lunedì 22 novembre 2021

Mentone in fotomontaggi commissionati da un gerarca fascista


Il fotografo Guglielmo Chiolini, l'architetto Emilio Aschieri, l'ingegnere Eliseo Mocchi e altri professionisti vengono chiamati a lavorare a Mentone in più battute nei mesi compresi tra l'ottobre 1941 e il novembre 1942. Giuseppe Frediani non stentava certo ad affidarsi anche a studi fotografici locali, come il Premiato Studio Ruggeri di Mentone, il cui timbro a secco è presente su diverse stampe presenti nel Fondo Frediani.
Restano testimonianza di diversi servizi realizzati da Guglielmo, da alcuni di questi sono state tratte le immagini convogliate nei fotomosaici che compongono l'album Mentone dalla distruzione alla rinascita. L'album, conservato presso l'Istituto pavese di storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea, è la copia pilota confezionata da Chiolini. Essa è composta da 50 riproduzioni di fotomosaici realizzati da Chiolini, Frediani e Ugo Lucerni. Lo scopo dei fotomontaggi era di narrare l'operato della commissariato italiano nel ricostruire la cittadina, la quale, essendo parte dei nuovi territori occupati annessi al Regno d'Italia, doveva subire un processo di italianizzazione.
Questo processo è parte integrante della ricostruzione di Mentone, che non è solo un ricostruzione fisica, monumentale ma anche culturale, al fine di conferirle una nuova identità italiana e fascista. Nella forma del racconto per immagini, questi contenuti sono espressi simbolicamente dai montaggi.
Il resto dei servizi realizzati da Chiolini consistono in documentazioni relative ai lavori promossi dal nuovo commissario, come la Colonia Marina Temporanea sorta lungo la spiaggia nei pressi del porto, il Casinò restaurato e alcuni dei grandi alberghi. Non risultano esserci reportage di visite ufficiali, né di altri rilevanti eventi pubblici. Prevale la dimensione privata, la volontà cioè di costruire una memoria di questa esperienza e infatti Chiolini avrà il compito di comporre un album <124 con immagini relative alla città e ai segni del potere italiano su di essa, che a differenza dell'album di fotomontaggi non aveva una funzione propagandistica. Si tratta di una serie composta in origine da 30 fotografie, ma la seconda nell'ordine di impaginazione è stata sottratta.
La selezione prevede unicamente vedute della baia di Mentone e della cittadina con gli edifici restaurati. Tra i paesaggi naturali prevalgono quelli tratti dal parco circostante la villa dove la famiglia Frediani risiedeva. Non ci sono presenze umane fatta eccezione per le ragazze in abiti tradizionali mentonaschi che animano una veduta della piscina del Casinò e mimano i gesti dei raccoglitori di limoni in una piantagione.
Nonostante le immagini appaiano innocue da un punto di vista politico, è facile rilevare l'intenzione del committente.
La serie, infatti, è aperta da una veduta del mare e del tramonto all'orizzonte, fotografati da una terrazza sulla cui balaustra svetta la bandiera di Mentone italiana, di seguito una ripresa della baia sulla quale si sviluppa il centro abitato sullo sfondo dell'esedra colonnata del giardino della villa, che domina la costa come dovrebbe l'amministrazione italiana.
Altre immagini dei meriti di Frediani: le riedificazioni, i restauri e la partecipazione alla Fiera di Milano. C'è poi una fotografia applicata alla tavola numero 13, che ricorda molto da vicino i vicoli pavesi ritratti da Guglielmo nel corso di tutta la sua esperienza: l'immagine ritrae assialmente una via incorniciata da un'arcata, con la figurina di un uomo di spalle che cammina lungo il lato destro della strada, trasportando un cesto. L'immagine si differenzia dalle altre, in quanto è l'unica che mostra la natura antica del tessuto urbano della città alta, mentre le altre immagini, a parte i paesaggi, ritraggono l'aspetto della Mentone “rinata”. Sempre all'ambito privato appartiene la serie di 12 scatti raffiguranti la famiglia Frediani. Il gerarca è in abiti borghesi e con lui ci sono la moglie e i quattro figli, ritratti nel giardino della villa, sulla soglia di casa e negli interni lussuosi dell'abitazione. <125
Tra le carte facenti parte del fondo si trovano alcune note con la voce “Chiolini”, in particolare per la riproduzione dei progetti del nuovo campo sportivo legato alla colonia marina Ciro Perrino di Mentone, e nella stima dei lavori compilata dall'ing. Mocchi, progettista della colonia, dove è segnalata una liquidazione di 1.185 £ per le fotografie. Anche il già citato Ruggeri rientra nel computo. <126


