Ventimiglia (IM): la Stazione Ferroviaria |
Io ho iniziato a lavorare, vendendo giornali, prima della guerra, a 14 anni, appena finito l'avviamento. Mia zia aveva l'edicola in stazione ed io andavo a vendere i giornali col carrello ai treni. A quel tempo era obbligatorio vendere i giornali ai treni: se non si andava, c'era il rischio che facessero chiudere anche l'edicola. Si vendevano i giornali italiani, quali Il Corriere della Sera, La Stampa, Il Giornale di Genova, La Gazzetta del Popolo, Il Popolo d'Italia... e giornali tedeschi, francesi, inglesi ed anche uno polacco. Prima ero in stazione a Ventimiglia con mia zia; quando Mentone nel 1941 è stata dichiarata zona d'armistizio, la SAF (Servizio Accessori Ferroviari) ha preso l'edicola a Mentone; alla zia hanno lasciato l'edicola a Ventimiglia e a me hanno dato la distribuzione in città D.I.ES. (Distribuzione Italia Estera Stampa). Io mi dovevo occupare della distribuzione per tutta Mentone, da Mentone Garavan al Ponte dell'Unione che era il confine con la Francia. I giornali li vendevano i tabacchini ed i bar: io dovevo distribuirli a loro. Avevo una bicicletta con due cestoni, uno davanti e uno dietro, dove mettevo i pacchetti di giornali e li portavo a destinazione. Per andare e tornare da Mentone viaggiavamo su due treni. Si partiva alle 7 del mattino e si ritornava la sera alle 18. Al mattino io iniziavo con la distribuzione dei giornali della sera. Alle 10 arrivavano i giornali da Genova: Il Secolo XIX, Il Giornale di Genova, Il Lavoro... Arrivavano con le corriere; io dovevo andare a prendermi i pacchi, dividerli, fare i pacchetti e poi rifare il giro. Alle 12.30 arrivavano i giornali di Milano e di Torino: Il Corriere della Sera, Il Popolo d'Italia, La Gazzetta del Popolo, La Stampa... e dovevo fare lo stesso lavoro di prima. Il pomeriggio dovevo dedicarlo a ritirare i non venduti, dividere i settimanali dalle riviste e dai quotidiani, dovevo tagliare le testate dei quotidiani (le riviste si restituivano intere) e dovevo fare i conti. I settimanali di allora erano La Domenica del Corriere, la Tribuna Illustrata, Novella, Mani di Fata, Il 420, che era un giornale umoristico.
A Mentone si vedeva la rivalità e la concorrenza tra la Gazzetta del Popolo e La Stampa: c'era un ispettore, un tipo un po' strano, che per arrivare prima de La Stampa, una volta ha caricato tutti i giornali su un carrello dei ferrovieri, che serviva per andare a fare le riparazioni, e li ha portati da Ventimiglia a Mentone pedalando su quel carrello. E io ho dovuto subito distribuirli.
Tutto questo è durato fino al '41.
Dopo l'8 settembre sono arrivati i Tedeschi e mia zia col suo convivente sono dovuti scappare.
A Mentone subito c'era il comando militare, poi...
Quando Mentone è stata occupata io sono rimasto a lavorare coi giornali.
Molti da Ventimiglia e dalle vallate andavano a lavorare a Mentone. Al mattino c'era un treno lungo che trasportava molti operai che andavano a lavorare per ricostruire Mentone che era stata bombardata e poi la sera tornavano a casa.
Io tante volte da solo non ce la facevo a distribuire i giornali perché si doveva andare in giro quattro volte al giorno a portarli, andarli a prendere, distribuirli. Allora si pedalava, non si aveva altro mezzo. E poi c'erano le rese, bisognava tenere la contabilità... Tutti i giorni registravo quello che mi arrivava, quello che distribuivo e le rese. Il tutto era controllato dagli ispettori che venivano a vedere se tutto funzionava bene. C'era l'ispettore della DIES che controllava e ci diceva cosa bisognava fare.
