Su Garibaldi hanno scritto in molti, biografi, come Sternini <60, detrattori e delusi, come Rolland <61, Garibaldi stesso e studiosi dell’immigrazione italiana del Sud-Est e del suo rapporto con l’antifascismo, come Schor e Milza.
Il colonnello Ricciotti Garibaldi era una personalità molto conosciuta nella colonia italiana di Nizza, dove abitava dalla fine della Grande guerra, ammirata per la sua partecipazione come volontario nella battaglia delle Argonne. Sebbene al di fuori degli ambienti partitici, Garibaldi si era dimostrato simpatizzante antifascista e nella primavera del 1923 pianificò un progetto militare per rovesciare il regime, unendo masse immigrate ed altre egualmente inquadrate in territorio italiano. Si trattava delle cosiddette “avanguardie garibaldine”, gruppi di volontari in camicia rossa, animati dallo spirito romantico garibaldino, che dallo spontaneismo iniziale si strutturarono in vere e proprie legioni. Vi aderivano tutti i partiti in esilio, fuorché comunisti e anarchici (le cui ragioni politiche sono spiegate nel dettaglio da Manfredonia <62), ed anzi questi ultimi vollero formare gruppi d’azione propri, sotto la guida di un fuoriuscito spezzino, l’anarchico Tintino Rasi, “sovversivo” della prima ora, e del celebre Paolo Schicchi, figura cardinale della rete antifascista ligure nel Sud-Est francese <63. L’associazione combattentistica “Italia Libera”, protetta dalle reti massoniche, fondata nel ‘23 dalla medaglia d’oro Raffaele Rossetti, allora ancora nella sua Rapallo da dove sarebbe espatriato, dava invece il suo appoggio all’operazione garibaldina dalla Liguria. Garibaldi cercò finanziamenti per le sue legioni, che affluirono probabilmente grazie ai rapporti con la massoneria di Palazzo Giustiniani e con la consorella francese, ai legami con i radicali francesi e i dirigenti del Cartel delle sinistre. I rapporti tra antifascismo e massoneria sono stati indagati da Santi Fedele, e la vicenda dei fratelli Garibaldi rientra in questa storia che si intreccia con quella dell’esilio e della clandestinità, pur mantenendo una propria autonomia storiografica <64. Alla fine del 1924 la mobilitazione delle “avanguardie” subì una fase d’arresto: il governo Herriot aveva compreso i rischi diplomatici che andava assumendosi, concedendo l’esistenza in territorio francese dei legionari; intanto si scopriva che Ricciotti aveva dilapidato i fondi raccolti per fini personali <65. Dopo il clamoroso fallimento delle legioni garibaldine, Ricciotti fu avvicinato dagli uomini del regime che lo corruppero, sfruttando le sue debolezze materiali e morali <66. Tornato a Parigi, nonostante le diffidenze degli stati maggiori antifascisti e della polizia francese, egli fu però protetto dalla Sûreté Générale, con la quale aveva evidentemente avuto rapporti segreti. Tombaccini racconta che i giornali francesi non nascosero le perplessità sul comportamento del governo e la sua censura. La Sûreté si era servita di Garibaldi per screditare il governo italiano di fronte al panorama internazionale, guadagnando un informatore <67.
[NOTE]
60. Enrico Sternini, Ricciotti Garibaldi: la vita, il pensiero, l’azione, Erolm, Roma s.d.
61. Hugo Rolland, Gli anarchici e il tradimento di Ricciotti Garibaldi, s.n., s.l. 1975.
62. Cfr. Manfredonia, «Les anarchistes italiens en France dans la lutte antifasciste», cit.
63. Cfr. Tombaccini, Storia dei fuoriusciti cit., p. 21.
64. Santi Fedele, La massoneria italiana nell’esilio e nella clandestinità: 1927-1939, Franco Angeli, Milano, 2005.
65. Tombaccini, Storia dei fuoriusciti cit., pp. 19-29.
66. Ibidem, p. 22.
67. Ibidem, pp. 43-49; Fedele, La massoneria italiana nell’esilio, cit.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista dalla Liguria alla Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015
Il colonnello Ricciotti Garibaldi era una personalità molto conosciuta nella colonia italiana di Nizza, dove abitava dalla fine della Grande guerra, ammirata per la sua partecipazione come volontario nella battaglia delle Argonne. Sebbene al di fuori degli ambienti partitici, Garibaldi si era dimostrato simpatizzante antifascista e nella primavera del 1923 pianificò un progetto militare per rovesciare il regime, unendo masse immigrate ed altre egualmente inquadrate in territorio italiano. Si trattava delle cosiddette “avanguardie garibaldine”, gruppi di volontari in camicia rossa, animati dallo spirito romantico garibaldino, che dallo spontaneismo iniziale si strutturarono in vere e proprie legioni. Vi aderivano tutti i partiti in esilio, fuorché comunisti e anarchici (le cui ragioni politiche sono spiegate nel dettaglio da Manfredonia <62), ed anzi questi ultimi vollero formare gruppi d’azione propri, sotto la guida di un fuoriuscito spezzino, l’anarchico Tintino Rasi, “sovversivo” della prima ora, e del celebre Paolo Schicchi, figura cardinale della rete antifascista ligure nel Sud-Est francese <63. L’associazione combattentistica “Italia Libera”, protetta dalle reti massoniche, fondata nel ‘23 dalla medaglia d’oro Raffaele Rossetti, allora ancora nella sua Rapallo da dove sarebbe espatriato, dava invece il suo appoggio all’operazione garibaldina dalla Liguria. Garibaldi cercò finanziamenti per le sue legioni, che affluirono probabilmente grazie ai rapporti con la massoneria di Palazzo Giustiniani e con la consorella francese, ai legami con i radicali francesi e i dirigenti del Cartel delle sinistre. I rapporti tra antifascismo e massoneria sono stati indagati da Santi Fedele, e la vicenda dei fratelli Garibaldi rientra in questa storia che si intreccia con quella dell’esilio e della clandestinità, pur mantenendo una propria autonomia storiografica <64. Alla fine del 1924 la mobilitazione delle “avanguardie” subì una fase d’arresto: il governo Herriot aveva compreso i rischi diplomatici che andava assumendosi, concedendo l’esistenza in territorio francese dei legionari; intanto si scopriva che Ricciotti aveva dilapidato i fondi raccolti per fini personali <65. Dopo il clamoroso fallimento delle legioni garibaldine, Ricciotti fu avvicinato dagli uomini del regime che lo corruppero, sfruttando le sue debolezze materiali e morali <66. Tornato a Parigi, nonostante le diffidenze degli stati maggiori antifascisti e della polizia francese, egli fu però protetto dalla Sûreté Générale, con la quale aveva evidentemente avuto rapporti segreti. Tombaccini racconta che i giornali francesi non nascosero le perplessità sul comportamento del governo e la sua censura. La Sûreté si era servita di Garibaldi per screditare il governo italiano di fronte al panorama internazionale, guadagnando un informatore <67.
