domenica 20 settembre 2020

Pertini accoglieva tutti con gentilezza e grande semplicità

Giorgio Loreti ricorda Sandro Pertini

Egregio Signor Prefetto, spettabili Autorità, cari amici e cari compagni,
ricordare qui Sandro Pertini, a trent'anni dalla Sua morte, provoca in me una forte emozione non soltanto per la statura politica e umana di chi celebriamo ma anche perché siamo spinti a riandare col pensiero alle cose vissute e alle tante persone incontrate e  quanto esse abbiano influito sulla nostra formazione politica, culturale, morale.
E Sandro Pertini ha sicuramente rappresentato una personalità di grande fascino per la generazione di chi era giovane negli anni '50 '60 '70 e che militava (si diceva così a quei tempi) nel PSI, di cui lo stesso Pertini era tra i maggiori e più qualificati esponenti.
Per il suo antifascismo, pagato con anni di galera e di confino, per l'alto ruolo di rappresentante del PSI nella Resistenza, il suo lavoro nella Costituente e nel Parlamento, la sua statura culturale e morale, il suo rigore e l'indiscussa onestà, per i giovani socialisti d'allora e non solo Sandro Pertini era un mito.
Così, quando per attività politica o in campagna elettorale veniva nella nostra Provincia, la mobilitazione dei socialisti era grande e il desiderio dei compagni di incontrarlo e di ascoltarlo non si limitava a quelli delle località e delle sezioni che avrebbe visitato.     
La Federazione del PSI era impegnata e il suo unico "funzionario" (ricordo Dore, che da solo ricoprì per lungo tempo tale incarico, ben poco o forse mai pagato) aveva il compito di accompagnarlo con l'auto del partito.  
Ed eccolo, Sandro circondato dai presenti: piccolo, scattante, deciso, vestito con cura, "fumantino" quando necessario. Riconosceva sempre molti dei presenti e, sorprendentemente, li chiamava tutti per nome ("Elio, sposta l'altoparlante…; Matteo, chiama i compagni...; Ferruccio, cominciamo?") come se li frequentasse abitualmente.
E il rispetto per lui non era ossequio perché la sua eccezionale storia di antifascista e di partigiano e l'essere Parlamentare della Repubblica gli conferivano quell' autorevolezza  che rafforzava i socialisti in quanto tali.   
I quali gli davano tutti del tu (e lui lo pretendeva) perché lo sentivano uno di loro, compagno di ideali e di impegno politico e di partito. Non un dirigente spocchioso, avulso dalla realtà.
Parlava con rispetto verso le persone,  con correttezza, senza mai offendere gli avversari politici, ben lontano dalle volgarità ufficiali e 'onorevoli' d'oggigiorno. Affermava concetti di  solidarietà sociale e civile, con ragionamenti semplici e facilmente comprensibili ("vuotate gli arsenali e riempite i granai") dalla parte dei meno abbienti, per la pace, la democrazia, la libertà dei popoli ("... Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà "), per uno Stato più civile e più umano ("Tenete in ordine le carceri... possono servire a tutti"). E non gli mancavano i titoli per quest'ultima raccomandazione!
Per queste sue qualità di socialista onesto, di Resistente coraggioso e di antifascista (si pensi al suo discorso che accese la rivolta dei genovesi contro il congresso del MSI a Genova e contro il Governo Tambroni, nel 1960), era rispettato e considerato anche da chi, spesso senza motivo forse solo per faziosità, criticava il PSI e denigrava i suoi rappresentanti. Come facevano molti appartenenti a organizzazioni che si collocavano alla sinistra del PSI.
Sandro Pertini era un socialista di grande rigore etico, che respingeva l'idea e la pratica della separazione della politica dalla morale.
Era al di fuori e al di sopra delle varie e sempre più crescenti divisioni correntizie, un po' ai margini anche se manteneva stretti rapporti col partito. Spinto in questo 'isolamento' dal suo socialismo venato dall'anarchismo delle origini (alla Andrea Costa) e da un individualismo del quale forse non erano estranei la sua ligusticità e il carattere, che gli impedivano di far crescere attorno a sé un gruppo organizzato di seguaci.
Infatti, nonostante la sua popolarità e la considerazione che personalmente riscuoteva, la corrente che costituituì in occasione del congresso nazionale del 1968 raccolse ben pochi 'pertiniani', anche nella nostra provincia.
Oltre alle sue visite politiche, vi erano poi altre occasioni per incontrarlo, ogni tanto: quando cambiava treno a Ventimiglia per raggiungere con la moglie il loro appartamentino di Nice, per brevi periodi di riposo. 
Se c'era il tempo, attendeva a un tavolino del caffé della stazione mentre Carla ne approfittava per alcune compere, spesso con l'amica ventimigliese moglie di Biancheri, il proprietario del ristorante 'da Nanni' di via Milite Ignoto di Ventimiglia. Così, diffusasi la notizia della presenza  di Pertini, gli amici e i compagni, che potevano farlo, accorrevano al caffé per salutarlo con reverente emozione e affetto.
Lui accoglieva tutti con gentilezza e grande semplicità, lieto di conoscere nuove persone nel caso gliene venissero presentate. Fioriva così una  conversazione che toccava aspetti sia politici che privati, illuminanti sulla sua personalità.
Non gradiva ricordare il passato per cui amava circondarsi soprattutto dei giovani che interrogava e ascoltava. E ai quali suggeriva, paternamente, pillole di saggezza quali "chi ha carattere ha un brutto carattere", forse alludendo alle "impennate" della sua forte personalità.  
Per rafforzare un concetto o una sua proposta mai che richiamasse le sue benemerenze, il suo ruolo, la sua lotta, le sue alte cariche parlamentari. 
Era e voleva essere un politico "attuale" impegnato a realizzare qui e ora gli ideali  che lo avevano spinto a essere socialista. 
Aborriva il reducismo al quale lo avrebbero condotto le conversazioni dei coetanei e dei vecchi compagni di lotta antifascista, coi quali evitava di intrattenersi più del tempo di un affettuoso saluto.
In fatto di correttezza, onestà politica e umana era irremovibile. Anche in questo è stato un buon maestro da ricordare con viva gratitudine: "non perché non avesse difetti ma perché i suoi difetti erano niente in confronto alle sue qualità positive" come qualcuno, ricordandolo, ebbe giustamente a dire.  
A Pontedassio dopo il comizio per le politiche del 1972, alla cena organizzata per l'occasione in un ristorante della piazza, un compagno forse un po' alticcio, insistette contro la volontà  di Sandro a voler spremere un limone sul suo piatto di anguille fritte sporcando maldestramente di succo la camicia e la cravatta di Pertini. Il quale, mentre si puliva silenziosamente, con il volto improvvisamente triste, di una tristezza profonda, muovendo le labbra – che solo chi gli era al fianco poteva leggere e capire - tra sé e sé ripeteva: "mamma mamma... ".
Con questa emblematica immagine di intima solitudine, che ciascuno potrà interpretare a suo modo, concludo questo mio personale ricordo di Sandro Pertini.  
Grazie per l'attenzione.         
                                                                                     
Giorgio Loreti [Presidente ANPI Bordighera (IM)], Il giovane Pertini. Pertini e i giovani, Imperia, 22 Febbraio 2020