[...]  Giuseppe Frediani doveva avere questo esempio in mente quando, nell’aprile 1942, scrisse nel suo diario privato di essere intenzionato a redigere un album fotografico dedicato alla rinascita di Mentone italiana. L’album prese il titolo di Mentone dalla distruzione alla rinascita. È noto solo un esemplare, le cui caratteristiche fanno pensare si tratti della copia pilota; esso è conservato nel fondo Frediani situato presso l’Istituto per la storia della resistenza e dell’età contemporanea dell’Università Pavia.
Giuseppe Frediani è stato il terzo dei quattro commissari che gestirono l’amministrazione civile di Mentone, occupata dall’esercito italiano il 24 giugno 1940. Il suo mandato durò circa un anno, dal 30 novembre 1941 al 30 novembre 1942. Allo scoppio della guerra i francesi avevano scelto di sacrificare la cittadina, per costituire la linea di difesa alle spalle del centro abitato, lungo l’arco alpino. Per tutti i mesi di giugno e luglio, Mentone, si era trovata sotto il fuoco francese e italiano, fino alla sua conquista. Urgeva un’opera di ricostruzione immediata che si sarebbe realizzata contestualmente alla sperimentazione di un nuovo tipo di colonizzazione. Per la Costa Azzurra sino a Nizza, si era pensato di fare leva sulle comuni vicende risorgimentali e sulla già consistente presenza italiana, ideando un programma culturale atto a italianizzare a Mentone. La vicenda si prestò come occasione perfetta per dimostrare a tutta l’Europa le capacità civilizzatrici dell’Italia, che ancora languiva per le sanzioni subite in seguito all’occupazione dell’Etiopia.
Frediani chiamò il fotografo pavese Guglielmo Chiolini e il professor Ugo Lucerni per affiancarlo in questo progetto. Insieme idearono un album di cinquanta fotomosaici, divisi in quattro sezioni: la distruzione di Mentone, la sua conquista, la sua ricostruzione e la sua rinascita. Si può ipotizzare che il Gerarca avesse ideato il programma iconografico che doveva illustrare per categorie logiche il lavoro degli italiani a Mentone, confrontandolo con le condizioni in cui verteva la cittadina prima del loro ingresso. Come nel modello di dieci anni prima le composizioni illustrano: l’edilizia, il lavoro, l’assistenza alimentare, l’assistenza alle madri, le scuole, la gioventù e il suo inquadramento militare, la sanità, le colonie, l’Opera Nazionale Dopolavoro e le sue iniziative, la cultura locale come dimostrazione delle origini italiane della Costa Azzurra.
Lo stile dei fotomontaggi è lo stesso adoperato tradizionalmente dai fotomontaggi di propaganda fascista. Le immagini hanno valenza simbolica e vengono utilizzate come documenti, esplicitati dalle iscrizioni. Queste, che si trovano sovrimpresse alla composizioni hanno la stessa funzione documentaristica, naturalmente, offrendo cifre, dati, medie, misurazioni varie che con il rigore della matematica contribuiscano a rafforzare il messaggio visivo.
 



Il carattere delle tematiche è fattuale, concreto, senza divagazioni ideologiche, mirato ad essere comprensibile a chiunque. I soggetti sono personaggi anonimi che agiscono come illuminati dalla volontà del Duce, in masse senza volto cooperano ubbidienti per la realizzazione del bene supremo semplicemente aderendo alle iniziative del Regime. Topos ricorrente, ad esempio, sono i lavoratori a teatro, accorsi per partecipare alle serate educative promosse dalla OND: su questo tema sono incentrate sia la tavola n. 41 dell’album Frediani, che la pagina 115, anche del fotolibro prodotto dal LUCE nel ‘32. Altra cifra ricorrente nei fotomontaggi fascisti sono le riproduzioni di iscrizioni, intese come massime affisse o dipinte in luoghi pubblici: queste parlano per il Duce stesso, non si troveranno mai frasi di illustri poeti, filosofi e nemmeno santi, ma è il Duce a parlare e di conseguenza a dare forma al pensiero dell’osservatore, come un padre che educa i suoi figli.
 



