martedì 19 aprile 2022

O nella vecchia Bordighera, lassù, in alto, con il mio amico Seborga

Bordighera (IM): uno scorcio del centro storico del Paese Alto

Guido Hess Seborga scriveva in maniera del tutto libera, senza farsi condizionare dagli avvenimenti, convinto che la poesia potesse servire al popolo. Maria Luisa Spaziani lo descrive così: “Era un’anima ardente, e sentiva la poesia, anche se non aveva una prospettiva storica; quando incontrava un poeta, questo occupava tutto lo spazio culturale disponibile”. Guido era discendente dal comunista Moses Hess e cambiò nome in Seborga per distinguersi e distaccarsi dal peso che il nome Hess si portava dietro. Nonostante nacque a Torino, frequentò fin da giovane il Ponente ligure e in particolar modo Bordighera, luogo a lui caro per l’affetto che lo legava alla famiglia materna originaria del posto. All’età di diciotto anni Guido Seborga si sposta all’estero, prima in Svezia, poi Berlino e Parigi e proprio il periodo fascista sarà quello più fiorente e importante per la sua carriera.
C. Panella, Seborga, Bordighera, la Liguria del ‘900…, Resine - Annata XXX - n° 122 - 2009

Guido Hess Seborga, giornalista, letterato, poeta pittore, é nato a Torino nel 1909 da famiglia in cui lui amava individuare sangue ligure, egiziano, ebreo. Il suo vero cognome era Hess. La scelta dello pseudonimo Seborga, piccolo paese ligure dell'entroterra di ponente, è legata all'amore per il mare e a quella che considerava la sua vera città d'origine e non soltanto d'elezione, Bordighera. Studiò nella Torino antifascista di Augusto Monti (di cui era stato allievo) e Felice Casorati, di Gobetti e poi di Mila e di Bobbio, ma la sua insofferenza all'ordine lo spinse a nuovi ambienti, conoscenze ed esperienze a Berlino, poco prima dell'avvento del nazismo, poi a Parigi, luogo amatissimo in cui tornò con frequenza lungo tutta la sua vita. A Torino conobbe e strinse amicizia con Umberto Mastroianni arrivato nel '28 da Roma, con Luigi Spazzapan, Mattia Moreno, Oscar Navarro, Raf Vallone, Vincenzo Ciaffi, Albino Galvano, Piero Bargis con cui si trovava a passeggiare per via Po, corso Vittorio e via Pietro Micca discutendo di tutto in totale libertà, protetti dall'oscuramento bellico. La matrice antifascista torinese lo indusse all'azione, alla diserzione dalle guerre fasciste e alla partecipazione alla guerra partigiana, prima nella clandestinità col Partito d'azione poi nelle brigate socialiste "Matteotti". Dall'azione diretta passò nel primo dopoguerra all'attività politica nel Partito Socialista di cui aveva tentato la ricostruzione in Liguria ancora prima della guerra. A Roma con Basso diresse la rivista "Socialismo" ed entrò nelle vicende della direzione del partito occupandosi anche della propaganda del Fronte Popolare. Già presente dagli anni '30 sui maggiori periodici culturali italiani (Circoli, Campo di Marte, Prospettive, Letteratura, Maestrale), nel dopoguerra contribuì alla riapertura della redazione torinese del "Sempre Avanti" poi ridiventato "Avanti", fu giornalista sui quotidiani e sulle riviste della sinistra italiana e internazionale occupandosi dei temi della cultura e dell'impegno, della critica d'arte e dell'attualità. Partecipò con Ada Gobetti, Franco Antonicelli, Felice Casorati, Massimo Mila ed altri alla fondazione dell'Unione Culturale di Torino, fu tra gli organizzatori dell'allestimento del Woyzeck di Buchner rappresentato nel '46 al teatro Gobetti. A Parigi, dove fu direttore di "Italia Libera" e collaborò a "Europe" e "Editions des Minuit" scrisse per i giornali italiani di quell'ambiente di intensa attività culturale e artistica dei surrealisti, del Cafè Flore, di Sartre, Vercors, Artaud, Eluard, Tzara, di Severini e Magnelli che, lui ben conosceva dall'anteguerra, raccontando di teatro, cinema, musica, letteratura, pittura. Nel 1948 Mondadori pubblicò nella prestigiosa Medusa degli italiani "L'uomo di Camporosso", nel 1949 "Il figlio di Caino" accolti dalla critica italiana e straniera con interesse e giudizio positivo. Affiancò all'attività di scrittore quella di poeta, presente fin dagli anni giovanili e approdata nel 1965 alla prima di tre raccolte "Se avessi una canzone". Se i versi furono il leit-motiv che percorse tutto l'arco della sua vita, fin da bambino fu affascinato dalle incisioni rupestri della Valle delle Meraviglie, che costituiscono il legame ideale fra poesia e pittura: dagli anni '60 riprese a disegnare e dipingere creando nelle "ideografie" una forma di pittura originale che unisce il segno dinamico e le nere silouettes di figure arcaicizzanti alle contrastanti accensioni cromatiche degli sfondi in cui esse si profilano. Morì nel 1990.
Redazione, Guido Hess Seborga, Storia XXI Secolo 