Nel '46 dopo la guerra ho iniziato nuovamente a distribuire giornali a Ventimiglia. Poi a Ventimiglia si è formata un'agenzia (ACOL... ) che importava giornali di moda dalla Francia e si faceva la distribuzione. Nel periodo '47-50 l'agenzia si è sviluppata e stampava anche un settimanale: "La Domenica della Donna". Il proprietario, siccome viveva in Francia, faceva stampare questa rivista credo a Parigi e noi facevamo la distribuzione nazionale. All'inizio era 50.000 copie alla settimana, poi è passata a 70.000 copie a settimana. Anche il personale era aumentato: da 4 è passato a 10. Io mi occupavo di dogana italiana-francese e francese-italiana. Nel frattempo avevano aperto delle filiali: una a Genova, una a Firenze, una a Roma. A Roma avevano mandato un addetto alla distribuzione che non era pratico di questo lavoro, non aveva fatto la resa di parecchi mesi; il proprietario allora mi ha mandato a Roma a fare le rese. Per la distribuzione c'erano le messaggerie italiane e quando distribuivano volevano essere pagate per il lavoro e noi dovevamo mandare le rese per far vedere il conto alle messaggerie.
Pierino S., A vendere i giornali in Redazione, Il tesoro della memoria, Città di Camporosso, 2007
A Mentone si vedeva la rivalità e la concorrenza tra la Gazzetta del Popolo e La Stampa: c'era un ispettore, un tipo un po' strano, che per arrivare prima de La Stampa, una volta ha caricato tutti i giornali su un carrello dei ferrovieri, che serviva per andare a fare le riparazioni, e li ha portati da Ventimiglia a Mentone pedalando su quel carrello. E io ho dovuto subito distribuirli.
Tutto questo è durato fino al '41.
Dopo l'8 settembre sono arrivati i Tedeschi e mia zia col suo convivente sono dovuti scappare.
A Mentone subito c'era il comando militare, poi...
Quando Mentone è stata occupata io sono rimasto a lavorare coi giornali.
Molti da Ventimiglia e dalle vallate andavano a lavorare a Mentone. Al mattino c'era un treno lungo che trasportava molti operai che andavano a lavorare per ricostruire Mentone che era stata bombardata e poi la sera tornavano a casa.
Io tante volte da solo non ce la facevo a distribuire i giornali perché si doveva andare in giro quattro volte al giorno a portarli, andarli a prendere, distribuirli. Allora si pedalava, non si aveva altro mezzo. E poi c'erano le rese, bisognava tenere la contabilità... Tutti i giorni registravo quello che mi arrivava, quello che distribuivo e le rese. Il tutto era controllato dagli ispettori che venivano a vedere se tutto funzionava bene. C'era l'ispettore della DIES che controllava e ci diceva cosa bisognava fare.
Nel '46 dopo la guerra ho iniziato nuovamente a distribuire giornali a Ventimiglia. Poi a Ventimiglia si è formata un'agenzia (ACOL... ) che importava giornali di moda dalla Francia e si faceva la distribuzione. Nel periodo '47-50 l'agenzia si è sviluppata e stampava anche un settimanale: "La Domenica della Donna". Il proprietario, siccome viveva in Francia, faceva stampare questa rivista credo a Parigi e noi facevamo la distribuzione nazionale. All'inizio era 50.000 copie alla settimana, poi è passata a 70.000 copie a settimana. Anche il personale era aumentato: da 4 è passato a 10. Io mi occupavo di dogana italiana-francese e francese-italiana. Nel frattempo avevano aperto delle filiali: una a Genova, una a Firenze, una a Roma. A Roma avevano mandato un addetto alla distribuzione che non era pratico di questo lavoro, non aveva fatto la resa di parecchi mesi; il proprietario allora mi ha mandato a Roma a fare le rese. Per la distribuzione c'erano le messaggerie italiane e quando distribuivano volevano essere pagate per il lavoro e noi dovevamo mandare le rese per far vedere il conto alle messaggerie.
Pierino S., A vendere i giornali in Redazione, Il tesoro della memoria, Città di Camporosso, 2007