venerdì 24 marzo 2023

Cercavo una cittadina che potesse essere simile a Oneglia


Imperia: Borgo Peri
 

Mio nonno, tanti anni fa, era già vecchio ed io trentenne.
Quando veniva a pranzo da me mi diceva spesso che ad Oneglia si stava bene, ma che aveva incontrato un amico che gli diceva sempre: "Sono rientrato dalla California, e ti debbo dire, Tugnen (nel dialetto onegliese Tonino), che a Los Angeles il clima è meglio che da noi... le scogliere sono bellissime ed impervie e giù, a valle, spiagge sabbiose, di sabbia scura e più consistente della nostra".
Naturalmente, nei miei sogni, continuai a pensare alla California e alle sue scogliere.
Un giorno del 1987 mi recai in una agenzia turistica e fissai un viaggio per la California con un'amica a me molto cara e con la quale sapevo di viaggiare tranquilla: uso questo termine perché in viaggio si deve andare con persone che non creano problemi.
Dopo un lungo viaggio aereo, di circa 13 ore, siamo giunte finalmente in California, a Los Angeles.
La città è splendente.
Con il pullman siamo andate in giro per la città.
Ultima meta gli studi della "Universal", dove abbiamo potuto vedere come si realizzano gli effetti speciali di alcuni film e i mostri che hanno popolato le sale cinematografiche per tante stagioni: "King Kong", il Drago di "Conan il Barbaro", "Lo Squalo" ed altri.
Siamo state anche davanti al ristorante cinese, dove sul cemento sono impressi i nomi e le impronte delle mani e dei piedi dei divi più celebri di Hollywood.
Vidi molte altre cose interessanti che colpirono la mia fantasia.
Ho ancora davanti agli occhi, nel deserto Foothill, un cactus gigante, altissimo, simile a un enorme candelabro, ed altro, altro ancora.
Cercavo una cittadina che potesse essere simile a Oneglia.
Ancora non la trovavo.
Ad un certo punto ci trovammo davanti al Gran Canyon. Uno spettacolo sconcertante. Una cosa che prende alla gola, una mostruosità della Natura che ti mostra la sua potenza. Spettacolo bello e al contempo quasi orrido.
Dopo molto errare da uno stato all'altro, rientrammo in California.
Ecco un luogo bellissimo, Carmel. In questa città l'aria è profumata di eucaliptus e di mare. Il paese era vagamente simile a Oneglia, però non c'era il Mar Ligure, ma l'Oceano Pacifico. Piccole onde si infrangevano sulla spiaggia con riccioli grossi e bianchi. In Carmel, come in Costa Azzurra, sono stati impiegati milioni di dollari per la difesa dell'ambiente.
Lontano da Carmel abbiamo percorso una strada che si snodava sull'Oceano.
Ecco le coste dell'amico del nonno, alte e rocciose. C'erano solo poche ville che sembravano scivolare sugli scogli, i quali pullulavano di gabbiani. A volte, tra uno scoglio e l'altro, si intravedeva una spiaggetta sabbiosa, di sabbia scura e molto consistente. A tratti si vedevano persone scivolare sull'acqua, impegnate nello sport che si chiama "surf".
Cosa posso concludere allora?
Le Riviere di Levante e di Ponente e la Costa Azzurra francese sono più belle e più vivibili delle pur splendide e caratteristiche città della California.
Scelgo Oneglia, la mia città natale e dove ho sempre vissuto, che, pur ricordando per alcuni aspetti la California, è più vivibile e ospitale.
Uliana Zanetta Castagno (Imperia, 1923-2012)
Giovanni Donaudi, Sognando la California, mailinglist Giovanni Donaudi, 14 gennaio 2022

venerdì 17 marzo 2023

Tutti alle 17 in Piazza Dante


45 anni dal sequestro Moro.
Ero segretario provinciale della CGIL a Imperia.
 

