lunedì 25 luglio 2022

Nel '46 dopo la guerra ho iniziato nuovamente a distribuire giornali a Ventimiglia

Ventimiglia (IM): la Stazione Ferroviaria

Io ho iniziato a lavorare, vendendo giornali, prima della guerra, a 14 anni, appena finito l'avviamento. Mia zia aveva l'edicola in stazione ed io andavo a vendere i giornali col carrello ai treni. A quel tempo era obbligatorio vendere i giornali ai treni: se non si andava, c'era il rischio che facessero chiudere anche l'edicola. Si vendevano i giornali italiani, quali Il Corriere della Sera, La Stampa, Il Giornale di Genova, La Gazzetta del Popolo, Il Popolo d'Italia... e giornali tedeschi, francesi, inglesi ed anche uno polacco. Prima ero in stazione a Ventimiglia con mia zia; quando Mentone nel 1941 è stata dichiarata zona d'armistizio, la SAF (Servizio Accessori Ferroviari) ha preso l'edicola a Mentone; alla zia hanno lasciato l'edicola a Ventimiglia e a me hanno dato la distribuzione in città D.I.ES. (Distribuzione Italia Estera Stampa). Io mi dovevo occupare della distribuzione per tutta Mentone, da Mentone Garavan al Ponte dell'Unione che era il confine con la Francia. I giornali li vendevano i tabacchini ed i bar: io dovevo distribuirli a loro. Avevo una bicicletta con due cestoni, uno davanti e uno dietro, dove mettevo i pacchetti di giornali e li portavo a destinazione. Per andare e tornare da Mentone viaggiavamo su due treni. Si partiva alle 7 del mattino e si ritornava la sera alle 18. Al mattino io iniziavo con la distribuzione dei giornali della sera. Alle 10 arrivavano i giornali da Genova: Il Secolo XIX, Il Giornale di Genova, Il Lavoro... Arrivavano con le corriere; io dovevo andare a prendermi i pacchi, dividerli, fare i pacchetti e poi rifare il giro. Alle 12.30 arrivavano i giornali di Milano e di Torino: Il Corriere della Sera, Il Popolo d'Italia, La Gazzetta del Popolo, La Stampa... e dovevo fare lo stesso lavoro di prima. Il pomeriggio dovevo dedicarlo a ritirare i non venduti, dividere i settimanali dalle riviste e dai quotidiani, dovevo tagliare le testate dei quotidiani (le riviste si restituivano intere) e dovevo fare i conti. I settimanali di allora erano La Domenica del Corriere, la Tribuna Illustrata, Novella, Mani di Fata, Il 420, che era un giornale umoristico.
A Mentone si vedeva la rivalità e la concorrenza tra la Gazzetta del Popolo e La Stampa: c'era un ispettore, un tipo un po' strano, che per arrivare prima de La Stampa, una volta ha caricato tutti i giornali su un carrello dei ferrovieri, che serviva per andare a fare le riparazioni, e li ha portati da Ventimiglia a Mentone pedalando su quel carrello. E io ho dovuto subito distribuirli.
Tutto questo è durato fino al '41.
Dopo l'8 settembre sono arrivati i Tedeschi e mia zia col suo convivente sono dovuti scappare.
A Mentone subito c'era il comando militare, poi...
Quando Mentone è stata occupata io sono rimasto a lavorare coi giornali.
Molti da Ventimiglia e dalle vallate andavano a lavorare a Mentone. Al mattino c'era un treno lungo che trasportava molti operai che andavano a lavorare per ricostruire Mentone che era stata bombardata e poi la sera tornavano a casa.
Io tante volte da solo non ce la facevo a distribuire i giornali perché si doveva andare in giro quattro volte al giorno a portarli, andarli a prendere, distribuirli. Allora si pedalava, non si aveva altro mezzo. E poi c'erano le rese, bisognava tenere la contabilità... Tutti i giorni registravo quello che mi arrivava, quello che distribuivo e le rese. Il tutto era controllato dagli ispettori che venivano a vedere se tutto funzionava bene. C'era l'ispettore della DIES che controllava e ci diceva cosa bisognava fare.
Nel '46 dopo la guerra ho iniziato nuovamente a distribuire giornali a Ventimiglia. Poi a Ventimiglia si è formata un'agenzia (ACOL...  ) che importava giornali di moda dalla Francia e si faceva la distribuzione. Nel periodo '47-50 l'agenzia si è sviluppata e stampava anche un settimanale: "La Domenica della Donna". Il proprietario, siccome viveva in Francia, faceva stampare questa rivista credo a Parigi e noi facevamo la distribuzione nazionale. All'inizio era 50.000 copie alla settimana, poi è passata a 70.000 copie a settimana. Anche il personale era aumentato: da 4 è passato a 10. Io mi occupavo di dogana italiana-francese e francese-italiana. Nel frattempo avevano aperto delle filiali: una a Genova, una a Firenze, una a Roma. A Roma avevano mandato un addetto alla distribuzione che non era pratico di questo lavoro, non aveva fatto la resa di parecchi mesi; il proprietario allora mi ha mandato a Roma a fare le rese. Per la distribuzione c'erano le messaggerie italiane e quando distribuivano volevano essere pagate per il lavoro e noi dovevamo mandare le rese per far vedere il conto alle messaggerie.
Pierino S., A vendere i giornali in Redazione, Il tesoro della memoria, Città di Camporosso, 2007

