venerdì 22 febbraio 2019

Purtevu ben, bela frema!

Mentone

Antò e Terè sono due vicini che tutti i giorni litigano. Terè con tanto di testimoni porta in tribunale Antò perché le ha dato della "soma" che in mentonasco ma anche in ventemigliusu [dialetto di Ventimiglia (IM)] vuol dire somara ma soprattutto poco di buono.
All’udienza parlano Antò, Terè, i testimoni e anche due buoni avvocati e fatto sta che il giudice condanna Antò ad una ammenda di quaranta soldi. Allora Antò ingoia amaro ma poi ha un colpo di genio e chiede spiegazioni - Signor giudice io sono stato condannato perché ho dato della soma a una signora - e aggiunge - non mi condannereste mica se chiamassi signora una soma?
Il giudice naturalmente conferma. Allora Antò si gira verso tanta Terè e rispettosamente, come se salutasse il Santissimo, le grida - Stia bene bella signora. (Alura, Antò Pessügh’ se revira verse tanta Terè a Tignuara, e respetuse, cuma se salütessa u Santissimu, y cria: - Purtevu ben, bela frema!).
 
Così, soddisfatto di aver dato della signora ad una somara, si avvia verso casa. 

Questa storia scritta da Marcel Firpo, che ho tradotto all’ingrosso dal dialetto mentonasco, me la raccontava assieme ad altre storie mia nonna che l'aveva letta sulla mitica Barma Grande, il periodico dialettale degli anni Trenta che - adesso ho scoperto - era anche uno strumento di propaganda dell'irredentismo Ligure di ponente. Che il fascismo abbia finanziato le pubblicazioni in dialetto mentonasco oggi è una cosa abbastanza certa.

Questo Marcel Firpo, che naturalmente in Francia chiamavano Firpò, era molto conosciuto dai due lati della frontiera. Del resto, la famiglia Firpo era originaria di Arenzano.
Ma l’attività culturale, l’amore per le tradizioni, per la lingua e per la letteratura mentonasche di Marcello Firpo, si potevano anche considerare da parte francese, e forse lo erano, connivenza col nemico, collaborazionismo, lotta per l’autonomia e propaganda fascista. Per questo finita la guerra fu condannato dai francesi a 7 anni di reclusione, alla degradazione nazionale e alla confisca dei beni oltre alla sanzione di 400.000 vecchi franchi. 

Dopo la liberazione in Francia fu istituito infatti il reato retroattivo di indegnità nazionale che comportava divieto di residenza, perdita dei diritti civili, confisca dei beni; pene molto dure a cui si pose rimedio con un’amnistia nel 1951. Un giorno mentre stavo raccogliendo informazioni e materiale per scrivere questa storia vado a Mentone ed entro in uno sgabuzzino che conosco, situato all’inizio della via Lunga dalla porta di Sant’Antonio, dove anziane volontarie, due volte alla settimana, vendono pubblicazioni vecchie e nuove su Mentone e dintorni. 

Mi rifornisco e comincio a leggere.

In un libretto pubblicato pochi anni fa dalla società d’arte e storia del Mentonese, l'affare Firpo viene così presentato: “alla liberazione i mentonaschi rimproverarono a Firpo di aver fraternizzato con l’occupante italiano e nel 1945 deve lasciare Mentone (…) La Francia lo perdonerà solo dopo sette anni di esilio.”

Arturo Viale di Ventimiglia (IM)

[ n.d.r.: Arturo Viale, L'ombra di mio padre, 2017; Arturo Viale, ViteParallele, 2009; Arturo Viale, Quaranta e mezzo; Arturo Viale, Viaggi; Arturo Viale, Mezz'agosto; Arturo Viale, Storie&fandonie; Arturo Viale, Ho radici e ali  ]