Tutto il materiale pubblicato in questo libro è di grande interesse e di facile leggibilità nonostante l’alto peso specifico degli argomenti. Per fare qualche esempio citerò autori che, per lo più, evocano miei ricordi personali. Fulvio Cervini, oltre al Discorso di insediamento al Rettorato, uno dei saggi più belli che io abbia letto, ha anche dedicato ad Antonio Semeria un messaggio in memoriam. Antonio Semeria fu il mio migliore amico. Ricordo che ci conoscemmo quando andavamo allo Stadio comunale di Sanremo a vedere Puskas allenarsi per smaltire i chili di troppo dovuti all’inattività conseguente al non ritorno in patria dopo i fatti di Ungheria (1956).
Con Antonio vivemmo, gomito a gomito, la nostra adolescenza, l’Università, la Goliardia, la vita professionale, la politica. Lui era molto bravo in tutto quello che faceva. Ed era un vero sapiente. Espresse e concretizzò in tutti i modi il suo amore per Sanremo. Avevamo una piccola disputa proprio su questo nome: lui, correttamente, non voleva che io preferissi San Remo. A me, questa versione (che è quella ufficiale per lo Stato), sembrava dare alla città una veste più internazionale. Ambedue abbiamo sempre pensato che il monumento ai caduti in Via Roma dovesse tornare ad avere sul piedistallo la vittoria alata. Commemorare i militi davanti ad un piedistallo ci è sempre sembrato un non senso. Pierangelo Beltramino (autore del bel saggio “Il tema dello sguardo”) fu il mio professore di Italiano in terza liceo. Aveva pochi anni più di noi e un aspetto molto giovanile per cui, incontrandolo nei corridoi prima di vederlo in cattedra, lo considerai uno studente venuto da fuori e, da capitano della squadra di calcio del Liceo Cassini, gli chiesi se era bravo a giocare a pallone. Sorrise e mi spiegò chi era. Il suo nuovo modo di spiegare, a livello universitario, ci fece capire che, nel suo lavoro, era un centravanti poderoso.
Alfredo Moreschi è un grande fotografo dotato di rara cultura in diversi settori dello scibile. Il suo archivio fotografico è un vero tesoro e tiene viva la storia di Sanremo (San Remo) meglio di qualunque scritto. Ci riunivamo nel suo studio con Giovanni Guidi, Giovenale Gastaldi, Antonio Canepa, Osvaldo Moreno, Renzo Laurano, Silvio Dian e Luigi Guglielmi (persone che bisognerebbe ricordare un po’ più spesso) per procedere alla selezione delle fotografie per il libro “Sanremo com’era” della Famija Sanremasca. È sempre stato ricercatissimo anche come fotografo artistico di matrimoni. Tanto che, incontrandolo spesso in quelle occasioni, lo chiamavo Monsignor Moreschi. Il suo scritto sulla gambarossa, in questo volume, è frutto di una scelta deliziosa.
Franco D’Imporzano è un intellettuale talmente schivo da sostenere di non esserlo. Ma basta leggere la sua poesia “Discorsi in versi” pubblicata in questo libro per capire come l’apparente gustosa leggerezza vada a scavare in profondità anche nelle più recenti manchevolezze di Sanremo. Tutti proviamo un po’ di sgomento quando vediamo imprese che non ci sono più come la benemerita Tipografia Gandolfi, fondata da Giacomo Gandolfi, che realizzava l’Eco della Riviera (ai tempi d’oro vendeva diecimila copie ogni settimana): il giornale che io frequentai da giovane cronista, guidato dal Capitano Rissone, dal Redattore capo Enrico Billò, da giornalisti come Pino Angelini e Angelo Maccario. D’Imporzano esprime questo vuoto per arrivare ad un altro vuoto, notevolissimo: il Tribunale di Sanremo spostato a Imperia.