mercoledì 20 luglio 2022

Il territorio della provincia di Imperia è quasi tutto montuoso

Fonte: Giorgia Bollito, op. cit. infra

Posta ai piedi delle Alpi Marittime, tra le province di Savona e Imperia, la Riviera di Ponente è immersa in uno scenario suggestivo, in cui le colline digradanti verso il mare sono coperte da fiori e dal verde lussureggiante della vegetazione mediterranea. Questa sottile striscia di costa presenta una costa elevata e aspra e trae da questo carattere aspetti inconfondibilmente pittoreschi.
Questo tratto di riviera deve la sua prosperità, specialmente nella parte sud-occidentale, al clima mite, dovuto alla vicinanza del mare, all'ampia insolazione e all'efficacissimo riparo che costituisce contro i venti settentrionali la corona di monti che s'innalza alle spalle della costa; gli inverni sono straordinariamente miti, mentre le estati non eccessivamente calde. Infatti, la mitezza del clima favorisce lo svilupparsi di una vegetazione caratteristica di piante subtropicali. Altrove, dove le colture non hanno potuto estendersi sui pendii delle colline e delle montagne, si sviluppano la macchia di tipo mediterraneo e il bosco, un tempo più esteso, e, sopra il limite di questo, prati e pascoli.
Il territorio della provincia di Imperia, presenta una conformazione piuttosto uniforme; è quasi tutto montuoso benché coesistano entrambi gli ambienti montano e marino. Più che nelle altre province liguri, qui l’ambiente marino e costiero e il paesaggio alpino sono a diretto contatto anche per la presenza di valli che, correndo perpendicolarmente alla catena principale e separate da alte dorsali, si riversano in gran parte nel mare formando pittoresche insenature ricche di vegetazione di tipo mediterraneo: per questo, la Riviera di Ponente ha il carattere di una costa chiusa, perché le pendici delle Alpi e dell'Appennino scendono fino sul mare formando promontori rocciosi. La zona risulta interessante anche per la sua importanza archeologica: numerosi sono gli insediamenti primitivi ritrovati.
La provincia di Imperia è ricca di S.I.C. [n.d.r.: siti di interesse comunitario]: ciò testimonia la sua ricchezza nel campo della biodiversità relativamente a specie e ambienti naturali, pur in uno spazio geografico così ristretto.
Dal punto di vista culturale, archeologico, architettonico e paesaggistico, la provincia di Imperia presenta un territorio ricco di bellezze naturalistiche, rappresentate dai S.I.C. e dalle Z.P.S. [n.d.r.: zone speciali di conservazione] e distribuite uniformemente per tutta la provincia. Allo stesso tempo, il territorio presenta una grande ricchezza di beni soggetti a vincolo architettonico, i quali sono collocati maggiormente lungo la linea di costa. Fanno parte di questa categoria di beni come Chiese, antiche Abbazie, Palazzi, Monumenti etc.
Ciò testimonia il fatto che questo territorio è prezioso non solo per la presenza del mare, ma anche per le bellezze naturalistiche e architettoniche che è necessario tutelare e valorizzare.
 

Fonte: Giorgia Bollito, op. cit. infra

Giorgia Bollito, Il fascino dell’architettura dei Fari. La scoperta dei fari liguri attraverso il sistema GIS e ipotesi di valorizzazione, Tesi di laurea magistrale, Politecnico di Torino, Anno accademico 2016/2017

martedì 12 luglio 2022

Sergio Favretto a Dolceacqua alla presentazione del suo libro "Partigiani del mare"

