giovedì 21 febbraio 2019

Il Vincetoxicum

Vincetoxicum hirundinaria
Affini ad Oleandro e Pervinche sono le Asclepiadi: talmente correlate da esser state talvolta incluse nella stessa famiglia. Anche in questi casi nuovamente troviamo proprietà pericolose. In molte di queste specie scorre un succo latteo come nelle Euforbie, ed in alcune Composite come la Lattuga.

Questo si nota molto bene nel Physianthus o Arauja sericofera, un rampicante molto diffuso nei giardini di Nizza. Anche il Gomphocarpus fruticosus possiede lo stesso lattice bianco; è una pianta che ho trovato talvolta inselvatichita lungo la strada di Monaco. A questo ordine delle Apocynacee appartiene anche la "Carrion plant", la pianta che puzza di carogna (Stapelia grandiflora): l'ho coltivata in un angolo ben riparato.

Nel giardino della Mortola sono esposte una dozzina di specie e fra queste una proveniente dalla Sicilia, diventata adulta in pien'aria.

Tutto quanto è stato detto, sebbene sia abbastanza noto, si riferisce alle specie coltivate nel giardino: ma esiste un genere, ed è l'unico europeo, che appartiene alla famiglia delle Asclepiadacee, vale a dire il Vincetoxicum, che disputa ogni palmo di terreno sulle colline al Buxus ed alla Satureia. Il Vincetoxicum hirundinaria abbonda sul Monte Chauve, ma non c'è bisogno di camminare a lungo per incontrarlo poichè cresce frequentemente vicino alla costa come all'ingresso del Vallon de Fleurs, alla periferia di Nizza.

Molte di queste Asclepiadee, se non precisamente velenose, suscitano qualche sospetto su di loro nuocendo agli insetti che trasportano i loro grani di polline. Se si guarda dentro al loro fiore, non si scorgono ne stami né stigma che restano celati, ma si nota una fenditura a forma di cuneo in cui il piede di una farfalla o la proboscide di un ape possono impigliarsi. Se l'insetto avrà avuto abbastanza forza per liberarsi tutto va bene; le sue parti avranno soltanto ricevuto come decorazione un paio di piccole tacche: all'incirca come i corni che un'Orchidea stampa sulla testa di un ape. Una farfalla può avere non meno di una dozzina di questi piccole marchiature incollate al suo piede. Ma un insetto debole, una formica per esempio, non riuscirà a liberarsi nuovamente se il suo arto resta impigliato in una di queste trappole; rimane prigioniera o vi lascia un suo pezzo per sempre. Ho osservato una mosca casalinga  lottare vanamente per tentare la fuga.

Quando il baccello di un Vincetoxicum o di un Gomphocarpus si fendono lateralmente, mostrano i semi con lunghi capelli di seta bianca: gli stessi che nell'Oleandro sono color marrone. Ho visto questi fili sericei del frutto del Physianthus utilizzati dalle modiste come ornamento per un cappello da signora. Per chi lo porti deve essere molto difficile fornire una spiegazione sull'origine di questa lanuginosa decorazione: certamente, un botanico resta perplesso davanti ad una simile curiosità.

Questi filamenti di seta assomiglino molto a quelli dei frutti di Salice, ma in quest'ultimo caso spuntano dalla base del seme.

L'Oleandro alimenta il bruco di una bella falena, una di quelle che volano immediatamente prima del tramonto, la Deilephila nerii. Il suo colore è quello della malachite, ed il modello di volo non è facile di descrivere.

Un naturalista di lungo corso Bruyat mi diceva di aver spesso trovato le larve sui cespugli di Oleandro in città, ma io non sono mai stato così fortunato. Dal canto suo, il Sig. Bicknell afferma che si possono raccogliere nella val Nervia in grande quantità queste larve, rese immuni dal veleno dell'Oleandro come gli antidoti del famoso Mitridate Re del Ponto.

Una splendida farfalla del genere Danais è collegata alle Asclepias, piante molto diffuse nei giardini del luogo; un fatto che potrebbe facilitare la naturalizzazione dell'insetto anche in Riviera. I raccoglitori sarebbero in grado di constatarlo nel giro di alcuni anni.

Leggo da qualche parte che la Danais si sarebbe davvero stabilita dalle parti di Napoli, salvo poi scomparire a causa di un inverno severo non molto tempo fa. È curioso il caso delle Danaidee, le cui larve si nutrono di piante così velenose, con profumi così acri e sgradevoli che (secondo Drummond) nessuna delle creature predatrici di farfalle le vuole toccare. Si descrivono anche di gusto  niente male (nei due sensi del termine) basandosi sui fastosi disegni e la brillantezza dei colori. È ovvio che più evidentemente spicca la loro livrea, tanto più sicuri esse saranno. Un predatore che abbia assaggiato uno di questi insetti, si suppone che in futuro voglia evitare di ripetere la disgustoso esperienza.

L'oleandro ha una spira di tre foglie in molti dei suoi nodi o giunture: una sezione obliqua del gambo al di sotto del nodo, differentemente maculato, offre oggetto di interessanti osservazioni al microscopio. Uno strano errore in cui si può incorrere a prima vista è la sensazione che la foglia dell'Oleandro non possegga venature.

George Edward Comerford, Riviera Nature Notes (seconda edizione, Londra, 1903) - traduzione di Alfredo Moreschi