giovedì 12 dicembre 2024

La febbre del cemento s’era impadronita della Riviera

La pista ciclopedonale a Santo Stefano al Mare (IM)

[...] La provincia di Imperia si troverà ancora in anticipo allorché il turismo, a carattere prevalentemente élitario fino ai primi anni Cinquanta del Novecento, nel ventennio successivo si trasforma in turismo di massa, manifestando qui quella specificità della “seconda casa” che solo qualche decennio dopo caratterizzerà il resto d’Italia: il saggio di Italo Calvino, che legge il fenomeno ed è intitolato “La speculazione edilizia”, è pubblicato già nel 1963.
L’offerta ricettiva diventa extra-alberghiera e viene a predominare su quella alberghiera, in concomitanza con i mutamenti strutturali della domanda, che vede diminuire l’incidenza della componente straniera e aumentare fortemente quella nazionale, con flussi provenienti soprattutto dal Piemonte e dalla Lombardia, favoriti dal manifestarsi in quel periodo di molte concause, tra cui merita di essere ricordata l’apertura dell’Autostrada dei Fiori avvenuta il 6 settembre 1971 e il diffondersi della vacanza estiva anche in strati sociali fino a quel momento poco propensi a tali abitudini, per ragioni economiche e culturali.
Sempre negli stessi anni, si accentua anche l’interesse per l’investimento immobiliare che, anche nei decenni successivi, grazie alla continua rivalutazione del valore degli immobili, favorirà non solo nei ceti più abbienti la tendenza a considerare la seconda casa non soltanto come una modalità conveniente per i soggiorni di tempo libero al di fuori del luogo abituale di residenza, ma anche e soprattutto come un “bene-rifugio”.
La produzione architettonica post-bellica presenta una prima fase, corrispondente all’ottimismo e al fervore culturale degli anni Cinquanta, caratterizzata da alcune importanti realizzazioni sia ad opera di architetti esterni (Daneri e Giò Ponti, per citare i casi più eclatanti), sia locali (Mario Alborno) e una seconda fase, negli anni Sessanta e Settanta, purtroppo identificata dalla massiccia ed impersonale edificazione di condomini e case monofamiliari: “la febbre del cemento s’era impadronita della Riviera: là vedevi il palazzo già abitato, con le cassette dei gerani tutte uguali ai balconi, qua il caseggiato appena finito, coi vetri segnati da serpenti di biacca, che attendeva le famigliole lombarde smaniose di bagni; più in là ancora un castello di impalcature” (I. Calvino, La speculazione edilizia, Milano, 1963, pp.4-5). Rappresentano delle felici eccezioni la Casa di vacanza per i dipendenti Atm a Bordighera di Giancarlo De Carlo e il Villaggio del Poggio a Cervo di Leonardo Mosso.
E ritorniamo all’oggi, a una provincia turisticamente molto matura e in profonda crisi rispetto al modello di sviluppo consolidato della “seconda casa” che, un po’ inaspettatamente, mostra segni ed esperienze di innovazione probabilmente ancora in anticipo rispetto al resto del Paese.
L’asse portante della rivoluzione industriale, cioè la linea ferroviaria Genova-Ventimiglia che transitava molto vicina alla linea costiera è spostata a monte, non più visibile in città. E, al posto dell’alta velocità, la provincia di Imperia ha scelto il muoversi lento della bicicletta e del pedone: la riconversione delle aree ex ferroviarie ha lasciato il posto al Parco Costiero della Riviera dei Fiori e alla sua pista ciclo-pedonale lunga, al momento, 24 km.
Il deserto verde dell’entroterra rurale, con le sue attività che non rappresentano più la base economica della società locale e con la sua armatura territoriale sedimentatasi nei secoli precedenti, non è più un luogo da abbandonare: si è assistito nei decenni precedenti al recupero sporadico di edifici nei centri storici, a volte di pensionati che sono ritornati nella casa di famiglia, altre volte di turisti che hanno scelto un diverso modo di avere la loro “seconda casa”, altre volte ancora di nuove famiglie che hanno scelto l’entroterra perché i valori immobiliari sono più accessibili.
L’insieme di queste iniziative individuali si sono sommate fino a interessare quasi integralmente interi nuclei storici.
Questo processo è stato poi interpretato anche da iniziative imprenditoriali che hanno interessato il riuso di interi complessi o nuclei come residenze secondarie, volti proprio a valorizzare i caratteri dell’architettura tradizionale e puntando su quelli per raggiungere risultati di elevato standard qualitativo.
Da lì a vedere il protagonismo diretto delle comunità locali il passo è breve: si tratterà di vedere se leadership avvedute sapranno guidare dal basso verso il recupero del proprio territorio nella sua integrità, cercando di reinterpretarne le vocazioni produttive.
Francesca Buccafurri e Lucio Massardo, Per un panorama dell’architettura moderna e contemporanea in provincia di Imperia in (a cura di) Giovanna Franco e Stefano Francesco Musso, Architetture in Liguria dopo il 1945, De Ferrari, 2016, volume esito del progetto di ricerca “Censimento e schedatura di complessi di architettura moderna e contemporanea in Liguria” ideato e realizzato dall’allora Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, oggi Segretariato regionale del MiBACT per la Liguria, da Regione Liguria e dal Dipartimento di Scienze per l’Architettura-DSA dell’Università degli Studi di Genova, nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro “Beni e Attività culturali III integrativo - Intervento BF-10 Progettazioni per lo sviluppo di programmi di valenza strategica in materia di cultura”