Da sinistra, Paolo Veziano e Sergio Favretto a Dolceacqua

Castello Doria di Dolceacqua, domenica 10 luglio 2022. Un pubblico attento e incuriosito, interessato ai fatti storici fra Liguria e Francia del Sud, ha fatto da cornice alla presentazione del libro di Sergio Favretto "Partigiani del mare. Antifascismo e Resistenza sul confine ligure-francese" edito da SEB 27 di Torino.
L'evento era inserito nella rassegna Itinerari letterari biamontiani, promossa dall'Associazione Amici di Francesco Biamonti presieduta da Corrado Ramella, dal Comune di Dolceacqua e dal comune di San Biagio della Cima. Lo storico Paolo Veziano ha dialogato con l'autore Sergio Favretto, ponendo in risalto la novità e gli inediti della ricerca, l'originalità della Resistenza del Ponente ligure.
Favretto ha sottolineato il fortunato incrocio, in questo tratto di costa fra eccellenze letterarie come Calvino, Biamonti, Orengo, Guido Seborga; eccellenze artistiche come Porcheddu, Morlotti; i grandi protagonosti della Resistenza, dalle formazioni partigiane alla popolazione che le sosteneva, dai cattolici e clero agli agricoltori e operai, dai pescatori agli ebrei nascosti o catturati e poi trasferiti nei campi di eliminazione, dalle missioni americane e inglesi paracadutate in aiuto e la presenza di ex militari, ex carabinieri.
Per Favretto, la storia della Resistenza è completa, non parziale o ispirata, solo se si richiamano tutte le componenti e matrici culturali, sociali che la alimentarono. Nel Ponente ligure vi fu un chiaro esempio di Resistenza condivisa e sofferta da tutti. L'autore ha fondato la ricerca su fonti nuove, da documenti archivistici non noti e testimonianze oggi aggiuntive e preziose. Molte sono le pagine dedicate al gruppo di antifascisti di Bordighera, sorto attorno a Brunati, alla Meiffret, a Porcheddu, a Guido Seborga (la figlia Laura Hess era presente fra il pubblico), a Salvatore Marchesi; al rapporto fra le formazioni partigiane garibaldine che operavano sino al confine e i partigiani francesi; al ruolo svolto dai vescovi del Sud della Francia contro le persecuzioni razziali in forte antitesi con la Repubblica di Vichy, alla triangolazione fra Angelo Donati, Padre Maria Benoit e il Vaticano. Cattolici e ebrei nel Ponente Ligure come avvenne anche nel Monferrato, sempre con le figure della famiglia Donati e Sacerdote. Alcuni famigliari dei Donati di Modena vennero nascosti nel Monferrato da parroci locali e poi trasferiti in Svizzera.
Al termine, il prof. Claudio Dellavalle autore di una significativa prefazione del saggio di Favretto, ha richiamato come la popolazione ligure seppe dare allora forte testimonianza dell'avversione verso il fascismo, verso il tedesco che occupava intere regioni del Nord, verso una guerra senza alcun senso. Per Dellavalle, come ieri anche oggi, si deve osservare con grande preoccupazione il rischio di un ritorno a scenari di guerra in Europa; da qui l'esigenza di  riprendere i principi di pace che fondarono la Costituzione e la Repubblica sorta da essa.

Redazione

[ n.d.r.: nella bibliografia di Sergio Favretto: Il papiro di Artemidoro: verità e trasparenza nel mercato dei beni culturali e delle opere d’arte, LineLab, Alessandria, 2020; Con la Resistenza. Intelligence e missioni alleate sulla costa ligure, Seb27, Torino, 2019; Un carabiniere, testimone di storia. Mussolini a Ponza e a la Maddalena narrato in un diario, Arti grafiche, 2017; Una trama sottile. Fiat, fabbrica, missioni alleate e Resistenza, Seb27, 2017; Coraggio e passione. Riccardo Coppo, il sindaco, le sfide, Falsopiano, 2017; Fenoglio verso il 25 aprile, Falsopiano, 2015; La Resistenza nel Valenzano. L’eccidio della Banda Lenti, Comune di Valenza (AL), 2012; Resistenza e nuova coscienza civile. Fatti e protagonisti nel Monferrato casalese, Falsopiano, 2009; Il diritto a braccetto con l'arte, Falsopiano, 2007; Giuseppe Brusasca: radicale antifascismo e servizio alle istituzioni, Atti convegno di studi a Casale Monferrato, maggio 2006; I nuovi Centri per l’Impiego fra sviluppo locale e occupazione (con Daniele Ciravegna e Mario Matto), Franco Angeli, 2000; Casale Partigiana: fatti e personaggi della resistenza nel Casalese, Libertas Club, 1977 ]

lunedì 11 luglio 2022

Da u recantu, Giasseira e Idrolitina

Giasseira: opera e fotografia di Gris de lin

La Giasseira
I miei nonni possedevano una bellissima ghiacciaia.
Erano i primi anni cinquanta del secolo scorso.
Il suo colore annunciava già la frescura che conservava dentro.
Era un verdolino chiaro come le pozze di certi ruscelli.
Sembrava un grosso comó con cassetti laterali foderati di alluminio, nascosti dietro due porte dentro cui finivano delle sbarre di ghiaccio.
Il ghiaccio arrivava su un carrozzino grondante acqua, guidato da un uomo con un lungo grembiule di gomma e due lunghe pinze con cui veniva afferrato per finire nella Giasseira, con la nonna dietro con uno straccio a seguire la scia.
C’erano nel mobile di legno altri cassetti in cui venivano messe le provviste da conservare.
Sul fondo un recipiente da cui un rubinetto scaricava quel che rimaneva del ghiaccio.
Non so per quale motivo il burro era sulla credenza in una ciotola d'acqua.
Sono passati anni dal giorno in cui a malincuore ce ne siamo sbarazzati.
Anche perché quando la Giasseira che più non era adibita al servizio per cui era nata e relegata in magazzino per noi bambine era un oggetto speciale con cui giocare.
Le sue porte, i suoi cassetti, potevano accogliere segreti e giochi.
 

Gris de lin: Litografia del 1935

Gris de lin: Gazon, l'inventore dell'Idrolitina, lo era anche della Pasticca del Re Sole e aveva disturbato Trilussa per pubblicizzarla

Idrolitina
In casa nostra quando non avevamo ancora il frigidaire (oggi devo ammettere per fortuna), perché era la sola possibilità di uscita senza accompagnamento, quella di andare a prendere l'acqua fresca alla fontana nella piazza.
In coda si aspettava il proprio turno, perché l'ora era quella del pranzo per tutti.
Era una bella Fontana (1) con capelvenere sulle pietre, mentre la vasca di raccolta faceva parte di due fontane scomparse dalle scale della Confraternita dei Neri con due sirene da cui sgorgava l'acqua.
Della scala con le sirene sono rimaste solo poche foto.
La fontana ormai imbruttita e vituperata non serve più a nessuno.
Una volta arrivate in cucina quelle bottiglie gocciolanti con chiusura a scatto, naturalmente dopo esserci spruzzati e rinfrescati con gli altri bambini, doveva trasformarsi in acqua con le bollicine.
Si estraevano due bustine di IDROLITINA, una polverina bianca contenuta in due strisce di carta velina e senza farle spandere si infilavano nel collo della bottiglia.
Era fantastica quell'acqua pizzichina!
Mai come in questo caso è opportuno dire «Acqua passata».