Imperia: l'ex Fabbrica Agnesi


Nel giro di poco più di un'ora fermammo le fabbriche.
Contattai il segretario della CISL, Claudio Pisani, che aveva sede a Sanremo e che aveva già provveduto a fermare Comune e Casa da Gioco.
Tutto l'arco costituzionale convenne sulla necessità di organizzare una grande manifestazione in Piazza Dante a Oneglia.
Ho trovato il volantino, semplice e chiaro, che distribuimmo e che diffusi con l'altoparlante:
"Il sequestro dell'onorevole Aldo Moro, il massacro degli uomini della sua scorta, sono atti compiuti contro le istituzioni democratiche, contro la convivenza civile e le conquiste dei lavoratori.
Lavoratori e cittadini uniti nello sciopero generale e nella difesa della democrazia. Tutti alle 17 in Piazza Dante
".
Fui delegato a parlare a nome della Federazione Unitaria Cgil, Cisl, Uil, dei partiti del comitato antifascista, PCI, PSI, PSDI, PRI, DC, PLI, del Comune e della Provincia.
La piazza era piena.
 

Lorenzo Trucchi durante il comizio del 16 marzo 1978 ad Imperia

Tenni un comizio di circa quaranta minuti.
Dopo ci sciogliemmo.
Ricordo come allora lo sgomento per quanto stava avvenendo, ma anche la convinzione che l'unità dei lavoratori e delle forze democratiche costituiva un sicuro e invincibile baluardo contro l'eversione.


Sanremo (IM): la casa da Gioco

Lorenzo Trucchi

sabato 11 marzo 2023

Nel bosco di Rezzo alla ricerca della "Ruve du Megu"

Rezzo (IM). Fonte: Mapio.net

Il primo albero che ho cercato è stata una quercia: la rovere del medico la "Ruve du Megu". Ero con Lucrezia, mia figlia. Lei mi ha sempre incitato a partire ed ha condiviso con me la correzione delle bozze, sorridendo quando le chiedevo se qualcuno avrebbe letto il libro.
La quercia è un albero robusto, tenace, forte. Lo stemma dell'Italia riporta il ramo di quercia affiancato a quello dell'ulivo a simboleggiare la forza della Repubblica e la volontà dello Stato di lottare per la pace. Le foglie di quercia le trovate scolpite sopra l'architrave del vecchio portone di ingresso al Castello di Rezzo a ornamento del blasone dei Marchesi di Clavesana, che su queste terre hanno dominato fino alla seconda metà del 1300.
L'albero di Zeus, il padre immortale degli Dei venerato dagli Achei e dai Troiani, era una quercia, e Atena e Apollo erano seduti su di un ramo di essa ad assistere alla battaglia era Greci e Teucri sulla pianura fuori le mura di Ilio.
Entriamo nel bosco quando il pomeriggio estivo si avvicina alla sera. La luce non è più quella fresca, diretta, del mattino, è più diffusa, planante, ombrosa, è una foresta di querce intensa, con qualche castagno sparuto, camminiamo  lungo la mulattiera risalendo il selciato.
Mentre avanziamo a passi rapidi, osserviamo intorno con occhio vigile per scorgere un albero di dimensioni inconsuete. Non può passare inosservato anche ai cercatori neofiti come noi. Niente appare ai fianchi o davanti: dietro siamo sicuri di non aver lasciato nulla di inesplorato; abbiamo letto i cartelli e siamo sulla via indicata. Domando a Lucrezia, anche per distrarla: "tu vedi qualcosa?"
"No papi, non vedo nulla, ma sei sicuro che andiamo giusti?"
"Sì! La freccia indicava questa direzione, hai visto anche tu?"
"Eeehhh, pà io ti seguo cosa mi chiedi! Già siamo partiti alle quattro, come tuo solito!"
Penso, una quercia che ha la circonferenza del fusto di oltre 400 cm ed è alta 28 metri, non può nascondersi nel bosco anche fitto.
Improvvisamente, come in un frame movie, a sinistra emerge, oltre la cima di un balzo di terra, una struttura arborea dall'impalcatura bruna rivestita di foglie ancora verdi. Grido a Lucrezia: "eccola, lassù in alto, la vedi?" Percorro pochi passi e scompare inghiottita dalla foresta; Lucrezia, dietro di alcuni metri, udita la voce concitata, mi chiede: "dove, dove?", con il braccio teso, accompagnando il gesto con la rotazione del capo, indico la direzione: "lassù, la vedi? Io l'ho persa!"
"Sì, la vedo! La vedo!" esclama rapita lei e mentre dice queste cose, mi raggiunge dove la quercia scompare alla vista. Ci osserviamo perplessi, riprendiamo il cammino attendendo nuove apparizioni.
Arriviamo alla svolta, la freccia indica la direzione. Attendiamo, prendiamo fiato. Siamo saliti rapidi, il meriggio volge alla sera. Il sentiero davanti a noi scende dritto, andiamo. Pochi passi e l'albero emerge imponente dalla foresta. Arriviamo dall'alto e questo produce un effetto prospettico da ripresa cinematografica, come l'inquadratura di un western di Sergio Leone che passa dal campo largo al dettaglio dei volti, così l'albero dapprima appare con l'impalcatura arborea completa, per poi lasciare il campo ai dettagli del fusto, dei rami e della fronda al diminuire della distanza dei passi.
Le querce intorno sono intimorite, tacciono; la terra nel raggio di cinquanta palmi dal fusto della "Ruve du Megu" è gerbida, nessuna qualità arborea osa germogliare. Restiamo muti ad osservarla girando intorno al tronco, sollevando il capo ripetutamente; estraiamo il metro, giriamo la circonferenza tornando alla partenza dopo 434 cm di tragitto. L'albero con tronco più grande che è cresciuto intorno alla "Ruve du Megu" ha un fusto di 185 cm di circonferenza.
La nostra perseveranza è stata premiata. Abbiamo insistito, non ci siamo arresi, abbiamo superato il timore di non aver il tempo di arrivare all'albero, abbiamo vinto la paura del crepuscolo raggiungendo la meta: siamo felici.
Usciamo dal bosco salendo all'abitato di Conio, dove un'anziana  signora, sulla strada di casa, ci saluta sorridendo. Noi ancora avvolti dalla gioia di aver trovato quello che cercavamo, dopo aver ricambiato il saluto, diciamo: "arriviamo dalla Ruve du Megu" e lei orgogliosamente come solo chi sente il legame materno con il villaggio di origine dice esclamando e interrogando:
"È bella, vero !?"
"Sì", rispondiamo senza indugio.
Conoscendo la fama di Conio, domando: "è possibile comprare da qualcuno i fagioli?"
Lei con saggezza contadina risponde: "tornate a metà ottobre."
Marco Bertolino, Vento alto, Youcanprint, Lecce, 2022, pp. 5-9