[NOTE]
60. Enrico Sternini, Ricciotti Garibaldi: la vita, il pensiero, l’azione, Erolm, Roma s.d.
61. Hugo Rolland, Gli anarchici e il tradimento di Ricciotti Garibaldi, s.n., s.l. 1975.
62. Cfr. Manfredonia, «Les anarchistes italiens en France dans la lutte antifasciste», cit.
63. Cfr. Tombaccini, Storia dei fuoriusciti cit., p. 21.
64. Santi Fedele, La massoneria italiana nell’esilio e nella clandestinità: 1927-1939, Franco Angeli, Milano, 2005.
65. Tombaccini, Storia dei fuoriusciti cit., pp. 19-29.
66. Ibidem, p. 22.
67. Ibidem, pp. 43-49; Fedele, La massoneria italiana nell’esilio, cit.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista dalla Liguria alla Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015
Ralph Schor, allievo di Milza, ha fornito un quadro dettagliato dell’immigrazione italiana a Nizza e in Costa Azzurra tra le due guerre, evidenziando la prevalenza piemontese e transfrontaliera, le caratteristiche sociali e lavorative, i rapporti con le altre comunità immigrate; un’analisi più datata ma ancora utile si rivela quella di Anne-Marie Faidutti Rudolph, sebbene non si tratti di uno studio storico ma geografico <21. Il contesto marsigliese è ben delineato da una storiografia particolarmente approfondita, che si avvale delle ricerche di Emile Temime e Marie-Françoise Attard-Maranchini <22. Sulla base di questi studi si innestano le vicende degli antifascisti liguri, ricostruite attraverso i percorsi individuali che andavano a tessere le reti del fuoriuscitismo regionale.
Tradizionalmente insediati tra Marsiglia e Tolone, fra le due guerre i liguri si erano approssimati al confine italiano, installandosi nelle Alpi Marittime e in particolare a Nizza. Fino alla Grande guerra Marsiglia era stata la prima destinazione italiana in Francia e i liguri vi figuravano tra le principali comunità regionali, ma a partire dagli anni Venti la città focena venne scalzata da Parigi. Non fu però così per i liguri, che predilessero la migrazione di prossimità <23. La gran parte dei liguri si installò piuttosto a Nizza, dove in epoca fascista gli italiani raggiunsero il 25% della popolazione <24. I legami tradizionali con Marsiglia, seppur minoritari, non vennero però allentati dai liguri ed anzi sarebbero stati alimentati da un filone ben determinato per appartenenza politica e provenienza regionale.
Quando il fuoriuscitismo italiano si definì compiutamente con l’emanazione delle leggi fascistissime del 1926, Nizza era ormai una delle più grandi città della Francia e contava 179.000 abitanti, di cui il 29% era costituito da stranieri. Tra gli immigrati, gli italiani contavano ben il 76,9% per un totale di circa 40.000 transalpini censiti proprio in quel 1926 <25. La maggior parte di essi proveniva dal Piemonte, nello specifico dal Cuneese, e dalla provincia di Imperia, ma i liguri costituivano un numero relativamente elevato se si pensa alle proporzioni regionali ossia il 12,1%, seguiti da toscani, umbri e calabresi. Si trattava di un’immigrazione di lavoro, spesso dovuta alla riconversione di fabbriche di guerra o alla chiusura di arsenali, che sarebbe stata poi incrementata dalla migrazione politica <26.
La colonia italiana, a differenza di altre immigrazioni tipiche della Costa Azzurra come ad esempio quella inglese, russa, svizzera o spagnola, era tradizionalmente organizzata come installazione familiare, con una parità di uomini e donne, contrariamente ad altri gruppi, sia che si trattasse di immigrazione di lavoro, come ad esempio quella spagnola, essenzialmente maschile, o quella femminile delle “bonnes à tout faire” impiegata nei servizi domestici, ma anche in quella turistica e di loisir, americana, russa o inglese <27.
Per ciò che riguarda il lavoro, gli italiani rappresentavano allora ben il 33% della popolazione attiva nizzarda, impiegati minimamente nel settore primario, per la maggior parte (il 54,5%) nel secondario delle industrie edilizie, nei nuovi grandi quartieri operai costruiti proprio negli anni Venti per accogliere le masse immigrate lungo la riva sinistra del fiume Paillon, e ancora artigiani con varie specializzazioni, come i tipici “cordonniers”, ciabattini, e infine un buon numero lavorava anche nel terziario, il 38,8%, nel campo turistico o commerciale <28. La Vieille Ville, ovvero il centro storico della città, era molto italianizzata, a differenza delle installazioni di altri gruppi immigrati che non potevano godere di una solida comunità impiantatasi già nel corso dell’Ottocento e radicatasi nell’era della Grande emigrazione. Mescolati agli autoctoni, gli italiani di vecchia e nuova immigrazione del centro conducevano i loro negozi nelle strette vie del borgo, alimentari perlopiù, e piccole botteghe di artigianato <29.
Giuseppe “Moretto” Amoretti, imperiese, gestiva proprio con la moglie un negozio di commestibili nei vicoli della Vieille Ville, che era riuscito a rilevare grazie alla dote della moglie, poiché lui era caduto in disgrazia dopo un grave dissesto finanziario che lo aveva spinto a partire, oltre al pericolo costituito dalle sue simpatie comuniste <30.