Gris de lin

(1) n.d.r.: in Camporosso (IM), zona intemelia

giovedì 7 luglio 2022

Il faro di Capo dell’Arma

Faro di Capo dell’Arma: foto scattata da Giorgia Bollito il 23 Ottobre 2017

Il faro scelto per l’approfondimento progettuale è il faro di Capo dell’Arma, situato sul promontorio di Capo Verde a Sanremo, precisamente in località Bussana Nuova. Il faro domina il territorio circostante con la sua possente architettura di giorno e con la sua luce di notte: la lanterna ha una portata di 24 miglia ed è uno dei fari più potenti di tutta la Liguria.
Il progetto è costituito in parte dalla realizzazione di un percorso escursionistico, una digressione del percorso esistente della R.E.L. passante per Bussana Vecchia <165, piccolo borgo medievale situato nell’entroterra sanremese. Anche il nuovo percorso si attesta su tracciati storici già esistenti e tale progetto rappresenta la possibilità concreta di condurre i turisti che frequentano tali percorsi verso il faro, sfruttando sia i tracciati storici che la nuova pista ciclo-pedonale, realizzata sul tracciato dell’antica ferrovia Genova - Ventimiglia, a pochi passi dal mare e anch’esso testimonianza di una traccia storica che è stata brillantemente valorizzata.
Attraverso il nuovo percorso è possibile raggiungere l’area di progetto adiacente al faro, costituita da una serie di terrazzamenti digradanti verso il mare.
[...] L’area avrà una nuova immagine: sarà composta da un punto ristoro, un’attrezzeria per contenere il materiale da utilizzare per le escursioni e un info-point, oltre a prevedere una nuova organizzazione dello spazio esterno con sedute e pergolati per poter godere della vista verso il mare (vedi tavole allegate).
Conclusioni
L’intervento progettuale ha come obiettivo quello di essere uno spunto per la valorizzazione delle strutture architettoniche dei fari, diventando mete di rifugio o semplicemente luoghi di sosta attrezzati per ammirare il mare e il paesaggio circostante al termine di un percorso escursionistico immerso nella ricchezza del paesaggio ligure, costituendo un connubio tra sport, natura e architettura fondamentale per favorire la conservazione di questo prezioso patrimonio architettonico.
 

Fonte: Giorgia Bollito, op. cit. infra

165 Fonte: D. VASCHETTO, Sentieri sul mare, ed. del Capricorno, Torino 2011, p.129 ss. L’antico borgo medievale di Bussana Vecchia è una frazione collinare del Comune di Sanremo, situato su un promontorio ricco di vegetazione costituita dalla macchia mediterranea. Il borgo è rinomato per le sue suggestive architetture in pietra arrotondata provenienti dalle spiagge vicine. Nel 1887 il borgo venne colpito da un violento terremoto che distrusse gran parte del paese e i sopravvissuti decisero di abbandonare il villaggio. Solo verso la metà del ‘900 ricominciò a essere abitato da una comunità di artisti italiani e stranieri che cominciarono a ristrutturare gli edifici meno danneggiati rendendoli nuovamente abitabili. Oggi il borgo ospita comunità di artisti, con botteghe artigiane e punti di ristoro che l’hanno trasformata in un caratteristico villaggio di artisti.
 

Fonte: Giorgia Bollito, op. cit. infra

Giorgia Bollito, Il fascino dell’architettura dei Fari. La scoperta dei fari liguri attraverso il sistema GIS e ipotesi di valorizzazione, Tesi di laurea magistrale, Politecnico di Torino, Anno accademico 2016/2017

lunedì 4 luglio 2022

La Costa Azzurra si riempiva di italiani in cerca di fortuna, pronti a tutto per varcare la frontiera

La zona di Piena

Tra le iniziative per controbilanciare le pressioni francesi è interessante citare quella proposta dal console di Nizza, approvata dal Ministro degli Esteri Dino Grandi. Agli italiani nati in Francia sarebbe stata inviata, al compimento del diciottesimo anno di età, la seguente lettera: «Egregio connazionale, La R. Ambasciata ed il R Consolato di … intendono che i nomi dei giovani i quali, all’età necessaria, fanno dichiarazione di opzione per la cittadinanza italiana, siano segnalati, insieme ai nomi dei loro genitori, in un Albo d’onore che sarà esposto al pubblico nel Municipio della città o della borgata da cui la famiglia è originaria. Ella è pertanto pregata di voler presentare, a suo tempo, a questo regio Consolato, la dichiarazione che, relativamente all’opzione da lei fatta per la nazionalità italiana, le rilascerà il giudice di pace, così che questo consolato possa dare notizia alle autorità del suo luogo d’origine della affermazione di italianità da lei compiuta.» - Cfr. nello stesso faldone Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale degli Italiani all’Estero, circolare n. 19, oggetto: azione di difesa contro la snazionalizzazione, 14 marzo 1928.
Costanza Di Ciommo Laurora, L’asilo politico nelle relazioni franco-italiane. I signori nessuno e l’impossibile status dell’opposizione italiana all’estero (1920-1986), Tesi di dottorato, Università Ca' Foscari Venezia, 2014
 