mercoledì 8 marzo 2023

Considerazioni, sparse nel tempo, di persone di Sanremo su cultura, scuola, educazione, e non solo

Sanremo (IM): Museo e Centro di Cultura "ex Forte di Santa Tecla"

"È molto difficile non salire sul piedistallo", dice Alfredo Moreschi - e rimanere sulle cose, senza tentare di prevalere. Ma è probabilmente la cosa più saggia da fare.
pag. 87

Alberto Sinelli, musicista, mio maestro di percussioni per un breve periodo, sosteneva: un cane, quando si rallegra, scodinzola. Ora, aggiungeva, non è detto che se tu scuoti la coda ad un cane, questi diventa contento. Ma può anche essere.
pag. 92

A scuola si dovrebbe imparare a esercitare il pensiero, ragionare con la propria testa, farsi delle proprie idee. Essere autonomi e critici. E pensare che io sono stato rimproverato anche perché leggevo libri, persino in una biblioteca civica (ne stavo sfogliando, anche se con molta attenzione, troppi - dovevo toccarne solo uno...). Colpevolizzato perché leggi libri, come con la Demartini. Il prof di disegno delle medie inferiori, un giorno che sciorinò una serie di fascicoli de I maestri del colore e de I maestri della scultura, alla richiesta di uno studente di poterne sfogliare uno, rispose con un secco "no!".
pag. 95

Marisa Biga Bestagno mi raccontava che quando un allievo sosteneva di non aver capito, lei spiegava la ciosa secondo un'altra prospettiva, in modo diverso: perché se la versione che si era appenavoluto porgere all'allievo non era stata compresa, il ripeterla probabilmente avrebbe nuovamente generato la stessa incomprensione (e Bertrand Russel: "Ricapitolerò quindi i suoi punti principali, nella speranza che, messi in parole diverse, essi diventino meno oscuri"). Se un ragazzo dice di non aver capito non si deve rispiegare, ripetere, ma dire il concetto in un'altra prospettiva, per farlo capire. Non è mica sempre vero che repetita juvant.
pag. 96