“Quasi tutti i pittori per bene si ricordano delle mostre che hanno fatto, dei critici che hanno scritto delle loro opere. Forse sorridono di un collega che non ha un patrimonio di medaglie, di presentazioni illustri, di un curriculum importante. Io amo dipingere, pescare, qualche volta scrivere; camminare in montagna al mio paese, in riva al mare a Spotorno o nella vecchia Bordighera, lassù, in alto, con il mio amico Seborga.”
Giovanni Macciotta
Redazione, Giovanni Macciotta, Magica Torino. L'Arte dalla nostra pArte

Ritorno sempre in queste valli dalla terra rossiccia, dalla terra a fasce costruite verticali, tra i rami ritorti, duri e dolenti degli ulivi grigi, nei paeselli di pietra antica dalla dinamica architettura che si crea a slanci verticali, ritorno al mare ostile, o gioioso nella notte di luna, ed ogni fascia della terra è un letto per fare l'amore.
Questa costa ligure di ponente nelle sue spaziose aperture dinamiche, nelle valli dell'entroterra, dove l'aria respirata è bruciata di sole, mi accoglie sempre in un ozio aderente alla vita e ricco d'esplosioni di giovinezza, nella fervida natura di pini palme agavi e cipressetti gentili.
Forse qui scopro meglio che altrove il segreto della mia nascita, del mio dolce riposo, del mio lavoro; ma certo la morte non la saprei conoscere, tutto è vivente e vibrante, anche il dolore.
Ricordo i versi qui del poeta Cesare Vivaldi (Quaderni di poesia popolare):
Con un bicchiere in mano un uomo esce -
dalla porta segnata da un ramo di pino -
il vecchio dalla chitarra se ne va -
aprendo al sole la gola rossa di vino
che in un libretto in dialetto ligure ha segnato alcuni accenti precisi di questi paesi.
Guido Seborga, Riviera di Ponente, Il Lavoro Nuovo, 19 agosto 1951 

Guido Seborga, al secolo Guido Hess, ebbe come narratore un’intensa e breve fortuna a fine anni Quaranta, tanto che la sua opera “Uomo di Camporosso” edito da Mondadori venne tradotto anche in francese come esempio del nuovo realismo italiano. Più difficili gli anni Cinquanta in cui compone: “Morte d’Europa” e “Ergastolo”. Negli ultimi anni gli scritti di Seborga stanno tornando in circolo grazie all’opera di Massimo Novelli e della figlia Laura Hess.
Stefano Verdino, Omaggio a Guido Seborga, Resine - Annata XXX - n° 122 - 2009 

Ebreo torinese innamorato di Bordighera e Parigi, Guido Seborga ha partecipato attivamente alla Resistenza ed è stato uno scrittore apprezzato soprattutto in Francia. Ma non è tardi per recuperarne la memoria e l'opera.
Era stato l’amore per la Riviera Ligure a convincere il giovane Guido Hess (1909-1990), nato a Torino e di famiglia ebraica, a prendere come pseudonimo letterario il cognome Seborga, legato a un paesino vicino a Bordighera, che Guido considerava il suo vero luogo d’origine.
[...] Di fede socialista e antifascista, durante la Seconda Guerra Mondiale partecipa alla Resistenza nelle Brigate Matteotti; nel dopoguerra collabora come giornalista a testate come l’Avanti e fonda la rivista Socialismo, mentre a Parigi frequenta i tavolini del Café de Flore, dove incontra personaggi come Jean-Paul Sartre, Tristan Tzara, Antonin Artaud, oltre al suo grande amico, il pittore Alberto Magnelli.
La sua attività di scrittore comincia nel 1948, quando Mondadori pubblica il romanzo L’uomo di Camporosso, che racconta le vicende tormentate di uno scaricatore di porto, sopraffatto da difficoltà economiche e difficili rapporti con la moglie e i figli.
Il romanzo successivo, Il figlio di Caino (1949), possiede un ritmo più libero e sperimentale nel narrare l’evoluzione drammatica della lotta partigiana in Liguria durante gli anni del fascismo, con una scrittura in bilico tra prosa e poesia. “Questo romanzo non rappresenta soltanto un episodio della lotta partigiana, ma riassume la resistenza stessa, grazie alla scoperta di una intima dialettica degli avvenimenti, la quale fa vivere il dramma agli uomini come soggetti coscienti della propria liberazione nella moralità concreta della storia”, ha scritto Domenico Zucaro nel 1952.
Una letteratura impegnata che piace fin da subito in Francia, dove i libri di Seborga vengono tradotti e recensiti con grande favore. Negli anni successivi ne pubblica altri tre: Morte d’Europa, Ergastolo e Gli innocenti, seguiti dal diario Occhio folle, occhio lucido, uscito nel 1968, senza contare la raccolta di poesie Se avessi una canzone (1965), dedicate alla terra e al mare dell’amata Liguria.
L’instancabile Seborga partecipa attivamente alla vita culturale di Bordighera come organizzatore del premio letterario Cinque Bettole, che vede la partecipazione di Italo Calvino e Giancarlo Vigorelli, mentre nel 1960 cura a Sanremo il ciclo di conferenze Incontri con l’uomo, al quale partecipa Salvatore Quasimodo.
I romanzi di Seborga sono stati ripubblicati dalla casa editrice Spoon River, mentre per approfondire la sua figura segnaliamo i testi di Massimo Novelli, L’uomo di Bordighera. Indagine su Guido Seborga (Spoon River 2003) e Laura Hess e Massimo Novelli, Guido Seborga. Scritti, immagini, lettere (Spoon River 2009).
Ludovico Pratesi, I dimenticati dell’arte. Guido Seborga, lo scrittore della Resistenza, Artribune, 21 novembre 2021