martedì 28 febbraio 2023

L'onegliese che, affermato architetto - ed ingegnere - nel regime fascista, nel dopoguerra preferì farsi monegasco

Imperia: Piazza G. Bianchi ad Oneglia

Costantino Costantini nacque ad Oneglia (Imperia), l’11 agosto 1904. Figlio di Pier Paolo e Rosa Maria, si sposò con Maria Annunziata Valfrè nel 1929, nata a Rivoli il 3 Maggio 1905.
 

Costantino Costantini: ritratto di Giorgio Guidugli. (“Notiziario del Geometra”, n. 154, La Spezia 2005). Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Risiedette a Torino dal 1906 al 1932, e a Roma dal 1933. Negli anni del Liceo aveva aderito al movimento nazionalista di Enrico Corradini <64, il quale sin dal 1910 spingeva il Governo a occupare la Tripolitania ancora sotto la sovranità dei Turchi. Tale movimento, che raccoglieva un numero notevole di intellettuali tra cui Gabriele D’Annunzio, sosteneva la teoria dell’Italia “nazione proletaria” con diritto all’occupazione della Libia.
 

Diploma di laurea in Ingegneria di C. Costantini. (Politecnico di Torino). Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Terminati gli studi liceali si laureò in Ingegneria Civile al Politecnico di Torino nella sessione estiva dell’anno 1926; alla sessione autunnale conseguiva la laurea in architettura e l’abilitazione all’esercizio della professione presso la Regia Scuola di Ingegneria di Napoli.
 

Ponte Balbis, Torino. Foto 2012. Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Compiuti gli obblighi militari alla scuola Allievi Ufficiali di Bra (Cuneo) dall’agosto del 1926 al marzo del 1927, dopo qualche mese di tirocinio professionale nello studio di Pagano (col quale progettò i terrazzini di Ponte Balbis), incominciò nello stesso anno la libera professione e in breve tempo si creò una buona clientela privata. <65
Il triangolo industriale italiano forniva il terreno di coltura privilegiato per le teorie e le pratiche sulla casa razionale e le casse di risonanza erano le riviste di settore che proprio lì andavano fiorendo. Costantini viveva e operava dunque in quell’ambiente particolarmente fervido di iniziative intellettuali, in specie quello rappresentato a Milano dalla rivista “Casabella”, diretta dal suo collega ed amico Pagano insieme a Persico <66, a sua volta in contatto e in dibattito con “Domus” di Giovanni Ponti <67, con “Rassegna di Architettura” di Enrico Rocca <68, con “Quadrante” di Massimo Bontempelli <69 e Bardi.
Per comprendere quel clima culturale così speciale basti pensare che proprio nel periodo in cui fu costruita da Costantini a La Spezia la Palazzina, a Milano veniva costituito lo studio BBPR - Banfi, Belgioioso, Peressuti, Rogers - <70. Inoltre la biennale di Monza si triennalizzava e si spostava a Milano.
La sua prima opera fu la Scuola Comunale di Saluggia in provincia di Vercelli, dove si trovava per esigenze di leva militare. Realizzerà poi a Torino una villa per l’ammiraglio Bogetti in corso Galileo Ferraris ed un’altra in via Amerigo Vespucci, di sapore neoclassico.
Il suo nome giunse all’attenzione di Renato Ricci, presidente nazionale dell’ONB [Opera Nazionale Balilla], grazie all’amicizia e alla stima dell’Ing. Ferraris, presidente dell’ONB Torinese e gerarca fascista rilevante nel capoluogo torinese. Nel 1928 fu quindi invitato, fra i più giovani architetti della città, a presentare senza impegno alcuno da parte dell’O.N.B. un progetto di massima per la casa del balilla di Torino. Il progetto, sottoposto all’esame del Presidente Centrale dell’O.N.B., Renato Ricci, fu approvato e venne confermato l’incarico al Costantini di procedere all’elaborazione del progetto esecutivo.
Poco dopo Costantini si sposò con la signorina Maria Annunziata Valfrè, detta Mimma, di Rivoli Torinese. Dall’unione nacque l’unica figlia, Anna Maria.
Nel 1929 veniva incaricato dal Comm. Ermanno Rivetti di Biella di elaborare il progetto della Casa Balilla di detta città. Nel 1930 il Maresciallo dell’Aria Italo Balbo, durante <71 una visita ai lavori di costruzione della casa del balilla di Torino, esprimeva il suo elogio al Costantini per la genialità dell’opera e come premio lo incaricava della redazione del progetto di alcune costruzioni dell’Aeroporto di Cadimare (La Spezia). Costantini, quando ricevette l’incarico da Italo Balbo, non aveva ancora trent’anni: lo possiamo dunque immaginare nel pieno delle sue energie professionali e proiettato verso le istanze razionali e moderne che aveva sicuramente assorbito nel clima avanzato della Torino degli anni Venti dove aveva studiato e dove si sviluppò la cultura architettonica moderna di respiro internazionale prima ancora che a Milano. Egli fa parte di quella generazione formatasi negli anni Venti che ha segnato la vita italiana al credo razionalista e si è battuta per un’architettura che fosse all’altezza della modernità intesa come miglioramento sostanziale delle condizioni di vita dell’umanità. Una generazione che usciva da una guerra durissima ma vittoriosa e si trovava alle prese con un regime politico che all’inizio sembrava potesse incarnarne il mito del moderno sia a livello sociale sia produttivo e culturale.
 

Palazzina Ufficiali Aeronautica Militari, Costantino Costantini, Cadimare. Foto. (FARINA 2013, copertina). Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Nel 1931 veniva incaricato dal Ministero dell’Aeronautica di eseguire i progetti per delle costruzioni da effettuarsi agli aeroporti di Campo Formico e di Orbetello, (Grosseto). Nel 1932, nuovamente chiamato da Renato Ricci, veniva incaricato di progettare la casa del balilla di Mantova ed invitato a presentare dei progetti di Massima per l’Obelisco del Foro Mussolini.
Il bozzetto del Costantini fu prescelto tra numerosi progetti di un notevole stuolo di architetti e Renato Ricci lo incaricava del progetto esecutivo della Direzione dei Lavori per l’innalzamento dell’Obelisco. L’architetto proporrà una serie di soluzioni altamente tecnologiche per il trasporto e la messa in opera del monumento. Il grande blocco, pesante 350 tonnellate e alto ben 17.15 metri, fu posato grazie ad una serie di martinetti idraulici che lo spingevano lungo un’incastellatura in cemento armato a sagoma parabolica per farlo arrivare poi sino al suo basamento in cemento armato. Costantini si trasferirà pertanto a Roma dove gli saranno affidati numerosi incarichi pubblici di notevole rilievo: lo Stadio dei Marmi, il Foro Mussolini, dove continua l’opera di Del Debbio, e la Piscina Olimpionica coperta. Inoltre, progetta la nuova grafica fascista, realizzando le tessere del partito. <72
 

Palazzina del gruppo Tennis al Foro Mussolini, Costantino Costantini, Roma. Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

I rapporti di Costantini con i problemi e l’ambiente del Foro Mussolini non furono tuttavia facili. L’obelisco dedicato al Duce doveva essere formato da un unico blocco di pietra o di marmo e Costantini avrebbe dovuto impegnarsi in ricerche attente poiché la macchina del trasporto doveva assicurare l’assoluta integrità del pezzo. Questo periodo è stato tuttavia dimenticato dai critici, prima a lui favorevolissimi, e dai giornalisti, e da chi aveva lavorato gomito a gomito con Costantini, lodandolo precedentemente. Questo cambiamento di giudizio, anzi questo silenzio, non fu sostenuto da alcuna dichiarata motivazione. Secondo alcune notizie provenienti da una fonte che era presente all’inaugurazione del Foro Romano, alla presenza del Duce, gli operai accolsero Costantini addirittura scrivendo il suo nome con i corpi: cosa che non fu per nulla gradita al duce. Nessun organo di stampa parlò di tale fatto ma fu dopo questo episodio che Costantini non venne più incaricato di nuovi progetti da parte del Duce. <73
 

Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Alla fine del 1932 Renato Ricci invitava diversi architetti a presentare i progetti per le Piscine Coperte del Foro Mussolini e anche per questa opera veniva prescelto il bozzetto Costantini, il quale veniva incaricato della progettazione e della direzione dei lavori dell’opera che comprendeva l’Accademia di Musica e l’Auditorium, siti nello stesso edificio e ultimati negli anni 1939-40. <74 Nel 1933 gli erano affidati i progetti per la costruzione degli stadi del tennis del Foro e delle case del balilla di Mondovì (Cuneo), e rionale di Torino. 