L’acquisizione di un negozio in proprio, a conduzione familiare, rappresentava il raggiungimento di un certo successo economico, di una riuscita del progetto migratorio, e si realizzava proprio in età adulta, dopo aver accumulato guadagni grazie ad un piano familiare <31. Andrea Aonzo, quilianese, faceva invece il calzolaio e così il fratello Girolamo, proseguendo a Nizza il mestiere appreso e coltivato in famiglia in Italia, in un quartiere molto periferico della città, a Saint-Augustin, al confine con Saint-Laurent-du-Var <32. Similmente Stefano Biancheri, calzolaio di Bordighera, era riuscito a continuare la propria attività anche all’estero, nel paese di Beausoleil, a pochi passi da Nizza <33. Ernesto Astegiano, valbormidese, era invece idraulico e aveva insegnato il mestiere ai figli, che lavoravano con lui.
Dall’estrema periferia Ovest sull’avenue de la Californie grazie alle rendite della piccola impresa poté spostarsi in una zona più centrale e turistica, lungo la famosa Promenade des Anglais <34.
[...] Vi era poi chi si inseriva nel settore dei servizi, particolarmente sviluppato in virtù del turismo e dell’immigrazione di villeggianti, come Giovanni Battista Magliotto, della campagna savonese di Gameragna che, se nel paese natale era falegname, a Nizza si adattò al nuovo contesto reinventandosi bigliettaio sugli autobus della Costa Azzurra <35. Ester Biancheri, figlia di un ex assessore comunista dell’Imperiese emigrato a Éze, che aveva trovato lavoro prima come agricoltore, poi come salumiere e infine marmista per contribuire al bilancio familiare, aveva invece potuto mantenere a Éze il proprio impiego di commessa già svolto in Italia <36. Alcuni antifascisti divennero giardinieri, come Giovanni Battista Vivaldi, che fu addirittura assunto nel palazzo del principe di Monaco, evidentemente abile nel mestiere, provenendo dalla Riviera dei fiori <37.
Anche Giuseppe Marabotto, quilianese, pur non natio del Ponente e di origine operaia, riuscì a trovare posto come giardiniere presso il municipio di Nizza, adattandosi alle richieste del mercato locale <38. L’amministrazione dipartimentale si occupava annualmente di valutare la manodopera stagionale necessaria alla raccolta dei fiori, delle olive, ai servizi di giardinaggio, insomma ai lavori agricoli, e in particolare selezionava i lavoratori italiani in accordo con le associazioni agricole e orticolticole <39.
Chi faceva l’operaio talvolta abitava in quartieri poveri e periferici, come ad esempio Augusto Ludovico Amoretti, socialista di Oneglia, allora comune ancora diviso da Porto Maurizio, che risiedeva nella frazione di Ventabrun, alla periferia Nord-occidentale della città <40.
Era raro tuttavia riscontrare antifascisti liguri installati nelle zone più degradate come il Paillon, in certi tratti vera e propria baraccopoli e quartiere cosmopolita popolato da un’immigrazione di lavoro.
Tra le donne italiane, chi emigrava sola, come era accaduto ad esempio in gioventù alle sorelle Maccario <41, era occupata solitamente come personale di servizio, ovvero come domestica, “femme de chambre” o “bonne à tout faire” come venivano denominate le donne assunte come cameriere, massaie, sorveglianti, alloggiando presso la famiglia dove lavoravano. Diversamente le donne sposate erano spesso occupate nel settore del vestiario e in particolare come sarte, o anche più modeste stiratrici e lavandaie <42. Elvira Angella era diventata première couturière a Nizza, aveva cioè avanzato nella carriera nelle fabbriche di artigianato sartoriale locali <43. Un caso interessante è quello di Anita Laura Liprandi, militante antifascista tenace, che gestiva assieme al padre e al marito una tipografia a Mentone, rendendosi nota per i suoi interessi e impegni politici <44.
Schor spiega che trattandosi di un’immigrazione di lavoro, l’età media della colonia italiana oscillava tra i venti e i sessant’anni, e la percentuale di questa tranche aumentò sensibilmente nella prima metà degli anni Venti; l’età media cominciò però a salire poiché giungevano sempre più capifamiglia in cerca di lavoro e gli immigrati di più antica data cominciavano ad assumere comportamenti tipici della società francese, ovvero un controllo malthusiano delle nascite <45.
La maggior parte degli antifascisti liguri emigrati nel Nizzardo dalle varie province della regione oscillavano tra i 24 e i 35 anni, spesso emigrati all’indomani delle rappresaglie fasciste e dei primi processi agli arditi. Non sempre però questi giovani erano partiti nei primi anni Venti, per cui si assistette all’arrivo di diverse generazioni, poiché i ventenni e trentenni del 1923-1924 non appartenevano alla stessa generazione dei giovani a cavallo del nuovo decennio <46.
Con l’avvento delle nuove ondate di esuli seguito all’emanazione delle leggi eccezionali e poi, soprattutto, con il fenomeno dei ricongiungimenti familiari degli anni Trenta, di fronte alle chiusure delle politiche immigratorie italo-francesi, mutò sensibilmente la composizione e l’età della comunità antifascista immigrata.
I fuoriusciti degli anni Venti, allora giovani, erano ormai adulti in età matura, si riunivano alle mogli giunte negli anni Trenta e a volte anche al resto della famiglia allargata; fuggiti giovani, fidanzati o appena sposati, spesso non avevano ancora figli.
Chi arrivava negli anni Trenta erano, come si vedrà più approfonditamente nel V Capitolo, famiglie intere, e non avveniva più il tipico fenomeno dell’abbassamento dell’età media grazie all’arrivo di un nuovo flusso di giovani uomini soli.
A volte alcune mogli riuscivano già a raggiungere nei primi anni Venti i mariti espatriati assieme ai propri figli, abbassando così l’età media della popolazione immigrata <47.
