sabato 3 febbraio 2024

La riviera di Ponente, così com'era negli anni fra le due guerre, non esiste più

Se oggi Italo Calvino uscisse di casa per prendere la strada di San Giovanni...

Che cosa significa per Calvino, il suo paesaggio? Esso è sia la matrice figurale di uno schema mentale, sia la traccia di un'esperienza primaria. Da questa ambiguità del paesaggio - locus della tecnica memoriale e al contempo naturale rimanenza affettiva - s'origina il percorso critico seguito sin qui. Poco tempo prima di morire Calvino concede un'intervista a Maria Corti. Una domanda sugli «ambienti naturali e culturali» conosciuti dallo scrittore richiama le relazioni che legano il paesaggio d'infanzia alla fantasia e alla scrittura: "Come ambiente naturale quello che non si può respingere o nascondere è il paesaggio natale e familiare; San Remo continua a saltar fuori nei miei libri; nei più vari scorci e prospettive, soprattutto vista dall'alto, ed è soprattutto presente in molte delle Città invisibili. Naturalmente parlo di San Remo qual'era fino a trenta o trentacinque anni fa, e soprattutto di com'era cinquanta e sessant'anni fa, quando ero bambino. Ogni indagine non può che partire da quel nucleo da cui si sviluppano l'immaginazione, la psicologia, il linguaggio; questa persistenza in me è forte quanto era stata forte in gioventù la spinta centripeta la quale presto si rivelò senza ritorno, perché rapidamente i luoghi hanno cessato di esistere." (S, p. 2926).
[...] Il destino degli uomini di natura, tuttavia, pare minacciato dal progresso storico contemporaneo. Già prima della guerra era iniziata la disgregazione del tratto costiero: «io ero della Riviera di Ponente; dal paesaggio della mia città - San Remo - cancellavo polemicamente tutto il litorale turistico - lungomare con palmizi, casinò, alberghi, ville - quasi vergognandomene». (RR I, p. 68). Dalle propaggini della costa avanza la speculazione che nel corso dei decenni lambisce i primi colli e minaccia l'integrità della campagna. Sin dalle prime pagine de La strada di San Giovanni risuona un senso di perdita. La riviera di Ponente, così com'era negli anni fra le due guerre, non esiste più, lo sviluppo economico ha trasformato il suo volto: tratti di campagna sono svaniti e «ora […] al posto di tutto questo si estende squallida geometrica e feroce una piantagione di garofani con i muri squadrati» (RIII, p. 24).
L'avanzata del progresso aggredisce la riviera ligure modificando le frontiere disegnate dalla topografia affettiva de La strada di San Giovanni: «una spiegazione generale del mondo e della storia deve innanzitutto tenere conto di com'era situata casa nostra, nella regione un tempo detta “punta di Francia”, a mezza costa sotto la collina di San Pietro, come a frontiera fra due continenti. In giù […] cominciava la città […]; in su […] subito si era in campagna» (RR III, p. 7). Il «giù» è il mondo della storia dove le biglietterie dei cinema attendono gli spettatori e le navi attraccano e poi ripartono, dove si distende una civiltà ricca di segni da decifrare e colma di locandine ammiccanti: fascinose attrazioni per un bambino che aspira a divenire «cittadino delle città e della storia». Il «su», invece, è l'universo naturale prediletto dal padre, regno dove le strade sono tortuose e acciottolate. Sul fondo incidentato dei sentieri, fra gli ombrosi recessi dei boschi prealpini camminano gli uomini di natura, i partigiani-rododendro, il padre amante della campagna. Ma l'avanzata del progresso - responsabile di speculazioni, geometrie e uniformità estensiva delle colture - si muove dal basso verso l'alto: è la storia nella sua espansione progressiva a minacciare la tradizionale armonia che lega l'uomo alla natura.
