movimento Lehner commenta: «L’adozione di tutte queste precauzioni, di questi accorgimenti da cospiratori, valse a salvaguardare perfettamente l’organizzazione settaria, tanto che gli uffici politici delle questure, dove v’erano degli infiltrati del Movimento in funzione di guastatori, non riuscirono a venire a capo di niente, almeno fino al giorno in cui il Movimento, forte e ormai invulnerabile, decise di uscire allo scoperto». Lehner, Dalla parte dei poliziotti cit., p. 150.
117 Pozzesi (a cura di), Eroi senza medaglia cit., p. 10.
118 Intervista ad Antonio Sannino, Guidonia Montecelio (RM), 24 febbraio 2014.
119 La vicenda del maresciallo Armando Fontana è stata raccontata in: Medici, Vite di poliziotti cit., passim.
120 Intervista ad Orlando Botti, Imperia 4 aprile 2014.
121 Medici, Vite di poliziotti cit., pp. 57-58.
122 Intervista a Vincenzo Tortorella, Civitavecchia (RM), 27 febbraio 2014.
124 Botti ricorda come le conoscenze fatte nei momenti di formazione risultarono poi fondamentali per allargare i ranghi del movimento: «[molti collegamenti] si potevano effettuare tramite una conoscenza personale durante i vari corsi, sia da brigadiere, che da maresciallo che da agente». Intervista ad Orlando Botti, Imperia 4 aprile 2014.
125 Enzo Giordani ricorda il lavoro svolto dagli agenti polfer per garantire i collegamenti tra il centro e le periferie: «I poliziotti tenevano ormai incontri “carbonari” in tutta Italia e noi da Roma reggevamo le fila del Movimento grazie ad alcuni colleghi della Polizia ferroviaria […], i quali attraversando tutta la penisola, consegnavano plichi che contenevano gli aggiornamenti sul lavoro fatto». Giordani, Come nacque la Polizia di Stato cit., pp. 39-40.
126 Ennio Di Francesco sottolinea come l’approccio verso la politica fu molto aperto. L’obiettivo era quello di giungere ad una piattaforma condivisa con le varie forze politiche: «cominciammo a fare un’azione che io reputo lungimirante […] noi volevamo parlare con tutti quelli che appartenevano all’arco costituzionale». In questo modo «creammo, gettammo il pallino della dialettica all’interno dei vari partiti» (intervista ad Ennio di Francesco, Roma, 25 febbraio 2014).
192 Armando Fontana, Mi è passata la voglia di fare il poliziotto, «Tempo», n. 33, 17 agosto 1976.
211 Orlando Botti ricorda: «[Fu molto] importante quell’ora di sciopero per la riforma della polizia e io mi ricordo che andai a parlare a degli spazzini» (intervista ad Orlando Botti, Imperia 4 aprile 2014).
236 Intervento del Maresciallo Fontana ad un convegno del movimento giovanile della DC di Imperia (febbraio 1976). ACS, MI GAB 1976-1980, b. 132, fasc. 11070/38.
238 Intervento del Maresciallo Fontana ad un convegno del movimento giovanile della DC di Imperia (febbraio 1976). ACS, MI GAB 1976-1980, b. 132, fasc. 11070/38.
253 Intervento del Maresciallo Fontana ad un convegno del movimento giovanile della DC di Imperia (febbraio 1976). ACS, MI GAB 1976-1980, b. 132, fasc. 11070/38.
254 Ibidem.
255 Pur con un’ottica tecnocratica e non particolarmente democratica risulta evidente, dalla quantità di dati e rapporti richiesti, la volontà del ministro Cossiga di conoscere a fondo i problemi organizzativi della PS (e delle altre polizie) e di procedere ad una riforma. Si vedano, ad esempio, le richieste di dati (prospetti numerici su organizzazione e distribuzione degli uomini) fatte da Cossiga al Capo della polizia e ai comandanti dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza. ACS, MI GAB 1976-1980, b. 144, fasc. 11070/140/1. Oppure, sempre sulla volontà di procedere ad una riforma, si legga la “riservata personale” scritta dallo stesso ministro Francesco Cossiga a Giulio Andreotti (presidente del Consiglio) il 30 marzo 1977. ACS, Archivio Aldo Moro, b. 119, Ordine Pubblico.
271 La presenza di uomini del SID alle riunioni del movimento fu denunciata pubblicamente in: Franco Fedeli, I guardiani delle guardie, in «Ordine Pubblico», a. XXV (1976), n. 4, p. 3.
272 Si vedano, su questo, due appunti (dedicati alle proteste che l’arresto del capitano di PS Margherito aveva provocato) firmati dal generale Enrico Mino, Comandante generale dell’Arma dei CC, datati 27 e 28 agosto 1976 e inviati al ministro Cossiga. Gli appunti recavano tutti la dicitura «Capi SMD, SME e SID informati». ACS, MI GAB 1976-1980, b. 134, fasc. 11070/55, sott. 4.
273 Rapporto del 1977 sul maresciallo Armando Fontana, ACS, MI GAB 1976-1980, b. 132, fasc. 11070/38.
274 Armando Fontana, Sindacato di Polizia: le stellette che non portiamo, in «L’Espresso», n. 36, 3 settembre 1975.
275 Rapporto del 1977 sul maresciallo Armando Fontana, ACS, MI GAB 1976-1980, b. 132, fasc. 11070/38.
276 Ibidem.
Michele Di Giorgio, Per una polizia nuova. Il movimento per la smilitarizzazione e per la riforma della Pubblica Sicurezza in Italia (1969-1981), Tesi di dottorato, Università Ca' Foscari - Venezia, 2016