[NOTE]
21. Anne-Marie Faidutti Rudolph, L’ immigration italienne dans le Sud-Est de la France, étude géographique, Louis-Jean, Gap 1964.
22. Aa.Vv., Migrance. Histoire des migrations à Marseille. 4 voll., a cura di Emile Temime (vol. 3: Le cosmopolitisme de l’entre-deux-guerres (1919-1945), a cura di Emile Temime e Marie-Françoise Attard-Maranchini, 1990), Edisud, Marseille 1989-1991.
23. Milza cit., pp. 445-449; Jacques Girault, «Les Italiens du Var entre les deux guerres», in L’Intégration italienne en France cit., pp. 251-269; Ralph Schor, «L’intégration des Italiens dans les Alpes-Maritimes», in L’Intégration italienne en France cit., pp. 271-279.
24. Henriette Carlès, Geneviève Laurent, La population étrangère de Nice en 1926. Etude géographique, Université de Nice, Laboratoire de géographie Raoul Blanchard, série «Etudes humaines régionales », n. 1, s.d., pp. 2-5, 22; Ralph Schor, «Les Italiens dans les Alpes Maritimes», in Aa.Vv., L’ immigrations italienne en France dans les années 20. Actes du colloque franco-italien, Paris 15-17 octobre 1987, Editions du Cedei, Paris 1988, p. 200.
25. Carlès, Laurent cit., pp. 2, 4.
26. Schor, «Les Italiens dans les Alpes Maritimes» cit., p. 200.
27. Carlès, Laurent cit., pp. 4, 8; Schor, «Les Italiens dans les Alpes Maritimes» cit., p. 202.
28. Carlès, Laurent cit., pp. 2, 13, 18, 21.
29. Carlès, Laurent cit., pp. 20-21; Schor, «Les Italiens dans les Alpes Maritimes» cit., p. 204.
30. Cpc: b. 105, f. Giuseppe Amoretti.
31. Schor, «Les Italiens dans les Alpes Maritimes» cit., p. 204.
32. Cpc: b. 165, ff. Andrea Aonzo, Girolamo Aonzo.
33. Cpc: b. 611, f. Stefano Biancheri.
34. Cpc: b. 209, f. Ernesto Astegiano.
35. Cpc: b. 2924, f. Giovanni Battista Magliotto.
36. Cpc: b. 611, ff. Ester Biancheri, Giobatta Biancheri.
37. Cpc: b. 5457, f. Giovanni Battista Vivaldi.
38. Cpc: b. 3011, f. Giuseppe Marabotto (n. 1898).
39. Adam: 10M 20: février 1928.
40. Cpc: b. 105, f. Augusto Ludovico Amoretti.
41. Cpc: b. 2869, f. Maria Teresa Maccario.
42. Cfr. Carlès, Laurent cit. Si parlerà più approfonditamente del lavoro dei migranti e in particolare di quello femminile nel Capitolo V.
43. Interviste a Adria Marzocchi e Georgette Marabotto cit.
44. Cpc: b. 2794, f. Anita Laura Liprandi.
45. Shor, «Les Italiens dans les Alpes Maritimes» cit., p. 200.
46. Cpc: b. 105, f. Giuseppe Amoretti; b. 165, ff. Andrea Aonzo, Gerolamo Aonzo; b. 2924, f. Giovanni Battista Magliotto; b. 611, f. Stefano Biancheri; b. 3011, ff. Silvio Marabotto, Ernesto Marabotto, Giuseppe Marabotto (n. 1870); b. 196, f. Dante Arnecchi; b. 3678, f. Carlo Palmero; b. 135, ff. Elvira Angella, Attilio Angella; b. 3117, f. Umberto Marzocchi; b. 2794, ff. Anita Laura Liprandi, Angela Liprandi; Dpp: f. Ida Liprandi; Cpc: b. 3404, f. Adriano Antonio Moresco.
47. Cpc: b. 135, f. Elvira Angella; b. 611, ff. Ester Biancheri, Giovanni Battista Biancheri; b. 4291, f. Linda Revoir; b. 2794, f. Arturo Mario Dino Antonio Liprandi; b. 2795, f. Liutprando Liprandi. Intervista a Adria Marzocchi cit.
Emanuela Miniati, Op. cit.
Tradizionalmente insediati tra Marsiglia e Tolone, fra le due guerre i liguri si erano approssimati al confine italiano, installandosi nelle Alpi Marittime e in particolare a Nizza. Fino alla Grande guerra Marsiglia era stata la prima destinazione italiana in Francia e i liguri vi figuravano tra le principali comunità regionali, ma a partire dagli anni Venti la città focena venne scalzata da Parigi. Non fu però così per i liguri, che predilessero la migrazione di prossimità <23. La gran parte dei liguri si installò piuttosto a Nizza, dove in epoca fascista gli italiani raggiunsero il 25% della popolazione <24. I legami tradizionali con Marsiglia, seppur minoritari, non vennero però allentati dai liguri ed anzi sarebbero stati alimentati da un filone ben determinato per appartenenza politica e provenienza regionale.
Quando il fuoriuscitismo italiano si definì compiutamente con l’emanazione delle leggi fascistissime del 1926, Nizza era ormai una delle più grandi città della Francia e contava 179.000 abitanti, di cui il 29% era costituito da stranieri. Tra gli immigrati, gli italiani contavano ben il 76,9% per un totale di circa 40.000 transalpini censiti proprio in quel 1926 <25. La maggior parte di essi proveniva dal Piemonte, nello specifico dal Cuneese, e dalla provincia di Imperia, ma i liguri costituivano un numero relativamente elevato se si pensa alle proporzioni regionali ossia il 12,1%, seguiti da toscani, umbri e calabresi. Si trattava di un’immigrazione di lavoro, spesso dovuta alla riconversione di fabbriche di guerra o alla chiusura di arsenali, che sarebbe stata poi incrementata dalla migrazione politica <26.
La colonia italiana, a differenza di altre immigrazioni tipiche della Costa Azzurra come ad esempio quella inglese, russa, svizzera o spagnola, era tradizionalmente organizzata come installazione familiare, con una parità di uomini e donne, contrariamente ad altri gruppi, sia che si trattasse di immigrazione di lavoro, come ad esempio quella spagnola, essenzialmente maschile, o quella femminile delle “bonnes à tout faire” impiegata nei servizi domestici, ma anche in quella turistica e di loisir, americana, russa o inglese <27.