Le cose riprodotte in quantità grandiose si incastrano e distribuiscono dinamicamente, anch’esse piegate alla volontà del Regime, del quale devono rappresentare le capacità produttiva: si pensi alla tavola n. 31 dove la cesta di pane è il centro propagatore attorno al quale si dispongono dinamicamente tutti gli atri ritagli o a tutte le tavole nelle quali si incastrano architetture, come a creare un monumento continuo e simboleggiare un slancio costruttivo infinito.
Il linguaggio così strutturato si appoggia alla confidenza che i cittadini possiedono con le immagini fotografiche e con il loro montaggio in insiemi dinamici, per mezzo della frequentazione del cinematografo e della fruizione di quotidiani e periodici illustrati. Il vocabolario di immagini era estremamente concreto, realistico. Nonostante le infrazioni alla prospettiva e alla scala proporzionale, spesso enfatizzate di proposito per potenziare l’espressività (si pensi alla bandiera sul Municipio di Mentone, nella tavola n. 18), vengono utilizzati soggetti realistici che fanno capo alla necessità quotidiane dell’essere umano.
 


La maniera in cui i frammenti sono distribuiti nelle tavole mentonasche, suggerisce una lettura delle immagini come se si trattasse di una narrazione. Seguendo le convenzioni di lettura l’incipit narrativo è sempre collocato in alto a sinistra e l’esito della vicenda in basso a destra. Addirittura sembra di trovarsi di fronte ad una sequenza cinematografica nella tavola n. 14 dove, le suore affacciate alla finestra, vengono raffigurate in tre frammenti sovrapposti, che le ritraggono a distanza di pochi istanti, mentre compiono movimenti. Se poi si guarda la composizione nel complesso si nota che è strutturata come un campo - contro campo: i soldati avanzare da sinistra (campo), le suore li osservano avanzare da destra (contro campo), il contesto non è delineato, è l’osservatore che intuisce la svolgersi della scena, perché fa la stessa operazione davanti ad un film. Quando in un film c’è un dialogo ad esempio, i protagonisti sono ripresi uno alla volta, singolarmente in primo piano. L’osservatore capisce che sono uno di fronte all’altro e che si stanno parlando per via delle convenzioni, nel fotomontaggio è accaduta la stessa cosa: si sono prese in prestito le convenzioni del cinema e si è così potuto realizzare una sequenza narrativa. Dei rapporti tra cinema e fotomontaggio si è già ampiamente parlato nel capitolo precedente, ma è interessante notare come anche il fenomeno del divismo si manifesti in questi fotomontaggi. Il Divo per eccellenza di queste composizioni è senz’altro Giuseppe Frediani. Il Gerarca usava farsi seguire da fotografi e rudimentali cineoperatori durante le manifestazioni ufficiali e anche nell’album non manca la sua autocelebrazione. Mussolini compare solo due volte, gli vengono dati tutti i tradizionali attributi di padre fondatore della civiltà fascista, ma Mentone resta un merito di Frediani.
La dimestichezza con i mezzi di propaganda del Regime e soprattutto le nuove tecnologie come il cinema e la fotografia, si accompagna alla disinvoltura con la quale Giuseppe Frediani, utilizza il fotomontaggio come mezzo divulgativo. Nel Fondo Frediani, del quale l’album di Mentone fa parte, sono conservate alcune prove della consuetudine che Giuseppe aveva con questa tecnica. Nel materiale relativo alla sua permanenza a Pavia in qualità di Federale (1935-1939), esistono alcuni fotocollage realizzati con una tecnica molto semplice che consiste nella sagomatura di soggetti incollati gli uni sugli altri. A tale scopo Frediani faceva stampare da Chiolini le fotografie con un ampio margine di carta fotografica così da poter utilizzare la stessa come supporto per la composizione e una volta completato il montaggio lo faceva fotografare. [...] In occasione della annuale Fiera Campionaria di Milano, tenutasi il 14 aprile 1942, Giuseppe Frediani aveva disposto l'allestimento di un padiglione della Costa Azzurra di Mentone. L'apparato effimero prevedeva pareti illustrate con la tecnica del fotomontaggio, secondo la consuetudine delle esposizioni fasciste, inauguratasi con la Mostra della Rivoluzione del 1932.
Il genere dell'allestimento espositivo è stato luogo privilegiato nel quale gli artisti d'avanguardia italiani e soprattutto gli architetti, poterono dare forma alle idee alimentate dai contatti con l'estero e sviluppate nelle riviste. Proprio in virtù carattere effimero, lallestimento si prestava particolarmente alle sperimentazioni e le occasioni durante gli anni Trenta e Quaranta furono molteplici: le grandi rassegne di architettura, le fiere campionarie, così, come le esposizioni più prettamente celebrative del Regime.

