lunedì 26 ottobre 2020

Un bambino prodigio


[...] Aveva solo 24 anni Irène Némirovsky, quando l’editore pubblicò questo breve romanzo “Un bambino prodigio”. Ma qui ci troviamo già tutto il suo talento.
L’editore è Giuntina, la traduzione di Vanna Lucattini Vogelmann, mentre la prefazione è di Elisabeth Gille.
Certo: magari un talento ancora un poco acerbo, ma qui ci troviamo già alcuni dei temi che poi diventeranno la cifra distintiva di questa straordinaria scrittrice francese.
Chi è il bambino prodigio del titolo?
Si chiama Ismaele Baruch ed è appunto un bambino ebreo che vive sulle rive del Mar Nero. È povero come i genitori, unico sopravvissuto dei 14 figli avuti, e finisce come tutti per frequentare il porto e le sue bettole.
Impara a leggere certo, ma preferisce la piazza del Mercato, quella vita grossolana che vi si svolge e poi i localacci del porto con i suoi marinai e le donne, che aiuta in vario modo, ricevendo così in cambio un po’ di cibo, di denaro.
Una sera, uno di questi uomini, un marinaio, è triste perché la sua ragazza è morta. E chiede a Ismaele, al quale aveva insegnato le canzoni che si cantano sul Volga, di cantargli qualcosa.
Ismaele, esita, non sa che fare, che cosa cantare. Infine inizia. Gli altri clienti della bettola lo faranno cantare per tutta la notte. Da questa nuova attività, inizierà anche a ricavare dei soldi, perché si farà pagare.
Poi, una sera arriva un uomo, che non è come tutti gli altri. Ama una donna, spende e spande, dopo qualche tempo piomba di nuovo nella taverna e prende con sé Ismaele. Lo condurrà a conoscere la sua amata.
La vita di Ismaele cambia radicalmente: abbandona la miseria, i localacci, e inizia a vivere in una grande casa, in mezzo a libri, lussi, cibo a volontà.
Sarà la fine di Ismaele, del suo grezzo e primitivo talento. Ma che libro è?
Sì, perché ci sono storie e storie, e questa anche se magari imperfetta, cosa ha da dirci?
Non c’è traccia del rapporto ossessivo madre-figlia che è spesso una costante di tanti altri libri della Némirovsky. Ma c’è questo ragazzino che cresce, e si perde.
Credo che possa essere una storia sul talento, un talento molto acerbo, ma forse è un talento inesistente, che Ismaele cerca di migliorare ma il risultato non sarà quello che lui sperava.
Forse in questa piccola opera c’è più che mai un interrogativo che la stessa Némirovsky si pone: sono davvero in grado di fare questo mestiere? Sono davvero una scrittrice, oppure è solo illusione e questo libro non sarà seguito da altro?
Noi conosciamo bene la risposta. Ma all’epoca Irène Némirovsky iniziava a misurarsi con i dubbi di chi inizia a scrivere con la consapevolezza che il talento, se esiste, è antidemocratico [...]

Marco Freccero su raccontastorie