Due casi emblematici: il Premio Mediterraneo e il Premio San Remo Nato nella primavera del 1932 entro la cornice sanremese, il “Mediterraneo” è stato un premio letterario istituito dai giovani scrittori Giovanni Comisso e Adolfo Franci (fondatore anche del Premio Bagutta a Milano), con la collaborazione di Bianca Maria Brayda, la proprietaria del Grand Hôtel de la Méditerranée di Sanremo. La manifestazione, che ricevette il benestare di autorità politiche e accademiche, rispettivamente nella persona di Giovanni Gentile e Guglielmo Marconi, era sorta allo scopo di premiare con cinquemila lire «un libro di prosa italiano edito tra il 1931 e il 1932» <112, che fosse riconosciuto come la migliore opera della giovane letteratura.
Il compito, assai delicato, spettava a un giurì - come Montale soleva definire le commissioni giudicatrici <113 - ben assortito: a presenziare il «canagliesco convivio» <114 una folta compagine di letterati, tra cui «strapaesani» e «stracittadini» (oltre che una piccola componente di giudici stranieri) <115, tra i quali Antonio Baldini, Alberto Moravia, Corrado Alvaro (che nel 1931 aveva vinto - pur «fra molti contrasti» <116 - il prestigioso “Premio Edoardo Agnelli” de «La Stampa»), Adriano Grande, Enrico Falqui, Vincenzo Cardarelli, Eugenio Bertuetti, Giacomo De Benedetti, Mino Maccari, Camillo Pellizzi, Sandro Volta, gli stessi Comisso e Franci e, appunto, Bontempelli. Il quale sembra fosse stato chiamato a presiedere la commissione non tanto in virtù del suo ruolo da accademico, quanto per essere «il solo scrittore che a buon diritto può stare fra i giovani: egli che fu il fondatore del novecentismo letterario, e la cui arte ha un’impronta così schietta di originalità e di modernità <117»; caratteristica, quest’ultima, a cui l’assegnazione del premio stesso era ispirata.
Il prefetto d’Imperia però decise di proibire l’evento, nel rispetto di alcuni veti burocratici tesi a sancire che per lo svolgimento di qualsiasi manifestazione artistica e sportiva fosse necessario chiedere il permesso alla Presidenza del Consiglio almeno un mese prima (iter che gli organizzatori del Mediterraneo non avevano osservato). Tale risoluzione mandò in escandescenze Bontempelli, il quale, oltre a protestare duramente, si rivolse al presidente Marconi per chiedergli di appoggiare la sua causa. In una lettera datata 7 aprile 1932 si legge:
"Eccellenza,
La ringrazio della autorevole [illeggibile] e delle amichevoli parole da Lei scritte a riguardo del “Premio Mediterraneo”.
Il quale premio è stato proibito dal Prefetto d’Imperia, di qui una mia protesta, sia per la ingiustificata proibizione, sia per il contegno del Prefetto nei miei riguardi - contegno nel quale ho visto gli estremi di una deplorata mancanza di rispetti verso l’Accademia di cui sono tanto onorato di far parte.
Le comunico il testo delle mie proteste, nella speranza che Ella voglia abbracciarle e appoggiarle, facendolo magari per la parte che può integrare la dignità della nostra Accademia, da Lei con così geloso fervore protetta". <118
In difesa di Bontempelli intervenne anche Carlo Formichi, che si rivolse al Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Interno, Leandro Arpinati, per chiedergli di risolvere la questione:
"Roma, 9 aprile 1932/X
Eccellenza,
Verso S.E. Massimo Bontempelli, reo di essere presidente di una commissione per un premio letterario costituito a S. Remo e intitolato “Mediterraneo” (sul tipo di premio “Viareggio” - “Bagutta” ecc.), il contegno di S.E. il Prefetto d’Imperia è stato assai poco obbiettivo e sereno, oltre che, per diverse ragioni, inesplicabile.
S.E. Bontempelli si è ritenuto inoltre offeso da alcune frasi a lui dirette dallo stesso Prefetto.
Ed è per questo ch’egli ha indirizzato a V.E. la qui unita protesta di cui mi risulta essere V.E. già a conoscenza.