La “Pagina italiana” condusse una campagna offensiva contro il regime e le sue propaggini all’estero, il sistema di spionaggio e di provocatori messo in atto in Costa Azzurra e alla frontiera, svelando complotti, indiscrezioni, scorribande fasciste, destando anche preoccupazioni per l’ordine pubblico francese, dato il clima di tensione creato dalle accuse reciproche tra La France e il Pensiero Latino.
L’“affare Garibaldi”, che coinvolse in uno scandalo di corruzione il colonnello Ricciotti Garibaldi, fece grande scalpore sull’opinione pubblica francese e sulla comunità antifascista, e le inchieste dei Campolonghi si infittirono sempre più, in particolare a Beausoleil, considerata roccaforte dei fascisti della Costa Azzurra <59. Su Garibaldi hanno scritto in molti, biografi, come Sternini <60, detrattori e delusi, come Rolland <61, Garibaldi stesso e studiosi dell’immigrazione italiana del Sud-Est e del suo rapporto con l’antifascismo, come Schor e Milza.
[NOTE]
59. Gastaut, La Pagina Italiana cit.
60. Enrico Sternini, Ricciotti Garibaldi: la vita, il pensiero, l’azione, Erolm, Roma s.d.
61. Hugo Rolland, Gli anarchici e il tradimento di Ricciotti Garibaldi, s.n., s.l. 1975.

Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista dalla Liguria alla Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015

L’adozione di queste misure è indicativa del fatto che il regime intendeva ormai reprimere con forza il fenomeno dell’emigrazione degli oppositori, escludendo dalla civitas quanti avevano già varcato la frontiera e cercando di impedire - o quanto meno di frenare - gli espatri di coloro che erano ancora in Italia. <135
L’impatto di tali politiche era complesso, e si rifletteva tanto nei rapporti con il paese ricettore <136 quanto sullo status della comunità italiana all’estero. Per quanto attiene quest’ultimo aspetto, in Italia il Ministro Rocco affermava a chiare lettere che gli ex-cittadini divenivano «apolidi» <137.
[NOTE]
135 Cfr. P. Milza, Les italiens en France d’une guerre à l’autre, cit., p. 17.
136 Cfr. ANF, MI, F7/17458, lettera del Commissario speciale di Mentone alla Prefettura di Nizza, «Renforcement de la suveillance à la frontière italienne», 20 ottobre 1926.
137 Cfr. CDD, Atti parlamentari, discussione del 25 gennaio 1926 sul disegno di legge sulla modifica alla legge n. 555 sulla cittadinanza italiana.

Costanza Di Ciommo Laurora, Op. cit.
 
Si organizzava una rete mista di solidarietà, regionalismo e obiettivi politici che condusse i capofila del socialismo savonese tra Nizza, Tolone e Marsiglia, seguiti da tutta una serie di militanti minori. Essi furono coinvolti nelle strutture antifasciste franco-italiane, nella Concentrazione Antifascista, nella prestigiosa Lega dei Diritti dell’Uomo capeggiata da Luigi Campolonghi e, più tardi, con la sua fondazione, nel movimento di “Giustizia e Libertà”. Si creò un flusso di socialisti in movimento sotto le direttive del partito, che mantenevano i contatti tra Parigi e il Sud-Est della Francia.
[...] Generalmente mogli e figlie, spesso anche i figli, abbracciavano le scelte politiche degli uomini di casa, esercitando la propria autonomia solamente nell’opzione di passare o meno all’attivismo. Casi di antifasciste come Emilia Belviso, Adele Dell’Isola o Teresa Viberti sembrano però ridimensionare l’immagine dell’imprescindibile presenza del mediatore uomo nel vissuto politico delle donne del periodo interbellico. Queste donne iniziarono infatti a militare nell’antifascismo partitico autonomamente rispetto agli uomini di famiglia. E questa loro consapevolezza politica avrebbe determinato uno spostamento dei ruoli intrafamiliari canonici basati su una rigida contrapposizione di genere. Infatti la scelta politica comportava rilevanti conseguenze sul piano personale e sulla considerazione reciproca tra i familiari. Ciò era ancora più sentito nella società italiana, in cui il valore-famiglia ha sempre costituito un principio imprescindibile su cui si sedimentava l’autorappresentazione del singolo: per i ragazzi e le ragazze l’appartenenza al gruppo oppositivo in famiglia diveniva totalizzante poiché comportava un’identificazione a un tempo privata e comunitaria, domestica e politica.
Emanuela Miniati, Op. cit.
 