Obelisco Mussolini, Costantino Costantini. Foto 2012. Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Nel 1934 progetta l’edificio “Alloggiamento atleti del Foro Mussolini”, ora ex Comando generale della G.I.L. Durante il 1935 continuano i lavori al Foro Mussolini e fu incaricato del progetto della casa dei Marinari di Torino e della <75 casa del balilla di Chivasso (Torino).
Nello stesso anno, chiamato dalla Società Italo Portughesia de Costrucao di Lisbona, partecipa in qualità di progettista all’appalto concorso internazionale per la città Olimpionica di Lisbona e vince il 1° premio del Concorso di primo grado.
Nel 1936, poiché gli architetti che si erano interessati al tema non erano molti, partecipa alle Olimpiadi di Berlino quale rappresentante dell’Italia al Concorso di Architettura gruppo B vincendo il 3° premio. <76
Nel 1937 continuano i lavori al Foro Mussolini e fu incaricato del progetto di continuazione del fabbricato Comando Generale G.I.L. per alloggiarvi il Centro di Preparazione politica. Nel 1938 continua i lavori in corso al Foro, l’anno successivo fu incaricato del progetto di ampliamento del Comando Gen. GIL e, insieme all’architetto Luigi Moretti, del progetto di ampliamento della sede del Direttorio del PNF. Nel 1940 continuano i lavori in corso al Foro. Nel mese di luglio fu richiamato alle armi e, salvo un breve intervallo, rimane sotto le bandiere fino al 16 Ottobre 1941, dopo tale data fu inviato in licenza di convalescenza per infermità. <77
Costantini, al rientro dalle armi, continuava la professione portando man mano a compimento le opere che erano in corso, provvedendo alla liquidazione della contabilità. <78 Riprese il lavoro dedicandosi prevalentemente all’edilizia industriale, avendo quali committenti l’IRI e l’impresa Recchi, del cui titolare era molto amico.
 

Atto di nascita di C. Costantini. (Ufficio di Stato Civile, città di Imperia). Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Nei primi anni Sessanta, non condividendo i cambiamenti che stavano avvenendo nel nostro Paese, decide di trasferirsi nel principato di Monaco.
 

Atto di morte di C. Costantini. (Ufficio di Stato Civile, città di Milano). Fonte: Luca Mirandola, Op. cit. infra

Morì nel 1982 a Milano, ripudiando la cittadinanza italiana e precisando che la sua cittadinanza rimase ufficialmente quella monegasca fino alla morte. <79
[NOTE]
64 ENRICO CORRADINI: (San Miniatello, 20 luglio 1865 - Roma, 10 dicembre 1931) scrittore e politico italiano, esponente di punta del nazionalismo italiano. Fu senatore del Regno d'Italia nella XXVI legislatura.
65 Si veda MONTANARI 1992, pp. 112-113.
66 EDOARDO PERSICO: (Napoli, 8 febbraio 1900 - Milano, 10 gennaio 1936) è stato un critico d'arte e saggista. Amico di Piero Gobetti, con cui collabora alle riviste La Rivoluzione Liberale e Il Baretti, si trasferisce nel 1927 a Torino. Dopo aver conosciuto Lionello Venturi, sostiene il gruppo di artisti “i Sei di Torino”. Trasferitosi a Milano nel 1929, collabora alla rivista Belvedere e nel 1930 fonda la galleria del Milione. Dal 1931 dirige con Giuseppe Pagano la rivista Casabella.
67 GIOVANNI PONTI: (Milano, 18 novembre 1891 - Milano, 16 settembre 1979) architetto, designer e saggista. Oltre a vari oggetti d’arredo, P. progetta tra gli altri: la Scuola di Matematica, Città Universitaria, Roma (1934), il primo Palazzo Montecatini a Milano (1936), il grattacielo Pirelli (1955-58) e Chiesa di San Francesco d'Assisi al Fopponino, Milano (1964).
68 ENRICO ROCCA: (Gorizia 1895 - Roma 1944) giornalista e scrittore.
69 MASSIMO BONTEMPELLI: (Como, 12 maggio 1878 - Roma, 21 luglio 1960) è stato uno scrittore, saggista e giornalista. Accanto ai suoi amici Alberto Savinio e Giorgio De Chirico, ha rappresentato il tentativo di un'adozione degli esperimenti surrealistici nell'arte italiana, che chiamò realismo magico.
70 BBPR: è l'acronimo che indica il gruppo di architetti italiani costituito nel 1932 da: Gian Luigi Banfi (Milano, 1910 - Gusen, 1945), Lodovico Barbiano di Belgiojoso (Milano, 1909 - Milano 2004), Enrico Peressutti (Pinzano al Tagliamento, 1908 - Milano 1976), Ernesto Nathan Rogers (Trieste, 1909 - Gardone Riviera, 1969). Per citare alcuni loro progetti: Quartiere INA-Casa a Cesate, Milano (1951), Torre Velasca, Milano (1958), Edificio per uffici e abitazioni, Torino (1959).
71 ITALO BALBO: (Quartesana, 6 giugno 1896 - Tobruch, 28 giugno 1940) è stato un politico, generale e aviatore italiano. Iscritto al Partito Nazionale Fascista, fu uno dei quadrumviri della marcia su Roma, diventando in seguito comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e sottosegretario all'economia nazionale.
72 Si veda NICOLOSO 2013 648-649
73 Si veda D’AMELIO 2013 p, 8-13.
74 Si veda: Lo stadio olimpionico ed i campi di allenamento per il tennis al foro Mussolini in Roma, Ing. Costantino Costantini, da “Architettura”.1935, pp.65-79
75 Si veda PROTTO 1937, pp. 53-54
76 Si veda GARGANO 1936, p. 49
77 Si veda FARINA 2013, pp. 41-49
78 Informazioni tratte dal curriculum vitae di C. Costantini, depositato all’Archivio
Centrale dello Stato di Roma.
79 Si veda MOSCARA 2008, pp. 151-157
Luca Mirandola, Le case del balilla di Costantino Costantini: studi sull’evoluzione tipologica attraverso la lettura dei manuali di regime, Tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, Polo Territoriale di Mantova, Anno Accademico 2014-2015

lunedì 20 febbraio 2023

Giorgio Amendola era contrario al Controfestival di Sanremo del 1969

Stampa Sera, p. 5, lunedì 27 - martedì 28 gennaio 1969. Fonte: Archivio La Stampa