La tradizione filosofica e letteraria che nel corso di tre secoli ha ragionato sul dissidio fra la natura e la civiltà, fra l'infanzia e l'età adulta, è ben presente a Calvino.
[...] Ne La strada di San Giovanni il protagonista colleziona le vedute in un «rosario d'immagini» durante la camminata, ma i paesaggi rimangono ancora separati l'uno dall'altro perché l'apparizione delle valli nell'entroterra esclude la possibilità di scorgere la linea costiera. San Giovanni è il territorio originario dove i frammenti non si integrano, ma rimangono parziali aggregati dotati di una forma. La separazione inscritta nella topografia della Liguria - il mondo «in su» è la campagna lontana dal progresso e prediletta dal padre, quello «in giù» è l'universo urbano denso di segni anelato dal figlio - richiama il dissidio fra il processo storico e la persistenza della natura. La distanza fra storia e natura ne La strada di San Giovanni è anche un sintomo del fallimento della forma romanzesca. <515
Alcuni indizi permettono di corroborare l'ultima ipotesi. L'esistenza di due universi separati e orientati in relazione alla casa dell'infanzia non è nuova alla letteratura occidentale. Barenghi nota acutamente come i due versanti osservati dalla villa dei Calvino siano «due côtés» <516 simili a quelli che aprono À la recherche du temps perdu.
[NOTE]
515 Esiste uno scritto di Calvino dove lo scrittore tenta di intravedere nel paesaggio un'integrazione fra la storia e la natura. Nel 1974 esce Ferro rosso, terra verde, l'ultimo volume della collana che «l'Italsider ha, nel corso degli anni, dedicato alle realtà che ospitano i suoi stabilimenti». (Ferro rosso, terra verde, Italsider. Genova 1974, p. 3). Il libro raccoglie le foto e i testi di diversi autori, fra cui Gabriele Basilico, Mario Soldati e Italo Calvino. Il contributo dello scrittore ligure ha un titolo significativo: Savona: storia e natura. La «forma» di un luogo, secondo Calvino, è attraversata «dalla dimensione del tempo»: «la vera descrizione d'un paesaggio finisce per contenere la storia di quel paesaggio, dell'insieme dei fatti che hanno lentamente contribuito a determinare la forma con cui esso si presenta ai nostri occhi, l'equilibrio che si manifesta in ogni suo momento tra le forze che lo tengono insieme e le forze che tendono a disgregarlo». (S, p. 2390). Nel tentativo di osservare il paesaggio come intersezione di natura e storia, Calvino immagina una verticale che attraversa la Liguria seguendo un orientamento diverso da quello dominante in Dall'opaco: «occorre dire che la Liguria d'un tempo - e d'un tempo che non è molto lontano - non si definiva come una linea stradale litoranea, quale ormai siamo abituati a considerarla. Era in senso perpendicolare alla costa che si usava vederla: o dai naviganti che ancor oggi s'orientano sui suoi campanili per stabilire la rotta verso i porti; o dai viandanti che percorrevano le strade lungo le valli che collegavano la costa ai centri dell'Italia padana, scavalcando i gioghi delle montagne». (S, 2400). La variazione dello sguardo e lo sforzo di integrazione sono aspetti notevoli se raffrontati agli altri scritti liguri. L'approccio di fondo al paesaggio - lo sguardo dall'alto, a distanza - tuttavia non cambia: lo scrittore osserva il mondo dalla terrazza della fortezza del Priamar e nell'ultimo paragrafo chiarisce: «sto seguendo linee che s'intersecano su questa mappa attraverso lo spazio e il tempo». (S, p. 2402).
516 M. Barenghi, Italo Calvino. Le linee e i margini, cit., p. 95.
Francesco Migliaccio, Il luogo dello sguardo. Paesaggio e scrittura in Calvino, Celati e Biamonti, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Torino, Anno accademico 2014-2015 