[NOTE]
124 ISREC, Fondo: Frediani Giuseppe, Serie 34: [Mentone marzo 1942 XX]
125 ISREC, Fondo: Frediani Giuseppe, Serie 37: [Varie 1940-1942]
126 I documenti relativi alla costruzione della Colonia Marina “Ciro Perrino” di Mentone sono stati pubblicati in appendice alla tesi di Paolo Rosselli, che ha studiato l'amministrazione italiana di Mentone tra 1940 e 1943. PAOLO ROSSELLI, L'amministrazione civile a Mentone durante l'occupazione italiana (1940-1943), Tesi di laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli studi di Pavia, relatore Prof. Giulio Guderzo, a. a. 1997-98, appendice.

[...]


Tav. 1
10 giugno 1940 XVIII. Mentre i nostri fanti cadevano nell'agguato di Ponte S. Luigi ….. , 1942.
Gelatina ai sali d'argento/ cartoncino, 287 x 480 mm. Iscrizioni fotografiche evidenziate con tempera rossa: in alto, a sinistra, c'è una datazione: « 10 GIUGNO XVIII ». In basso, a sinistra su due livelli e in asse con il primo testo, compare la scritta: « MENTRE I NOSTRI FANTI CADEVANO| NELL'AGGUATO DI PONTE S LUIGI . . . . . ». il verso del cartoncino presenta tracce di muffe.
Il mosaico fotografico riprodotto è composto da ingrandimenti fotografici incollati su carta grigia, ritoccati con l’ausilio di tempera bianca e nera. In alto a sinistra è riconoscibile una veduta di Ponte San Luigi luogo presso il quale era situato il confine tra Francia e Italia. Alla veduta è stata sovrapposta l’immagine di tre fanti. Nei punti di contatto tra le due fotografie si nota l’utilizzo delle tempere, in particolare lungo i contorni irregolari dei profilo dei soldati. Si distingue un segno a matita tracciato direttamene sul supporto grigio che probabilmente fungeva da guida per il montaggio, il segno corre verticalmente tra il margine inferiore della foto dei militari italiani, sino al limite del cartoncino stesso. In alto a destra è riprodotta un’immagine di repertorio di propaganda imperialistica. In basso a destra ci sono tre riproduzioni dello stesso articolo di cronaca. Quella centrale riporta il nome dell’autore del testo: « Cronaca di Giovanni Caléndoli » e una riproduzione fotografica di alcune iscrizioni realizzate dai combattenti italiani, sui muri del Forte Ponte San Luigi.
Serie 33: [ Mentone dalla distruzione alla rinascita 1940 XVIII ], fondo: Frediani Giuseppe, Istituto Pavese per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, INSMLI/ Pv.
La composizione ha carattere simbolico e si riferisce ai fatti bellici del 10 giugno 1940, quando le truppe della XVº Armata dell’esercito francese, fecero esplodere la strada che corre presso il Ponte San Luigi insieme ad altri punti strategici, con lo scopo di impedire l’avanzamento delle forze italiane. Lo stesso giorno i tedeschi avevano attraversato la Senna. [La vicenda è narrata in: Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Le operazioni del giugno 1940, Roma, 1981 citato in PAOLO ROSSELLI, L’amministrazione civile a Mentone durante l’occupazione italiana (1940-1943), tesi di laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli studi di Pavia, relatore Prof. Giulio Guderzo, a. a. 1997-98, pag. 12. La tesi di Rosselli è consultabile presso l’Istituto Pavese per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea ( Isrec) dell’Università degli studi di Pavia, segn. T 27.]


