sabato 29 maggio 2021

Mattino a Oneglia (di Cesare Vivaldi)

Il mare poco a levante di Oneglia (Imperia) - Fonte: Mapio.net

Mattino a Oneglia 

Stamattina a buonora mi risvegliano
le grida dei ragazzi entusiasmati
dai tuffi lungo il molo. Tutta Oneglia
sventola una marina di bucati

stesa davanti ai miei piedi, ed è ben sveglia
nel sole ogni finestra, insaponati
visi specchia; qualcuno unge una teglia
e vi dispone pesci infarinati.

Felicità d’esser vivi, e allegri
nel vento cogliere tutti gli odori
della città e del porto, la frittura,

il catrame che bolle. L’occhio ai negri
scafi dei lontanissimi vapori
si fissa. Come una nuova avventura.

Cesare Vivaldi

Non è infrequente che il sonetto, circa negli anni cinquanta, sopravviva usato proprio in senso descrittivo, convenzionale. È il caso di Mattino a Oneglia, di Cesare Vivaldi, in Il cuore di una volta, Caltanissetta, Sciascia, 1956. La sensibilità figurativa dell'autore si incontra con la maniera neorealistica, descrittiva.
Stefano Pastore, Il Sonetto nel secondo Novecento: presenza e problematice, Studi Novecenteschi, Vol. 23, No. 51 (giugno 1996), Accademia Editoriale

Una mimesi del parlato orientata in senso opposto, verso la costruzione di un vernacolo carico di peculiare incisività si impone soprattutto a partire dalle esperienze di Cesare Vivaldi (1925-1999) inseribili nel clima del Neorealismo: la marginalità del suo linguaggio onegliese contribuisce a sostanziare l’alterità del dettato dialettale per suggerire, in una stilizzazione di sapore raffinatamente letterario, forse eccessivamente retorica nel gusto dichiarato per l’antiretorica, l’esigenza di un linguaggio poetico «altro».
Fiorenzo Toso, Profilo di storia linguistica di Genova e della Liguria. I progressi dell’italianizzazione e la reazione regionalista in La letteratura in Liguria fra Ottocento e Novecento - Storia della cultura ligure (a cura di Dino Puncuh), Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2016

[...] Confesso che la poesia di Cesare Vivaldi la conoscevo poco (qualche verso in dialetto e due testi in lingua contenuti in un bel volumetto degli anni ’70, Imperia in inchiostro di china), anche se ricordavo di averlo incontrato nel 1987 ad un convegno tenuto a Imperia sulla figura e sull’opera di Mario Novaro.
Provare a parlarne diffusamente significa dunque riscoprirla, aggiungere un tassello a un quadro della poesia del ponente, che a dire il vero si è sviluppato in questo caso lontano da qui, a Roma, dove Vivaldi si era trasferito ancora bambino; con la sua terra ha conservato però un legame forte, testimoniato dai numerosi testi in dialetto, dal racconto su cui rifletteremo, come dai frequenti viaggi in Liguria e dalla permanenza estiva a Finale, dove aveva acquistato una casa.
Si tratta senza dubbio di un personaggio poliedrico, che alla poesia alterna il racconto, alla cura di antologie la traduzione di alcuni classici latini e di Rimbaud, all’attività di giornalista quella di critico d’arte e di docente di storia dell’arte all’Accademia di Belle Arti di Napoli e di Roma.
Diversi sarebbero dunque i modi di approccio, ma certo sarebbe difficile voler tutto abbracciare in poco tempo; la scelta si è perciò orientata sulla poesia in dialetto e sul racconto, perché i legami con la realtà del Dianese sono ben marcati: il dialetto, per ammissione dell’autore, è anche quello di Diano Borello, paese d’origine della madre, il racconto è ambientato in quella zona e dintorni, almeno due poesie, Lo spaccapietre e Settembre ritrovato, contengono un esplicito riferimento al paese e a Diàn [...]
Carlo Alassio, Da Borello a Roma e ritorno: la poesia ligure di Cesare Vivaldi, Incontri in Biblioteca, "L’infanzia, il passato, il presente. Tre stagioni, tre autori del Ponente ligure", Comune di Diano Marina, Biblioteca "A. S. Novaro", 2007

La disamina dell’evoluzione del linguaggio poetico d’una regione, nell’antologia Poesia in Ligure tra Novecento e Duemila (Cofine, 2019), si fonda sulla scelta di autori con cui potere “documentare a sufficienza lo sviluppo della letteratura ligure nei diversi momenti storici”, scrive in premessa il curatore Alessandro Guasoni. In sintesi, si tratta di un percorso storico-letterario a carattere divulgativo su vita e opere di tali selezionati autori,  tramite schede biobibliografiche e note critiche che argomentano intorno alle influenze stilistiche, alle scelte tematiche, ai retaggi socio-culturali (la tradizione, le suggestioni melodrammatiche, e loro superamento) in due distinte parti, Poeti genovesi e Poeti delle due Riviere.
[...] Tra i rappresentanti della letteratura dialettale novecentesca, Cesare Vivaldi (1925-1999), “noto in Italia e all’estero” avviò la ricerca di “un mezzo espressivo (…) svincolato da ogni suggestione letteraria, nell’ambito del clima neorealista”. Versi come  A menestra co-o pisto a odora fòrte, oppure I òmi mangia in silensio à l’osteria, e anche O mé barba o l’è un òmo grande e groscio, richiamano temi usuali e riti quotidiani o periodici direttamente attinti dalla realtà comune. [...]
Maria Gabriella Canfarelli, Poesia in Ligure tra Novecento e Duemila di Alessandro Guasoni, Poeti del Parco, 14 gennaio 2020