Nella mia qualità di Presidente della Classe di Lettere, e anche a nome del Presidente Marconi, prego V.E. di voler esaminare la vertenza, nella speranza che essa abbia una soluzione atta a salvaguardare la dignità e il buon nome dell’Accademico, chiamato a presiedere una manifestazione d’arte, promossa da giovani scrittori.
Con gli atti della più alta considerazione <119
[Carlo Formichi]"
Il presidente della commissione, sia pure con la mediazione di altre importanti personalità, agì dunque da vero e proprio deus ex machina, riuscendo a salvare il premio da un annullamento quasi certo. Era, questo, un incontrovertibile segno del suo prestigio accademico.
Risolti finalmente i contrasti, il 30 aprile 1932, sulla scorta dell’orientamento teso alla volontà di premiare un autore giovane, la giuria - riunita nei locali della Taverna Mediterranea presso l’albergo “Mediterraneo” di Sanremo - apriva le discussioni per decretare il verdetto del premio conteso dai due schieramenti letterari, discussioni che, ben s’intende, furono animate, tanto che Quasimodo ne parlò in termini di «antiche lotte elettorali» <120.
[...] Le preferenze della giuria furono accordate all’opera del giovane Gallian, assiduo scrittore in «900», nonché affezionato “novecentiere” <123. La premiazione, arrivata dopo «tanta inquietudine e siccità» <124, avvenne certo tra il giubilo di Bontempelli, il quale tanto peso aveva avuto nel far trionfare un autore della sua cerchia. La vittoria di Gallian infatti era senz’altro sintomatica del potere e dell’influenza del suo “maestro” all’interno del certame letterario, il quale nel suo ruolo di giurato era evidentemente orientato alla consacrazione del successo delle opere dei suoi sodali.
[...] Al di là della vittoria, che inevitabilmente avrebbe scontentato alcuni e rallegrato altri, va detto che l’evento, in termini generali, non godeva di grande stima, così come, del pari, non godeva di buona reputazione la sua ideatrice, Bianca Maria Brayda; quantomeno stando alle dichiarazioni di Giovanni Ansaldo, il quale ne sintetizza il profilo, a partire dalla sua esperienza alla manifestazione. Scrive nel suo diario: "Sono stato due giorni a Sanremo, per il “Premio Mediterraneo”. La scena si prestava a qualche osservazione interessante. Il premio (5.000 lire) è donato dalla proprietaria dell’albergo “Mediterraneo”, una torinese introdotta e scaltra, che ha la mania di essere in relazione con letterati ed autorità, e - nonostante la sua furbizia - è così ingenua da credere che la presenza di qualche Accademico giovi al suo albergo. Ma questa donatrice è in pessime acque. Il “Mediterraneo” è in stato fallimentare; la vigilia del premio le “scorte vive” erano sotto sequestro. La signora si difende contro i creditori valendosi delle sue relazioni politiche; essa - si dice - è molto amica del Segretario Federale Brusa di Milano. L’anno scorso essa irretì tutte le Autorità; il Prefetto pareva alle sue dipendenze. Quest’anno, le Autorità, informate delle profonde “carie” della faccenda hanno fatto macchina indietro; il Prefetto non presenziò alla Fiera del Libro, che essa era riuscita ad ottenere si facesse nel proprio giardino. Tutto il paese l’ha sui c…; ma essa s’impone con i suoi rigiri, tiene in scacco il Comitato locale turistico, va a Roma e ottiene lei dal ministero delle Comunicazioni, i ribassi per Sanremo; ribassi che poi rivende al Comitato stesso. Minaccia il confino ai propri creditori". <127
Il giornalista non riserva commenti più benevoli per Bontempelli, accusato di aver passato «dei mesi a… sbafo» presso questa «mecenate della letteratura italiana» <128.
[NOTE]
112 Un premio letterario “Mediterraneo”, «Corriere della Sera», 1 marzo 1932.
113 Cfr. MARIA CORTI, Premessa, in EUGENIO MONTALE, Lettere a Quasimodo, a cura di Sebastiano Grasso, Milano, Bompiani, 1981, p. VIII.