[...] La Costa Azzurra si riempiva di italiani in cerca di fortuna, pronti a tutto per varcare la frontiera: sui treni c’era chi si travestiva da ferroviere, chi azionava il freno d’emergenza per saltare giù dal vagone; in autobus si allungava una mancia al conducente. Accanto a chi espatriava per ragioni economiche, c’erano anche i primi fuoriusciti politici, spesso comunisti. Il fenomeno prese inizio già pochi giorni dopo la Marcia su Roma del 28 ottobre 1922. Molti di costoro, meno prudenti dei migranti per miseria, venivano intercettati e respinti.
Di fronte all’esodo di tanti italiani, il regime fascista reagì con determinazione. Venne istituito un corpo speciale di frontiera, la stazione di Ventimiglia fu attrezzata con filo spinato e potenti proiettori, numerosi avamposti vennero disseminati sulle montagne. I controlli e la difficoltà dei percorsi rendevano spesso necessario l’ausilio di passeur, guide specializzate che traghettavano i clandestini dietro compenso. La figura del passeur ha ispirato il noto romanzo di Francesco Biamonti "Vento largo". Ma accanto a persone come il Varì di Biamonti, profondamente umane, si andarono diffondendo durante il fascismo vere e proprie organizzazioni criminali, che contattavano la povera gente del Sud, illudendola con promesse di ricchezza e riscatto. Depredavano i malcapitati del poco che avevano e poi spesso li abbandonavano a se stessi oltrefrontiera, e intimavano loro il silenzio minacciandoli di morte.
Si ha notizia di una importante azione repressiva del 1924 da parte della polizia francese. Fatti che hanno evidenti affinità con il traffico di esseri umani dei tempi nostri.
A partire del 1938, con le leggi razziali, sono gli ebrei stranieri che cominciano a utilizzare le aspre vie dei monti per fuggire dall’Italia. Questo nuovo flusso raggiunge dimensioni che non hanno precedenti nella storia della frontiera. In tutto si calcolano circa 4000 passaggi dal nostro paese alla Francia, mille dei quali appunto attraverso i sentieri della zona di Ventimiglia. Avviene così che la milizia confinaria istituita da Mussolini per arginare l’esodo dei disperati italiani in cerca di fortuna assuma un ruolo opposto, in applicazione di un laconico ordine trasmesso via telegramma: “Facilitare al massimo l’esodo degli ebrei stranieri”.
Una ricostruzione dei fatti si trova nel lavoro di Paolo Veziano "Ombre di confine. L’emigrazione clandestina degli ebrei stranieri dalla Riviera dei Fiori verso la Costa Azzurra (1938-1940)", uscito nel 2001 e ora in corso di ripubblicazione.
Un paradosso, che di fatto rese legale la professione del “traghettatore” di migranti fino ad allora severamente perseguita dalle stesse camicie nere. Gli ebrei erano infatti indirizzati verso itinerari minori poco sorvegliati per evitare che venissero individuati dalle guardie francesi e immediatamente respinti.
Dal lavoro teorico di ricerca su queste vicende a lungo rimosse, lo stesso Veziano è passato ad una azione di recupero “fisico” della memoria. Lo studioso, nell’ambito del progetto interregionale “La Memoria delle Alpi”, ha esaminato i sentieri e individuato almeno due percorsi che meritano di essere riconosciuti e segnalati per la loro valenza storica: quello dal piccolo borgo di Olivetta San Michele al Passo Treittore, e quello dalla località Ciotti al Passo del Cornà [...]
Anna Longo, Recuperare i “sentieri di fuga” tra Italia e Francia, Patria Indipendente, maggio 2014
 
La memorialistica ci parla di un episodio accaduto nel settembre 1929 che rappresenta una svolta per Renato Bertolini. Mentre si trova nella zona dell'Arsenale militare a La Spezia, un gruppo di camicie nere si avventa su alcuni operai ritenuti colpevoli di volantinaggio di manifestini clandestini, pestandoli selvaggiamente: Bertolini interviene e riesce a far cessare il pestaggio, ma compromette la sua posizione. <312
Di lì a breve, Bertolini prende la decisione di espatriare. Assieme ad un certo Corradini, di «idee socialiste», il 1º giugno 1930 espatria clandestinamente in Francia con una barca a remi rubata partendo da Ventimiglia, venendo denunciato e condannato per furto ed espatrio clandestino a quattro mesi di reclusione in contumacia. <313
Residente a Nizza, trova impiego presso “La Frigidaire”, una fabbrica di frigoriferi che incarica Bertolini di trovare una soluzione per installare nelle automobili una cella frigorifera che funzioni con il motore acceso. La casa automobilistica Citroën inoltre incarica Bertolini di elaborare nuove plance di legno per le autovetture più lussuose. <314
Nel 1933 è fra i partecipanti ad una conferenza comunista tenutasi il 28 gennaio, in cui interviene «l'anarchico Baldini Mario reduce da Mosca»; la conferenza è interrotta da un'irruzione della polizia francese, e per Bertolini viene richiesta l'iscrizione in 'Rubrica di Frontiera', per «perquisizione e vigilanza», in caso di rientro in Italia. <315
[NOTE]
312 AA.VV., Antifascismo e Resistenza alla Spezia (1922-1945), ISRSP, La Spezia 1987, p. 51
313 Copia della nota della Prefettura di La Spezia al Console d'Italia a Bruxelles, 7 marzo 1931 e Prefettura di Massa-Carrara al MI, DGPP, AGR, CPC, 8 giugno 1933, in ACS, MI, CPC, cit., b. 575, fasc. Bertolini Renato
314 G. Chiappini (a cura di), Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola, cit., p. 28
315 Copia del Telespresso Nº 3952 del Consolato d'Italia a Nizza al Ministero dell'Interno, 22 marzo 1933, in ACS, MI, CPC, cit., b. 575, fasc. Bertolini Renato