Imperia degli anni '60 era una provincia periferica, senza atenei, priva d'istituzioni scientifiche e artistiche prestigiose dove il "sessantotto" non aveva segnato il nostro territorio con particolari accadimenti. Della spinta al cambiamento che aveva attraversato il mondo occidentale, dalle università californiane a Parigi e quindi Berlino e Roma, noi avevamo soltanto potuto leggere e vederne gli effetti riprodotti dai reportages televisivi. Non per questo non avevamo letto Marcuse e non sognavamo che anche le tante periferie potessero essere abbracciate dal nuovo vento.
I nostri desideri sembrarono esaudirsi, il sessantotto che si concretava all'inizio del 1969 in occasione dell'avvenimento popolare televisivo dell'anno, il Festival della canzone italiana di Sanremo. Per la verità avevamo cominciato, dall'autunno precedente, a ragionare sulle modalità per rendere l'occasione del Festival di Sanremo un avvenimento mediatico. Avevamo convenuto, come Federazione del Pci, di contattare Dario Fo, un autore teatrale e attore che insieme alla moglie Franca Rame aveva acquisito un credito notevole dopo che la Tv democristiana aveva fatto pagare alla coppia un duro prezzo escludendoli dalla presenza in video, dopo le loro pungenti performances in Canzonissima dove avevano saputo, tra l'altro, denunciare la piaga dell'emigrazione italiana, un fenomeno che coinvolgeva milioni di italiani e le loro famiglie, obbligandoli a una vita di stenti e a subire le soperchierie e l'emarginazione fomentata dai razzisti locali, a subire uno sfruttamento che assumeva forme schiavistiche, un'emigrazione che accompagnava molti alla morte sul lavoro.
Negli anni '60 Dario Fo aveva calcato le scene sempre schierandosi dalla parte degli ultimi e denunciando le mene dei poteri forti negli Stati Uniti, in Europa e in Italia.
Con Ugo Caneto eravamo andati a Genova per contattare il futuro premio Nobel. Raggiunto in treno il capoluogo ligure, verso le nove di mattina, ci eravamo incamminati verso la vicina via Gramsci, la strada che costeggia il fronte marittimo e il porto per raggiungere l'hotel Galles, dove i due attori alloggiavano.
Certo, per le consuetudini dei teatranti eravamo arrivati a un'ora antelucana e la reception non aveva mancato di informarci che difficilmente prima delle undici sarebbero comparsi ma, nel contempo avevano suggerito di incontrare i due ospiti dell'hotel sul fine mattinata al teatro della Gioventù ubicato in via Cesarea, una traversa di via XX Settembre, in prossimità di piazza della Vittoria.
Con Ugo ci eravamo recati all'appuntamento nel teatro dove Fo e Rame, con sedici attori del loro collettivo, dovevano provare il lavoro teatrale in programma e avevamo illustrato le nostre intenzioni di contrapporre alla manifestazione canora usurata, una presenza artistica che sollecitasse l'affermazione di una diversa cultura, con risorse pubbliche adeguate, con spazi congrui per produrla ed esercitarla.
Il Pci non era contro la canzone italiana, ma voleva sollevare il problema di una errata politica culturale dei governi che ad essa dedicavano poche risorse e che utilizzavano la Tv inibendone un uso democratico e pluralistico.
Il compenso per il collettivo teatrale, che avevamo concordato in quattrocentomila lire, ci era parso un prezzo molto a buon mercato e ciò aveva facilitato la nostra missione.
Ma i problemi seri dovevano ancora manifestarsi.
Il Festival della Canzone si svolgeva ancora nel salone delle feste del Casinò. Nel mese di gennaio si erano intensificate le voci di possibili interventi provocatori di gruppi neofascisti, i "boatos" si riferivano alle SAM (squadre d'azione Mussolini), per la maggior parte provenienti da Milano e dalla Lombardia. Per la verità, a Botteghe Oscure, dove aveva sede a Roma la direzione del Pci, alcuni compagni dirigenti erano contrari all'iniziativa della Federazione comunista imperiese. Gino Napolitano, il parlamentare comunista che rappresentava il nostro territorio, al suo ritorno da Montecitorio, ci aveva raccontato dell'avversità di Amendola all'iniziativa. Giorgio Amendola era un dirigente di esperienza e certamente le sue valutazioni non erano estemporanee. Probabilmente temeva provocazioni non controllabili e possibili sviluppi della situazione che avrebbero potuto provocare conseguenze assai difficili. Complessivamente il gruppo dirigente della Federazione comunista imperiese era unito nel proseguire l'intrapresa, confortato dal consenso dei militanti la cui ultima preoccupazione erano i paventati scontri; anzi, era probabile che qualche militante di base se li augurasse per sistemare conti pregressi. Ma il gruppo dirigente federale era tranquillo, sapeva di avere la fiducia dei militanti che avrebbero seguito gli orientamenti operativi decisi.
Probabilmente la nostra sicurezza derivava in parte, almeno tra i più giovani, dalla naturale incoscienza che in politica, e non solo, è necessaria, se disciplinata opportunamente.
Mi sono chiesto che cosa avesse spinto Giorgio Amendola a dichiararsi contrario all'iniziativa. Tra i diversi motivi possibili del suo punto di vista ritengo che ci fosse un giudizio sulla non affidabilità del gruppo imperiese del partito, almeno quello più giovane. Infatti un episodio, vissuto in prima persona alcuni anni prima, mi porta a questa conclusione.
Durante la campagna elettorale amministrativa dell'autunno del 1964, Giorgio Amendola aveva tenuto un comizio serale nel vecchio mercato dei fiori in via Garibaldi a Sanremo. Da Imperia eravamo partiti alla volta di Sanremo, oltre al sottoscritto, Nedo Canetti e Francesco Rum, mentre Franco Dulbecco il segretario della federazione e Gino Napolitano il nostro parlamentare erano già sul posto.
Terminata l'affollata manifestazione, Gino ci aveva comunicato che avevano preparato, in un albergo della frazione di San Romolo, una cena alla quale sarebbero stati presenti l'onorevole Giorgio Amendola con la moglie Germaine.
Tralascio le considerazioni logistiche di chi doveva trasferirsi a San Romolo dopo il comizio terminato intorno alle ventidue e trenta. Ma eravamo giovani e la possibilità di discutere con un protagonista del calibro di Amendola non poteva essere lasciata sfuggire. Non mi dilungherò sui dettagli del confronto polilico che si era intrecciato durante la cena, ma sicuramente i punti di vista controversi non erano stati sottaciuti. Valga per tutto il brevissimo intervento di Germaine, con il suo caratteristico accento francese, che aveva puntualizzato "Ma il mondo non è solo bianco e nero, esiste anche il grigio". E Giorgio Amendola, ne sono convinto, riflettendo sull'annunciato Controfestival a Sanremo si sarebbe ricordato di quel gruppo di compagni della provincia di Imperia che un po' gli avevano rovinato la degustazione della cena per la foga e la radicalità delle argomentazioni portate a sostegno di una richiesta di innovazioni politiche del Pci, ritenute necessarie.
Del resto, la Federazione di Imperia e il suo gruppo dirigente negli anni '60 aveva già dimostrato indipendenza di giudizio, assenza di timore reverenziale verso i dirigenti più conosciuti nazionali o regionali che fossero.
Un migliaio abbondante di poliziotti, carabinieri e guardie di finanza il 30 gennaio erano stati schierati a "protezione" del Casinò e di altri punti sensibili, La Stampa a sua volta, scriveva "ci sono migliaia di uomini, carabinieri del Battaglione mobile di Torino e della Legione di Genova, agenti del 3° Battaglione Celere di Milano e del 2° Battaglione di Padova". Ricordo gli innumerevoli camion, pulmini e jeep che stazionavano nella zona dell'allora stazione ferroviaria, poco distante dal Casinò e al termine di via Roma.
Nella mattinata per le vie di Sanremo era sfilato un corteo di giovani con cartelli con foto delle borgate più povere della Città dei fiori e le scritte "Bolivia, India? No. Sanremo". I fascisti, della Gioventù nazionale, sempre in mattinata, avevano diffuso un volantino significativamente intitolato "Adunata" per dire No al Pci e alle speculazioni marx-capitalistiche, per salvare Sanremo, ma in piazza Colombo alle 21 non vi era stata traccia di "camerati".
Il Controfestival era ubicato nel padiglione di Villa Ormond, unica area capiente (e non costosa) in direzione opposta alla casa da gioco e a levante di Sanremo. Dario Fo e Franca Rame erano giunti da Livorno con la loro compagnia e avevano montato le strutture per un palcoscenico di fortuna. Avvicinati dall'inviato de La Stampa, Dario Fo aveva fornito la sua motivazione della protesta sul fatto che "si specula su queste stupide canzoni. In Italia, in nome di questa musica leggera si spillano miliardi alla povera gente e come se non bastassero i dischi, ci sono quattrocento piccole orchestre che vanno in giro ad addormentare la gioventù. Le canzoni hanno ragione di esistere soltanto quando svolgono una funzione culturale, quando servono a far prendere coscienza agli uomini, quando gli consentono di capire che esiste un mondo di sfruttatori e un mondo di sfruttati".
Avevamo organizzato un servizio d'ordine per presidiare i punti esterni più rischiosi. Prima dello spettacolo Dario Fo, Franca Rame ed esponenti del nostro partito, del Psiup e dei giovani socialisti erano intervenuti sui motivi della contestazione. Lo spettacolo, la "Pantomima", veniva rappresentato nei teatri e anche nelle fabbriche occupate. Alle 21 la gente aveva incominciato ad affluire a Villa Ormond, occupando tutti i cinquecento posti a sedere e in molti avevano dovuto assieparsi in piedi. Al termine della rappresentazione era seguito un dibattito sullo spettacolo.
La rappresentazione teatrale era proseguita tranquillamente; purtroppo della prestazione di Dario Fo e Franca Rame non avevo visto nulla per l'incombenza di organizzare il servizio di sicurezza. Ma il finale tranquillo è stato per noi comunisti del Ponente ligure la ricompensa migliore. Avevamo dimostrato di saper correre i rischi necessari, aver valutato in modo corretto i rapporti di forza sul campo e lanciato un segnale preciso: i comunisti erano presenti, decisi e numerosi. I successivi risultati politici per il Pci sarebbero stati figli anche del Controfestival di Sanremo.
Giuseppe Mauro Torelli(1), Viaggio tra generazioni e politica, ed. in pr., 2017

