Evocare il nome “Riviera ligure” è sufficiente a popolare l’immaginario di paesaggi, vedute sul mare, piccoli borghi e prodotti gastronomici, tra tutti l’olio d’oliva, celebrato, sulla scorta del discorso che ruota intorno alla cosiddetta “dieta mediterranea”, come re della tavola.
[...] Duplice è la significazione del prodotto: se da un lato si rintraccia una linea “alimentare” legata alle proprietà nutrizionali dell’olio, condimento sano e gustoso, dall’altro si insedia nella sua comunicazione una mitologia, che lo celebra come emblema della mediterraneità, protagonista indiscusso di una cartolina della Riviera, quasi un elemento costitutivo del paesaggio, che ne racconta la storia, legata all’agricoltura e all’attività dei frantoiani e che non può essere escluso dagli elementi che nell’immaginario popolano la Liguria: mare, sole, dolcezza nelle vedute e - sinesteticamente - nelle sensazioni olfattive.
Emerge così una strategia che non solo comunica le funzionalità del condimento a livello dietetico, ma ne sfrutta il potenziale evocativo e simbolico per disegnare l’immagine di un territorio.
All’olio DOP è attribuito un forte legame con la Liguria solo in parte per cause naturali (l’olivo predilige i climi miti e soleggiati delle zone litoranee del Mediterraneo): storicamente l’olivicoltura deve molto all’intervento umano.
Gianfranco Marrone (2011) sottolinea che “narrare la natura vuol dire narrare di noi che narriamo la natura […] È sempre dell’uomo che si discute, degli strumenti che egli adopera per rendere comprensibile la natura, dei suoi rituali per estorcerle i segreti, delle immagini cui ricorre per illustrarne il senso” e Montanari (2007, p. XI) ribadisce che “i valori portanti del sistema alimentare non si definiscono in termini di naturalità bensì come esito e rappresentazione di processi culturali che prevedono l’addomesticamento, la trasformazione, la reinterpretazione della Natura”.
Il territorio ligure è testimone del lavoro di trasformazione della natura.
Come sosteneva Fernand Braudel (1949), a definire i contorni dell’area mediterranea sarebbe proprio la pianta di ulivo, simbolo della “civiltà dell’olivo” identificata dal paesaggio, il “mare degli oliveti”.
L’olio è frutto di quel paesaggio olivicolo divenuto simbolo di un’economia che sfrutta il territorio e lo trasforma, e fautore di un’identità culturale che isola e marca euforicamente come piacevole ai sensi quel luogo e quel prodotto. Il “paesaggio dell’olivo” è tale infatti grazie all’azione dell’uomo, che ha letteralmente ridisegnato le colline frammentandone l’asprezza con i terrazzamenti necessari alla coltivazione.
La storia dell’ulivo in Liguria è inscritta, prima che nell’olio, sul territorio stesso, che definisce la propria identità anche tramite i suoi frutti, di cui l’olio è l’immediato derivato, chiarendo così la metafora e il meccanismo per cui l’olio DOP Riviera Ligure diventa un potente mezzo di promozione del territorio.
[...] Nella comunicazione dell’olio DOP il senso slitta da una mera base referenziale e si riveste con una duplice e triplice connotazione, che alla bottiglia d’olio associa prima il territorio ligure, poi il valore di gradevolezza. È un meccanismo sfruttato in pubblicità (Volli 2008) proprio perché in grado di associare al prodotto un valore, che in questo caso è mediato dalla metafora che collega l’olio al territorio.
Piuttosto che di alimentazione, il Consorzio parla di un territorio, di una cultura, costruendo l’effetto di senso che identifica il prodotto con la sua terra: l’olio è coinvolto in una serie di “catene connotative” e definisce la propria identità all’interno di una “ridondanza semantica” (Volli 2008, p. 60).
È un “sistema semiologico secondo” (Barthes 1957) che, seppure allontana il prodotto dalla sfera della comunicazione alimentare, è responsabile delle valorizzazioni dell’olio e ha un impatto sul piano commerciale per quanto riguarda il Consorzio, e sul territorio stesso in termini di discorsi e creazione di identità veicolati da altri soggetti. Montanari (2007, p. 109) ricorda che “fra le varie forme di identità suggerite e comunicate dagli usi alimentari, una che oggi ci appare ovvia è quella del territorio: ‘mangiare geografico’, conoscere o esprimere una cultura di territorio attraverso una cucina, dei prodotti, delle ricette, ci sembra assolutamente ‘naturale’”.