Tav. 2
Le soldataglie senegalesi saccheggiavano le case e i negozi, 1942.
Gelatina ai sali d’argento/ cartoncino, 287 x 480 mm. Iscrizioni fotografiche evidenziate a tempera rossa: « LE SOLDATAGLIE SENEGALESI | SACCHEGGIAVANO LE CASE E I NEGOZI » . Il verso del cartoncino presenta tracce di muffa e la sagoma di una carta, probabilmente una fotografia 11 x 16, che è rimasta per un lungo periodo di tempo a contatto con la superficie del cartoncino.
Il mosaico fotografico riprodotto è composto da frammenti raffiguranti interni di abitazioni signorili in disordine e particolari di mobilio distrutto e svuotato. Al centro del settore superiore della composizione è collocato l’ingrandimento del pannello che stava ad indicare la sede del consolato degli Stati Uniti d’America di Nizza. Il lato sinistro del montaggio è dominato dagli ingrandimenti di due figure di soldati legionari. Sulla manica del soldato in primo piano si distingue un segno a matita: « 3 ». Altri segni a matita tracciati sulla base grigia, sono riconoscibili lungo il margine verticale sinistro della composizione.
Serie 33: [ Mentone dalla distruzione alla rinascita 1940 XVIII ], fondo: Frediani Giuseppe, Istituto Pavese per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, INSMLI/Pv
La composizione ha carattere simbolico e fa riferimento alle condizioni in cui versava Mentone dall’estate 1939, quando la “Position de Résistance” fu collocata alle spalle della città, sacrificata per motivi strategici. La massiccia evacuazione della popolazione e delle istituzioni l’avevano lasciata in balia dei saccheggi. [Archives Départementaes, serie 30 w 6930, in 1939-1945 La guerre, cit. pag. 19, citato in P. ROSSELLI, 1997/98: 10]. Il riferimento ai soldati senegalesi offriva una soluzione di compromesso che non implicasse né i francesi né gli italiani, ma alludesse al ricorso dei soldati coloniali come ad una decisione inopportuna, coerentemente con l’ideologia razzista del Fascismo. Le fonti fanno riferimento, piuttosto, alla libertà di circolazione che avevano gli operai durante la ricostruzione come ad una delle possibili cause di questi episodi di ruberie che avevano dato vita ad un vero e proprio scandalo sul quale la stampa francese speculava ampiamente. [MARIA TERESA VERCESI, 1999/00: 170. La tesi è consultabile presso l’Isrec INSMLI/Pv, segn. T 41.]


Tav. 3
….. e le artiglierie francesi di Capo Martino battevano la ridente città, 1942
Gelatina si sali d’argento/ cartoncino, 287 x 480 mm. Iscrizioni fotografiche evidenziate a tempera rossa: « ….. LE ARTIGLIERIE FRANCESI | DI CAPO MARTINO BATTEVANO LA CITTÁ. » La terza barra della lettera “E” in “BATTEVANO”, è stata risparmiata. Sul verso del cartoncino si notano tracce di muffa e una “X” a matita nell’angolo in alto a sinistra.
La composizione del mosaico fotografico riprodotto, si divide in due fasce orizzontali sovrapposte, connesse da tre frecce disposte verticalmente. Le frecce, come le scritte, sono state sovrimpresse sul fotocollage e, a stampa ultimata, dipinte a mano con tempera rossa. Nella fascia superiore si concentrano le immagini dei palazzi distrutti dagli scontri bellici, ripresi frontalmente o di scorcio, queste sono disposte per piani sovrapposti, senza lasciare spazi liberi. Nel lato destro si riconosce lo storico hotel e ristorante Rives d’Azur. La tempera nera è utilizzata per ricoprire i bordi dei ritagli e conferire valori atmosferici. Nel settore più alto si distingue l’utilizzo della tempera bianca che uniforma la veduta del cielo oltre il profilo delle montagne. La fascia inferiore è occupata da 5 immagini di scala dimensionale più piccola, che si saldano fornendo una veduta d’insieme del versante montano. Si intravvedono, oltre le iscrizioni, dei numeri iscritti in piccoli cerchi: due [ 1 ] rispettivamente sul primo e il secondo frammento che sono due immagini identiche, ma nella prima l’autore ha ricoperto con tempera nera il palazzo bianco che si vede nel ritaglio adiacente; un [ 2 ] nel quarto frammento. Si riscontrano tracce di matita lungo il bordo verticale sinistro, che corrono fino al margine inferiore del supporto grigio.
Serie 33: [ Mentone dalla distruzione alla rinascita 1940 XVIII ], fondo: Frediani Giuseppe, Istituto Pavese per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, INSMLI/ Pv.
La composizione ha carattere simbolico e fa riferimento ad una presunta aggressione a opera della Défense Contre Avions stanziata presso il Forte di Cap Martin, la quale, secondo le fonti, non avrebbe avuto ordine di attaccare se non a scopo difensivo in seguito a offesa arrecatagli. In realtà la baia di Mentone fu colpita da 12 aerei italiani, così come la zona di Bardonecchia; l’azione avvenne in risposta agli attacchi di disturbo dei reparti SES. [PANICACCI JEAN-LOUIS, Menton dans la tourmente, Menton, 1984, pag. 102 in P. ROSSELLI, 1997/98: 19]