(1) Giuseppe Torelli [Nato a Imperia il 13 marzo 1940]. Figlio di artigiani, ha conseguito la maturità scientifica nel liceo Vieusseux di Imperia. Eletto parlamentare nel 1983, ha partecipato ai lavori della Camera dei deputati nell'ambito del gruppo del Pci nella IX e X Legislatura. In Parlamento è stato componente della Commissione Interni e successivamente della Commissione Esteri. In tale contesto ha avuto l'incarico di responsabile dei problemi dell'ordine pubblico e delle forze di polizia e dei Vigili del fuoco, con particolare riferimento alla problematica della Protezione civile. In precedenza, a partire dal 1965, è stato per venti anni consigliere comunale di Imperia, svolgendovi lungamente la funzione di capogruppo. È stato Sindaco del capoluogo nel 1975. Eletto consigliere provinciale nel 1990, nell'ambito della legislatura ha svolto la funzione di Presidente della Commissione Affari istituzionali. Membro dell'Unione regionale province liguri, è stato eletto altresì nell'assemblea nazionale dell'Upi. Nella Federazione Giovanile Comunista Italiana (Fgci) ha ricoperto l'incarico di segretario provinciale e componente del Comitato Centrale. Nel Pci, dal 1972 al 1983 e quindi nel 1991, ha svolto le funzioni di Segretario provinciale e dirigente in organismi provinciali, regionali e nazionali, come altresì successivamente nel Partito Democratico della Sinistra e nei Democratici di Sinistra. Nel 1989 aderì alla mozione, voluta tra gli altri da Pietro Ingrao e Alessandro Natta, contraria alla svolta della Bolognina, operata dal segretario del Pci Occhetto. Tale mozione si affermò in provincia di Imperia nel congresso del 1990. È stato componente della Presidenza del Consiglio nazionale dei Garanti dei Ds a partire dal congresso di Pesaro del 2001. Al congresso Ds di Firenze del 2007 non aderiva alla proposta di dar vita al Partito Democratico. Dal 1998 era componente del Coordinamento nazionale dell'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra (Ars), di cui è stato tra i promotori e Presidente dell'Ars di Imperia intitolata ad Alessandro Natta. [n.d.r.: deceduto il 12 agosto 2019]. da Wikipedia  

lunedì 13 febbraio 2023

Sanremo (IM): presentazione di un saggio su Calvino

  

L'editore Lo Studiolo di Sanremo ha pubblicato, ascoltando un suggerimento di Marino Magliani, un libro su Italo Calvino, “Il mondo che verrà”, scritto da Manuela Ormea, narratrice e saggista, allieva di Gianni Vattimo.
Il volume espone una visione originale dell'opera di Calvino, collegandola e confrontandola con le filosofie e le scritture di Vattimo, Braidotti, Haraway, Deleuze, Bender, Tokarczuk...
Al museo civico di Sanremo, sabato 18 febbraio alle ore 16 e 30, il libro sarà presentato al pubblico.
Cordiali saluti.
per l'editore Lo Studiolo / Marco Innocenti
 
Nel quadro dell'omaggio che La Riviera sta realizzando in occasione del centenario della nascita dello scrittore sanremese Italo Calvino si inserisce a pieno titolo il saggio "Il mondo che verrà-Incontri con l'altrove di Italo Calvino" di Manuela Ormea (Lo Studiolo Edizioni).
[...] Il saggio si avvale di una prefazione di Antonio Panizzi, esperto conoscitore della "scuola" letteraria del Ponente Ligure di cui Calvino, ovviamente, è stato la punta di diamante. La copertina è illustrata da una bella fotografia scattata da Paola Lanteri nel giardino di Terralba Calvino, la dimora avita dello scrittore. "Il mondo che verrà" costituisce il decimo volume della collana di saggistica "As-saggiando" coordinata per Lo Studiolo da Marco Innocenti. Il volume di 221 pagine si trova in vendita nelle librerie di Sanremo, ma è anche disponibile sulle principali piattaforme on-line.
Abbiamo intervistato l'autrice.
[...] Nel tuo saggio affronti molte tematiche di Calvino. Ci parli del Fantastico?
«Il Fantastico è un concetto centrale per la comprensione di Calvino, i cui personaggi si sottopongono perennemente a prove per il conseguimento di una crescita e di una maturazione esistenziali, per salvarsi dall'Io che si vuole centro e assoggetta gli altri, per farsi altro nella consapevolezza che si è sempre anche altri. Quando Calvino afferma che "Chi non vuole accettare (il mondo) così com'è ma vuole spiegarselo e cambiarlo sarà scrittore favoloso" ci regala un insegnamento sulla sostanza unitaria del tutto: donne, uomini, bestie, piante, cose, nell'infinita metamorfosi di ciò che esiste e nella vitale relazione con ogni alterità, ogni altrove».
Marco Scolesi, «In un mondo omologato Calvino ci insegna a cercare l'altrove e mondi "altri"», La Riviera, 26 gennaio 2023

 

sabato 11 febbraio 2023

Bordighera (IM): mostra fotografica di Salvatore Russo


Unione Culturale Democratica

A.N.P.I.

