martedì 2 agosto 2022

Vi era l’impossibilità di altre espansioni dello stabilimento di Oneglia

Imperia: le residue (nel 2018) ciminiere delle ex Ferriere 
Imperia: sullo sfondo uno scorcio (2016) della zona Ferriere



Fonte: Tommaso Lupi, art. cit. infra

“I.L.V.A. ALTI FORNI E ACCIAIERIE D’ITALIA - ONEGLIA”: così si chiamava al termine della sua vita ad Imperia (1930) lo stabilimento siderurgico illustrato nelle fotografie, il primo insediamento sorse ad Oneglia lungo la sponda sinistra dell’Impero dal ponte di via Statuto (ora via della Repubblica) fino al mare per una lunghezza di circa 4-500 metri, verso levante correva lungo l’attuale via T. Schiva (forse allora via degli Operai o del Guado) provvista di binari che collegavano il Porto alla stazione ferroviaria, la sua superfice era di 110.000 mq., superfice che salì a più di 160.000 mq. col secondo insediamento, soprattutto fonderie, che nel 1919 fu ubicato in quel luogo che ancora oggi chiamiamo “ferriere” al di la dell’Impero (“de la de l’ōigua” in onegliese) in territorio di Porto Maurizio, oggi ne rimangono i resti con le tre ciminiere e quella stecca di fabbricato che stanno ristrutturando lungo l’argine destro dal ponte sud al mare fino ai cantieri navali. Cominciò tutto nel 1905/6 la società prima di diventare I.L.V.A. ebbe diversi nomi. Cominciò con la “SOCIETA’ SIDERURGICA LIGURE OCCIDENTALE” promossa da alcuni imprenditori locali fra cui spiccava Ottavio Rovere proprietario di quel Garage Rovere in piazza Dante (allora piazza Maria Tersa), titolare di un’officina meccanica nel Regio Penitenziario retrostante e di una fabbrica d laterizi, non si sa il motivo per cui nel 1909 venne venduta alla “SOCIETA FERRIERE DI VOLTRI” dell’industriale genovese On. Giovanni Tassara e infine nel 1929 venne acquistata dall’“I.L.V.A ALTI FORNI E ACCIAIERIE D’ITALIA”. Torniamo a bomba, in quel tempo, 1905/6, era sindaco Castellano (dal 1903 al 1907) e in città ferveva il dibattito sulla richiesta di insediamento dello stabilimento siderurgico, si levò una voce critica sull’ubicazione dello stabilimento era il consigliere comunale socialista Ennio Gandolfo, ex sindaco di Oneglia fino al 1902, che sostenne che non si dovevano sacrificare i meraviglosi giardini che sorgevano sull’area dove poi fu edificato lo stabilimento e che esso doveva trovare un’altra ubicazione magari più a nord (magari dove poi sorse l’Italcementi) tanto più che poi, predisse con lungimiranza, la fabbrica avrebbe potuto essere abbandonata per altri luoghi più produttivi o convenienti, ora sappiamo che così avvenne dopo quasi un quarto di secolo, a al momento vinsero le categorie economiche del luogo coalizzate, imprenditori, commercianti e artigiani in testa, ubbidivano al richiamo del “cuore”. Nel luogo indicato sorgevano dei giardini meravigliosi pieni di essenze (piante) pregiate, viali alberati con al centro una rotonda dove la banda musicale di Oneglia  teneva concerti affollati: erano famosi non solo nel ponente ma nel nord d’Italia e all’estero. I giardini andavano dal mare al ponte principale sull’Impero, verso il mare vi era un lavatoio, l’unico di Oneglia, provvisto di una fonte di acqua tiepida naturale (chissà se era un modesto fenomeno vulcanico, la leggenda dice che i Bardellini fossero un vulcano spento, così come il monte Follia vicino al Faudo), ma tutto venne sepolto e inglobato dal poderoso complesso siderurgico. La costruzione iniziò nel 1906, alla fine del 1908 iniziò la produzione: era uno stabilimento di avanguardia, forni e laminatoi moderni potenti e razionali con una logistica favorevole, collegato alla ferrovia e al porto dove arrivava il carbone necessario e partiva la produzione di laminati e lingotti spediti anche su treni appositamente costruiti; l’acqua dell’Impero copriva le necessità; arrivò a produrre fino a 40.000/60.000 tonnellate all’anno tra laminati e lingotti di ferro e acciaio: Dapprima occupò intorno ai 350 operai, cifra che salì fino a 742 operai fra manodopera locale e importata dalla Toscana e dall’Umbria, quella specializzata soprattutto. Il massimo della produzione si ebbe intorno al 1916 a causa dello svolgersi della prima guerra mondiale. Oneglia per le attività industriali che possedeva veniva soprannominata “la piccola Manchester”: ne fa fede anche l’attività portuale che raggiunse picchi di tonnellaggio raggiunti solo più di 70 anni dopo. Nel 1916 il porto di Oneglia tra sbarchi e imbarchi movimentò 220.663 tonnellate, quello di Porto Maurizio 67.725 per un totale di 288.358 tonnellate, record di sempre, circa 3.000 tonnellate in più delle circa 285.000 tonnellate che movimentammo a metà degli anni 80 del secolo scorso e a quel tempo anch’io ero uno dei Lavoratori Portuali, poi fui l’ultimo Console della “Compagnia Lavoratori Portuali Lodovico Maresca”. Pubblico sotto nei commenti la tabella dei movimenti dei porti della provincia degli anni 1915/19 