Tav. 4
Attività economica-corporativa , 1942
Gelatina ai sali d’argento/ cartoncino, 287 x 480 mm. Iscrizioni fotografiche a tempera nera: una di dimensioni maggiori a titolare il fotomontaggio : « ATTIVITÁ ECONOMICA-CORPORATIVA », altre di dimensioni inferiori collocate al centro della composizione: «SEZIONE SINDACALE CORPORATIVA | LICENZE COMMERCIO 334 | DISTRIBUZIONE BUONI CIRCOLAZIONE 3140 » , « UFFICIO ANNONARIO | BUONI EMESSI 25 000 »; iscrizioni fotografiche a tempera rossa nel settore inferiore della composizione: tre disposte diagonalmente lungo i bordi inferiori delle immagini collocate angolarmente: « DIREZIONE », « PRATICHE SBRIGATE 18205 », « PUBBLICO RICEVUTO 64800 »; tre nell’angolo destro: « RISO Q. 1720 | PASTA 2557 | ZUCCHERO 2065 ». Lievi tracce di muffe sono riscontrabili al verso, oltre ad una croce a matita tracciata sull’angolo in alto a sinistra.
La composizione fotografica riprodotta è organizzata su tre piani, quello più profondo consta di numerose immagini che riproducono stampati utilizzati dal commissariato civile italiano per svolgere mansioni di natura burocratica nel territorio occupato: essi presentano l’intestazione della Commissione Italiana per l’Armistizio con la Francia (CIAF) dalla quale dipende il Commissariato. Il piano intermedio riporta 5 vedute di interni contornate dai bordi bianchi della carta fotografica, disposte a 45º. Sono raffigurati uffici, botteghe e una sala per ricevimenti ufficiali. Il piano più superficiale è occupato a sinistra dall’immagine dell’Hotel Mediterraneo, prima sede del Commissariato, e a destra da un disegno allegorico delle corporazioni con i simboli del lavoro, i cui profili sono stati dissimulati con l’ausilio della tempera nera.
Serie 33: [ Mentone dalla distruzione alla rinascita 1940 XVIII ], fondo: Frediani Giuseppe, Istituto Pavese per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, INSMLI/ Pv.
La composizione ha carattere simbolico e racconta l’avviamento di un’amministrazione civile con l’istaurarsi dell’Ufficio del commissariato, dipendente dal CIAF di Torino, a sua volta dipendente dal Comando Supremo e quindi da Mussolini. Il compito dell’Ufficio era quello di rendere Mentone da subito parte integrante dello Stato Italiano e non semplicemente una zona militarmente occupata, cosa che di fatto era, essendo stato il commissariato una delegazione del comando militare. La fondazione avvenne il 15 luglio 1940 con l’insediamento dell’ex vice-console Aldo Loni (15 luglio – 26 novembre 1940). Venne istituito un ufficio „Economico Corporativo’ con il compito di disciplinare l’attività economica sul territorio. Le iscrizioni vorrebbero esprimere più esplicitamente l’efficienza italiana nel prodigarsi per riattivare la vita economica della cittadina e la sua integrazione con le nuove autorità. [Istituto per la Storia della Resistenza di Cuneo, Fondo ACS, busta 1, fasc. 52, in P. ROSSELLI, 1997/98: 44].