Via al Mercato n. 8

BORDIGHERA

15-26 febbraio 2023

ore 17-19

 

SALVATORE RUSSO

Autunno a Bussana Vecchia

Mostra fotografica

 

Ingresso libero

La  Mostra aperta al pubblico tutti i giorni, festivi compresi, dalle ore 17 alle ore 19       

 
Salvatore Russo, chiamato da amici e colleghi fotografi “Sal”, ha da sempre una speciale attenzione per i soggetti legati alla natura e agli insediamenti storici, luoghi dove ama recarsi a volte in bicicletta, per poi aggirarsi con rispetto e discrezione, passando inosservato ai più. È la sua prerogativa, come quando iniziò da giovane a riprendere immagini lungo i torrenti delle vallate del Ponente, silenziosamente, per non disturbare la vita in corso, tra acqua, cielo e terra. Lo stesso, immutato stupore che rivelano le sue prime immagini di allora, si ritrova qui, con in più l’amore sincero per un borgo - quello di Bussana Vecchia - cristallizzato nel tempo, e parzialmente reso vivo dalla presenza di artisti che vi hanno preso dimora e creato i loro ateliers. Il racconto rivelato dalle pietre rimaste - la testimonianza del cataclisma che distrusse il paese - e dal fiorire della natura che in parte si è re-impossessata di quegli spazi, non rappresenta l’unico elemento di contrasto descritto dai riquadri scelti da Salvatore Russo: c’è in più la volontà di raccontare cenni di vita, del passato più recente (un mezzo di trasporto a motore abbandonato) o del presente (un cavallo a dondolo lasciato su un prato, o l’insegna di un ristorante). Nonostante, l’antico dolore è allontanato lasciando spazio a dolcezza e speranza; in queste immagini c’è difatti la volontà ferma di rassicurare, di offrire all’osservatore un conforto. Salvatore Russo certamente ci dice che questo è stato lo scenario di una tragedia dovuta alla natura; tuttavia, allo stesso tempo, per quel suo immutato rispetto per essa, egli non trascura di rivelarci che quella stessa natura così potente è anche l’unica a poterci regalare nuova poesia: riconoscendo la sua presenza e il suo aborrire costantemente il vuoto, senza mancare mai di stupirsi per la sua meravigliosa bellezza.
Ettore De Franco

Salvatore Russo si appassiona alle immagini in movimento e alla fotografia frequentando, giovanissimo, gli animatori del cineclub di Vallecrosia fondato negli anni sessanta del secolo scorso da appassionati realizzatori di film amatoriali, fra i quali Elio Tardito e il fratello Ivo. Film in superotto che venivano proiettati, per i soci e gli invitati, in una saletta concessa dal Comune, situata al piano interrato di una delle ex caserme e approntata per tale scopo dagli stessi cineamatori, con schermo e poltroncine di risulta. Questa esposizione di scatti, che risalgono all'Autunno del 2022, vuole essere un omaggio a Bussana Vecchia, frazione di Sanremo a 136 anni da quel fatidico 23 Febbraio 1887 in cui un violento terremoto la semi-distrusse provocando molte vittime per il crollo della quasi totalità delle abitazioni e della volta della chiesa dove molti fedeli si erano raccolti per seguire la messa. 

Salvatore Russo, pensionato, abita a Vallecrosia (IM).

Giorgio Loreti

Unione Culturale Democratica -  Sezione ANPI - Bordighera (IM) Tel. +39 348 706 7688 