114 SALVATORE QUASIMODO, Carteggi con Angelo Barile, Adriano Grande, Angiolo Silvio Novaro (1930-1941), a cura di Giovanna Musolino, p. 70.
115 La presenza della quota straniera, segnatamente nei nomi di Valery Larbaud, Benjamin Crémieux, Léon Kochnitzky, Orlo Williams del Times ed Henry Furst, rispondeva alla volontà di sprovincializzare la cultura letteraria italiana, in linea con quelle simpatie europeiste e antiprovinciali che avevano marcato la rivista bontempelliana «900». Il giornalista americano Henry Furst, peraltro, in data 10 aprile 1932 aveva pubblicato sulle pagine di «The New York Times Book Review» un memoriale dell’evento sanremese, che qui si riproduce in appendice B.9. Per la lettura del testo in lingua originale si rimanda ad ANDREA AVETO, Incontri liguri di Elio Vittorini (1931-1943), Novi Ligure, Città del silenzio, 2012, pp. 39-42, dal quale traggo anche la citazione della versione italiana dell’articolo di Furst (ivi, pp. 28-30).
116 CORRADO ALVARO, Quasi una vita, Milano, Bompiani, 1950, cit. in GASPARE GIUDICE, La renitenza di Alvaro. Un anno a Berlino, «Belfagor», 31 maggio 1990, p. 254. Il premio letterario in questione gli venne affidato per due raccolte di racconti (Gente in Aspromonte e La signora dell’isola) e per il romanzo di ambientazione bellica Vent’anni (Treves, Milano 1930).
117 Il “Premio Mediterraneo”. I diciannove giudici e le opere in esame, «La Stampa», 25 marzo 1932.
118 Lettera del 7 aprile 1932, RAI, Corrispondenza con gli accademici e sulle loro funzioni, B. 3, fasc. 20. Il testo al quale Bontempelli fa riferimento non risulta essere allegato alla lettera.
119 Lettera del 9 aprile 1932, RAI, Corrispondenza con gli accademici e sulle loro funzioni, B. 3, fasc. 20.
120 Lettera di Quasimodo ad Angelo Barile, in SALVATORE QUASIMODO, Carteggi con Angelo Barile, cit., p. 70. Nella missiva Quasimodo non risparmia allusioni alla dubbia rettitudine della modalità di svolgimento del concorso: «La Gazzetta porta come candidato (che ingenuità questa parola) M. Gallian» (ibidem).
123 Sulla definizione di ‘novecentieri’ cfr. Il Futurismo; Il Novecentismo, a cura di ENRICO FALQUI, Torino, ERI, 1953, p. 95. Bontempelli ha inserito Gallian nel novero degli scrittori “novecentisti”, tra i quali aveva pure menzionato Antonio Aniante, Aldo Bizzarri, Corrado Alvaro, Paola Masino e Gian Gaspare Napolitano. Tuttavia, non si possono trascurare, dal punto di vista della poetica, le innegabili differenze che separano il caposcuola del realismo magico da Gallian. Se per il primo, infatti, la locuzione “realismo magico” «significa non tanto uno sbrigliarsi della fantasia o un tuffo nel caos dell’irrazionale, quanto piuttosto uno sguardo sempre lucido e razionale attraverso la sostanza reale delle cose», il secondo «muove, invece, da un punto di vista opposto: alla scrittura ‘razionalista’ e ‘funzionalista’ che Bontempelli, ispirandosi all’architettura moderna, si auspica nel suggerire di “edificare senza aggettivi, scrivere a pareti lisce”, egli contrappone un itinerario tormentato, al limite dell’allucinato, costruito non certo con una linea retta ma con la curva barocca che si perde in spirali e vortici. È notturno quanto Bontempelli è solare» (CLAUDIA SALARIS, Gallian magico, in MARCELLO GALLIAN, Nascita di un figlio ed altri scritti, introduzione di MASSIMO BONTEMPELLI, Montepulciano, editori del Grifo, 1990, pp. 36-37).