L’olio ligure ha, metaforicamente e non, le radici in Liguria, e di questa realtà geografica è diretta espressione: una realtà “più simbolica che geografica” (Violi 2011, p.17).
Questo alone di senso che lega in modo inestricabile il prodotto al territorio si inserisce in piena sinergia, condividendo immagini, strategie retoriche e valori, nel quadro delle grandi isotopie della narrazione della Liguria, soprattutto di quella di Ponente, diffuse anche dagli enti di promozione turistica.
Così recita un recente opuscolo diffuso dalla Provincia di Imperia (Dall’Aglio 2011): "Un mare di olivi sotto il sole. Il nome “turistico” è Riviera dei fiori ma con più ragione la costa e l’entroterra di Imperia dovrebbero chiamarsi Riviera degli Olivi. Perché questo albero, amico degli uomini dai tempi preistorici, è il signore assoluto delle colline e delle valli imperiesi, e di ciò va reso onore ai monaci benedettini che ne iniziarono la coltivazione intensiva nel Medioevo. Cresce bene qui l’olivo, perché respira l’aria frizzante del mare e si gode la dolcezza del clima […] Fra gli olivi e i mandorli spuntano i tetti e i campanili di piccole borgate e di tanti paesi, che osservano il mare dall’alto".
[...] Ricorda Caricato (2009): “La Liguria ha la fortuna di essere una tra le regioni olivicole più note ai consumatori. Ma la sua fortuna , si sa, non è frutto del caso: la si è costruita in anni e anni di laboriose fatiche. […] Tutti, però, pronunciando il nome Liguria lo associamo immancabilmente all’olio ottenuto con le arcinote olive Taggiasca”.
Si è visto come questa associazione olio-territorio sia una costruzione discorsiva che ha l’evidente scopo di definire intorno all’olio DOP un’identità connotata prima a una metafora geografica e poi a un valore, la piacevolezza.
Il connettore isotopico che lega piacevolezza alimentare e geografica sfrutta un’altra identità costruita, quella del toponimo “Riviera”, coinvolto nella definizione della DOP ligure e, più in generale, nel discorso turistico e promozionale che riguarda il territorio ligure (cfr. Violi 2011, pp.18-25; Chiappori 2014; Ciciliot 2003).
Anche la Riviera, così come ilpaesaggio dell’olio, è una costruzione culturale, ed è qui che si incontrano i due discorsi, il territorio come luogo simbolico e l’olio come alimento mitologico. Entrambi sono effetti di senso costruiti con la finalità di disegnare un territorio connotandolo come gradevole, con valori che, nell’unione del sodalizio DOP Riviera Ligure, passano dal territorio all’olio, dall’olio al paesaggio, in una semiosi circolare che impedisce di rintracciare la fonte primaria del benessere: l’olio o il territorio? Allo stesso modo, come si è visto, la comunicazione turistica e quella alimentare vertono sugli stessi temi e isotopie rinforzandosi e confermandosi a vicenda, senza lasciar trasparire quale narrazione influenzi l’altra, se prima quella dell’olio o prima quella del territorio.
Prendendo spunto dal discorso di De Maria (2011) sull’idea del Mediterraneo come cartolina, si può confermare che anche questa comunicazione olio-territorio va nella direzione di una proiezione dell’olio e dell’utente - che assaggiandolo vi si immerge - nel paesaggio.
Cibo e paesaggio sono affiancati: grazie a entrambi è possibile allo stesso modo toccare con mano un’identità territoriale definita e richiamata dall’isotopia sensoriale della piacevolezza.
Il paesaggio, così come il suo olio, cattura i sensi in un processo estesico sul quale si insiste molto nella ricostruzione testuale e figurativa delle sensazioni, comunicando così un modo di godere del territorio e dei suoi prodotti.
