Lungo la Provinciale che conduce da Dolceacqua a Isolabona gettando lo sguardo alla riva sinistra del Nervia si possono vedere a tratti i manufatti del vecchio acquedotto.
Strutture architettoniche, archi di pietra che come ponti servivano all’acqua per attraversare il vuoto.
Lavori di ingegneria fatta da funamboli che avranno operato appesi a strisce sottili di terra e rocce scoscese.
Oggi sotto questi lacerti di pietra possiamo leggere la nostra inciviltà.
La piena del torrente dopo le forti piogge dei giorni scorsi ha piegato con la sua forza gli alberi flessibili.
Ontani, salici, carpini sembrano forche a cui sono impiccati le vestigia dei nostri tempi: plastiche, plastiche e plastiche.
In altri tempi neppure molto lontani ho potuto vedere appollaiati sui rami Aironi cinerini, Cormorani e Nitticore dal ciuffo.
Sembra improbabile un ritorno alle cure che ogni abitante del luogo riservava in passato ai beni di tutti. Quando ognuno puliva la strada davanti a casa.
Quando i contadini lasciavano fuori del loro orto un cesto con i prodotti in esubero per chi ne fosse privo.
Quando si lasciavano sugli alberi per gli animali del cielo e della terra gli ultimi frutti dopo la raccolta.
Le nuove generazioni ci ricorderanno come coloro che hanno cercato di rubargli Il Futuro.
Gris de lin