fornito dal ministero delle finanze e tramandatoci dallo storico Ludovico Giordano, in quegli anni di inizio secolo ad Oneglia era capo della Lega dei Portuali il mitico “Cartò” Luigi Acquarone e a Porto Maurizio, allora le leghe portuali erano divise, il capo era Oneglio, ironia del destino il suo cognome, nel porto di Oneglia si sbarcavano e imbarcavano oltre i tradizionali olio, vino, grano e merci varie anche carbone, materiale ferroso dall’isola D’Elba, laminati e lingotti di ferro e acciaio, a Porto Maurizio olio, vino, merci varie e, dopo la costruzione delle fonderie delle Ferriere Voltri e del raccordo ferroviario sulla sponda destra dell’Impero nel 1918, anche rottami ferrosi di importazione per le fonderie. Con le fonderie sulla sponda destra l’area occupata raggiunse i 164.500 mq, le maestranze il massimo di quasi 800 unità occupate e la produzione media annua di 60.000 tonnellate, intanto Oneglia e Porto Maurizio si erano unificati in IMPERIA, negli anni successivi la produzione raggiunse il picco di circa 50.000 tonnellate di lingotti e getti e 24.000 di laminati, in quel periodo vennero eseguiti potenziamenti degli impianti sia sulla sponda destra che su quella sinistra e le Ferriere Voltri di “Imperia” erano una realtà produttiva siderurgica all’avanguardia molto importante a livello nazionale. Nel 1929 la duplice svolta, la prima è che l’I.L.V.A., importante società nazionale in forte espanzione, acquisisce la SOCIETÀ FERRIERE VOLTRI e tutti gli stabilimenti che ha in Italia compresi quelli di Oneglia e Porto Maurizio, la sua gestione durò poco, ecco la seconda svolta: in quell’anno la produzione comincia a risentire della crisi mondiale che culminerà col “martedì nero” alla borsa di Wal Street, il 29 ottobre 1929, e le sue ripercussioni anche in Europa, il tracollo delle ordinazioni, il crollo dei prezzi e la concorrenza dei paesi esteri costrinse la direzione a ridurre la produzione, a diminuire i costi liberandosi di un pò di personale, i cosiddetti esuberi; nel 1930 la produzione crolla a meno della metà della media degli anni precedenti (19.967 tonnnellate) e il prezzo del ferro crolla a un terzo (545 lire a tonnellata),  l’I.L.V.A. ormai monopolista della siderurgia a livello nazionale poichè aveva acquisito quasi tutti gli impianti nel nostro paese decide di ridimensionare e chiude molti dei suoi impianti (Pra, Udine, Multedo, Chiaravagna, Sestri, Voltri, Lovere ecc.) compreso quello di Imperia. Le motivazioni che in qualche modo vennero date furono “che la dislocazione dell’impianto imperiese lo rendeva solo parzialmente sfruttabile” e “che vi era l’impossibilità di altre espansioni dello stabilimento di Oneglia”, motivazioni come si vede speciose e contraddittorie: data la modernità e la produttività degli impianti la loro dislocazione era la più opportuna, vicino alle grandi industrie del nord raggiungibili con la ferrovia e le altre con il porto di mare, soprattutto se si pensa che quegli impianti furono immediatamente trasferiti a Piombino in Toscana e a Bagnoli in Campania; la seconda si commenta da sola vi è una crisi spaventosa e si sostiene che lo stabilimento di Oneglia non si può espandere ulteriormente, perchè poi lo si dovrebbe espandere in quella crisi?, e se in futuro lo si dovesse espandere si dovrebbe fare come 10 anni prima lo si potrebbe espandere verso Porto Maurizio, il quartiere chiamato Ferriere era deserto privo di costruzioni come documentano foto d’epoca. Non sapremo mai quali furono le vere motivazioni della chiusura e del trasferimento della produzione e degli impianti in altro luogo, misteri del capitale, si può supporre che fossero motivi politici, la pressione di qualche territorio o di qualche suo deputato più influenti dei nostri, ma tant’è non ci si potè opporre e fu così che nel 1930 si chiuse il capitolo dell’industria pesante a Imperia (Oneglia e Porto Maurizio) durato quasi un quarto di secolo. Nei mesi successivi alla chiusura si sperò in una ripresa, ma come è andata lo sappiamo. In questi giorni in via T. Schiva di fronte all’ACI nell’ex deposito di legnami Fava sparisce forse l’ultimo muro della vecchia struttura delle “acciaierie e alti forni d’Italia” inglobato in un palazzo in fase avanzata di costruzione, sull’altra sponda ci restano un fabbricato in ristrutturazione lungo l’argine e tre ciminiere a rendere inconfondibile, assieme al Parasio e al Grattacielo “Andrea Doria”, lo skyline della città.
Noi intanto speriamo bene per i Lavoratori ILVA di Taranto e Genova...
Per chi volesse saperne di più nella biblioteca civica c’è il libro di Nello Cerisola “Storia dell’industria imperiese” e sta per uscire il libro di Francesco Vatteone su Oneglia, terzo della trilogia, come sempre interessante e documentato.
Tommaso Lupi, La storia si ripete: oggi Taranto, ieri Imperia (Oneglia-Porto Maurizio) in Sei di Imperia se ... Gruppo su Facebook, 14 dicembre 2019