martedì 7 febbraio 2023

Socialisti italiani a Nizza nel secondo dopoguerra

Un vicolo di Nizza Vecchia

Un interessante spaccato della presenza dei socialisti italiani in Francia, e soprattutto della loro situazione nell’immediato dopoguerra, è offerto da una lettera di Andrea Caprini a Nenni dell’aprile 1946 <8. Di origine umbre, in Francia dall’inizio dai primi anni Venti, iscritto sia alla SFIO che al PSI, con un recente passato prima da volontario nell’esercito francese e poi da partigiano nella regione delle Alpes-Maritimes, avendo vissuto anche l’arresto da parte della polizia fascista e un periodo di detenzione, nella primavera del 1946 Caprini risultava essere un elemento di punta della rinata sezione di Nizza (probabilmente ne era, come già negli anni Trenta, il segretario) <9. Nella sua missiva a Nenni, il socialista italiano a Nizza sottolineava come il suo lavoro per il partito e per «la causa della democrazia italiana in Francia» lo avesse impegnato indefessamente fin dal suo ritorno dalla prigionia nell’ottobre 1944 - «non ho più curato i miei interessi personali e quelli della mia famiglia» rivelava al leader socialista - ottenendo un rilevante duplice successo: il PSI nelle Alpes-Maritimes era «una delle meglio e più importanti federazioni [sezioni] della Francia» ed era stato spezzato «il cerchio di ferro» della «xenofobia violenta» che gli italiani avevano dovuto recentemente affrontare <10.
[...] I forti contrasti del 1949 sono confermati da una lettera proveniente da Nizza, inviata direttamente a Nenni in novembre, che ben chiarisce la netta spaccatura dei socialisti italiani in Francia, con la testimonianza degli sconfitti: la sezione locale aveva registrato la scissione di «circa dieci o dodici defezioni su quaranta iscritti» (ma si trattava dei più importanti esponenti e altri avrebbero presto seguito), oltre che «soprusi» e «arbitrio di abusi» da parte della direzione a maggioranza socialdemocratica e anti-frontista, con Burgassi invitato inutilmente alla moderazione e a non precipitare gli eventi <24. Una speranza rivelatasi poi vana, con una successiva comunicazione, sempre da Nizza, che rivelava come il partito socialista non avesse alla fine perduto nulla dall’esclusione dei «bambocci» socialdemocratici, e che anzi da questo allontanamento ne avrebbe avuto da guadagnare, sia politicamente che soprattutto moralmente <25.
[...] Nenni, d’altronde, restava un punto di riferimento non solo per i suoi compagni di partito, ma anche per alcuni socialdemocratici in Francia, come il già citato Andrea Caprini di Nizza. Da qualche anno anche cittadino francese, questi aveva aderito al PSU di Romita per poi confluire nel PSDI, diventando (o più probabilmente conservando) la guida della sezione di Nizza (e delle Alpi-Marittime), e figurando sempre tra gli esponenti di punta di quella, più ampia, di tutta Francia. Anzi, negli aspri contrasti sorti alla fine degli anni Quaranta, questi era finito al centro delle polemiche: si trattava infatti di uno di quei «bambocci» pesantemente accusati dall’ala socialista, tra le varie cose, di aver tradito la propria origine operaia e di fare il gioco del capitalisti <53. Dalle lettere che inviò a Nenni nell’estate del 1956, Caprini sembra essere stato anche uno degli organizzatori (o meglio “facilitatori”) del celebre incontro di Pralognan tra il leader socialista e Saragat del 25 agosto 1956, soprattutto grazie ai contatti che lo legavano al leader di Faenza, al PSDI e alla SFIO. Dei legami con i socialisti francesi aveva d’altronde già dato prova nel passato, come quando si era impegnato in prima persona nel promuovere la partecipazione di Jacques Cotta, sindaco socialista di Nizza, al congresso del PSI (allora PSIUP) di Firenze, nell’aprile 1946 <54. In riferimento a Pralognan, sempre nell’agosto ’56, Caprini riferì di aver personalmente effettuato «un intervento» presso il segretario generale della SFIO, Pierre Commin, e di come questi, di ritorno dall’incontro, si fosse successivamente fermato a Nizza per informarlo «delle buonissime disposizioni» di Nenni «agli sviluppi della riunificazione del socialismo italiano» <55. Caprini affermava esplicitamente di aver così portato con successo a termine «la [sua] modesta azione di trait d’union fra PSDI e SFIO» - probabilmente soprattutto dal punto di vista organizzativo - per quello che gli appariva un primo fondamentale passo verso la riunificazione dei socialisti e dei social-democratici italiani <56. Un ruolo “pubblicamente” riconosciuto anche su «l’Avanti! di Francia», dove, nella consueta panoramica di fine anno sull’attività della Federazione, si sottolineò entusiasticamente «l’ottimo lavoro compiuto» di cui aveva dato prova Caprini verso l’unificazione, «valendosi delle sue amicizie e del suo ascendente verso i compagni» italiani e francesi <57.
[...] I contatti con la gauche francese non erano trascurati dalla Federazione di Francia, seppure tra molte difficoltà. Coraluppi rivelava di aver preso contatto con una delegazione di giovani socialisti e universitari del PSU francese, tramite i quali sperava di poter penetrare «nell’elemento studentesco italiano» della Maison de l’Italie alla Cité internationale universitaire de Paris <79. Il segretario federale invitava anche la direzione a promuovere una sorta di gemellaggio “social-termale” tra Salsomaggiore e la francese Bagnoles-de-l’Orne. La scelta non derivava soltanto dal fatto che la seconda fosse come la prima un centro di cura termale, ma soprattutto da essere stata il luogo del “martirio” dei fratelli Rosselli nel giugno 1937. Coraluppi era in tal senso esplicito: «Un tale giumellaggio [sic] permetterebbe, fra le due città termali dei [sic] scambi di correnti turistiche, letterarie, colturali [sic], ecc. ed in medesimo tempo di perpetuare e diffondersi [sic] il ricordo dei nostri cari compagni» <80.
Nella sintetica risposta a Coraluppi, Nenni si disse perfettamente d’accordo su quest’ultimo punto, accogliendo in pieno l’idea dell’emigrato italiano, anche se il gemellaggio sarebbe rimasto solo sulla carta <81. Sulle altre questioni sollevate dall’italiano a Parigi, il leader del PSI si limitò a una più generica comprensione, prendendo malinconica-mente atto delle difficoltà di reclutamento di nuovi militanti, «ora che vanno spegnendosi parecchi centri di attività dell’emigrazione politica» <82.
Nella sua lettera alla direzione, Coraluppi aveva anche sostenuto come «un lento processo» di riavvicinamento tra le due anime del socialismo in Francia fosse positivamente in corso, «con molti socialdemocratici che si domanda[va]no se il loro posto non [fosse] nelle nostre file» <83. Lo stesso concetto era stato espresso, circa negli stessi termini, in un precedente comunicato della Federazione di Francia <84 e anche dal già citato Caprini di Nizza che, in una lettera a inviata a un compagno italiano della città di Garibaldi e inoltrata poi a Nenni, ammetteva di seguire con «estremo interesse gli sviluppi del centro-sinistra» e di intravvedere «dei punti di contatto e d’incontro con il PSI», esprimendo una posizione che lo divideva dal segretario federale socialdemocratico Burgassi <85.
[NOTE]
8 FN, Fondo P. Nenni, s. 1, ss. 3, u. 2029, Lettera di A. Caprini a P. Nenni, Nizza, 9 aprile 1946.
9 Oltre che nella succitata lettera, un sintetico profilo biografico è presente anche su «l’Avanti! di Francia» del gennaio 1963, in occasione del conferimento a Caprini della Legion d’Onore. Il socialista risultava essere «il fiduciario della Federazione di Francia del PSDI per Nizza e le Alpi-Marittime» (Il compagno Andrea Caprini insignito della Legion d’Onore, «l’Avanti! di Francia», gennaio 1963, p. 4). Sintetiche informazioni sull’italiano in Francia sono reperibili anche in V. Cirefice, Cultures et imaginaires politiques socialistes, cit., p. 554, nota 233 e id., La federazione francese del PSI nel secondo dopoguerra, cit., p. 76.
10 «Dalle bombe ai negozi tenuti da Italiani al comitato Francia-Italia ed alle recezioni ufficiali di Giorgio Amendola, ecc. senza tenere conto del grande lavoro e dei grandi risultati dei prigionieri rimpatriati» (ibidem). Un risultato ottenuto grazie a quella che Caprini definiva come la sua indiscutibile «posizione morale» che poteva vantare e di «vero amico della Francia» (ibidem).
24 «Quanta miseria umana ha invaso anche gli animi di vecchi compagni!» (FN, Fondo P. Nenni, s. 1, ss. 3, u. 2038, Lettera della Sezione delle Alpes-Maritimes a P. Nenni, Nizza, 8 novembre 1949).
25 «Sono uomini corrotti, sorpassati fino a dimenticare che essi pure furono dei modesti operai. Oggi, in possesso di quattro miserabili soldi, hanno perduto ogni ritegno di decenza diventando ogni sempre più i bieghi [sic] agenti del Capitalismo, parandosi dal più puro anticomunismo, fino alla più bassa frenesia isterica, sì da sollevare, sdegno e disgusto fra la massa emigrata» (FN, Fondo P. Nenni, s. 1, ss. 3, u. 2040, Lettera a P. Nenni, Nizza, 14 novembre 1949).
53 Si rimanda alla già citata lettera in ivi, u. 2040, Lettera a P. Nenni, Nizza, 14 novembre 1949.
54 Ivi, u. 2029, Lettera di A. Caprini a P. Nenni, Nizza, 9 aprile 1946.
55 Ivi, u. 2061, Lettera di A. Caprini a P. Nenni, Nizza, 29 agosto 1956.
56 Ibidem. Allegata a questa comunicazione vi era anche la lettera scritta da Caprini «all’infaticabile» Pierre Commin, in cui l’italiano lo elogiava apertamente come «il più grande artigiano di questo incontro», rivelava come il documento finale «superasse tutte le nostre speranze» e che tutto fosse ora nelle mani dell’Internazionale Socialista (Ivi, Lettera di A. Caprini a P. Commin, Nizza, 28 agosto 1956). Su Pralognan e il ruolo giocato dallo SFIO, e da Commin in particolare, si rimanda al capitolo dedicato all’IS di questo lavoro, in particolare p. 258.
57 Attività della Federazione, «l’Avanti! di Francia», dicembre 1956, p. 4.
79 Ibidem. Sulla Maison de l’Italie: G. Albanese, La Maison de l’Italie. Storia della residenza italiana alla Cité universitaire di Parigi, FrancoAngeli, Milano 2004.
80 Coraluppi lamentava anche del cattivo stato in cui versava il monumento commemorativo ai due antifascisti italiani, collocato presso il bosco di Couterne, luogo del crimine, e inaugurato nel 1949 (FN, Fondo P. Nenni, s. 1, ss. 3, u. 2074, Lettera di R. Coraluppi alla Direzione, Parigi, 20 gennaio 1961). Sulla storia del monumento, e più in generale, sul rapporto di Bagnoles-de-l’Orne con l’affaire Rosselli, cfr.: G. Bourdin, L’affaire Rosselli et l’Orne: de l’aveuglement à l’oubli, in «Cahiers des Annales de Normandie», n. 29, 2000, pp. 220-224).
81 FN, Fondo P. Nenni, s. 1, ss. 3, u. 2074, Lettera di P. Nenni a R. Coraluppi, Roma, 3 febbraio 1961.
82 Ibidem.
83 Ivi, Lettera di R. Coraluppi alla Direzione, Parigi, 20 gennaio 1961.
84 Ivi, Lettera di R. Coraluppi ai compagni di Francia, Parigi, 25 dicembre 1960.
85 «Quante volte abbiamo augurato che il PSI si rendesse conto e si decidesse a prendere la strada che sta prendendo la giunta di Milano? Quante volte abbiamo augurato che il PSI si rendesse veramente conto che solamente la via Democratica è la più idonea per la Classe Operaia?… Non credi che sia per lo meno intempestivo il rimanere nella posizione di critica a quel partito bene sapendo che se il PSI avesse avuto nel 1947-1948 la politica di oggi la scissione di Palazzo Barberini non sarebbe avvenuta e noi non avremmo lasciato il Partito? D’altra parte, come potrò mai dimenticare che ho appartenuto a quel partito per oltre trent’anni? Che fu il partito dei Turati, dei Treves, dei Matteotti?» (ivi, Lettera di A. Caprini a T. Pazzaglini, Nizza, 30 gennaio 1961; la lettera di inoltro Nenni è in ivi, Lettera di A. Caprini a P. Nenni, Nizza, 1° febbraio 1961).
Samuele Sottoriva, Un’amicizia difficile: il Partito socialista italiano (PSI) e il Parti socialiste français (PS) nei lunghi anni Settanta (1969-1983), Tesi in cotutela con Università Paris-Sciences Po, Università degli Studi Roma Tre, 2021