Alessandra Chiappori, La Riviera dell’olio. Strategie di costruzione dell’identità alimentare tra denominazione di origine protetta e immaginario turistico in Lexia, 19-20 (2015), qui ripreso da iris.unito.it
[...] Duplice è la significazione del prodotto: se da un lato si rintraccia una linea “alimentare” legata alle proprietà nutrizionali dell’olio, condimento sano e gustoso, dall’altro si insedia nella sua comunicazione una mitologia, che lo celebra come emblema della mediterraneità, protagonista indiscusso di una cartolina della Riviera, quasi un elemento costitutivo del paesaggio, che ne racconta la storia, legata all’agricoltura e all’attività dei frantoiani e che non può essere escluso dagli elementi che nell’immaginario popolano la Liguria: mare, sole, dolcezza nelle vedute e - sinesteticamente - nelle sensazioni olfattive.
Emerge così una strategia che non solo comunica le funzionalità del condimento a livello dietetico, ma ne sfrutta il potenziale evocativo e simbolico per disegnare l’immagine di un territorio.
All’olio DOP è attribuito un forte legame con la Liguria solo in parte per cause naturali (l’olivo predilige i climi miti e soleggiati delle zone litoranee del Mediterraneo): storicamente l’olivicoltura deve molto all’intervento umano.
Gianfranco Marrone (2011) sottolinea che “narrare la natura vuol dire narrare di noi che narriamo la natura […] È sempre dell’uomo che si discute, degli strumenti che egli adopera per rendere comprensibile la natura, dei suoi rituali per estorcerle i segreti, delle immagini cui ricorre per illustrarne il senso” e Montanari (2007, p. XI) ribadisce che “i valori portanti del sistema alimentare non si definiscono in termini di naturalità bensì come esito e rappresentazione di processi culturali che prevedono l’addomesticamento, la trasformazione, la reinterpretazione della Natura”.
Il territorio ligure è testimone del lavoro di trasformazione della natura.
Come sosteneva Fernand Braudel (1949), a definire i contorni dell’area mediterranea sarebbe proprio la pianta di ulivo, simbolo della “civiltà dell’olivo” identificata dal paesaggio, il “mare degli oliveti”.
L’olio è frutto di quel paesaggio olivicolo divenuto simbolo di un’economia che sfrutta il territorio e lo trasforma, e fautore di un’identità culturale che isola e marca euforicamente come piacevole ai sensi quel luogo e quel prodotto. Il “paesaggio dell’olivo” è tale infatti grazie all’azione dell’uomo, che ha letteralmente ridisegnato le colline frammentandone l’asprezza con i terrazzamenti necessari alla coltivazione.
La storia dell’ulivo in Liguria è inscritta, prima che nell’olio, sul territorio stesso, che definisce la propria identità anche tramite i suoi frutti, di cui l’olio è l’immediato derivato, chiarendo così la metafora e il meccanismo per cui l’olio DOP Riviera Ligure diventa un potente mezzo di promozione del territorio.
[...] Nella comunicazione dell’olio DOP il senso slitta da una mera base referenziale e si riveste con una duplice e triplice connotazione, che alla bottiglia d’olio associa prima il territorio ligure, poi il valore di gradevolezza. È un meccanismo sfruttato in pubblicità (Volli 2008) proprio perché in grado di associare al prodotto un valore, che in questo caso è mediato dalla metafora che collega l’olio al territorio.
Piuttosto che di alimentazione, il Consorzio parla di un territorio, di una cultura, costruendo l’effetto di senso che identifica il prodotto con la sua terra: l’olio è coinvolto in una serie di “catene connotative” e definisce la propria identità all’interno di una “ridondanza semantica” (Volli 2008, p. 60).
È un “sistema semiologico secondo” (Barthes 1957) che, seppure allontana il prodotto dalla sfera della comunicazione alimentare, è responsabile delle valorizzazioni dell’olio e ha un impatto sul piano commerciale per quanto riguarda il Consorzio, e sul territorio stesso in termini di discorsi e creazione di identità veicolati da altri soggetti. Montanari (2007, p. 109) ricorda che “fra le varie forme di identità suggerite e comunicate dagli usi alimentari, una che oggi ci appare ovvia è quella del territorio: ‘mangiare geografico’, conoscere o esprimere una cultura di territorio attraverso una cucina, dei prodotti, delle ricette, ci sembra assolutamente ‘naturale’”.
