lunedì 30 ottobre 2023

Io sfogliavo i cataloghi dei due vivaisti e scoprivo tante piante che non conoscevo

Un angolo della Frazione Latte di Ventimiglia (IM)

"Bastià" abitava sulla Colla [n.d.r.: slargo - belvedere sul mare - situato davanti al centro storico (Ventimiglia Alta) di Ventimiglia (IM)] e veniva da noi a cavare le patate e ogni sera andandosene dava appuntamento all'indomani, se "Dio vuole", ripeteva.
E c'era quello con giacca blu, il fazzolettino bianco e il giornale piegato in tasca che prendevamo un po' in giro.
La "scià [signora] Vicenza" e Teresa andavano a messa la domenica, a piedi, in cattedrale con capello e veletta: sembravano una poesia di Gozzano. Sul cancello in ferro c'è ancora la scritta villa Vincenza che ogni tanto perde una lettera, ma dentro le piante del viale sono diventate un bosco di rovi e vitalba: sole le palme, sempre più alte, si sono savalte.
"Luì" faceva il giardiniere dai torinesi di villa Boccanegra: la padrona era diventa famosa per essersi salvata nel naufragio dell'Andrea Doria. Ma lui non ne parlava e andava avanti e indietro da Ventimiglia alta piegato sulla sua bicicletta: era vecchio e anche quando scendeva rimaneva con la schiena piegata.
Arturo Viale, Mezz'agosto, ed. in pr., 1994

Agosto tempo di vacanze, tempo di costa, così conversando con Arturo Viale, scrittore di confine del ponente ligure, mettiamo a punto 3 puntate in cui parleremo - ci racconterà - di personaggi noti e meno noti del passato della Riviera.
Vengono cosi magicamente fuori personaggi incredibili, appassionanti, storie note e sconosciute, personaggi inaspettati e ricchi di magia.
La prima conversazione con Arturo Viale è tutta al femminile.

[...] 2 - Freya Stark
«Madama Stark, come la chiamavano a Mortola, è riuscita a superare i cento anni di vita ed è difficile stabilire dove sia stato il suo baricentro.
Ci sono luoghi in questo mondo in cui è stata felice, luoghi in cui ha lottato, luoghi in cui molte cose della sua vita hanno avuto inizio e altri luoghi meno rilevanti ma da cui la sua esistenza doveva necessariamente passare.
Per capire il personaggio basti sapere che la nonna paterna parlava il tedesco, quella materna che abitava a Genova parlava l'italiano e Freya naturalmente l'inglese anche se era nata a Parigi durante un viaggio bohémien dei genitori.
Era arrivata a Ventimiglia poco dopo la fine della Prima guerra Mondiale e con l'aiuto del padre aveva comprato una casa con terreno agricolo con l'idea di guadagnarsi da vivere coltivando e commerciando i fiori.
'La regione era bellissima screziata dal sole e ricoperta di campi di fiori color gioiello che punteggiavano scogliere che cadevano a precipizio sul mare blu…
Tutto intorno a lei c'erano le grandi ville dei ricchi mentre sulla riva del fiume le donne battevano il bucato con pietre'.
Così si legge in una biografia.
La terra era di circa diecimila metri o, come dicevano loro, due acri e mezzo, la casa rurale aveva quattro stanze, quanto bastava. Una delle svolte nella vita di Freya avvenne nel 1921 quando cominciò ad andare a Sanremo, a fianco del Casinò, da un frate cappuccino che aveva vissuto trent'anni a Beirut e che le insegnò l'arabo.
Prendeva il treno due volte alla settimana, camminando a piedi per circa un'ora fino alla stazione di Ventimiglia, trascurando l'attività floricola.
Studiò per sette anni, si perfezionò a Londra e finalmente era pronta per realizzare il sogno. Questa fu la prima chiave per aprire le porte del Medio Oriente.
Diventò una delle più grandi viaggiatrici e raccontò le sue esperienze in numerosi libri finché mise le radici ad Asolo a villa Freya dove visse la seconda metà della vita tanto da riempire una stanza in modo permanente nel museo della città.
La casa di Mortola [n.d.r.: Frazione nel ponente di Ventimiglia], a fianco dei giardini degli Hanbury, finisce alla nipote Ceci, Contessa Costanza Blanchi di Roascio, figlia della sorella Vera ed ora agli eredi.
Uno dei ritratti più espressivi di Freya, quando aveva trent'anni, glielo aveva fatto un pittore vicino di casa a Mortola, Herbert Olivier, zio del famoso attore Lawrence Olivier. Il ritratto si trova nella National Portrait Gallery di Londra.
Quella era la Riviera un secolo fa.»
3 - Caterina Gaggero Viale [n.d.r.: nonna paterna di Arturo Viale]
«Era nata a Bordighera durante la migrazione della famiglia da case Loa, località del paesino di Mele, dietro Genova, alla zona di Ventimiglia dove visse la vita adulta.
Fu una piccola conquista del West per famiglie dell'entroterra genovese come i Gaggero, i Bruzzone a volte al seguito di famiglie benestanti come i Tonet o i Migone.
Nata nel 1891 si era sposata a diciott'anni con un Ventimigliese di dieci anni più grande che aveva navigato in gioventù, avevano avuto due figli.
La Lilla aveva gestito un'osteria che per più di trent'anni era stata un riferimento per molti, soldati della caserma Gallardi, pescatori di canna di ritorno da Muru Russu [n.d.r.: zona a mare in Frazione Latte di Ventimiglia], e cittadini in cerca di ristoro domenicale fino a quando nel 1959 la Lilla morì.
L'osteria da Bataglia [n.d.r.: situata tra Località Ville e la Frazione Latte di Ventimiglia] era già allora a chilometro zero.
I conigli erano allevati nelle 'lapiniere' (gabbie per i conigli) sotto casa, le uova nel gallinaio a cento metri, le fragole da condire col limone, le fave da accompagnare ai salamini, e avanti così. I pochi prodotti foresti erano lo stoccafisso, i bieleti e il formaggio da grattare [...]
[Arturo Viale]
Eraldo Mussa, Storie di frontiera al femminile,  L'Incontro, 16 agosto 2023

