sabato 11 marzo 2023

Nel bosco di Rezzo alla ricerca della "Ruve du Megu"

Rezzo (IM). Fonte: Mapio.net

Il primo albero che ho cercato è stata una quercia: la rovere del medico la "Ruve du Megu". Ero con Lucrezia, mia figlia. Lei mi ha sempre incitato a partire ed ha condiviso con me la correzione delle bozze, sorridendo quando le chiedevo se qualcuno avrebbe letto il libro.
La quercia è un albero robusto, tenace, forte. Lo stemma dell'Italia riporta il ramo di quercia affiancato a quello dell'ulivo a simboleggiare la forza della Repubblica e la volontà dello Stato di lottare per la pace. Le foglie di quercia le trovate scolpite sopra l'architrave del vecchio portone di ingresso al Castello di Rezzo a ornamento del blasone dei Marchesi di Clavesana, che su queste terre hanno dominato fino alla seconda metà del 1300.
L'albero di Zeus, il padre immortale degli Dei venerato dagli Achei e dai Troiani, era una quercia, e Atena e Apollo erano seduti su di un ramo di essa ad assistere alla battaglia era Greci e Teucri sulla pianura fuori le mura di Ilio.
Entriamo nel bosco quando il pomeriggio estivo si avvicina alla sera. La luce non è più quella fresca, diretta, del mattino, è più diffusa, planante, ombrosa, è una foresta di querce intensa, con qualche castagno sparuto, camminiamo  lungo la mulattiera risalendo il selciato.
Mentre avanziamo a passi rapidi, osserviamo intorno con occhio vigile per scorgere un albero di dimensioni inconsuete. Non può passare inosservato anche ai cercatori neofiti come noi. Niente appare ai fianchi o davanti: dietro siamo sicuri di non aver lasciato nulla di inesplorato; abbiamo letto i cartelli e siamo sulla via indicata. Domando a Lucrezia, anche per distrarla: "tu vedi qualcosa?"
"No papi, non vedo nulla, ma sei sicuro che andiamo giusti?"
"Sì! La freccia indicava questa direzione, hai visto anche tu?"
"Eeehhh, pà io ti seguo cosa mi chiedi! Già siamo partiti alle quattro, come tuo solito!"
Penso, una quercia che ha la circonferenza del fusto di oltre 400 cm ed è alta 28 metri, non può nascondersi nel bosco anche fitto.
Improvvisamente, come in un frame movie, a sinistra emerge, oltre la cima di un balzo di terra, una struttura arborea dall'impalcatura bruna rivestita di foglie ancora verdi. Grido a Lucrezia: "eccola, lassù in alto, la vedi?" Percorro pochi passi e scompare inghiottita dalla foresta; Lucrezia, dietro di alcuni metri, udita la voce concitata, mi chiede: "dove, dove?", con il braccio teso, accompagnando il gesto con la rotazione del capo, indico la direzione: "lassù, la vedi? Io l'ho persa!"
"Sì, la vedo! La vedo!" esclama rapita lei e mentre dice queste cose, mi raggiunge dove la quercia scompare alla vista. Ci osserviamo perplessi, riprendiamo il cammino attendendo nuove apparizioni.
Arriviamo alla svolta, la freccia indica la direzione. Attendiamo, prendiamo fiato. Siamo saliti rapidi, il meriggio volge alla sera. Il sentiero davanti a noi scende dritto, andiamo. Pochi passi e l'albero emerge imponente dalla foresta. Arriviamo dall'alto e questo produce un effetto prospettico da ripresa cinematografica, come l'inquadratura di un western di Sergio Leone che passa dal campo largo al dettaglio dei volti, così l'albero dapprima appare con l'impalcatura arborea completa, per poi lasciare il campo ai dettagli del fusto, dei rami e della fronda al diminuire della distanza dei passi.
Le querce intorno sono intimorite, tacciono; la terra nel raggio di cinquanta palmi dal fusto della "Ruve du Megu" è gerbida, nessuna qualità arborea osa germogliare. Restiamo muti ad osservarla girando intorno al tronco, sollevando il capo ripetutamente; estraiamo il metro, giriamo la circonferenza tornando alla partenza dopo 434 cm di tragitto. L'albero con tronco più grande che è cresciuto intorno alla "Ruve du Megu" ha un fusto di 185 cm di circonferenza.
La nostra perseveranza è stata premiata. Abbiamo insistito, non ci siamo arresi, abbiamo superato il timore di non aver il tempo di arrivare all'albero, abbiamo vinto la paura del crepuscolo raggiungendo la meta: siamo felici.
Usciamo dal bosco salendo all'abitato di Conio, dove un'anziana  signora, sulla strada di casa, ci saluta sorridendo. Noi ancora avvolti dalla gioia di aver trovato quello che cercavamo, dopo aver ricambiato il saluto, diciamo: "arriviamo dalla Ruve du Megu" e lei orgogliosamente come solo chi sente il legame materno con il villaggio di origine dice esclamando e interrogando:
"È bella, vero !?"
"Sì", rispondiamo senza indugio.
Conoscendo la fama di Conio, domando: "è possibile comprare da qualcuno i fagioli?"
Lei con saggezza contadina risponde: "tornate a metà ottobre."
Marco Bertolino, Vento alto, Youcanprint, Lecce, 2022, pp. 5-9