124 ENRICO FALQUI, «Critica Fascista», poi in In margine ad un premio letterario, cit., p. 3.
127 GIOVANNI ANSALDO, nota del 22 aprile 1933 in Il giornalista di Ciano. Diari 1932-1943, Bologna, Il Mulino, 2000, pp. 38-39, cit. in ANDREA AVETO, Incontri liguri, cit., p. 34.
128 Ibidem.
Rosiana Schiuma, «Elencare e graduare». Il profilo "istituzionale" di Massimo Bontempelli, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, 2020
Il compito, assai delicato, spettava a un giurì - come Montale soleva definire le commissioni giudicatrici <113 - ben assortito: a presenziare il «canagliesco convivio» <114 una folta compagine di letterati, tra cui «strapaesani» e «stracittadini» (oltre che una piccola componente di giudici stranieri) <115, tra i quali Antonio Baldini, Alberto Moravia, Corrado Alvaro (che nel 1931 aveva vinto - pur «fra molti contrasti» <116 - il prestigioso “Premio Edoardo Agnelli” de «La Stampa»), Adriano Grande, Enrico Falqui, Vincenzo Cardarelli, Eugenio Bertuetti, Giacomo De Benedetti, Mino Maccari, Camillo Pellizzi, Sandro Volta, gli stessi Comisso e Franci e, appunto, Bontempelli. Il quale sembra fosse stato chiamato a presiedere la commissione non tanto in virtù del suo ruolo da accademico, quanto per essere «il solo scrittore che a buon diritto può stare fra i giovani: egli che fu il fondatore del novecentismo letterario, e la cui arte ha un’impronta così schietta di originalità e di modernità <117»; caratteristica, quest’ultima, a cui l’assegnazione del premio stesso era ispirata.
Il prefetto d’Imperia però decise di proibire l’evento, nel rispetto di alcuni veti burocratici tesi a sancire che per lo svolgimento di qualsiasi manifestazione artistica e sportiva fosse necessario chiedere il permesso alla Presidenza del Consiglio almeno un mese prima (iter che gli organizzatori del Mediterraneo non avevano osservato). Tale risoluzione mandò in escandescenze Bontempelli, il quale, oltre a protestare duramente, si rivolse al presidente Marconi per chiedergli di appoggiare la sua causa. In una lettera datata 7 aprile 1932 si legge:
"Eccellenza,
La ringrazio della autorevole [illeggibile] e delle amichevoli parole da Lei scritte a riguardo del “Premio Mediterraneo”.
Il quale premio è stato proibito dal Prefetto d’Imperia, di qui una mia protesta, sia per la ingiustificata proibizione, sia per il contegno del Prefetto nei miei riguardi - contegno nel quale ho visto gli estremi di una deplorata mancanza di rispetti verso l’Accademia di cui sono tanto onorato di far parte.
Le comunico il testo delle mie proteste, nella speranza che Ella voglia abbracciarle e appoggiarle, facendolo magari per la parte che può integrare la dignità della nostra Accademia, da Lei con così geloso fervore protetta". <118
In difesa di Bontempelli intervenne anche Carlo Formichi, che si rivolse al Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Interno, Leandro Arpinati, per chiedergli di risolvere la questione:
"Roma, 9 aprile 1932/X
Eccellenza,
Verso S.E. Massimo Bontempelli, reo di essere presidente di una commissione per un premio letterario costituito a S. Remo e intitolato “Mediterraneo” (sul tipo di premio “Viareggio” - “Bagutta” ecc.), il contegno di S.E. il Prefetto d’Imperia è stato assai poco obbiettivo e sereno, oltre che, per diverse ragioni, inesplicabile.
S.E. Bontempelli si è ritenuto inoltre offeso da alcune frasi a lui dirette dallo stesso Prefetto.
Ed è per questo ch’egli ha indirizzato a V.E. la qui unita protesta di cui mi risulta essere V.E. già a conoscenza.
Nella mia qualità di Presidente della Classe di Lettere, e anche a nome del Presidente Marconi, prego V.E. di voler esaminare la vertenza, nella speranza che essa abbia una soluzione atta a salvaguardare la dignità e il buon nome dell’Accademico, chiamato a presiedere una manifestazione d’arte, promossa da giovani scrittori.