"L'adolescenza, fragile e impressionabile, - scrive Giuseppe Conte, Buoni maestri cercansi per missione anti-branco, "Il Secolo XIX" del 30 marzo 2010 - avrebbe bisogno di risorse, di anticorpi contro la propria fragilità e impressionabilità. Letture importanti, obiettivi da raggiungere, sogni da inseguire per costruire un futuro".
pag. 100

Vito Farace, finalmente cito un mio compagno di scuola e non un produttore di libri, il 5 marzo 1980 chiaccherò felicemente con me, e mi diede tanti spunti: l'educazione nel corpo dei bambini, la scuola è bella perché dall'altra parte c'è un interlocutore che ti critica, il tempo dei giovani (lo puoi passare in bar in cui t'allaghi di roba il fegato, oppure in altre maniere), i ricchi non possono capire certe cose perché non le vivono, i poveri s'adeguano alle mode, ci sono pittori che non sono convinti di ciò che fanno e che appartengono a un sistema di conoscenze, ci sono gli integrati.
pag. 101

In una mia agendina, datata 1978, trovo questo pensiero: "L'inventare il sesso e altre attività elementari coma fatto affascinante e creativo". Ecco, restiamo un momento sul tema della cosiddetta "educazione sessuale".
pag. 105

Essenzialmente, io sono un autodidatta. Avevo sempre l'impressione che gli elementi veramente validi mi pervenissero dal di fuori della scuola. Potevano essere le trasmissioni televisive di Sapere o i fascicoli dei Maestri del colore, i libri di zoologia o quelli di storia del cienema. La scuola, a parte qualche eccezione, mi sembrava gestita da persone limitate, alquante stupide, e a volte cattive. Per cui ero ben felice di discutere con amici adulti dei disegni di Paul Klee, senza sentirmi dare del presuntuso e senza dover fare relazioni e verifiche.
pag. 106

Ma quello che mi interessa, qui, in senso pedagogico è semplicemente affermare che a scuola è importante fare le cose. Con l'azione capisci - un giorno fai una cosa, e da lì capisci che la sai fare. Bambini e adolescenti - e non solo - capiscono tutto, anche il non esplicito.
pag. 116

Occorre perdere tempo, per imparare le cose. L'insegnamento, se passa, passa fra gli interstizi, per distrazione, per mezze frasi casuali, passa nei vuoti, tra le fessure, fra un gesto e l'altro, quasi come un tradimento delle aspettative. E. M. Forster: "solo quello che vedi con la coda dell'occhio ti tocca nel profondo".
E poi posso citare qualche mio amico. Ad esempio, Alfredo Moreschi: che dice: no a generalizzazioni e definizioni (perché tutto è pro tempore). E dice: reinventare le cose laterali, marginali. E ancora: il libro comincia una volta chiuso, dopo la parola fine. E Roberto Colombo, quasi a chiosare: importa quello che viene dopo, gli effetti che crea.
pag. 117

Sgt. Tibbs è l'educatore che non educa ma agisce. È un operatore, non un oratore. La sua missione è portare in salvo i cuccioli, e il messaggio educativo che rilascia è quindi riferito a ciò che fa [...]
Il mio pedagogo di riferimento, il mio maestro spirituale, resta senza dubbio il Sergente Tibbs.
pag. 128

