martedì 20 ottobre 2020

Il compagno portuale mi conosceva come frequentatore del Caffè del popolo

L'ex pastificio Agnesi ad Imperia Oneglia

Ritornando al dopo Tambroni, terminato finalmente l'esame di maturità, mi ero iscritto alla facoltà di chimica dell'Università di Genova.
A Imperia avevamo nel frattempo dato vita all'Associazione degli Studenti Antifascisti (Asn) che era stata ospitata nella sede della Camera del lavoro, in quegli anni ubicata in piazza San Francesco, vicino al palazzo del vecchio tribunale [Imperia, Oneglia].
Al primo incontro costitutivo eravamo stati accolti dal compagno Nino Giacomelli, segretario provinciale della Cgil e successivamente i compagni della Federazione giovanile, alla quale mi sarei iscritto l'anno successivo, componenti della nuova associazione antifascista, avevano organizzato un incontro con "il professore" Franco Dulbecco, responsabile provinciale dell'organizzazione del Pci, che aveva garantito il sostegno del partito all'Asa. Era stato il primo incontro con colui che successivamente avrebbe ricoperto l'incarico di segretario provinciale del Partito comunista e quindi di deputato, compagno con il quale avrei operato per oltre vent'anni.
L'Asn era nata per diffondere tra i giovani lo spirito antifascista e per contrastare la presenza dei fascisti tra le nuove generazioni come stava avvenendo con l'iniziativa della Giovane Italia, l'organizzazione con la quale intessevano relazioni politiche anche settori della Democrazia cristiana.
L'Asa aveva organizzato corsi sulla storia del fascismo e sul movimento antifascista fornendo strumenti di preparazione storico-politica che era assente tra gli studenti. Una delle preoccupazioni iniziali della nuova associazione era stata quella di aprirsi nei confronti dei giovani e discutere con loro qualsiasi fosse il loro orientamento; ma nel contempo non trascuravamo l'esigenza di strutturarci negli istituti scolastici con la presenza di studenti che non manifestassero paura per il rischio di eventuali rappresaglie da parte di professori e presidi.
In quegli anni era una costante l'affermazione di dirigenti scolastici "la politica fuori dalla scuola", un ritornello qualunquista ripetuto per quindici anni, che aveva allentato gli anticorpi necessari a difendere la democrazia.
La nostra associazione pubblicava un bollettino "Il XXV Aprile" e con la sua iniziativa aveva iscritto rapidamente cinquanta giovani.
La relazione che avevo svolto al congresso provinciale della Fgci aveva evidenziato la nascita e l'iniziativa dell'Associazione degli studenti antifascisti come uno dei due momenti di iniziativa unitaria sviluppata tra le giovani generazioni sui temi antifascisti.
L'altra esperienza unitaria ricordata era quella dell'Unione Culturale Democratica di Bordighera che, con caratteristiche sue proprie aveva favorito la diffusione di analoghe problematiche nella realtà del ponente provinciale.
Il mio rapporto con la nuova associazione era ambivalente: sul piano politico la ritenevo uno strumento di dibattito e di iniziativa molto interessante, ma dovendo frequentare a tempo pieno la facoltà di chimica a Genova, a Imperia potevo rimanere il sabato pomeriggio e la domenica e quello spazio era troppo ristretto per i miei impegni "privati" dopo la settimana genovese.
Il lavoro a favore dell'associazione lo recuperavo durante i vari periodi festivi e nell'estate.
Dell'esperienza associativa non ho ricordi di avvenimenti eclatanti, ma certamente si era cementato tra noi giovani studenti un rapporto politico del quale avremmmo colto i frutti negli anni a venire.
La "militanza" nell'associazione studentesca (Asa) probabilmente era stato il motivo per il quale mi era stato proposto di intervenire ad una manifestazione "operai-studenti" che si era tenuta nell'autunno del '61 nel teatro Rossini.
Il co-relatore era stato Adolfo Baciri Cavalieri componente della Commissione Interna del pastificio Agnesi.
In assoluto era il mio primo intervento pubblico: mi ero affidato a uno scritto che, sebbene inibisse i vantaggi dei discorsi "a braccio", garantiva la sicurezza di non incappare in intoppi.
Nell'intervento mi premeva evidenziare come il mondo fosse cambiato e gli studenti, al contrario dei bui periodi in cui erano stati fautori di guerre di conquis ta, si sentivano partecipi delle lotte operaie, specialmente quelle in difesa della pace.
Il mondo, in quel periodo, era attraversato da inquietudini e i  nuovi rapporti di forza spingevano nella direzione di superamento del colonialismo.
I circoli governativi occidentali non volevano prendere atto delle nuove realtà e osteggiavano i nuovi tempi, come altresì volevano tenere in sospeso la questione tedesca, rifiutandosi di firmare il Trattato di pace con le due Germanie, dopo sedici anni dal termine del conflitto mondiale.
Noi giovani antifascisti e comunisti avvicinavamo i patrioti algerini, angolani, congolesi ai nostri eroi risorgimentali come Carlo Pisacane e Giuseppe Garibaldi.
Non avevo tralasciato di ricordare le centinaia di migliaia di morti e di rinchiusi nei campi di concentramento algerini, i partigiani angolani che lottavano contro i fascisti portoghesi che incendiavano i loro villaggi con le bombe al napalm.
La nostra lotta, sottolineavo, per impedire l'installazione di basi americane favoriva l'apertura a nuove prospettive di pace. Fino ad ora i governi italiani avevano risposto negativamente alla richiesta di una politica estera diversa; anzi, l'esecutivo in carica si era particolarmente distinto per il rifiuto di sostegno alla mozione antinucleare presentata all'Onu da dodici paesi afroasiatici.
La nostra condanna delle esplosioni nucleari comprendeva anche l'uso delle armi convenzionali e lo scopo delle nostre iniziative era rivolto alla salvezza della pace e all'auspicio di una nuova fase di relazioni pacifiche nel mondo.
Dell'evento ciò che più mi aveva colpito non era stata la partecipazione, che probabilmente era nella norma, diversamente mi sarei ricordato "il forno", il vuoto in platea, quanto il compagno portuale che mi era venuto incontro, mentre scendevo dal palco per congratularsi per la mia presenza attiva in quella occasione, facendomi intendere che non pensava fossi impegnato in politica a sinistra. Mi conosceva come frequentatore del Caffè del popolo e probabilmente aveva colto di me gli aspetti del giocatore. Per il portuale era stata una piacevole sorpresa, per me la scoperta di un mondo che negli anni a seguire non avrebbe mai cessato di riservarmi novità, un mondo di lavoratori con cui avrei combattuto molte lotte e con i quali mi sarei sempre più sentito in sintonia.