Per ciò che riguarda il lavoro, gli italiani rappresentavano allora ben il 33% della popolazione attiva nizzarda, impiegati minimamente nel settore primario, per la maggior parte (il 54,5%) nel secondario delle industrie edilizie, nei nuovi grandi quartieri operai costruiti proprio negli anni Venti per accogliere le masse immigrate lungo la riva sinistra del fiume Paillon, e ancora artigiani con varie specializzazioni, come i tipici “cordonniers”, ciabattini, e infine un buon numero lavorava anche nel terziario, il 38,8%, nel campo turistico o commerciale <28. La Vieille Ville, ovvero il centro storico della città, era molto italianizzata, a differenza delle installazioni di altri gruppi immigrati che non potevano godere di una solida comunità impiantatasi già nel corso dell’Ottocento e radicatasi nell’era della Grande emigrazione. Mescolati agli autoctoni, gli italiani di vecchia e nuova immigrazione del centro conducevano i loro negozi nelle strette vie del borgo, alimentari perlopiù, e piccole botteghe di artigianato <29.
Giuseppe “Moretto” Amoretti, imperiese, gestiva proprio con la moglie un negozio di commestibili nei vicoli della Vieille Ville, che era riuscito a rilevare grazie alla dote della moglie, poiché lui era caduto in disgrazia dopo un grave dissesto finanziario che lo aveva spinto a partire, oltre al pericolo costituito dalle sue simpatie comuniste <30.
L’acquisizione di un negozio in proprio, a conduzione familiare, rappresentava il raggiungimento di un certo successo economico, di una riuscita del progetto migratorio, e si realizzava proprio in età adulta, dopo aver accumulato guadagni grazie ad un piano familiare <31. Andrea Aonzo, quilianese, faceva invece il calzolaio e così il fratello Girolamo, proseguendo a Nizza il mestiere appreso e coltivato in famiglia in Italia, in un quartiere molto periferico della città, a Saint-Augustin, al confine con Saint-Laurent-du-Var <32. Similmente Stefano Biancheri, calzolaio di Bordighera, era riuscito a continuare la propria attività anche all’estero, nel paese di Beausoleil, a pochi passi da Nizza <33. Ernesto Astegiano, valbormidese, era invece idraulico e aveva insegnato il mestiere ai figli, che lavoravano con lui.
Dall’estrema periferia Ovest sull’avenue de la Californie grazie alle rendite della piccola impresa poté spostarsi in una zona più centrale e turistica, lungo la famosa Promenade des Anglais <34.
[...] Vi era poi chi si inseriva nel settore dei servizi, particolarmente sviluppato in virtù del turismo e dell’immigrazione di villeggianti, come Giovanni Battista Magliotto, della campagna savonese di Gameragna che, se nel paese natale era falegname, a Nizza si adattò al nuovo contesto reinventandosi bigliettaio sugli autobus della Costa Azzurra <35. Ester Biancheri, figlia di un ex assessore comunista dell’Imperiese emigrato a Éze, che aveva trovato lavoro prima come agricoltore, poi come salumiere e infine marmista per contribuire al bilancio familiare, aveva invece potuto mantenere a Éze il proprio impiego di commessa già svolto in Italia <36. Alcuni antifascisti divennero giardinieri, come Giovanni Battista Vivaldi, che fu addirittura assunto nel palazzo del principe di Monaco, evidentemente abile nel mestiere, provenendo dalla Riviera dei fiori <37.
Anche Giuseppe Marabotto, quilianese, pur non natio del Ponente e di origine operaia, riuscì a trovare posto come giardiniere presso il municipio di Nizza, adattandosi alle richieste del mercato locale <38. L’amministrazione dipartimentale si occupava annualmente di valutare la manodopera stagionale necessaria alla raccolta dei fiori, delle olive, ai servizi di giardinaggio, insomma ai lavori agricoli, e in particolare selezionava i lavoratori italiani in accordo con le associazioni agricole e orticolticole <39.
Chi faceva l’operaio talvolta abitava in quartieri poveri e periferici, come ad esempio Augusto Ludovico Amoretti, socialista di Oneglia, allora comune ancora diviso da Porto Maurizio, che risiedeva nella frazione di Ventabrun, alla periferia Nord-occidentale della città <40.
Era raro tuttavia riscontrare antifascisti liguri installati nelle zone più degradate come il Paillon, in certi tratti vera e propria baraccopoli e quartiere cosmopolita popolato da un’immigrazione di lavoro.
Tra le donne italiane, chi emigrava sola, come era accaduto ad esempio in gioventù alle sorelle Maccario <41, era occupata solitamente come personale di servizio, ovvero come domestica, “femme de chambre” o “bonne à tout faire” come venivano denominate le donne assunte come cameriere, massaie, sorveglianti, alloggiando presso la famiglia dove lavoravano. Diversamente le donne sposate erano spesso occupate nel settore del vestiario e in particolare come sarte, o anche più modeste stiratrici e lavandaie <42. Elvira Angella era diventata première couturière a Nizza, aveva cioè avanzato nella carriera nelle fabbriche di artigianato sartoriale locali <43. Un caso interessante è quello di Anita Laura Liprandi, militante antifascista tenace, che gestiva assieme al padre e al marito una tipografia a Mentone, rendendosi nota per i suoi interessi e impegni politici <44.
Schor spiega che trattandosi di un’immigrazione di lavoro, l’età media della colonia italiana oscillava tra i venti e i sessant’anni, e la percentuale di questa tranche aumentò sensibilmente nella prima metà degli anni Venti; l’età media cominciò però a salire poiché giungevano sempre più capifamiglia in cerca di lavoro e gli immigrati di più antica data cominciavano ad assumere comportamenti tipici della società francese, ovvero un controllo malthusiano delle nascite <45.