Marco Innocenti, Elogio del Sgt. Tibbs, Edizioni del Rondolino, 2020

Altri lavori di Marco Innocenti: articoli in IL REGESTO, Bollettino bibliografico dell’Accademia della Pigna - Piccola Biblioteca di Piazza del Capitolo, Sanremo (IM); articoli in Mellophonium; Lorem ipsum, lepómene editore, 2022; (a cura di) Marco Innocenti, Il magistero di Cesare Trucco - per il centenario della nascita 1922-2022, Lo Studiolo, Sanremo, 2022; Scritti danteschi. Due o tre parole su Dante Alighieri, Lo Studiolo, 2021; I signori professori, lepómene editore, 2021; Verdi prati erbosi, lepómene editore, 2021; Libro degli Haikai inadeguati, lepómene editore, 2020; Flugblätter (#3. 54 pezzi dispersi e dispersivi), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2019; Sandro Bajini, Fumata bianca dopo penosi conciliaboli (con prefazione di Marco Innocenti), Lo Studiolo, 2018; articoli in Sanremo e l'Europa. L'immagine della città tra Otto e Novecento. Catalogo della mostra (Sanremo, 19 luglio-9 settembre 2018), Scalpendi, 2018; Flugblätter (#2. 39 pezzi più o meno d'occasione), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2018; Sandro Bajini, Andare alla ventura (con prefazione di Marco Innocenti e con una nota di Maurizio Meschia), Lo Studiolo, Sanremo, 2017; La lotta di classe nei comic books, i quaderni del pesce luna, 2017; Sanguineti didatta e conversatore, Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2016; Sandro Bajini, Libera Uscita epigrammi e altro (postfazione di Fabio Barricalla, con supervisione editoriale di Marco Innocenti e progetto grafico di Freddy Colt), Lo Studiolo, Sanremo, marzo 2015; Enzo Maiolino, Non sono un pittore che urla. Conversazioni con Marco Innocenti, Ventimiglia, Philobiblon, 2014; articolo in I raccomandati/Los recomendados/Les récommendés/Highly recommended N. 10 - 11/2013; Sandro Bajini, Del modo di trascorrere le ore. Intervista a cura di Marco Innocenti, Ventimiglia, philobiblon, 2012; Sull'arte retorica di Silvio Berlusconi (con uno scritto di Sandro Bajini), Editore Casabianca, Sanremo (IM), 2010; Pensierini, Lepomene, Sanremo, 2010; Sgié me suvièn, Lepomene, Sanremo, 2010; Prosopografie, lepómene editore, 2009; Flugblätter (#1. 49 pezzi facili), lepómene editore, 2008; (a cura di) Alfredo Moreschi in collaborazione con Marco Innocenti e Loretta Marchi, Catalogo della mostra fotografica. 1905-2005: Centenario del Casinò Municipale di Sanremo. Una storia per immagini, De Ferrari, Genova, 2007; con Loretta Marchi e Stefano Verdino, Marinaresca la mia favola. Renzo Laurano e Sanremo dagli anni Venti al Club Tenco. Saggi, documenti, immagini, De Ferrari, 2006
Adriano Maini