Con gli atti della più alta considerazione <119
[Carlo Formichi]"
Il presidente della commissione, sia pure con la mediazione di altre importanti personalità, agì dunque da vero e proprio deus ex machina, riuscendo a salvare il premio da un annullamento quasi certo. Era, questo, un incontrovertibile segno del suo prestigio accademico.
Risolti finalmente i contrasti, il 30 aprile 1932, sulla scorta dell’orientamento teso alla volontà di premiare un autore giovane, la giuria - riunita nei locali della Taverna Mediterranea presso l’albergo “Mediterraneo” di Sanremo - apriva le discussioni per decretare il verdetto del premio conteso dai due schieramenti letterari, discussioni che, ben s’intende, furono animate, tanto che Quasimodo ne parlò in termini di «antiche lotte elettorali» <120.
[...] Le preferenze della giuria furono accordate all’opera del giovane Gallian, assiduo scrittore in «900», nonché affezionato “novecentiere” <123. La premiazione, arrivata dopo «tanta inquietudine e siccità» <124, avvenne certo tra il giubilo di Bontempelli, il quale tanto peso aveva avuto nel far trionfare un autore della sua cerchia. La vittoria di Gallian infatti era senz’altro sintomatica del potere e dell’influenza del suo “maestro” all’interno del certame letterario, il quale nel suo ruolo di giurato era evidentemente orientato alla consacrazione del successo delle opere dei suoi sodali.
[...] Al di là della vittoria, che inevitabilmente avrebbe scontentato alcuni e rallegrato altri, va detto che l’evento, in termini generali, non godeva di grande stima, così come, del pari, non godeva di buona reputazione la sua ideatrice, Bianca Maria Brayda; quantomeno stando alle dichiarazioni di Giovanni Ansaldo, il quale ne sintetizza il profilo, a partire dalla sua esperienza alla manifestazione. Scrive nel suo diario: "Sono stato due giorni a Sanremo, per il “Premio Mediterraneo”. La scena si prestava a qualche osservazione interessante. Il premio (5.000 lire) è donato dalla proprietaria dell’albergo “Mediterraneo”, una torinese introdotta e scaltra, che ha la mania di essere in relazione con letterati ed autorità, e - nonostante la sua furbizia - è così ingenua da credere che la presenza di qualche Accademico giovi al suo albergo. Ma questa donatrice è in pessime acque. Il “Mediterraneo” è in stato fallimentare; la vigilia del premio le “scorte vive” erano sotto sequestro. La signora si difende contro i creditori valendosi delle sue relazioni politiche; essa - si dice - è molto amica del Segretario Federale Brusa di Milano. L’anno scorso essa irretì tutte le Autorità; il Prefetto pareva alle sue dipendenze. Quest’anno, le Autorità, informate delle profonde “carie” della faccenda hanno fatto macchina indietro; il Prefetto non presenziò alla Fiera del Libro, che essa era riuscita ad ottenere si facesse nel proprio giardino. Tutto il paese l’ha sui c…; ma essa s’impone con i suoi rigiri, tiene in scacco il Comitato locale turistico, va a Roma e ottiene lei dal ministero delle Comunicazioni, i ribassi per Sanremo; ribassi che poi rivende al Comitato stesso. Minaccia il confino ai propri creditori". <127
Il giornalista non riserva commenti più benevoli per Bontempelli, accusato di aver passato «dei mesi a… sbafo» presso questa «mecenate della letteratura italiana» <128.
[NOTE]
112 Un premio letterario “Mediterraneo”, «Corriere della Sera», 1 marzo 1932.
113 Cfr. MARIA CORTI, Premessa, in EUGENIO MONTALE, Lettere a Quasimodo, a cura di Sebastiano Grasso, Milano, Bompiani, 1981, p. VIII.
114 SALVATORE QUASIMODO, Carteggi con Angelo Barile, Adriano Grande, Angiolo Silvio Novaro (1930-1941), a cura di Giovanna Musolino, p. 70.
