Il capitano Tosti, terzo da sinistra, a Bordighera nel 1941 con alcuni commilitoni - La foto è tratta dal libro "A testa alta" di Giuseppe Altamore - Fonte: Avvenire.it |
Il nord era sotto il controllo tedesco mentre il resto del territorio francese era sotto il governo collaborazionista di Vichy. “Nel marzo del 1943 l’opera del capitano Tosti si rivelò determinante a favore della popolazione di religione ebraica - dice il Generale di Brigata Antonino Neosi, Capo Ufficio Storico dell’Arma dei Carabinieri -. Attraverso l’attività di Tosti e di tanti altri militari italiani si riuscì a portare un cospicuo numero di cittadini di religione ebraica proprio in quel territorio sottraendoli dalla furia nazista. Grazie all’azione svolta dai militari italiani e dal capitano Tosti si riuscirono a salvare circa 4mila ebrei dalla deportazione. In particolare, non solo vennero garantite loro condizioni di vita più dignitose in quei paesini al confine con l’Italia - sottolinea Neosi -. Agli stessi vennero forniti mezzi di sostentamento e dei documenti falsi che gli consentirono di sfuggire alla Gestapo nazista e alla polizia del governo collaborazionista di Vichy”.
La famiglia dell’ufficiale dei carabinieri viveva a Bordighera, in provincia di Imperia, vicino al confine francese. “Lui era sposato con due bambini e la moglie era incinta del terzo figlio - aggiunge il generale Neosi -. Questo per dire che non c’era solo una necessità familiare, ma anche una necessità di servizio nel rientrare in Italia. La situazione del capitano Tosti è quella in cui si trovarono un po’ tutti i carabinieri in quel momento. Occorre considerare la difficoltà che si verificò dopo l’8 settembre 1943” riflette Neosi.
Il giornalista siciliano Giuseppe Altamore (originario della provincia di Palermo, ma residente da tanti anni a Milano) ha scritto un interessante volume dedicato al capitano dei Carabinieri Massimo Tosti: una figura da rivalutare e da inquadrare non certo tra i "collaborazionisti", ma tra gli eroi come il brigadiere Salvo D’Acquisto (sacrificatosi per salvare i civili dai rastrellamenti nazisti).
Nel libro "A testa alta. Massimo Tosti, il carabiniere che salvò 4000 ebrei" (Edizioni San Paolo), Giuseppe Altamore (oggi direttore della rivista Benessere, in passato caporedattore di Famiglia Cristiana dopo gli esordi professionali come collaboratore del quotidiano L’Ora di Palermo) ha raccontato una storia vera emersa da un voluminoso carteggio ritrovato dalla famiglia dopo la morte del Capitano nel 1976: Tosti era uno di quegli uomini in divisa che - nonostante le leggi razziali e i diktat nazisti - difesero gli ebrei nel Sud della Francia occupata dalle nostre truppe.
[...] Negli oltre 10 mesi in cui la IV Armata italiana rimase sulla Costa Azzurra e a ridosso della Alpi, fino alla linea del fiume Rodano, si creò, però, una zona in cui gli ebrei trovarono un rifugio sicuro grazie a una rete di salvataggio guidata dal banchiere italo-francese Angelo Donati, dal cappuccino padre Pierre-Marie Benoît e dai Carabinieri reali. Tra questi primeggiò il Capitano Massimo Tosti, che si adoperò, spesso rischiando la vita, nel facilitare il passaggio dei rifugiati che, da tutta la Francia, accorrevano nella zona controllata dal nostro esercito che venne per questo chiamata la "piccola Palestina".
L’azione del Capitano Tosti proseguì anche dopo il tragico 8 settembre 1943 nella provincia di Imperia, dove continuò la sua opera di salvataggio degli ebrei in fuga dal Sud della Francia invasa dai tedeschi. Nonostante il suo impegno antifascista, a guerra finita il Capitano Tosti rischiò di essere espulso dall’Arma con l’accusa di collaborazionismo. Ma la verità si impose e l’ufficiale conobbe riconoscimenti e una brillante carriera.
Oltre ad avere salvato migliaia di Ebrei, Tosti aveva anche aiutato i partigiani liguri. Secondo Altamore, "fu costretto a documentare, con tanto di testimonianze scritte, che non era stato un carabiniere fascista, soprattutto dopo l’8 settembre 1943. Forse un doppiogiochista, ma sempre a favore dei partigiani, non certo per favorire le persecuzioni nazifasciste".
