giovedì 19 dicembre 2024

Il restauro del Castello Doria a Dolceacqua


Fonte: Luca Dolmetta e Silvia Rizzo, art. cit. infra

Viste del Castello Doria prima degli interventi di restauro e a completamento delle opere (in basso). Fonte: Luca Dolmetta e Silvia Rizzo, art. cit. infra

Fonte: Luca Dolmetta e Silvia Rizzo, art. cit. infra

Fonte: Luca Dolmetta e Silvia Rizzo, art. cit. infra

Il castello di Dolceacqua ha muratura in pietra a spacco o mista, di ciottoli, mattoni pieni e malta di calce. Nelle diverse zone, sebbene la tessitura muraria appartenga a periodi di costruzione differente, erano presenti degradi comuni tra cui disgregazione della pietra, erosione dei giunti di malta, presenza degli attacchi biologici per l’umidità introdotta direttamente nella muratura e per l’inefficienza dei sistemi di raccolta di acque piovane. Crolli, fessurazioni, lesioni, lacune e mancanze erano piuttosto diffuse. Per quanto riguarda lo strato di intonaco (presenza poco diffusa) i degradi si potevano individuare come distacco, rigonfiamento e crosta nera. Molti erano i segni di dissesto nella costruzione; estesi ed allarmanti risultavano i fenomeni di imbarcamento, vistosi crolli delle pareti e lesioni, che interessavano anzitutto il bastione superiore richiedendo interventi di consolidamento statico. Per contrastare lo spanciamento della porzione di parete che unisce il Cortile d’onore con il Bastione Sabaudo (prima dei lavori la zona più a rischio), era stato predisposto in precedenza un reticolo creato con tubi innocenti ancorati alla muratura.
Tale porzione di muratura, precedentemente coperta da vegetazione ed oggi totalmente recuperata, presentava fenomeni di disgregazione, decoesione, erosione e fratturazione con estese mancanze. Problemi forse dovuti alla disomogeneità del terreno d’appoggio o mancanza d’ammorsatura tra le pareti della muratura stessa con quelle del corpo vicino. Tutto ciò risultava aggravato dall’umidità penetrata che indeboliva la resistenza della parete.
Le principali operazioni di restauro previste dall’intervento hanno riguardato:
1. il rivellino verso la Porta Lù; 2. la porzione dell’edificio crollato a ridosso del nuovo giardino belvedere; 3. la “Vela” Nord; 4. il Bastione Sabaudo, parte fino al nuovo giardino e parte verso il cortile esterno.
In particolare i principali interventi effettuati hanno riguardato: a) restauro muratura esterna in pietra; b) stuccatura dei giunti con malta di calce con materiali dello stesso tipo, forma e colore di quelli esistenti compreso consolidamento localizzato.
Intervento di riqualificazione della Porta del Lù, attraverso la realizzazione di una scala di accesso al rivellino ed il recupero dell’attuale biglietteria (da spostarsi all’interno del Castello) da destinarsi a spazio espositivo connesso al Castello. Realizzazione di un giardino pubblico-belvedere naturale per riqualificare lo spazio oggi abbandonato ai piedi del Castello e di grande valore per l’attrattività complessiva del monumento, compreso il restauro della muratura dell’edificio crollato esistente.
Miglioramento dell’attuale belvedere attraverso la collocazione di un nuovo portone che rafforzi il concetto di “fortezza-baluardo difensivo”. Restauro della “vela” nord anche attraverso l’introduzione di una passerella in acciaio necessaria a consolidare, interrompendo la lunghezza della parete, la muratura esistente.
Realizzazione di un sistema di collegamento e passerelle tra il piano superiore del portico del cortile d’onore ed il “rudere” limitrofo al cortile stesso. La scala diventa anche in parte elemento di ricostruzione-consolidamento, anche simbolici, del muro demolito con cui interagisce ed entro cui si avvolge, non risultando percepibile dal cortile d’onore. Dall’esterno, il sistema di chiusura risulta leggero, trasparente ed è costituito da lamiera stirata di corten che lascia percepire le parti retrostanti della muratura esistente, pur ricomponendo in parte il disegno del prospetto fino al portico esistente. Realizzazione di una scala di discesa al bastione dove è stato eseguito il recupero dello spazio aperto.
Luca Dolmetta e Silvia Rizzo, Restauro del Castello dei Doria a Dolceacqua, Imperia, paesaggio urbano,  n° 2 - 2016

Fonte: Manlio Montuori, art. cit. infra

Fonte: Manlio Montuori, art. cit. infra

Ben lungi dall’essere un’operazione nostalgica di recupero dei valori identitari di una comunità o di attardata azione di ripristino dei caratteri figurativi della preesistenza, l’intervento condotto dagli architetti genovesi Luca Dolmetta e Silvia Rizzo si caratterizza per la forte impronta contemporanea che, assumendo il monumento nella sua stratificata redazione documentale pervenutaci allo stato di rudere, si fa interprete di un’attenta azione di valorizzazione. La prassi di mantenimento dell’identità paesaggistica, inoltre, è una componente non secondaria del progetto che, come richiamato da Piero Gazzola nel 1969 in occasione della tavola rotonda su “Le opere di fortificazione nel paesaggio e nel contesto urbano”, si concretizza nello stretto rapporto tra la fortificazione, per la sua specificità strategica, e l’habitat preesistente che lo ha assimilato nell’immagine.
Il progetto, che fa seguito a un’attività edilizia avviata già da un ventennio, dichiara una definita intenzionalità rispetto alla fortificazione nel suo complesso, fatto di aree interne ma anche esterne al castello, evidenziando la programmatica finalità di dare nuova fruibilità culturale alla fortificazione, sia continuando le operazioni già cominciate per la salvaguardia delle critiche condizioni d’abbandono in cui versavano le murature, sia soprattutto abolendone le destinazioni d’uso improprie come lo spostamento dei locali di servizio dalla torre Sud alla ‘Vela’ Nord o il recupero ad una più appropriata funzione espositiva dei locali in prossimità di Porta Lu, destinati alla ex biglietteria, spostando quest’ultima all’interno del castello.
Decisamente più impegnativo appare il risarcimento delle membrature architettoniche lungo il fronte meridionale negli ambienti posti al piano terra ed al piano superiore del portico sul cortile d’onore. La perdita dei setti murari, infatti, determina la convincente scelta di non ricomporre le arcate obliterate, demandando al nuovo sistema di scale e passerelle il ruolo di collegamento. Il nuovo intervento, schiettamente contemporaneo nell’uso dell’acciaio corten, inoltre, assolve una doppia funzione: quella di migliorare il comportamento strutturale delle murature con interventi di consolidamento localizzati e quella di risarcire le figuratività delle membrature senza voler alludere, in forza di tale risarcitura, ad una preesistenza materica ormai perduta.
Il castello sorge su uno sperone di roccia che, dominando dall’alto l’abitato e le acque del torrente Nervia, lo isola su tre versanti di un alto strapiombo.
Il dialogo fra l’architettura e il sito è pertanto strettissimo, al limite della complementarietà fatta non solo dell’uso dei materiali offerti dal luogo, ma dell’integrazione della componente arborea al margine del perimetro fortificato.
Proprio questa interazione viene sapientemente potenziata, restituendo alla fruizione pubblica giardini e belvedere che circondano il castello e, di fatto, diventando parte integrante della strategia di valorizzazione anche in chiave paesaggistica della fortezza dei Doria.
Manlio Montuori, Frammentarietà di forme e completezza di significati nel Castello di Dolceacqua, paesaggio urbano,  n° 2 - 2016