La maggior parte degli antifascisti liguri emigrati nel Nizzardo dalle varie province della regione oscillavano tra i 24 e i 35 anni, spesso emigrati all’indomani delle rappresaglie fasciste e dei primi processi agli arditi. Non sempre però questi giovani erano partiti nei primi anni Venti, per cui si assistette all’arrivo di diverse generazioni, poiché i ventenni e trentenni del 1923-1924 non appartenevano alla stessa generazione dei giovani a cavallo del nuovo decennio <46.
Con l’avvento delle nuove ondate di esuli seguito all’emanazione delle leggi eccezionali e poi, soprattutto, con il fenomeno dei ricongiungimenti familiari degli anni Trenta, di fronte alle chiusure delle politiche immigratorie italo-francesi, mutò sensibilmente la composizione e l’età della comunità antifascista immigrata.
I fuoriusciti degli anni Venti, allora giovani, erano ormai adulti in età matura, si riunivano alle mogli giunte negli anni Trenta e a volte anche al resto della famiglia allargata; fuggiti giovani, fidanzati o appena sposati, spesso non avevano ancora figli.
Chi arrivava negli anni Trenta erano, come si vedrà più approfonditamente nel V Capitolo, famiglie intere, e non avveniva più il tipico fenomeno dell’abbassamento dell’età media grazie all’arrivo di un nuovo flusso di giovani uomini soli.
A volte alcune mogli riuscivano già a raggiungere nei primi anni Venti i mariti espatriati assieme ai propri figli, abbassando così l’età media della popolazione immigrata <47.
[NOTE]
21. Anne-Marie Faidutti Rudolph, L’ immigration italienne dans le Sud-Est de la France, étude géographique, Louis-Jean, Gap 1964.
22. Aa.Vv., Migrance. Histoire des migrations à Marseille. 4 voll., a cura di Emile Temime (vol. 3: Le cosmopolitisme de l’entre-deux-guerres (1919-1945), a cura di Emile Temime e Marie-Françoise Attard-Maranchini, 1990), Edisud, Marseille 1989-1991.
23. Milza cit., pp. 445-449; Jacques Girault, «Les Italiens du Var entre les deux guerres», in L’Intégration italienne en France cit., pp. 251-269; Ralph Schor, «L’intégration des Italiens dans les Alpes-Maritimes», in L’Intégration italienne en France cit., pp. 271-279.
24. Henriette Carlès, Geneviève Laurent, La population étrangère de Nice en 1926. Etude géographique, Université de Nice, Laboratoire de géographie Raoul Blanchard, série «Etudes humaines régionales », n. 1, s.d., pp. 2-5, 22; Ralph Schor, «Les Italiens dans les Alpes Maritimes», in Aa.Vv., L’ immigrations italienne en France dans les années 20. Actes du colloque franco-italien, Paris 15-17 octobre 1987, Editions du Cedei, Paris 1988, p. 200.
25. Carlès, Laurent cit., pp. 2, 4.
26. Schor, «Les Italiens dans les Alpes Maritimes» cit., p. 200.
27. Carlès, Laurent cit., pp. 4, 8; Schor, «Les Italiens dans les Alpes Maritimes» cit., p. 202.
28. Carlès, Laurent cit., pp. 2, 13, 18, 21.
29. Carlès, Laurent cit., pp. 20-21; Schor, «Les Italiens dans les Alpes Maritimes» cit., p. 204.
30. Cpc: b. 105, f. Giuseppe Amoretti.
31. Schor, «Les Italiens dans les Alpes Maritimes» cit., p. 204.
32. Cpc: b. 165, ff. Andrea Aonzo, Girolamo Aonzo.
33. Cpc: b. 611, f. Stefano Biancheri.
34. Cpc: b. 209, f. Ernesto Astegiano.
35. Cpc: b. 2924, f. Giovanni Battista Magliotto.
36. Cpc: b. 611, ff. Ester Biancheri, Giobatta Biancheri.
37. Cpc: b. 5457, f. Giovanni Battista Vivaldi.
38. Cpc: b. 3011, f. Giuseppe Marabotto (n. 1898).
39. Adam: 10M 20: février 1928.
40. Cpc: b. 105, f. Augusto Ludovico Amoretti.
41. Cpc: b. 2869, f. Maria Teresa Maccario.
42. Cfr. Carlès, Laurent cit. Si parlerà più approfonditamente del lavoro dei migranti e in particolare di quello femminile nel Capitolo V.
43. Interviste a Adria Marzocchi e Georgette Marabotto cit.
44. Cpc: b. 2794, f. Anita Laura Liprandi.
45. Shor, «Les Italiens dans les Alpes Maritimes» cit., p. 200.
46. Cpc: b. 105, f. Giuseppe Amoretti; b. 165, ff. Andrea Aonzo, Gerolamo Aonzo; b. 2924, f. Giovanni Battista Magliotto; b. 611, f. Stefano Biancheri; b. 3011, ff. Silvio Marabotto, Ernesto Marabotto, Giuseppe Marabotto (n. 1870); b. 196, f. Dante Arnecchi; b. 3678, f. Carlo Palmero; b. 135, ff. Elvira Angella, Attilio Angella; b. 3117, f. Umberto Marzocchi; b. 2794, ff. Anita Laura Liprandi, Angela Liprandi; Dpp: f. Ida Liprandi; Cpc: b. 3404, f. Adriano Antonio Moresco.
47. Cpc: b. 135, f. Elvira Angella; b. 611, ff. Ester Biancheri, Giovanni Battista Biancheri; b. 4291, f. Linda Revoir; b. 2794, f. Arturo Mario Dino Antonio Liprandi; b. 2795, f. Liutprando Liprandi. Intervista a Adria Marzocchi cit.
Emanuela Miniati, Op. cit.