Io vidi in Corte d’Assise a Sanremo (nella villetta all’entrata di Villa Ormond) il processo per l’uccisione della Contessa Bragadin, magistralmente vinto dai difensori dell’imputato Santin Toesca, avvocati Nino Bobba e Silvio Dian junior. Esercitai la professione, nel Tribunale situato a Villa Ormond, Presidente Bina, e nella Pretura ubicata nel palazzo delle scuole di Corso Cavallotti dove il valoroso magistrato Luigi Fortunato fu colpito da colpi di arma da fuoco che gli fecero rischiare la vita. Poi l’inaugurazione del nuovo Tribunale, edificato sull’ex campo GIL, che è stato chiuso per l’accorpamento a Imperia nonostante la lotta fatta (anche da me, quando ero Senatore) per conservarlo a Sanremo. D’Imporzano è preoccupato anche del Parco Marsaglia e dell’Auditorium Alfano. Una vera vergogna che dura da anni. Io che, da ragazzo, vidi esibirsi in quell’auditorium il mitico cantante americano Gene Vincent, poi morto precocemente in un aereo caduto, ho solo occhi per piangere. D’Imporzano mostra preoccupazione anche per il Club Tenco, che potrebbe andare nella fatal Novara. Il pericolo sembra scongiurato, soprattutto per opera di Daniela Cassini.
Con Amilcare Rambaldi ho fondato il Club Tenco e ne ho scritto lo Statuto, ma non mi ritrovo più in quello di oggi. Di Amilcare potrei raccontare mille aneddoti, ma sarebbe comunque limitativo. Uomini come lui appartengono alla storia. Marco Innocenti ha scritto un saggio su Tommaso Landolfi a Sanremo che ci mostra le mille sfaccettature del grande scrittore, reperite, con fatica, da rare fonti di prima mano. Un lavoro eccezionale. Non intervengo sulla parte “Messaggi e commenti” e indico, come molto interessanti, i contributi di Bajini, Salemi e Manzoni. In cima e in fondo a tutto, Freddy Colt (della famiglia Caregheti; con Orlando Semiglia ho abitato per anni nella stessa palazzina), geniale inventore di questa realtà fra poemi cavallereschi e Goliardia intesa nel senso più alto. “Goliardia è cultura e intelligenza”. Sono stato il fondatore della Goliardia sanremasca nell’anno 1962 e Granduca di Matuzia tre anni dopo. Con me quasi un centinaio di studenti universitari coinvolti e partecipi in modo persino commovente. Ritroviamo noi stessi di allora in questa esperienza di oggi: più colta ma non meno appassionante [...]
Gabriele Boscetto, Presentazione, AA.VV., Atti dell’Accademia della Pigna, nel Decennale di Fondazione, 2007-2017, Lo Studiolo, 2016, pp. 191
Con Antonio vivemmo, gomito a gomito, la nostra adolescenza, l’Università, la Goliardia, la vita professionale, la politica. Lui era molto bravo in tutto quello che faceva. Ed era un vero sapiente. Espresse e concretizzò in tutti i modi il suo amore per Sanremo. Avevamo una piccola disputa proprio su questo nome: lui, correttamente, non voleva che io preferissi San Remo. A me, questa versione (che è quella ufficiale per lo Stato), sembrava dare alla città una veste più internazionale. Ambedue abbiamo sempre pensato che il monumento ai caduti in Via Roma dovesse tornare ad avere sul piedistallo la vittoria alata. Commemorare i militi davanti ad un piedistallo ci è sempre sembrato un non senso. Pierangelo Beltramino (autore del bel saggio “Il tema dello sguardo”) fu il mio professore di Italiano in terza liceo. Aveva pochi anni più di noi e un aspetto molto giovanile per cui, incontrandolo nei corridoi prima di vederlo in cattedra, lo considerai uno studente venuto da fuori e, da capitano della squadra di calcio del Liceo Cassini, gli chiesi se era bravo a giocare a pallone. Sorrise e mi spiegò chi era. Il suo nuovo modo di spiegare, a livello universitario, ci fece capire che, nel suo lavoro, era un centravanti poderoso.