Sanremo (IM): Corso Mombello

CHIARA: anche se non lo so a mille, questo epistolario non esiste, non c’è una lettera che sembri di Do, sì una c’è!, quella sul Natale, lei sa scrivere bene da sempre, da sempre 10 e i complimenti dei prof., lo so perché le superiori le abbiamo fatte insieme…che due persone diverse! Sono praticamente sicura che un bel giorno mi ha girato lo zucchino (una girata de sucùn) e le ho fatte, queste lettere,  a partire dal mio diario e dai ricordi che…ragazzi,  ce l’ho sempre “belli freschi” come l’insalatina!
Spero si apra un dibattito con la Do, ma la Do è già sconfitta, non avrà pezze d’appoggio.
- ma figurati! La Do è un po’ maga!
- è tanto maga che le sue lettere le ha scritte lei…senza mai averle scritte! Amen, ha vinto! Forse queste lettere, che sono state messe lì nude e crude, per dire qualcosa di due adolescenti di allora (sembrano passati vari secoli), andrebbero “rifatte”, se qualcuno ne fosse capace, e farle diventare “un prodotto letterario” perché così, temo, abbiano il sapore della gioventù solo per noi due! Chiunque potrebbe farlo, chiunque ci si identificasse un po’, certo la più adatta sei tu cara la mia maga DoDo!
Voglio trascrivere un commento di B.B., che voi conoscete, ma che ripubblicherò!, sulle lettere che, gentilmente, si è pure letta… Questo commento e’ necessario perché, pesante come un macigno, ci riporta subito coi piedi per terra di fronte a due adolescenti più o meno abbastanza “tipiche!
"Peccato che non ci siano le date delle lettere che vi scrivevate. Però mi rendo conto che avevate dei problemi ben profondi, ma molto, molto diversi dai miei di quei tempi".
[...]
DO: Mi dici che ho chiuso i battenti e che non rido. Secondo te c’è qualcosa da ridere in giro? Il panorama è squallido, tutto fatto a “strissie”, come dice il nostro brillantissimo professore. Se almeno ci fosse un po’ di sole, ma anche quello oggi sembra andato a dormire, beato lui. E intanto le erbe della steppa germogliano, diventano altissime e si seccano, senza che noi ci possiamo fare niente (beh, possiamo almeno seccarci).
Io guardo il professore semplicemente per non addormentarmi. È una sfida a chi si addormenterà per primo, sicuramente io morirò per prima. Quei poveretti in prima fila davanti alla cattedra si prendono anche tutti gli spruzzi di saliva. Bisognerà mandarci Birone, così avrà la faccia di aprire un ombrello. Pastorelli mi ha portato da leggere un libro di Marina Sereni, “I giorni della nostra vita”. Che sia un auspicio? Già il mio cuore batte più forte e “le rose del mio viso” trascolorano. Ma lui non lo sa.
[...] CHIARA:
[...] oltre alla scuola, c’è la città dove siamo nate.
Una città che non è una città, ma un buco di paese dove tutti sanno tutto di tutti e ci passano le serate, sanno con chi vai, come ti vesti e commentano… Mia sorella dice sempre che è una vergogna come mi concio… perché tutti sanno che sono sua sorella… insomma ci perde in onore e reputazione!
Non c’è un teatro stabile, né una compagnia, né rappresentazioni liriche; i concerti sinfonici li fanno al casinò, ma insomma bisogna avventurarsi in quell’ambientino e non tutti ne hanno voglia, e poi come ci si veste, e le signore in pelliccia…; c’è comunque un’orchestra stabile e invitano a volte dei buoni direttori da fuori… niente che inviti chi già non è appassionato… niente rivolto ai giovani, che chiami con pezzi più attraenti…, è sempre la stessa cerchia che sa già e da lì non si esce… niente jazz, niente musica popolare, niente canzoni se non quella cosa ributtante che è il Festival e che serve solo a vendere dischi.
La nostra biblioteca, tristissima, non ha nessuna attività culturale come per esempio organizzare conferenze e dibattiti dove sia possibile trattare qualsiasi argomento che sia d’interesse comune.
Che ne dici, le organizziamo noi? [...]
Chiara Salvini, 6 ottobre 2012 ore 08:04. Disperata dei pacchi che mi fissano, coperta di vecchie polveri, quelle che dovevamo spolverare da tanti anni, mi azzardo a pubblicare questo epistolario senza rileggerlo. Guai certissimi!! E' di due ragazzette d'antan ... 1058... Non così d'antan, era il 1958! Paziente trascrizione di Barbara Bonifacio, elegantissima in tutto, Nel delirio non ero mai sola, 6 ottobre 2012
 

sabato 4 marzo 2023

E Binda fece il suo esordio a Nizza

Nizza: Nizza nord-est

Binda, varesino di Cittiglio classe 1902, debutta nel professionismo nel 1922, appena ventenne, e lo fa con la francese Nice Sport, se è vero che subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale si è trasferito di là dalle Alpi con il fratello maggiore Primo. Proprio a Nizza, e lungo le strade assolate della Costa Azzurra, il campione lombardo inizia l’attività di ciclista, denunciando doti non comuni nello scalare le montagne e nel tenere alto il ritmo sul passo. Vince, tanto, nei primi tre anni in Francia, e nel 1925 viene assoldato dalla Legnano, a cui regalerà gli anni migliori di una carriera che si protrarrà fino al 1936.
Nicola Pucci, La tris vincente e consecutiva di Alfredo Binda al Giro di Lombardia, SportHistoria, 11 ottobre 2019