I Calvino arrivano a Sanremo e si trasferiscono inizialmente a villa Angerer, situata in via Fratelli Asquasciati di fronte al Casinò, magnifico esempio del liberty floreale, nella cui serra sperimentale, ora distrutta, operò lo stesso Mario. Quindi acquistarono Villa Meridiana dove la madre Eva risedette fino alla morte all’età di 92 anni, avvenuta il 30 marzo 1978. «Ho vissuto coi miei genitori a Sanremo fino a vent’anni, in un giardino pieno di piante rare ed esotiche» (S, p. 2709) giardino che spesso, con le sue mille specie arboree, animali e vegetali, diventa il protagonista di alcuni racconti come per esempio Un pomeriggio Adamo. Nel racconto, apparso per la prima volta in Ultimo viene il corvo (1949) pubblicato nei «Coralli» con dedica «Ai miei genitori», Italo descrive in maniera precisa e puntuale il giardino della villa con piante grasse fiorite, laghetti con ninfee, siepi di bamboo, vasche con zampilli, di petunie, alberi da frutto e molteplici animaletti come rospi, formiche argentine e porcospini. Primo di un gruppo di trenta racconti, questo apre la raccolta dichiarando lo stretto rapporto instaurato tra Calvino letterato e scrittore e Calvino figlio di scienziati e nipote di chimici. Rapporto spesso forzato in gioventù dalla figura di un padre che non smetteva mai di istruire i figli insegnandogli i nomi latini delle varie specie botaniche. Ne La strada di San Giovanni dirà: «Lui del mondo vedeva solo le piante e ciò che aveva attinenza con le piante, e di ogni pianta diceva ad alta voce il nome, nel latino assurdo dei botanici, e il luogo di provenienza […] e il nome volgare se ce ne era uno» <10.
L’adolescenza sanremese è dettata quindi da rapporti profondi verso un paesaggio che sarà sempre il sostrato nascosto delle opere di Italo e la costante voglia di allontanarsene per poter approfondire la propria inclinazione personale verso la scrittura. Egli si dichiarerà «la pecora nera. L’unico letterato della famiglia» (S, p. 2714) in mezzo a scienziati, botanici, agronomi, chimici, professori universitari, geologi. Preferiva trascorrere il pomeriggio al cinema Centrale <11 di Sanremo, scappando da casa di nascosto, inventandosi di andare a studiare da un amico, per poter invece assistere alla prima proiezione pomeridiana, dove, la sala quasi vuota, gli permetteva di poter allungare le gambe sulle spalliere delle poltrone davanti e godersi comodamente la visione. Il cinema doveva «soddisfare un bisogno di spaesamento […] una tappa indispensabile d’ogni formazione […] il cinema era il modo più facile e a portata di mano, ma anche quello che istantaneamente mi portava più lontano» <12. Si comincia a formare quindi una personalità in contrasto con l’insegnamento paterno «Capite come le nostre strade divergevano, quella di mio padre e la mia. […] Parlarci era difficile. Entrambi d’indole verbosa, posseduti da un mare di parole, insieme restavamo muti, camminando in silenzio a fianco a fianco per la strada di San Giovanni» (RR II, p. 11).
[NOTE]
10 Italo Calvino, La strada di San Giovanni, RR III, pp. 7-26 (9). Uscì per la prima volta nel 1962 sul primo numero della rivista «Questo e altro», edita dalla casa editrice Lampugnani Nigri, pp. 33-44.
11 Teatro edificato nel 1925 con una sala a croce latina, coperta da una cupola apribile, contiene una vasta platea e una galleria disposta a ferro di cavallo. Le decorazioni del soffitto sono state realizzate da Galigeo Chini, un artista toscano tra i più conosciuti e apprezzati nel panorama figurativo europeo ei primi anni del Novecento (www.aristonsanremo.com).
12 Italo Calvino, Autobiografia di uno spettatore, in RR III, pp. 27-49, (27). Composta nel 1974 e pubblicata nello stesso anno come prefazione al volume di Federico Fellini Quattro Film, Einaudi, Torino.

Elisa Longinotti, Calvino e i suoi luoghi, Tesi di laurea, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2022-2023