Federico Bedogni, Volontari antifascisti lunigianesi nella guerra civile spagnola, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, 2018 

Se il libro di Giorgio Neri ha contribuito a rinnovare il ricordo di Rolla, altrettanto farà, per Bertolini, un libro a più mani di prossima pubblicazione. Ne ho parlato con il figlio Claudio, che lo ha fortemente voluto: il racconto che potete leggere di seguito è il frutto dei suoi ricordi, già trasmessi anche a Giuseppe Chiappini, autore di un altro bel libro recente, “Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola. 1936-1939”, dedicato anche alla figura di Bertolini.
Torniamo, con l’aiuto di Claudio, al giugno 1930, a Ventimiglia. Bertolini si imbarcò con Giuseppe Corradini, operaio socialista spezzino. Rubarono una barca a remi. Giunti in Francia, Renato fece avere al proprietario i soldi necessari a comprarne una nuova. Prima socialista poi comunista, Bertolini visse dal 1930 al 1933 a Nizza e dal 1933 al 1936 a Marsiglia, dove ricoprì la carica di segretario della sezione cittadina del Partito Comunista d’Italia. La notizia della sollevazione militare guidata dal generale Franco spinse il giovane Renato a combattere per la Repubblica spagnola già nell’agosto 1936, prima ancora che l’Internazionale Comunista prendesse la decisione di creare le Brigate Internazionali.
Giorgio Pagano, Renato Bertolini, dalla guerra di Spagna alla liberazione di Buchenwald, Città della Spezia, 21 maggio 2017
 
Nel marzo del 1939 Martini si recò a Nizza: aveva appuntamento alla frontiera in località Ponte San Luigi con i propri genitori che non vedeva da circa tre anni. Riuscì ad incontrarli grazie alla cortesia del Commissario italiano di frontiera e di quello francese. Rimasero insieme circa due ore: fu l’ultima occasione in cui vide sua madre, che morì due anni dopo. Giuliano Pajetta, venuto a conoscenza del viaggio di Martini nel sud della Francia, gli affidò alcuni incarichi di partito: partecipare a delle riunioni a Villeurbane (Lione), a Tolone, Nizza ed in altre città del Midi.
Eva Pavone, I Martini, una famiglia di antifascisti in QF Quaderni di Farestoria Anno XVI - N. 2 maggio-agosto 2014  

BASELIO CAMILLA
di Baselio Pietro e Bay Florinda, coniugata con Rossini Bruno
Crema, 26 - 11 - 1892
Sarta
Sospetta politica
Emigrò in Francia e risiedette a Nizza con il marito Rossini Bruno dal 1923, data in cui risultò depennata dall’anagrafe del Comune di Cremona. Con nota del marzo 1938 il Ministero dell’Interno segnalò il suo nominativo ai Commissariati
delle zone di frontiera “per perquisizione sotto aspetto doganale et segnalazione per vigilanza”, in quanto sospettata di “essere [in] relazione noti fuoriusciti… et assolvere incarichi collegamento nonché introduzione corrispondenza clandestina et materiale propaganda antifascista”. Fu seguita nei suoi rientri saltuari in Italia, pur essendo in possesso di regolare passaporto, e sottoposta a perquisizioni nel 1938-1939 al valico di Ventimiglia, sempre con esito negativo. Fu sottoposta a vigilanza durante la permanenza a Cremona nel 1939. Nel 1942 risultò, secondo nota dell’Ufficio Schedario Forestieri della Questura di Cremona, iscritta nella Rubrica di Frontiera e per questo venne disposto nei suoi confronti il provvedimento di “perquisire, sorvegliare e segnalare” da parte della Delegazione per il Rimpatrio e l’Assistenza. Nell’agosto dello stesso 1942 ottenne un permesso di rimpatrio a Cremona, munita di regolare
passaporto rilasciato dal Console Italiano a Nizza e regolarmente vistato per l’ingresso in Italia, dove le venne concesso un soggiorno della durata di due mesi, soggetta però a perquisizione (con esito negativo) e sorveglianza.
Il 3 ottobre 1942 ripartì per la Francia, a Nizza, come segnalato dall’Ufficio Ferrovia di Mentone. Era ancora vigilata nel 1942, data dell’ultima registrazione del fascicolo.
[...]
GARTMANN IDA
di Gartmann Michele e Azzali Rosa, coniugata con Bianchi Francesco
Cremona, 12 - 10 - 1904
Sospetta politica
Figlia di genitori ignoti, al brefotrofio ricevette il nome di Iotti Ida. Fu in seguito riconosciuta come figlia naturale di Rosa Azzali, di cui assunse il cognome, fino a che la madre, trasferitasi a Legnano, si sposò con Michele Gartmann, che ne legittimò la figlia. Dalla data del trasferimento a Legnano la Gartmann non ritornò più a Cremona. Negli anni 1936-1937 dovette risiedere a Nizza, la cui Prefettura vistò i passaporti per i suoi spostamenti. Nelle informative riservate della Direzione Generale di P. S. la Gartmann risultò iscritta nella Rubrica di Frontiera per essere vigilata in quanto moglie di Francesco Bianchi, definito “noto fuoriuscito, esponente del movimento “g. e l.”, incaricato di svolgere attività in direzione Italia”. Il provvedimento fu giustificato dal convincimento che la donna “possa prestarsi a coadiuvare il marito, specialmente per contatti che potrebbe avere nel Regno” e portò anche a
un’attenta vigilanza della corrispondenza con i congiunti residenti a Cremona. Era ancora vigilata nel 1948, data dell’ultima registrazione del fascicolo.
(a cura di) Angela Bellardi e Emanuela Zanesi, Figure femminili fra dissenso e sovversione: per un repertorio biografico, Archivio di Stato di Cremona, Società Storica Cremonese, Comune di Cremona, Centro locale di Parità - Cremona, 2016
 