domenica 5 febbraio 2023

C’è un libro su Marcel Duchamp

Fonte: Alessandro Gimelli, art. cit. infra

"Consigliò, a chi gli poneva la solita questione della difficoltà delle sue poesie, di leggere ad alta voce, e tutto così sarebbe andato meglio. Citò il giudizio di Gide su Proust".
Da un libro utilissimo per conoscere meglio 'la lezione rivoluzionaria del poeta Sanguineti' e apprezzare 'l'elegante provocazione di un poeta comunista', come fu scritto per la morte del poeta, nel maggio del 2010.
Autore di questo importante saggio di piacevole oltre che di utile lettura è Marco Innocenti, Accademico della Pigna (Sanremo vecchia), artista a tutto campo e in tutti i campi oltre che studioso e scrittore che si 'svela' qui profondo conoscitore della personalità della vita e delle opere del poeta e docente genovese Edoardo Sanguineti: "(acrobata (s.m.) è chi cammina tutto in punta (di piedi): ... e salta mortalmente: e mortalmente (e moralmente) ruota: (così mi ruoto e salto, io nel tuo cuore)...".
Marco Innocenti, Sanguineti Didatta e Conversatore, con Bibliografia Ragionata e Immagini, edito da Lo Studiolo, Febbraio 2016
Chiara Salvini, ... Marco Innocenti, Sanguineti Didatta..., Nel delirio non ero mai sola, 31 marzo 2016

Marco Innocenti ha pubblicato, insieme al suo ultimo libro, un quaderno di scritti sparsi che ha raccolto negli anni. I testi contengono recensioni, pensieri e riflessioni sulle sue opere; tra di essi ce n’è uno intitolato “C’è un libro su Marcel Duchamp” che scrissi diversi anni fa sul mio vecchio blog. Marco Innocenti ha conservato quel pezzo (il mio blog è chiuso da molto tempo) e mi ha gentilmente chiesto di poterlo inserire in questa raccolta; lo riporto qui sotto a più di dieci anni di distanza da quando è stato scritto.
Nel giorno in cui la cultura, quella con la “c” maiuscola”, viene tradizionalmente messa da parte dai media italiani per far posto alla prima serata della kermesse canora più famosa della nostra storia recente, un piccolo pacchetto bianco veniva lasciato nella mia cassetta della posta.
Nel pacchetto c’era un libro, un’edizione discreta e delicata, una manciata di pagine non numerate.
Sulla copertina ci sono un quadro e, soprattutto, un titolo e un autore: “C’è un libro su Marcel Duchamp” di Marco Innocenti, 100 esemplari stampati alla fine del 2008 e destinati ad altrettanti amici.
Il libro arriva da Sanremo ed è una bella sorpresa, una passeggiata onirica tra opere d’arte e sensazioni e profumi e colori e suoni Sanremesi, ma non sono quelli del festival; sono quelli della grande arte in grado di regalare grandi emozioni e riflessioni.
Ieri è stato bello perdersi in quelle pagine, ideale rifugio da una banale giornata grigia di pioggia e di vento. Ho letto di quadri, di arte, di musica, di colori e luci e di vita; poi ho riletto quelle pagine ancora una volta e poi un’altra… poi ci ho riflettuto e ne ho rilette alcune e mi sono trovato d’accordo con la citazione di Edmond e Jules de Goncourt riportata come se fosse un’introduzione: “il dada è forse il più grande bisogno dell’uomo. Questo grano di follia è come il sale della vita. E’ assolutamente necessario che un uomo sia monomane, che abbia un pensiero fisso che riprende, digerisce e torna a masticare come un betel, si tratti di un giardino, di una costruzione, di una raccolta, di una donna”
.
Alessandro Gimelli, C’è un libro su Marcel Duchamp, blog dell'autore, 10 maggio 2021

Altri lavori di Marco Innocenti: articoli in IL REGESTO, Bollettino bibliografico dell’Accademia della Pigna - Piccola Biblioteca di Piazza del Capitolo, Sanremo (IM); articoli in Mellophonium; Lorem ipsum, lepómene editore, 2022; (a cura di) Marco Innocenti, Il magistero di Cesare Trucco - per il centenario della nascita 1922-2022, Lo Studiolo, Sanremo, 2022; Scritti danteschi. Due o tre parole su Dante Alighieri, Lo Studiolo, 2021; I signori professori, lepómene editore, 2021; Verdi prati erbosi, lepómene editore, 2021; Libro degli Haikai inadeguati, lepómene editore, 2020; Elogio del Sgt. Tibbs, Edizioni del Rondolino, 2020; Flugblätter (#3. 54 pezzi dispersi e dispersivi), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2019; Sandro Bajini, Fumata bianca dopo penosi conciliaboli (con prefazione di Marco Innocenti), Lo Studiolo, 2018; articoli in Sanremo e l'Europa. L'immagine della città tra Otto e Novecento. Catalogo della mostra (Sanremo, 19 luglio-9 settembre 2018), Scalpendi, 2018; Flugblätter (#2. 39 pezzi più o meno d'occasione), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2018; Sandro Bajini, Andare alla ventura (con prefazione di Marco Innocenti e con una nota di Maurizio Meschia), Lo Studiolo, Sanremo, 2017; La lotta di classe nei comic books, i quaderni del pesce luna, 2017; Sanguineti didatta e conversatore, Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2016; Sandro Bajini, Libera Uscita epigrammi e altro (postfazione di Fabio Barricalla, con supervisione editoriale di Marco Innocenti e progetto grafico di Freddy Colt), Lo Studiolo, Sanremo, marzo 2015; Enzo Maiolino, Non sono un pittore che urla. Conversazioni con Marco Innocenti, Ventimiglia, Philobiblon, 2014; articolo in I raccomandati/Los recomendados/Les récommendés/Highly recommended N. 10 - 11/2013; Sandro Bajini, Del modo di trascorrere le ore. Intervista a cura di Marco Innocenti, Ventimiglia, philobiblon, 2012; Sull'arte retorica di Silvio Berlusconi (con uno scritto di Sandro Bajini), Editore Casabianca, Sanremo (IM), 2010; Pensierini, Lepomene, Sanremo, 2010; Sgié me suvièn, Lepomene, Sanremo, 2010; Prosopografie, lepómene editore, 2009; Flugblätter (#1. 49 pezzi facili), lepómene editore, 2008; (a cura di) Alfredo Moreschi in collaborazione con Marco Innocenti e Loretta Marchi, Catalogo della mostra fotografica. 1905-2005: Centenario del Casinò Municipale di Sanremo. Una storia per immagini, De Ferrari, Genova, 2007; con Loretta Marchi e Stefano Verdino, Marinaresca la mia favola. Renzo Laurano e Sanremo dagli anni Venti al Club Tenco. Saggi, documenti, immagini, De Ferrari, 2006
Adriano Maini

venerdì 3 febbraio 2023

Com'era, al momento della vendita, la villa Hanbury?