L’olio ligure ha, metaforicamente e non, le radici in Liguria, e di questa realtà geografica è diretta espressione: una realtà “più simbolica che geografica” (Violi 2011, p.17).
Questo alone di senso che lega in modo inestricabile il prodotto al territorio si inserisce in piena sinergia, condividendo immagini, strategie retoriche e valori, nel quadro delle grandi isotopie della narrazione della Liguria, soprattutto di quella di Ponente, diffuse anche dagli enti di promozione turistica.
Così recita un recente opuscolo diffuso dalla Provincia di Imperia (Dall’Aglio 2011): "Un mare di olivi sotto il sole. Il nome “turistico” è Riviera dei fiori ma con più ragione la costa e l’entroterra di Imperia dovrebbero chiamarsi Riviera degli Olivi. Perché questo albero, amico degli uomini dai tempi preistorici, è il signore assoluto delle colline e delle valli imperiesi, e di ciò va reso onore ai monaci benedettini che ne iniziarono la coltivazione intensiva nel Medioevo. Cresce bene qui l’olivo, perché respira l’aria frizzante del mare e si gode la dolcezza del clima […] Fra gli olivi e i mandorli spuntano i tetti e i campanili di piccole borgate e di tanti paesi, che osservano il mare dall’alto".
[...] Ricorda Caricato (2009): “La Liguria ha la fortuna di essere una tra le regioni olivicole più note ai consumatori. Ma la sua fortuna , si sa, non è frutto del caso: la si è costruita in anni e anni di laboriose fatiche. […] Tutti, però, pronunciando il nome Liguria lo associamo immancabilmente all’olio ottenuto con le arcinote olive Taggiasca”.
Si è visto come questa associazione olio-territorio sia una costruzione discorsiva che ha l’evidente scopo di definire intorno all’olio DOP un’identità connotata prima a una metafora geografica e poi a un valore, la piacevolezza.
Il connettore isotopico che lega piacevolezza alimentare e geografica sfrutta un’altra identità costruita, quella del toponimo “Riviera”, coinvolto nella definizione della DOP ligure e, più in generale, nel discorso turistico e promozionale che riguarda il territorio ligure (cfr. Violi 2011, pp.18-25; Chiappori 2014; Ciciliot 2003).
Anche la Riviera, così come ilpaesaggio dell’olio, è una costruzione culturale, ed è qui che si incontrano i due discorsi, il territorio come luogo simbolico e l’olio come alimento mitologico. Entrambi sono effetti di senso costruiti con la finalità di disegnare un territorio connotandolo come gradevole, con valori che, nell’unione del sodalizio DOP Riviera Ligure, passano dal territorio all’olio, dall’olio al paesaggio, in una semiosi circolare che impedisce di rintracciare la fonte primaria del benessere: l’olio o il territorio? Allo stesso modo, come si è visto, la comunicazione turistica e quella alimentare vertono sugli stessi temi e isotopie rinforzandosi e confermandosi a vicenda, senza lasciar trasparire quale narrazione influenzi l’altra, se prima quella dell’olio o prima quella del territorio.
Prendendo spunto dal discorso di De Maria (2011) sull’idea del Mediterraneo come cartolina, si può confermare che anche questa comunicazione olio-territorio va nella direzione di una proiezione dell’olio e dell’utente - che assaggiandolo vi si immerge - nel paesaggio.
Cibo e paesaggio sono affiancati: grazie a entrambi è possibile allo stesso modo toccare con mano un’identità territoriale definita e richiamata dall’isotopia sensoriale della piacevolezza.
Il paesaggio, così come il suo olio, cattura i sensi in un processo estesico sul quale si insiste molto nella ricostruzione testuale e figurativa delle sensazioni, comunicando così un modo di godere del territorio e dei suoi prodotti.
Alessandra Chiappori, La Riviera dell’olio. Strategie di costruzione dell’identità alimentare tra denominazione di origine protetta e immaginario turistico in Lexia, 19-20 (2015), qui ripreso da iris.unito.it