G) Ricevuta di deposito da parte di Emila Belviso della somma di 27.000 franchi francesi presso la Banca d’Italia, Sede di Milano - 18 giugno 1945.
H) Attestato rilasciato dal Comitè Italien de Liberation des Alpes Maritimes a Emilia Belviso riconoscendone lo status di “francofila e antifascista” e dichiarandola in possesso della tessera n°85 - 29 maggio 1945.
Segnatura definitiva
PCI - X.69
X - 12, fascicolo 2
Corrispondenza privata con ex militanti in Francia
Estremi cronologici
1945 - 1980
Contenuto
Missive di carattere privato , successive al 1945, con militanti, italiani o francesi, conosciuto durante la militanza in Francia.
A) Appunto firmato dalla Belviso “Lettere dove vi è qualche nominativo e anche un indirizzo al quale ci si potrebbe rivolgere […]”, denota come queste lettere furono sottoposte a Lampredi e Schiapparelli come materiale utile alla ricostruzione della resistenza in territorio francese.
B) Corrispondenza con Vittoria Guadagnini, nota con il nome partigiano di “Fernanda”: lettera di Guadagnini a Belviso datata Imola, 4 gennaio 1974 (due pagine dattiloscritte con firma autografa); lettera di Guadagnini a Belviso datata Imola, 19 gennaio 1974 (una pagina dattiloscritta con firma autografa); lettera di Belviso a Guadagnini databile, dal tenore delle risposte successive, al 29 aprile 1974 (manoscritta e autografa); lettera di Guadagnini a Belviso
datata Imola, 14 giugno 1974 (una pagina dattiloscritta con firma autografa); lettera di Guadagnini a Belviso datata Imola, 23 febbraio 1980 (una pagina dattiloscritta con firma autografa).
C) Lettere e biglietti vari: un biglietto di auguri “Bonne annèe” realizzato a mano dalla figlia di “Jerem’ e Marina” che Belviso stessa non sa datare al 1942 o 1943; biglietto di auguri da Nizza per il Natale 1945; “In ricordo di una compagna” da Nizza, 4 agosto 1942; lettera di Carlo Durando a Belviso non datata ma proveniente da Nizza (1945?); lettera di “Bruna” a Belviso datata Nizza, 13 agosto 1945; lettera di “Luisa” a Belviso datata Nizza, 21 dicembre 1945.
Segnatura definitiva
PCI - X.70
X - 12, fascicolo 3
Attività svolta a Nizza
Estremi cronologici
1944 - 1945
Contenuto
Fascicolo che, come i precedenti, conserva materiale che Emilia Belviso aveva raccolto e inviato (con preghiera di averlo poi indietro) a Stefano Schiapparelli o ad Aldo Lampredi.
A) A proposito dell’espressione ‘Italiens’: volantino diffuso dal Comitato Italiano di Liberazione dopo la liberazione di Nizza. Il volantino, datato 16 settembre 1944, è presente in tre copie in lingua italiana e in due copie in lingua francese
B) Volantini del Comitato Italiano di Liberazione Nazionale delle Alpi Marittime: cinque volantini (uno solo dei quali in lingua francese) prodotti dal Comitato tra il 1944 e il 1945.
C) Lettera del Comitato Regionale dei Gruppi Comunisti Italiani a Nizza, a firma di Lucia (Emilia Belviso) relativa all’inchiesta sulla casa messa a disposizione dei comunisti illegali da Cesare Jebole - Nizza, 24 ottobre 1944.
D) Appunti sulla Resistenza a Nizza di Emilia Belviso: un dattiloscritto di 3 pagine su Raffaele Pieragostini; un dattiloscritto di 3 pagine sulla figura di Luigi Rossi (in lingua francese); un dattiloscritto di 2 pagine “Le donne nella lotta per la libertà” (aprile-marzo 1944); “Qualche residuo di documenti che parlano dell’attività degli italiani a Nizza […], 18 fogli dattiloscritti databili tra il 1944 e il 1945.
Redazione, Fondo P.C.I. Federazione di Genova, Inventario, Archivio Fondazione Diesse Genova, Intervento realizzato con il finanziamento della Soprintendenza Archivistica della Liguria, Novembre 2020