Alfredo Moreschi è un grande fotografo dotato di rara cultura in diversi settori dello scibile. Il suo archivio fotografico è un vero tesoro e tiene viva la storia di Sanremo (San Remo) meglio di qualunque scritto. Ci riunivamo nel suo studio con Giovanni Guidi, Giovenale Gastaldi, Antonio Canepa, Osvaldo Moreno, Renzo Laurano, Silvio Dian e Luigi Guglielmi (persone che bisognerebbe ricordare un po’ più spesso) per procedere alla selezione delle fotografie per il libro “Sanremo com’era” della Famija Sanremasca. È sempre stato ricercatissimo anche come fotografo artistico di matrimoni. Tanto che, incontrandolo spesso in quelle occasioni, lo chiamavo Monsignor Moreschi. Il suo scritto sulla gambarossa, in questo volume, è frutto di una scelta deliziosa.
Franco D’Imporzano è un intellettuale talmente schivo da sostenere di non esserlo. Ma basta leggere la sua poesia “Discorsi in versi” pubblicata in questo libro per capire come l’apparente gustosa leggerezza vada a scavare in profondità anche nelle più recenti manchevolezze di Sanremo. Tutti proviamo un po’ di sgomento quando vediamo imprese che non ci sono più come la benemerita Tipografia Gandolfi, fondata da Giacomo Gandolfi, che realizzava l’Eco della Riviera (ai tempi d’oro vendeva diecimila copie ogni settimana): il giornale che io frequentai da giovane cronista, guidato dal Capitano Rissone, dal Redattore capo Enrico Billò, da giornalisti come Pino Angelini e Angelo Maccario. D’Imporzano esprime questo vuoto per arrivare ad un altro vuoto, notevolissimo: il Tribunale di Sanremo spostato a Imperia.
Io vidi in Corte d’Assise a Sanremo (nella villetta all’entrata di Villa Ormond) il processo per l’uccisione della Contessa Bragadin, magistralmente vinto dai difensori dell’imputato Santin Toesca, avvocati Nino Bobba e Silvio Dian junior. Esercitai la professione, nel Tribunale situato a Villa Ormond, Presidente Bina, e nella Pretura ubicata nel palazzo delle scuole di Corso Cavallotti dove il valoroso magistrato Luigi Fortunato fu colpito da colpi di arma da fuoco che gli fecero rischiare la vita. Poi l’inaugurazione del nuovo Tribunale, edificato sull’ex campo GIL, che è stato chiuso per l’accorpamento a Imperia nonostante la lotta fatta (anche da me, quando ero Senatore) per conservarlo a Sanremo. D’Imporzano è preoccupato anche del Parco Marsaglia e dell’Auditorium Alfano. Una vera vergogna che dura da anni. Io che, da ragazzo, vidi esibirsi in quell’auditorium il mitico cantante americano Gene Vincent, poi morto precocemente in un aereo caduto, ho solo occhi per piangere. D’Imporzano mostra preoccupazione anche per il Club Tenco, che potrebbe andare nella fatal Novara. Il pericolo sembra scongiurato, soprattutto per opera di Daniela Cassini.
Con Amilcare Rambaldi ho fondato il Club Tenco e ne ho scritto lo Statuto, ma non mi ritrovo più in quello di oggi. Di Amilcare potrei raccontare mille aneddoti, ma sarebbe comunque limitativo. Uomini come lui appartengono alla storia. Marco Innocenti ha scritto un saggio su Tommaso Landolfi a Sanremo che ci mostra le mille sfaccettature del grande scrittore, reperite, con fatica, da rare fonti di prima mano. Un lavoro eccezionale. Non intervengo sulla parte “Messaggi e commenti” e indico, come molto interessanti, i contributi di Bajini, Salemi e Manzoni. In cima e in fondo a tutto, Freddy Colt (della famiglia Caregheti; con Orlando Semiglia ho abitato per anni nella stessa palazzina), geniale inventore di questa realtà fra poemi cavallereschi e Goliardia intesa nel senso più alto. “Goliardia è cultura e intelligenza”. Sono stato il fondatore della Goliardia sanremasca nell’anno 1962 e Granduca di Matuzia tre anni dopo. Con me quasi un centinaio di studenti universitari coinvolti e partecipi in modo persino commovente. Ritroviamo noi stessi di allora in questa esperienza di oggi: più colta ma non meno appassionante [...]
Gabriele Boscetto, Presentazione, AA.VV., Atti dell’Accademia della Pigna, nel Decennale di Fondazione, 2007-2017, Lo Studiolo, 2016, pp. 191