Ventimiglia (IM): la zona del Funtanin - qualche anno fa - con un scorcio della "scalinata" evocata da Arturo Viale |
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Ventimiglia (IM): la zona dalla Caserma Umberto I (o Forte dell'Annunziata) alla Colla, con al centro quella del Funtanin e, sopra, Forte San Paolo, in un'immagine abbastanza datata |
Mi sono accorto di aver perso il primo dente da latte al chilometro 690
dell'Aurelia [n.d.r.: in Ventimiglia (IM)] tornando a piedi da scuola,
sotto la casa del capoguardia. Avevo sei anni giusti e stavo terminando
il primo anno di scuola da suor Cristina delle suore della Madonna
dell'Orto, sul Cavu; l’anno dopo sarei passato alle statali con un esame
di ammissione. Il primo anno mia madre veniva ancora a prendermi
all’uscita da scuola vicino alla cattedrale e ci fermavamo dalla
latteria di Fantino a prendere un piccolo trancio di pan di Spagna
farcito di crema e coperto di glassa. Al passeggio del Funtanin stavano
finendo i ritocchi al muro in pietra della passeggiata con belle nicchie
per piante ricadenti.
Ventimiglia (IM): ex Caserma Umberto I |
Quella era l'unica strada, oltre alla ferrovia, tra Italia e Francia; ma un anno dopo, nel 1959, la parete di argilla su cui era intagliata la via Aurelia cominciò a cedere e scivolare tra strette fasce di garofani e orti verso la spiaggia degli Scoglietti, dove ogni pietra aveva un nome. Dopo piogge abbondanti la frana travolse la strada nazionale numero uno; il traffico da e verso la Francia per tutti i veicoli dal biroccio col mulo, dall'Ape Piaggio all'autotreno, fu avviato su una ripidissima “variante” a senso unico alternato, oggi trasformata in scalinata.
Spesso i mezzi più pesanti avevano bisogno di un aiuto quando transitavano in salita in direzione della Francia ed era disponibile il servizio di una specie di rimorchiatore di soccorso. E mio padre, che aveva il biroccio tirato da una mula un po’ anziana, a volte doveva scendere a spingere per aiutare la bestia e chiamava quel percorso Salita dei Mongoli.
La strada era percorsa anche da lenti autotreni carichi di tronchi enormi o di cortecce sistemate alla rinfusa. Le poche macchine ogni tanto dovevano fare code interminabili frenate dalle curve e dalle salite. Ogni tanto passavano in entrata in Italia strani camion attrezzati appositamente con una grande vasca climatizzata e ossigenata e contenente pesci vivi in prevalenza anguille. Si vedeva galleggiare una schiuma oleosa e puzzolente. Capitava che nelle curve della via Aurelia qualche anguilla venisse sbalzata fuori. Avevamo capito così cosa trasportassero quegli strani mezzi.
Proprio sopra alla frana del Funtanin, nella ex caserma dei bersaglieri, dal 1956 avevano trasferito il vecchio ospedale che era sopra porta Nuova, dalla Colla a fianco del convento delle suore Canonichesse Lateranensi di cui costituiva una parte.
Il posto è splendido e comodo - raccontano le cronache dell'epoca -, se non si fosse saputo chiaramente che il luogo era interessato al movimento franoso dell’intera collina dal Levante dell’Annunziata al Ponente di Porta Nizza, fino al mare, nei calanchi degli Scoglietti. Così nel 1961, dopo soli cinque anni dall'inaugurazione, l’Ospedale Civile Santo Spirito era costretto ad abbandonare i locali pericolanti e veniva provvisoriamente trasferito nella Casa Valdese di Vallecrosia.
Nell’autunno del 1961, dopo l'evacuazione, l'ospedale divenuto pericolante fu abbattuto assieme ad altre costruzioni della zona, tra cui un palazzone INA-Casa costruito appena nel 1954 che oggi avremmo definito ecomostro. Su un terreno adiacente, alla festa degli alberi, andavamo a piantare pini ed eucalipti. E questa idea si è dimostrata migliore della costruzione INA-Casa e gli alberi sono ancora lì rigogliosi e forse hanno rassodato la collina meglio del cemento. Una costruzione in parte incompiuta e poi totalmente abbandonata era sorta in basso nella zona chiamata Scoglietti. Non è casuale che Calvino ambientasse in una località ligure il suo romanzo del 1957 “La speculazione edilizia”.
Il rimorchio dei mezzi in difficoltà per la salita esisteva a Ventimiglia già da decenni e i mulattieri si trovavano in un’osteria nel Borgo, sul bivio di Vico Lago, nei pressi della fabbrica del ghiaccio di Lupi. Quello prima della salita era il punto più adatto per mettere a disposizione un paio di muli, per i carichi più pesanti, o per affiancare i cavalli meno robusti. Dei miei tempi ricordo Nereo Longhini ed i suoi figli che hanno percorso per anni tutte le mulattiere delle nostre colline quando non c’erano ancora lunghe strade interpoderali cementate.
Arturo Viale, Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, Edizioni Zem, 2019
[ n.d.r.: altri lavori di Arturo Viale: Punti Cardinali (da capo Mortola a capo Sant'Ampelio, Edizioni Zem, 2022; La Merica... non c'era ancora, Edizioni Zem, 2020; L'ombra di mio padre, 2017; ViteParallele, 2009; Quaranta e mezzo; Viaggi; Mezz'agosto; Storie&fandonie; Ho radici e ali; Mezz'agosto, 1994; Viaggi, 1993 ]