'La speculazione edilizia'
Tanti dicono di ricordare la nevicata e la gelata del 1956. Fatto sta che da quel momento nelle campagne sono cresciute molte serre nuove, cambiava il panorama ed il modo di difendere le coltivazioni dal freddo. Ho già detto che c'era voluta la morte della nonna nel 1959 perché mio padre si sentisse autorizzato a coprire le due fasce più belle della campagna con le 'vedrine'. Se ci fossero ancora Calvino o Nico Orengo racconterebbero come, trenta anni dopo, parte di quelle serre vennero considerate per incantesimo depositi e furono poi condonate in metri cubi di case. Ma è una storia che mi dicono sia ancora in corso nei tribunali della Repubblica.
Io ricordo che negli anni Cinquanta per difendere le piante dal gelo avevamo tentato al mattino alle sette, che era il momento più critico per il gelo, una mossa che aveva aiutato in parte a salvare le coltivazioni di margherite bianche e gialle e di calendule. Avevamo preparato dei mucchi di rami e sterpaglie sugli angoli delle fasce e avevamo acceso dei falò i cui fumi si condensavano nell'aria che la tramontana spalmava rasoterra ed era sufficiente a salvare le piante di mazzeria dal gelo nelle mattine in cui il freddo era più pungente e si vedeva la Corsica all'orizzonte.
Invece, quando arrivavano in tarda primavera giornate di vento che seccavano i germogli più teneri quasi come fosse un fuoco, passavamo a spruzzare acqua sulle piante anche due o tre volte al giorno finché il vento, che, come si sa dura tre giorni, cessava. Mio padre lo chiamava il vento delle susine perché puntualmente scrollava gli alberi delle prugne non ancora mature.
Per diversificare le coltivazioni e ridurre i rischi derivanti dal clima avevamo piantato anche il plumosus nella fascia grande sotto una ventina di alberi di mandarino in fondo alla campagna. Avevamo comprato i semi dai Vivai Fratelli
Sgaravatti di Padova e da Carmine Faraone Mennella di Torre del Greco. Io sfogliavo i cataloghi dei due vivaisti e scoprivo tante piante che non conoscevo. Qualche anno dopo sui mandarini sono stati innestati i limoni.
Adesso le vasche dell'acqua sono quasi tutte vuote che tanto non c'è niente da bagnare e i tubi sono spesso gonfi di ruggine e potrebbero rompersi. Allora in inverno bisognava svuotarli che l'acqua sarebbe stata un pericolo se si fosse gelata e poi scongelata cambiando di volume, facendo scoppiare i tubi.
L'acqua della fontana chiamata dei 'Porri' dal nome di una antica famiglia, che riforniva le vasche di tutta la collina, adesso scorre lungo la strada delle Ville o si perde lungo la discesa nella riana e finisce al mare.
Ricordo che si raccontava che Pistone, spinto dalla miseria, un mese dopo il 25 aprile del '45, aveva barattato 48 ore di acqua della fontana in cambio di un coniglio. Era l'unico bene che gli era rimasto a parte le terre gerbe e i danni della guerra.
Adesso qualche vasca nelle posizioni migliori si è trasformata con accorte modifiche e un tetto posticcio, in deposito, 'pied a terre', casetta per gli attrezzi. Soprattutto d'estate con un ombrellone davanti e un rampicante fiorito, per i piemontesi qualche vasca tra gli alberi è meglio di un bungalow di cartapesta.
Arturo Viale, Punti Cardinali: da capo Mortola a capo Sant'Ampelio, Edizioni Zem, 2022

Altre pubblicazioni di Arturo Viale: La Merica...non c'era ancora, Edizioni Zem, 2020; Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, Edizioni Zem, 2019; L'ombra di mio padre, 2017; ViteParallele, 2009; Quaranta e mezzo; Viaggi; Storie&fandonie; Ho radici e ali.
Adriano Maini