115 La presenza della quota straniera, segnatamente nei nomi di Valery Larbaud, Benjamin Crémieux, Léon Kochnitzky, Orlo Williams del Times ed Henry Furst, rispondeva alla volontà di sprovincializzare la cultura letteraria italiana, in linea con quelle simpatie europeiste e antiprovinciali che avevano marcato la rivista bontempelliana «900». Il giornalista americano Henry Furst, peraltro, in data 10 aprile 1932 aveva pubblicato sulle pagine di «The New York Times Book Review» un memoriale dell’evento sanremese, che qui si riproduce in appendice B.9. Per la lettura del testo in lingua originale si rimanda ad ANDREA AVETO, Incontri liguri di Elio Vittorini (1931-1943), Novi Ligure, Città del silenzio, 2012, pp. 39-42, dal quale traggo anche la citazione della versione italiana dell’articolo di Furst (ivi, pp. 28-30).
116 CORRADO ALVARO, Quasi una vita, Milano, Bompiani, 1950, cit. in GASPARE GIUDICE, La renitenza di Alvaro. Un anno a Berlino, «Belfagor», 31 maggio 1990, p. 254. Il premio letterario in questione gli venne affidato per due raccolte di racconti (Gente in Aspromonte e La signora dell’isola) e per il romanzo di ambientazione bellica Vent’anni (Treves, Milano 1930).
117 Il “Premio Mediterraneo”. I diciannove giudici e le opere in esame, «La Stampa», 25 marzo 1932.
118 Lettera del 7 aprile 1932, RAI, Corrispondenza con gli accademici e sulle loro funzioni, B. 3, fasc. 20. Il testo al quale Bontempelli fa riferimento non risulta essere allegato alla lettera.
119 Lettera del 9 aprile 1932, RAI, Corrispondenza con gli accademici e sulle loro funzioni, B. 3, fasc. 20.
120 Lettera di Quasimodo ad Angelo Barile, in SALVATORE QUASIMODO, Carteggi con Angelo Barile, cit., p. 70. Nella missiva Quasimodo non risparmia allusioni alla dubbia rettitudine della modalità di svolgimento del concorso: «La Gazzetta porta come candidato (che ingenuità questa parola) M. Gallian» (ibidem).
123 Sulla definizione di ‘novecentieri’ cfr. Il Futurismo; Il Novecentismo, a cura di ENRICO FALQUI, Torino, ERI, 1953, p. 95. Bontempelli ha inserito Gallian nel novero degli scrittori “novecentisti”, tra i quali aveva pure menzionato Antonio Aniante, Aldo Bizzarri, Corrado Alvaro, Paola Masino e Gian Gaspare Napolitano. Tuttavia, non si possono trascurare, dal punto di vista della poetica, le innegabili differenze che separano il caposcuola del realismo magico da Gallian. Se per il primo, infatti, la locuzione “realismo magico” «significa non tanto uno sbrigliarsi della fantasia o un tuffo nel caos dell’irrazionale, quanto piuttosto uno sguardo sempre lucido e razionale attraverso la sostanza reale delle cose», il secondo «muove, invece, da un punto di vista opposto: alla scrittura ‘razionalista’ e ‘funzionalista’ che Bontempelli, ispirandosi all’architettura moderna, si auspica nel suggerire di “edificare senza aggettivi, scrivere a pareti lisce”, egli contrappone un itinerario tormentato, al limite dell’allucinato, costruito non certo con una linea retta ma con la curva barocca che si perde in spirali e vortici. È notturno quanto Bontempelli è solare» (CLAUDIA SALARIS, Gallian magico, in MARCELLO GALLIAN, Nascita di un figlio ed altri scritti, introduzione di MASSIMO BONTEMPELLI, Montepulciano, editori del Grifo, 1990, pp. 36-37).
124 ENRICO FALQUI, «Critica Fascista», poi in In margine ad un premio letterario, cit., p. 3.
127 GIOVANNI ANSALDO, nota del 22 aprile 1933 in Il giornalista di Ciano. Diari 1932-1943, Bologna, Il Mulino, 2000, pp. 38-39, cit. in ANDREA AVETO, Incontri liguri, cit., p. 34.
128 Ibidem.
Rosiana Schiuma, «Elencare e graduare». Il profilo "istituzionale" di Massimo Bontempelli, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, 2020