Giuseppe Mauro Torelli (1), Viaggio tra generazioni e politica, ediz. in pr., 2017

(1) Giuseppe Torelli [Nato a Imperia il 13 marzo 1940]. Figlio di artigiani, ha conseguito la maturità scientifica nel liceo Vieusseux di Imperia. Eletto parlamentare nel 1983, ha partecipato ai lavori della Camera dei deputati nell'ambito del gruppo del Pci nella IX e X Legislatura. In Parlamento è stato componente della Commissione Interni e successivamente della Commissione Esteri. In tale contesto ha avuto l'incarico di responsabile dei problemi dell'ordine pubblico e delle forze di polizia e dei Vigili del fuoco, con particolare riferimento alla problematica della Protezione civile. In precedenza, a partire dal 1965, è stato per venti anni consigliere comunale di Imperia, svolgendovi lungamente la funzione di capogruppo. È stato Sindaco del capoluogo nel 1975. Eletto consigliere provinciale nel 1990, nell'ambito della legislatura ha svolto la funzione di Presidente della Commissione Affari istituzionali. Membro dell'Unione regionale province liguri, è stato eletto altresì nell'assemblea nazionale dell'Upi. Nella Federazione Giovanile Comunista Italiana (Fgci) ha ricoperto l'incarico di segretario provinciale e componente del Comitato Centrale. Nel Pci, dal 1972 al 1983 e quindi nel 1991, ha svolto le funzioni di Segretario provinciale e dirigente in organismi provinciali, regionali e nazionali, come altresì successivamente nel Partito Democratico della Sinistra e nei Democratici di Sinistra. Nel 1989 aderì alla mozione, voluta tra gli altri da Pietro Ingrao e Alessandro Natta, contraria alla svolta della Bolognina, operata dal segretario del Pci Occhetto. Tale mozione si affermò in provincia di Imperia nel congresso del 1990. È stato componente della Presidenza del Consiglio nazionale dei Garanti dei Ds a partire dal congresso di Pesaro del 2001. Al congresso Ds di Firenze del 2007 non aderiva alla proposta di dar vita al Partito Democratico. Dal 1998 era componente del Coordinamento nazionale dell'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra (Ars), di cui è stato tra i promotori e Presidente dell'Ars di Imperia intitolata ad Alessandro Natta. [Deceduto il 12 agosto 2019]. da Wikipedia