«Alfredo! Bravo! Non badare alla squalifica, per me hai vinto lo stesso: eri chiaramente il più veloce di tutti!». L’uomo che esulta è Primo Binda; suo fratello minore, Alfredo, ha appena ottenuto la prima vittoria della sua carriera da ciclista in una gara amatoriale corsa sui colli attorno a Nizza, ma è stato squalificato per non aver risposto al secondo appello che precede la partenza. Primo ha ragione: lui suo fratello lo conosce bene, insieme pedalano tutte le domeniche lungo le strade della Costa Azzurra e da un pezzo ha intuito il talento di Alfredo, soprattutto quando, in sella a quella bicicletta comprata con i primi risparmi da operaio stuccatore, lo vede attaccare in salita il massiccio dell’Esterel. Ma nemmeno lui immagina che quel giovanotto neanche ventenne originario di Cittiglio, paesino in provincia di Varese, emigrato nell’immediato primo dopoguerra a Nizza a cercar fortuna, diventerà il grande Alfredo Binda, vincitore, tra il 1925 e il 1933, di cinque Giri d’Italia (record eguagliato solo da Fausto Coppi e Eddy Merckx), tre Campionati del Mondo su strada, quattro Giri di Lombardia, quattro Campionati italiani e due Milano-Sanremo.
La storia di Binda è quella del periodo d’oro del ciclismo italiano tra le due guerre e ha un denominatore comune a quelle degli altri grandi ciclisti dell’epoca: la fuga, prima ancora che dagli avversari, dalla fame e la bicicletta non solo come passione, ma come mezzo per affrancarsi dalla miseria. Storie che riaffiorano, come pescate da un vecchio baule dimenticato in soffitta, dal racconto di Edoardo Rosso nel suo libro “Binda l’invincibile”, Italica Edizioni, impreziosito dalle illustrazioni di Serena Tommasini Degna [...]
Enrico Fabretti, Binda l'Invincibile, leggenda di un ciclismo (e di uomini) di altri tempi, Listone Magazine, 16 ottobre 2015

Proprio cent’anni fa, il 4 marzo 1923, il grande Alfredo Binda, all’inizio della sua splendida carriera, conquistava a sorpresa un’importante vittoria, tra le prime di un’interminabile serie. Aveva 20 anni e mezzo ed abitava a Nizza, dove si era trasferito per lavoro (faceva lo stuccatore) insieme ad uno dei suoi tredici fratelli. Pedalava per diletto, ma diventare un campione era il suo sogno. In Francia aveva già vinto tre corse e quel giorno si doveva misurare con alcuni assi dell’epoca, come Alavoine, Barthélémy, Azzini e nientemeno che Girardengo e Belloni. In questa 'course de côte' s’era già distinto l’anno prima, giungendo terzo, alla sua prima vera esperienza agonistica.
Corsa in salita, breve (16 chilometri), ma con un bel dislivello (740 metri) da Nizza al Forte del Mont Chauve d’Aspremont, quasi interamente su sterrato, con 58 partenti. Binda ha la cittadinanza italiana, ma corre per La Française, lo stesso team dei belgi Jean Rossius e Léon Scieur. All’esordio tra i professionisti, s’impone suscitando meraviglia e ammirazione. Belloni e Azzini abbandonano presto. L’esito della corsa rimane incerto sino alle battute finali, ma con un imperioso allungo il varesino di Nizza va a vincere con discreto margine sul francese Barthélémy. Girardengo è sorpreso: s’è impegnato al massimo per colmare il distacco da Binda, ma poi desiste e arriva quarto. Il francese Alavoine, vincitore l’anno prima (1922), chiude mestamente all’ottavo posto e si vede pure sfilare il record della scalata: nel 1922 aveva vinto in 46’29”, Binda ferma i cronometri sul 44’49”, alla media di 21,420 chilometri orari.
Il quotidiano sportivo 'L’Auto' titola “Le poussin a battu les aigles”, il pulcino ha battuto le aquile. Inizia una sfolgorante carriera che porterà Alfredo Binda a vincere 115 corse, tra cui 3 campionati del mondo, 5 Giri d’Italia, 4 Giri di Lombardia e 2 Milano-Sanremo. Il trombettiere di Cittiglio veste sino alla fine del 1924 la maglia della Française, poi torna in Italia e passa alla Legnano, di cui difenderà i colori sino a fine attività.
Della Nizza-Mont Chauve si correranno altre otto edizioni. L’ultima della serie nell’ormai lontano 1975, vinta dal francese Raymond Delisle davanti al ligure Giuseppe Perletto. Tra i vincitori della prova anche Raymond Poulidor, nel 1972.
Ordine d’arrivo: 1. Alfredo BINDA (Ita) km 16 in 44’49”, media 21,420 kmh; 2. Honoré Barthélémy (Fra) 44’51”; 3. Achille Souchard (Fra) 44’52”; 4. Costante Girardengo (Ita); 5. Giovanni Trentarossi (Ita) 45’50”; 6. Joseph Normand (Fra) 45’51”; 7. Paul Broccardo (Fra) 46’17”; 8. Jean Alavoine (Fra) 47’01”; 9. Théo Beeckmann (Bel) 47’03”; 10. Pierre Dordoni (Fra) 47’05”
Alberto Ferraris, Cent'anni fa la prima grande vittoria di Alfredo Binda: l'inizio di una carriera senza pari, Bicisport, 4 marzo 2023 