Il coinvolgimento dei consoli nelle attività di controllo e di repressione dell’opposizione era tanto dichiarato da essere noto e conosciuto, almeno nel caso specifico della Francia, anche alle autorità del paese ospitante. Queste ultime non erano affatto favorevoli ad uno sbilanciamento in senso politico della rete di rappresentanza italiana sul proprio territorio. Di conseguenza, già nel gennaio del 1926, il Ministro dell’Interno francese portava l’attenzione del Presidente del Consiglio «sur le rôle généralement dévolu aux représentants officiels italiens sur notre territoire de surveiller le mouvement antifasciste et d’organiser la répression des menées communistes» <52. La Lega dei Diritti dell’Uomo, che come si vedrà si fece carico a più riprese dell’assistenza agli immigrati politici ed economici provenienti dall’Italia, intervenne presso il Ministero dell’Interno in favore degli immigrati italiani, minacciati di perdere le sole istituzioni incaricate ufficialmente all’estero della loro tutela. Essa attirava in particolare l’attenzione del Ministro dell’Interno sul fatto che il Governo italiano inviava presso i consolati agenti «chargés de remplir des missions qui n’auraient rien de commun avec leurs fonctions normales» <53.
[...] L’adozione di queste misure è indicativa del fatto che il regime intendeva ormai reprimere con forza il fenomeno dell’emigrazione degli oppositori, escludendo dalla civitas quanti avevano già varcato la frontiera e cercando di impedire - o quanto meno di frenare - gli espatri di coloro che erano ancora in Italia. <135 L’impatto di tali politiche era complesso, e si rifletteva tanto nei rapporti con il paese ricettore <136 quanto sullo status della comunità italiana all’estero. Per quanto attiene quest’ultimo aspetto, in Italia il Ministro Rocco affermava a chiare lettere che gli ex-cittadini divenivano «apolidi» <137. Di converso, in Francia la situazione diveniva ancor più complessa e ricca di sfumature.
[...] Tra le iniziative per controbilanciare le pressioni francesi è interessante citare quella proposta dal console di Nizza, approvata dal Ministro degli Esteri Dino Grandi. Agli italiani nati in Francia sarebbe stata inviata, al compimento del diciottesimo anno di età, la seguente lettera: «Egregio connazionale, La R. Ambasciata ed il R Consolato di … intendono che i nomi dei giovani i quali, all’età necessaria, fanno dichiarazione di opzione per la cittadinanza italiana, siano segnalati, insieme ai nomi dei loro genitori, in un Albo d’onore che sarà esposto al pubblico nel Municipio della città o della borgata da cui la famiglia è originaria. Ella è pertanto pregata di voler presentare, a suo tempo, a questo regio Consolato, la dichiarazione che, relativamente all’opzione da lei fatta per la nazionalità italiana, le rilascerà il giudice di pace, così che questo consolato possa dare notizia alle autorità del suo luogo d’origine della affermazione di italianità da lei compiuta.» - Cfr. nello stesso faldone Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale degli Italiani all’Estero, circolare n. 19, oggetto: azione di difesa contro la snazionalizzazione, 14 marzo 1928.
[...] In un rapporto del mese di dicembre del medesimo anno, il 1929, il Console Generale italiano a Nizza riferiva al Ministero della Giustizia che la Lega dei Diritti dell’Uomo stava esercitando una forte pressione sul governo francese affinché Cassani non fosse consegnato all’Italia <174. Il Console rimarcava che il Cassani veniva «presentato come un perseguitato politico del fascismo». <175
[NOTE]
52 ANF, MI, F7/13457, rapporto del Ministro dell’Interno, DG Sureté générale, al Presidente del Consiglio, Ministero degli Affari Esteri, circa la nomina del nuovo vice-console italiano a Nizza Romolo Azzati, 25 gennaio 1926. Nello stesso faldone cfr. anche lettera del Commissario speciale di Nizza al Prefetto delle Alpi Marittime e p.c. a Sureté Générale e al Directeur Police Etat, «Italiens suspects à surveiller». Riferendosi ai nuovi viceconsoli nominati in diverse città francesi il Commissario commentava: «il appartient à cette catégorie de Vice-Consuls récemment nommés dans diverses villes de France et qui ont appelé l’attention de grands journaux de Paris […] Déjà Azzati s’est mis à la besogne et il use de tous les moyens, persuasion et menace, pour reconstituer et développer le fascio de Nice qui était en sommeil depuis plus de deux ans, à la grande satisfaction des italiens en général qui participaient ici à la prospérité commune et qui jouissent d’une liberté inconnue dans leur pays».
53 BDIC, LDH, F Delta Rés 798/75, lettera del segretario generale della LDH a E. Campolonghi, «Italiens - agents consulaires en France», 27 agosto 1928. Cfr. ivi la corrispondenza in materia del gennaio 1930 e gli appelli inviati al Ministero dell’Interno nello stesso periodo; cfr. ivi, anche lettera della LIDU alla LDH secondo cui «dans presque toutes les localités, le Consulat n’est plus représentant de l’Etat italien et l’organe de défense et d’assistance de toute l’émigration italienne. Il n’est plus que l’organe du Parti National Fasciste et de ses directes liaison: les Faisceaux à l’étranger», s.d.; ed infine ivi, «Note pour le bureau» secondo cui «c’est malheureusement une question d’ordre absolument national et dans lequel nul Etat n’admettra jamais qu’un autre Etat intervienne». Sulla Lega dei Diritti dell’Uomo cfr. E. Naquet, La ligue des droits de l’homme: une association en politique (1898-1940), Paris, Institut d’Etudes Politiques, 2005; sulla sezione italiana della Lega cfr. E. Vial, LIDU ‘23-‘34: une organisation antifasciste en exil, la Ligue Italienne des Droits de l'Homme, de sa fondation à la veille des fronts populaires, Lille, ANRT, 1987.
135 Cfr. P. Milza, Les italiens en France d’une guerre à l’autre, cit., p. 17.
136 Cfr. ANF, MI, F7/17458, lettera del Commissario speciale di Mentone alla Prefettura di Nizza, «Renforcement de la suveillance à la frontière italienne», 20 ottobre 1926.
137 Cfr. CDD, Atti parlamentari, discussione del 25 gennaio 1926 sul disegno di legge sulla modifica alla legge n. 555 sulla cittadinanza italiana.
174 Sull’attività della Lega in sostegno di Cassani, cfr. CDH, dicembre 1929, pp. 19.
175 ACS, MGG, EST, b. 6. Rapporto del Console Generale a Nizza indirizzato al Ministero degli Affari Esteri Italiano, Ufficio V, 10 dicembre 1929.