Tav. 5

Ordine autorità giustizia, 1942.
Gelatina ai sali d’argento/ cartoncino, 287 x 480 mm. Iscrizioni fotografiche evidenziate a tempera rossa: il titolo « ORDINE | AUTORITÁ | GIUSTIZIA », e diverse diciture: da sinistra a destra « TUTELA DELLA PROPRIETÁ », « PROCURE O MANDATARI 2454 | ATTI DI SEQUESTRO 186 », « ATTI NOTARILI 605», « PROCESSI 656 | ATTI D’ISTRUTTORIA 311». Il verso del cartoncino è lievemente intaccato da muffe, presenta inoltre un asterisco tracciato a matita nell’angolo in alto a sinistra e una piccola macchia di inchiostro rosso lungo il margine inferiore.
Il mosaico fotografico riprodotto è organizzato in una composizione asimmetrica, più densa nel lato sinistro, questo è occupata dai frammenti più piccoli, tra i quali si riconoscono: l’immagine di una parete interamente coperta da chiavi appese con relativa targhetta, probabilmente indicante la proprietà e l’ingrandimento di un mazzo di chiavi. A questi frammenti si affiancano una targa che indica il neonato ufficio notarile e l’immagine di una porta alla quale è stata applicata l’insegna delle carceri giudiziarie. Il lato destro presenta i frammenti più grandi, in particolare uno scorcio del palazzo nel quale aveva sede il pubblico ministero e la riproduzione di un disegno allegorico del dominio e dell’amministrazione della giustizia. Il settore centrale presenta un segno astratto a tempera nera e bianca. La tempera nera è usata per dare profondità disegnando delle ombre sottili lungo i bordi inferiori dei ritagli. La tempera bianca è usata per coprire i profili tagliati irregolarmente e a piccoli tratti incrociati lungo i bordi superiori dei ritagli collocati in alto nel settore centrale. Lo stesso utilizzo del tratteggio bianco si nota nel disegno fotografato, siglato: « L. V » che sta per Lucerni Ugo, come emerge dal confronto con le grafiche del Lucerni, analogamente firmate.
Serie 33: [ Mentone dalla distruzione alla rinascita 1940 XVIII ], fondo: Frediani Giuseppe, Istituto Pavese per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, INSMLI/ Pv.
La composizione ha carattere simbolico e come la precedente ha il compito di dimostrare l’atteggiamento prodigo ed efficiente dell’amministrazione italiana. L’insistere sulla rappresentazione di uffici e cifre di atti eseguiti, risponde sempre a questo scopo: dimostrare come quella italiana non fosse una colonizzazione del suolo francese ma un tentativo della sua integrazione nella cultura e nella civiltà italiana fascista. Ricollegandosi alla tavola numero 2, nella quale si denunciavano i saccheggi perpetrati sulle abitazioni vacanti, si illustra l’azione di « tutela della proprietà » esercitata dai carabinieri italiani, in attesa del rientro dei cittadini Mentonaschi sfollati. Il problema delle ruberie e delle occupazioni coatte non fu mai completamente risolto, nonostante l’impegno commissariale coordinato dall’Ufficio per il Controllo dei Beni Francesi Abbandonati. [P. ROSSELLI, 1997/98: 49, si vedano anche le memorie di Giuseppe Frediani: FREDIANI GIUSEPPE, Diario, giorno 26 gennaio 1942. Il diario di Giuseppe Frediani è stato interamente pubblicato in appendice alla tesi di Paolo Rosselli].

[...]

Federica Maria Giovanna Farci, Mentone dalla distruzione alla rinascita: la collaborazione tra il gerarca fascista Giuseppe Frediani (1906-1997) e il fotografo pavese Guglielmo Chiolini (1900-1991), Tesi di Laurea, Università Ca' Foscari Venezia, Anno Accademico 2012/2013