Mortola, Frazione di Ventimiglia (IM): Villa Hanbury

Al nome di Lord Thomas Hanbury, di cui si è ricordato ieri nella villa a lui intitolata il centenario della morte, è legato a quello di un giardino botanico [in Frazione Mortola di Ventimiglia (IM)] fra i più ricchi e affascinanti del Mediterraneo.
Chi sa tutto della sua storia, oltre che dei fiori e delle piante in esso contenute è Nico Orengo, lo scrittore che a Villa Hanbury ha anche vissuto. Vale la pena di ascoltarlo raccontare.
"Villa Hanbury si chiamava in origine Villa Orengo. Era della mia famiglia, originaria di Latte, che la vendette agli Hanbury nel 1867. Ancora oggi, all'interno della villa, ci sono incisioni, poi acquarellate dagli Hanbury, con su scritto Villa Orengo".
Com'era, al momento della vendita, la villa?
"C'erano soprattutto limoni, e poi agrumi e viti. C'era, come c'è ora, la pineta, coi pini d'Aleppo, ed essenze mediterranee svariate".
I fiori sono arrivati dopo.
"Sì, il progetto dell'orto botanico è di Thomas e anche di suo fratello Daniel, che era di mestiere farmacista, ma appassionato appunto di botanica".
Alla realizzazione del giardino partecipa in modo attivo anche il giardiniere e paesaggista tedesco Lodovico Winter, attivissimo alla fine del XIX secolo in Riviera.
"Più avanti - prosegue Orengo - cioè negli anni Cinquanta, la mia famiglia comprò una casa che era appartenuta proprio a Lodovico Winter. Siccome c'era molto da ristrutturare, molto carinamente gli Hanbury ci concessero un'abitazione dentro all'interno della loro villa, dove io stetti per un anno e mezzo".
E com'era, vivere nella villa Hanbury?
"Beh, era che uscivo di casa, prendevo la corriera e scendevo al liceo, a Ventimiglia. In villa c'erano ancora una quindicina di giardinieri - negli anni d'oro erano stati fino a 60 - e con loro si chiacchierava e imparava. Accanto ai fiori, le targhette in ottone, con il nome e la denominazione scientifica in latino. Ma la villa era molto altro. Per esempio c'era un campo da tennis, uno di quei court all'inglese, un po' délabré; e i calchi di gesso di Monte Bego, portati lì, chi sa come e perché, da Nino Lamboglia, l'archeologo che li aveva rilevati. E poi c'era una casetta con una finestra affacciandosi alla quale si poteva pescare in mare".
Ma quest'episodio c'è in "Miramare", il suo libro del 1975 che è anche il libro di Villa Hanbury.
"L'ho raccontato anche lì, è vero. Ma villa Hanbury c'è anche in un racconto di Mario Soldati, che nell'"Attore" arriva fino alla Mortola; e di Giuseppe Conte è l'"Elegia" scritta nei giardini di villa Hanbury, che mi piace molto". 

Mortola, Frazione di Ventimiglia (IM): la Discesa dei Marinai costeggia la recinzione dei Giardini Hanbury

Doveva essere un bel posto per andarci con le ragazze, anche.
"Beh, non tra i fiori, ma nella pineta sì, ci si andava. Così come, quando nei primi anni Sessanta la villa ebbe un momento di trascuratezza, si entrava in pineta dalla via Romana e ci si trovava fra ragazzi".
 


Nico Orengo, qual è il fascino di villa Hanbury oggi?
"Il fascino è, per esempio, nella tomba di Daniel Hanbury, nella campana cinese che ancora si vede, nei camini, nei pavimenti. E poi, ma non c'è nemmeno bisogno di aggiungerlo, nell'infinita varietà dei fiori".
Giovanni Choukhadarian, La Villa Hanbury, quell'Eden di Riviera venduto a un lord, La Repubblica, 10 marzo 2007


[...] il tema del paesaggio percorre in filigrana tutta l’opera letteraria ed è al centro delle preoccupazioni dello scrittore [Nico Orengo]. Anche molti articoli giornalistici testimoniano il suo impegno civile in difesa del paesaggio. Senza dimenticare diverse altre iniziative, come la creazione nel 1993 del premio “Giardini Botanici Hanbury - La Mortola”, dedicato allo studio e alla salvaguardia del paesaggio, <10 che ha ideato in collaborazione con l’Università di Genova. Nelle intenzioni dello scrittore, il premio doveva «promuovere la cultura dei giardini, dei fiori e del paesaggio, segnalando testi di architettura, di botanica, di fotografia e testi di creatività dedicati allo spirito della natura, alla letteratura dei giardini, intesa anche in senso ideale, come metafora della vita». <11
In questo modo Orengo voleva dare un «segnale culturale» agli scrittori italiani che riteneva poco sensibili al paesaggio e agli «ambientalisti dimentichi dei valori estetici del paesaggio naturale». <12
[...] Come precisa nell’album di fotografie e ricordi "Terre blu", che ricostruisce quel periodo fondamentale per la sua formazione, la sua padronanza del lessico botanico risalirebbe all’assidua pratica dei Giardini Botanici Hanbury a Mortola, considerati quasi come un giardino di casa da Orengo che per un certo tempo abitò al loro interno:
"Il giardino degli inglesi è diventato, negli anni, un luogo di conoscenza: alberi portati dai quattro angoli del mondo, stagioni fiorite sempre. Un vocabolario botanico scritto, voce per voce, su targhette di piombo, da dove parlano voci dell’America del Sud, di quella del Nord, dell’Africa, dell’Australia, della Cina, del Giappone. Nomi “altri” che era una curiosità scoprire, di giorno in giorno, per confrontare la differenza con il basilico, il rosmarino, la borragine, il timo, la mortella (Tb, 10)".
 


[NOTE]
10 Il premio, che si svolge nel complesso da cui prende il nome, conosce diciotto edizioni e si interrompe nel 2008. Dal 2002 cambia nome in “Grinzane Giardini Botanici Hanbury”, diventando di fatto una diramazione del premio Grinzane Cavour, organizzato da Giuliano Soria. Il premio Hanbury inizialmente (nei primi due anni) prevede due sezioni e in seguito tre: «la prima premia il libro italiano o straniero di narrativa o di creatività nel quale prevalga in modo determinante il sentimento dell’ambiente e della natura; la seconda premia un libro italiano o straniero di botanica o architettura, dedicato alla “cultura” dei giardini e dei fiori, intesa anche in senso fotografico; la terza sezione intende premiare una personalità che si sia distinta nello studio dei giardini e dei fiori, o un volume o una tesi di laurea, dedicati alla storia del giardino e del paesaggio mediterraneo in Liguria e fuori», citiamo dal Regolamento del premio “Giardini Botanici Hanbury - La Mortola”.
11 Ibidem.
12 MARIO FAZIO, Villa Hanbury premia la cultura delle piante, in “La Stampa”, 22 settembre 1992, p. 43.
 

Federica Lorenzi
, Il paesaggio nell’opera di Nico Orengo, Tesi di Laurea, Université Nice Sophia Antipolis en cotutelle internationale avec Università degli Studi Di Genova, 14 novembre 2016