Costanza Di Ciommo Laurora, L’asilo politico nelle relazioni franco-italiane. I signori nessuno e l’impossibile status dell’opposizione italiana all’estero (1920-1986), Tesi di dottorato, Università Ca' Foscari Venezia, 2014
[...] L’adozione di queste misure è indicativa del fatto che il regime intendeva ormai reprimere con forza il fenomeno dell’emigrazione degli oppositori, escludendo dalla civitas quanti avevano già varcato la frontiera e cercando di impedire - o quanto meno di frenare - gli espatri di coloro che erano ancora in Italia. <135 L’impatto di tali politiche era complesso, e si rifletteva tanto nei rapporti con il paese ricettore <136 quanto sullo status della comunità italiana all’estero. Per quanto attiene quest’ultimo aspetto, in Italia il Ministro Rocco affermava a chiare lettere che gli ex-cittadini divenivano «apolidi» <137. Di converso, in Francia la situazione diveniva ancor più complessa e ricca di sfumature.
[...] Tra le iniziative per controbilanciare le pressioni francesi è interessante citare quella proposta dal console di Nizza, approvata dal Ministro degli Esteri Dino Grandi. Agli italiani nati in Francia sarebbe stata inviata, al compimento del diciottesimo anno di età, la seguente lettera: «Egregio connazionale, La R. Ambasciata ed il R Consolato di … intendono che i nomi dei giovani i quali, all’età necessaria, fanno dichiarazione di opzione per la cittadinanza italiana, siano segnalati, insieme ai nomi dei loro genitori, in un Albo d’onore che sarà esposto al pubblico nel Municipio della città o della borgata da cui la famiglia è originaria. Ella è pertanto pregata di voler presentare, a suo tempo, a questo regio Consolato, la dichiarazione che, relativamente all’opzione da lei fatta per la nazionalità italiana, le rilascerà il giudice di pace, così che questo consolato possa dare notizia alle autorità del suo luogo d’origine della affermazione di italianità da lei compiuta.» - Cfr. nello stesso faldone Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale degli Italiani all’Estero, circolare n. 19, oggetto: azione di difesa contro la snazionalizzazione, 14 marzo 1928.
[...] In un rapporto del mese di dicembre del medesimo anno, il 1929, il Console Generale italiano a Nizza riferiva al Ministero della Giustizia che la Lega dei Diritti dell’Uomo stava esercitando una forte pressione sul governo francese affinché Cassani non fosse consegnato all’Italia <174. Il Console rimarcava che il Cassani veniva «presentato come un perseguitato politico del fascismo». <175
[NOTE]
52 ANF, MI, F7/13457, rapporto del Ministro dell’Interno, DG Sureté générale, al Presidente del Consiglio, Ministero degli Affari Esteri, circa la nomina del nuovo vice-console italiano a Nizza Romolo Azzati, 25 gennaio 1926. Nello stesso faldone cfr. anche lettera del Commissario speciale di Nizza al Prefetto delle Alpi Marittime e p.c. a Sureté Générale e al Directeur Police Etat, «Italiens suspects à surveiller». Riferendosi ai nuovi viceconsoli nominati in diverse città francesi il Commissario commentava: «il appartient à cette catégorie de Vice-Consuls récemment nommés dans diverses villes de France et qui ont appelé l’attention de grands journaux de Paris […] Déjà Azzati s’est mis à la besogne et il use de tous les moyens, persuasion et menace, pour reconstituer et développer le fascio de Nice qui était en sommeil depuis plus de deux ans, à la grande satisfaction des italiens en général qui participaient ici à la prospérité commune et qui jouissent d’une liberté inconnue dans leur pays».
53 BDIC, LDH, F Delta Rés 798/75, lettera del segretario generale della LDH a E. Campolonghi, «Italiens - agents consulaires en France», 27 agosto 1928. Cfr. ivi la corrispondenza in materia del gennaio 1930 e gli appelli inviati al Ministero dell’Interno nello stesso periodo; cfr. ivi, anche lettera della LIDU alla LDH secondo cui «dans presque toutes les localités, le Consulat n’est plus représentant de l’Etat italien et l’organe de défense et d’assistance de toute l’émigration italienne. Il n’est plus que l’organe du Parti National Fasciste et de ses directes liaison: les Faisceaux à l’étranger», s.d.; ed infine ivi, «Note pour le bureau» secondo cui «c’est malheureusement une question d’ordre absolument national et dans lequel nul Etat n’admettra jamais qu’un autre Etat intervienne». Sulla Lega dei Diritti dell’Uomo cfr. E. Naquet, La ligue des droits de l’homme: une association en politique (1898-1940), Paris, Institut d’Etudes Politiques, 2005; sulla sezione italiana della Lega cfr. E. Vial, LIDU ‘23-‘34: une organisation antifasciste en exil, la Ligue Italienne des Droits de l'Homme, de sa fondation à la veille des fronts populaires, Lille, ANRT, 1987.
135 Cfr. P. Milza, Les italiens en France d’une guerre à l’autre, cit., p. 17.
136 Cfr. ANF, MI, F7/17458, lettera del Commissario speciale di Mentone alla Prefettura di Nizza, «Renforcement de la suveillance à la frontière italienne», 20 ottobre 1926.
137 Cfr. CDD, Atti parlamentari, discussione del 25 gennaio 1926 sul disegno di legge sulla modifica alla legge n. 555 sulla cittadinanza italiana.
174 Sull’attività della Lega in sostegno di Cassani, cfr. CDH, dicembre 1929, pp. 19.
175 ACS, MGG, EST, b. 6. Rapporto del Console Generale a Nizza indirizzato al Ministero degli Affari Esteri Italiano, Ufficio V, 10 dicembre 1929.
Costanza Di Ciommo Laurora, L’asilo politico nelle relazioni franco-italiane. I signori nessuno e l’impossibile status dell’opposizione italiana all’estero (1920-1986), Tesi di dottorato, Università Ca' Foscari Venezia, 2014