Ritorno sempre in queste valli dalla terra rossiccia, dalla terra a fasce costruite verticali, tra i rami ritorti, duri e dolenti degli ulivi grigi, nei paeselli di pietra antica dalla dinamica architettura che si crea a slanci verticali, ritorno al mare ostile, o gioioso nella notte di luna, ed ogni fascia della terra è un letto per fare l'amore.
Questa costa ligure di ponente nelle sue spaziose aperture dinamiche, nelle valli dell'entroterra, dove l'aria respirata è bruciata di sole, mi accoglie sempre in un ozio aderente alla vita e ricco d'esplosioni di giovinezza, nella fervida natura di pini palme agavi e cipressetti gentili.
Forse qui scopro meglio che altrove il segreto della mia nascita, del mio dolce riposo, del mio lavoro; ma certo la morte non la saprei conoscere, tutto è vivente e vibrante, anche il dolore.
Ricordo i versi qui del poeta Cesare Vivaldi (Quaderni di poesia popolare):
Con un bicchiere in mano un uomo esce -
dalla porta segnata da un ramo di pino -
il vecchio dalla chitarra se ne va -
aprendo al sole la gola rossa di vino
che in un libretto in dialetto ligure ha segnato alcuni accenti precisi di questi paesi.
Guido Seborga, Riviera di Ponente, Il Lavoro Nuovo, 19 agosto 1951
 
Cesare Vivaldi (Porto Maurizio, 13 Dicembre 1925 - Roma, 13 gennaio 1999) è stato un poeta, traduttore e critico d’arte. Nel 1932 lascia la Liguria per trasferirsi a Roma, dove consegue la laurea in Lettere nel 1951 con una tesi sulla poesia di Dino Campana discussa con Giuseppe Ungaretti. Nel dopoguerra partecipa all’esperienza della rivista «La strada» di Antonio Russi, iniziando anche la sua attività di critico d’arte. Iscrittosi al PCI, diviene giornalista per «L’Unità», ma in seguito ai fatti d’Ungheria abbandona il partito. Esordisce giovanissimo come poeta con I porti (Guanda 1943), raccolta ancora improntata ad uno stile ermetico, per poi dedicarsi ad una poetica di tipo neorealista. Già a partire dalla pubblicazione di Otto poesie nel dialetto ligure di Imperia (Arte della Stampa 1951), si manifesta il suo interesse per la poesia dialettale, cui dedicherà alcuni lavori (Poesie liguri 1951-1954, All’insegna del pesce d’oro 1960; Poesie liguri vecchie e nuove, All’insegna del pesce d’oro 1980; La vita sa di buono: tutte le poesie in dialetto ligure (1951-1992), Newton Compton 1996). A partire dagli anni Sessanta la sua poesia si fa sperimentale e risente dell’influsso della neoavanguardia. La sua attività poetica è sempre accompagnata da un’eguale attenzione per le arti visive. Collabora, infatti, con alcuni artisti per la realizzazione di opere quali: Ode all’Europa ed altre poesie. 1945-1952 (Edizioni della Sfera 1952), con tre illustrazioni di Domenico Purificato; Dialogo con l’ombra (Grafica 1960), con cinque disegni di Giulio Turcato; Disegni e poesie (Edizioni Arco d'Alibert 1966), cartella contenente venti poesie dell’autore e ventisette disegni di Osvaldo Licini; Immagini catturate (Edizioni della Pergola 1970), con cinque incisioni di Emilio Scanavino e sei poesie dell’autore. Nel 1972 collabora con l’artista Ermanno Leinardi per la realizzazione della cartella Sei O, composta da sei serigrafie e una sua poesia. Gli anni Ottanta e Novanta risultano altrettanto proficui sia per quanto riguarda la critica d’arte, che la poesia. A sua firma escono, infatti, svariati interventi su cataloghi di mostre dedicate ad artisti quali Antonio Sanfilippo, Achille Perilli, Gastone Novelli, Enzo Brunori e molti altri, nonché raccolte quali Le parole e la forma: 12 poesie per 12 artisti (Botolini 1984), La brace delle parole (Grafica dei Greci 1984), con tre serigrafie originali di Piero Dorazio, Pietra d’Assisi (1985-1987) (Menagò 1988), con disegni di Claudio Verna, Poesie scelte, 1952-1992 (Newton Compton, 1993) e Il colore della speranza. Poesie 1951-1998 (Piazzolla 1999). Nel 1991, inoltre, impronta con Giacinto Spagnoletti un repertorio di poeti dialettali (Poesia dialettale dal Rinascimento a oggi, Garzanti 1991). Accanto alla sua attività di poeta e critico d’arte non va dimenticato il suo lavoro come traduttore, iniziato nel 1961 con le traduzioni di Arthur Rimbaud (Poesie; Illuminazioni; Una stagione all’inferno, Guanda 1961) e proseguito con quelle dal latino degli Epigrammi di Marziale (Guanda 1962), l’Eneide di Virgilio (Guanda 1962, più volte riedita), Contro le donne di Giovenale (Newton 1993) e L’arte d’amare; Come curar l’amore; L’arte del trucco di Ovidio (Newton 1996).
Valeria Eufemia, Cesare Vivaldi, Verba Picta