Dal 1945 ad oggi l’Avan ha tesserato più di 3000 membri <220; l’attività ciclistica resta ancora quella principale della società. Per quanto riguarda gli italiani che fecero parte dell’associazione si possono rintracciare svariati nomi, da quello più celebre di Alfredo Binda a quelli un po’ meno noti di François Menta ed Henri Ferrara <221.
[NOTE]
220 Per la storia dell’AVAN vedi il sito ufficiale, http://membres.lycos.fr/avanice/, P. Henri Gache, Le sport à Nice, cit., p. 75 e Tony Bessy, L’A.V.A.N. Nice, «Nice Matin», 14 novembre 1947.
221 Per la carriera di Binda in Costa Azzurra, come anche per Ferrara e Menta, vedi la tesi di A. Cavaciuti, Sport, immigrazione e politica tra le due guerre.

Alessandro Dall'Aglio, Emigrazione italiana e sport a Nizza nel secondo dopoguerra (1945-1960), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Parma, Anno Accademico 2002/2003

Cittiglio, pochi chilometri a nord di Varese, è un paese piccolo, eppure conosciuto perché ha dato i natali al più grande campione che l’Italia abbia regalato al ciclismo mondiale: Alfredo Binda. Nato nel 1902 e scomparso nel 1986, lanciato da un commerciante di biciclette italiano in Francia (a Nizza Binda collaborava con zio e fratello stuccatori), fu ingaggiato dalla Legnano del mitico Eberardo Pavesi per dodicimila lire di stipendio annuo. Debuttò ad alto livello nel Giro d’Italia del 1925, in teoria gregario, nei fatti libero di prendere iniziative: si dimostrò talmente ispirato da vincere la corsa rosa tra lo stupore dei tifosi. Fu l’abbrivio di una carriera ineguagliabile, fatta di 5 Giri come Coppi e Merckx (più uno… ad honorem: nel 1930 gli organizzatori lo pagarono per restare a casa), 3 titoli mondiali, 4 campionati italiani, 2 Milano-Sanremo, 41 tappe del Giro e 2 del Tour (purtroppo ne disputò uno solo, per motivi di sponsor), più mille altri trofei che stanno stretti in una bacheca pazzesca. Si ritirò nel ’36 dopo un rovinoso capitombolo alla Sanremo. A guerra finita divenne ct della nazionale, riuscendo a far coesistere due galli come Bartali e Coppi: portò in Italia quattro maglie gialle (Bartali, due volte Coppi, Nencini) e due iridate (Coppi e Baldini). Furono lui e Gianni Brera a introdurre nel mondo del pedale il concetto di ammiraglia [...]
Redazione, Da Alfredo Binda nel 1902…, Cycling Sport Promotion

È interessante analizzare il caso del ciclismo, lo sport più seguito in regione [la Costa Azzurra] e molto amato dagli italiani nel periodo postbellico. Tanti sono gli immigrati che in questa disciplina hanno trovato un mezzo per vivere e, talvolta, diventare celebri. Il caso di Alfredo Binda è senza dubbio il più celebre: nato l’11 agosto 1902 a Cittiglio, in provincia di Varese, emigrò in Francia nel 1919 per lavorare a Nizza nell’edilizia, precisamente come stuccatore. Il fratello Primo lo contagiò con la sua passione per la bicicletta e così Binda cominciò a correre; nel 1924 vinse 19 delle 21 gare regionali alle quali si presentò al via. Fu soltanto l’inizio di una grande carriera. Alfredo Binda è ancora oggi ricordato e stimato in Costa Azzurra <7.
7 A titolo di esempio si veda «Nice et le vélo», Lou Sourgentin, 82, 1988.
Alessandro Dall’Aglio, Emigrazione italiana e sport a Nizza nel secondo dopoguerra, Altreitalie, gennaio-giugno 2005