Pietro Scaglione, La riscoperta del capitano Tosti, il carabiniere salvatore degli ebrei e amico dei partigiani, Antimafia Duemila, 3 aprile 2021
Fonte: Italiani in guerra cit. infra |
Redazione, Il carabiniere che salvò 3000 ebrei, Italiani in guerra
Quella del Capitano Tosti (Campobasso, 13 febbraio 1901 - Milano, 13 marzo 1976), autentico salvatore della patria, morto a 76 anni con i gradi di colonnello dei carabinieri e senza mai raccontare nulla in famiglia delle vicende belliche, è la storia di un uomo in divisa e di altri uomini come lui, che nonostante le leggi razziali e i diktat nazisti difesero gli ebrei nel Sud della Francia occupata dalle truppe italiane.
La nuova pubblicazione del giornalista e saggista Giuseppe Altamore è un libro da leggere in occasione della Giornata della Memoria. Stiamo parlando del volume “A testa alta” (Edizioni San Paolo 2020, pp. 144, 18,00 euro), nel quale l’autore rievoca la figura di “Massimo Tosti, il carabiniere che salvò 400 ebrei”, come recita il sottotitolo del testo. Una storia eroica di coraggio e ardimento che rivive nelle pagine di Giuseppe Altamore, appassionato di storia e teologia, da qualche anno impegnato nel dialogo ebraico-cristiano, direttore responsabile del mensile BenEssere, la salute con l’anima del Gruppo Editoriale San Paolo, da noi intervistato.
“È bene quindi dare merito a questa schiera di uomini e donne che, essendo nel Nord del Paese in particolari situazioni familiari, si comportarono come il Capitano Tosti. A loro l’onore delle armi e la riconoscenza di tutti coloro che furono salvati da morte certa”, scrive nella Prefazione del libro il Generale di Corpo d’Armata Roberto Jucci, ex Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri.
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La vicenda si dipana in gran parte nella Francia occupata dall’esercito italiano e dalle truppe tedesche tra il novembre 1942 e il settembre 1943. Undici mesi nodali, dove i nostri soldati “si erano trasformati in inaspettati salvatori, pronti perfino a impugnare le armi per difendere gli ebrei dalle pretese della Gestapo e della Repubblica fascista di Vichy”. Ce ne vuole parlare?
«L’8 novembre 1942 gli anglo-americani sbarcarono in Nord Africa, mentre in Libia l’Italia indietreggiava. Come conseguenza, in meno di ventiquattr’ore tutta la zona libera francese passò sotto il controllo delle forze tedesche e italiane per prevenire uno sbarco alleato sulle coste del Mediterraneo. Al Governo di Vichy rimase formalmente l’amministrazione statale. La IV Armata italiana, comandata dal generale Mario Vercellino, prese allora il controllo di un vasto territorio, che andava da Tolone, in Francia, a punta Mesco, nel comune spezzino di Monterosso. La Francia passò interamente sotto il comando tedesco, mentre la Provenza e la Costa Azzurra, per l’appunto, furono occupate dalla IV Armata, forte di 30mila uomini. Gli ebrei furono concentrati in alcune località a ridosso delle Alpi e furono sempre difesi dagli italiani fino all’8 settembre 1943. Il Capitano Tosti fu determinante in questo senso».
È vero che a guerra finita, il Capitano Tosti, dovette dimostrare al ministro della Difesa la sua fede antifascista, anzi di non essere stato un volenteroso collaboratore della sedicente Repubblica sociale italiana?
«Purtroppo, dopo l’8 settembre il Capitano dovette presentarsi al suo comando, perché la sua famiglia era in una situazione di estremo pericolo con la moglie prossima al parto. Se si fosse dato alla macchia, avrebbe lasciato la moglie e il figlio Giancarlo di pochi anni in balia degli eventi. Giocoforza dovette formalmente dire sì alla Repubblica sociale italiana, ma in segreto continuò ad aiutare gli ebrei e la resistenza, rischiando la propria vita, perché a un certo punto fu scoperto. Il Capitano si diede allora malato per non coinvolgere la famiglia. A fine guerra, dovette dimostrare di non essere stato un collaboratore del regime fascista. Nel libro racconto come ciò avvenne».
A metà degli Anni Cinquanta la strada di Massimo Tosti si incrociò con quella di un altro carabiniere di circa vent’anni più giovane, che sarebbe stato un suo sottoposto per un certo tempo. Quale era il nome di questo carabiniere?
«Sì, il giovane carabiniere di allora divenne poi il famoso generale Dalla Chiesa. È straordinario questo accostamento del destino di due uomini che hanno dato tanto al nostro Paese, mi viene da dire alla Patria. Uomini tutti di un pezzo, con un’integrità morale non comune, che hanno attraversato i momenti più difficili della storia mostrando che cosa possono fare le persone che davvero si dedicano agli altri».
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Alessandra Stoppini, Massimo Tosti, il carabiniere che salvò 400 ebrei: “Difese i valori in cui credeva a rischio della vita”, Santalessandro.org, 27 gennaio 2021