Le Ferriere di Oneglia, anni Venti (collezione privata). Fonte: Sara de Maestri e Roberto Tolaini, Op. cit. infra

Le Ferriere di Oneglia (IM)
La costruzione del complesso siderurgico, sito alla foce del torrente Impero, tra la marina di Porto Maurizio e il centro di Oneglia, inizia nel 1906 ad opera della Società Siderurgica Ligure Occidentale.
Nel 1908 la proprietà dello stabilimento passa alla società Ferriere di Voltri che nel 1916 costruisce la Nuova Acciaieria di Oneglia per la produzione di laminati in acciaio comune e lingotti per la trasformazione degli stessi in laminati.
Il complesso, che costituisce uno dei rari esempi di impiego del calcestruzzo col sistema Hennebique nell’estremo Ponente ligure, a opera dell’impresa Porcheddu di Torino, è costituito da due grandi capannoni affiancati (il locale forni verso mare e il locale fonderia verso monte), dal locale gasogeni, dal laboratorio chimico e dai magazzini sul fronte verso torrente.
Il capannone forni (19,25 x 75,00 x 18,00 m di altezza), che contiene quattro forni Martin della stessa capacità, disposti in linea in unica campata, è adiacente il capannone fonderia. Questo, dove si effettuano le colate dell’acciaio dal forno nei secchioni alle lingottiere, ha la stessa lunghezza, ma è più largo (20 m) e più alto (25,50 m). Parallelo a questi, il capannone gasogeni, largo 14,50 m e alto 15 m contiene quattro gasogeni sistema Morgan.
Nel cortile esistente fra il capannone forni e il locale gasogeni si ergono tre ciminiere, costruite fra il 1916 e il 1917, non perfettamente allineate e di altezze scalari, in mattoni refrattari, con un dettaglio ecorativo all’altezza della bocca di uscita dei fumi, ottenuto con mattoni disposti a ghiera pensile.
La ciminiera centrale e quella più vicina al torrente hanno originariamente la stessa altezza (46 m) e la stessa conformazione ma, dopo il 1925, a causa dei danni subiti durante la guerra, quella centrale viene ricostruita più alta (56 m) e rinforzata con una intelaiatura in cemento armato.
Nel 1929 lo stabilimento viene acquistato dall’Ilva, la gestione della quale ha brevissima durata: nel 1930 viene smantellato e tutte le attrezzature sono trasferite a Bagnoli e Piombino. Da allora non viene più utilizzato e restano in stato di abbandono l’insieme dei capannoni industriali, ridotti al solo scheletro strutturale, le tre ciminiere e la palazzina per uffici.
 
Imperia: l'ex fabbrica Agnesi ad Oneglia

Imperia: l'ex fabbrica Agnesi fa da sfondo ad una ciminiera delle antiche Ferriere

Dopo varie vicissitudini progettuali nel 1994, a seguito di una denuncia di Italia Nostra dello stato di grave abbandono e incuria del complesso, e in particolare della ciminiera maggiore, simbolo del ruolo economico della città, quest’ultima viene sottoposta a vincolo ai sensi della legge n. 1089 del 10 giugno 1939 e l’intero complesso è catalogato come monumento. Tuttavia nell’aprile del 2000, con un provvedimento di urgenza, il complesso, passato nel frattempo in proprietà alla Agnesi, interessata all’area per espandere il proprio stabilimento situato sull’altra riva dell’Impero, viene demolito e restano solo le ciminiere e la palazzina uffici, di proprietà del Demanio.
Sara de Maestri e Roberto Tolaini, Storie e itinerari dell'Industria Ligure, De Ferrari, 2012