mercoledì 30 ottobre 2019

I Pungitopo in Liguria

Ruscus aculeatus - Fonte: Alfredo Moreschi
In Liguria pochi vegetali sono più bizzarri ed originali dei "Pungitopo" e del Ruscus aculeatus in particolare.  La loro maggiore particolarità risiede nella mancanza di vere e proprie foglie, sostituite da strutture apparentemente simili ad una lamina fogliare mentre nella sostanza si tratta di fusti appiattiti, chiamati nel linguaggio specifico dei botanici cladodi. In ogni caso sono perfettamente in grado di assicurare alla pianta la funzione clorofilliana assorbendo l’energia a costo zero dei raggi solari ed utilizzandola per compiere i processi vitali. In autunno su queste strane appendici si sviluppano i fiori dei due sessi all’ascella di una protettiva e piccola brattea cartacea. Dopo essere stati impollinati a dovere i fiori femminili di colore verdastro danno origine a grosse e lucenti bacche vermiglie nelle quali sono racchiusi i semi.

Ruscus è una denominazione derivata dal latino "rusticus" (villano, rustico) scriveva Michael Alberti nella sua Flora Medica, perché i contadini usavano i rami di questa pianta per difendere le vivande dai topi. E' anche questa la ragione per la quale, in molte regioni italiane, è stato battezzato "Pungitopo". Nella flora ligure, oltre al "Punziratti", ossia il notissimo Ruscus aculeatus, un tempo costante bagaglio degli spazzacamini, crescono altre due interessanti specie, il Ruscus hypophyllum ed il Ruscus hypoglossum. Tre, dunque, sulle quattro assegnate dalla sistematica vegetale a questo genere di piante, solo apparentemente differenziate dagli altri membri della famiglia delle Liliacee, con i quali sono invece inequivocabilmente apparentate. Recentemente è stata però avanzata l’ipotesi che queste due ultime unità specifiche non sarebbero effettivamente accreditabili alla flora nazionale italiana ma siano sfuggite alle coltivazioni e solamente naturalizzate in molte località anche della Liguria. 

La Danae racemosa è coltivata industrialmente come fronda recisa - Fonte: Alfredo Moreschi
Infatti, sul mercato di Sanremo (IM), assieme alle numerose altre fronde verdi, vengono tuttora commerciate grandi quantità di Ruscus aculeatus e Danae racemosa per la composizione di vasi da arredo. La Danae, originaria dell’Asia sud-occidentale, è stata introdotta in Italia già da alcuni secoli e viene coltivata nel Ponente in fasce coperte da stuoie di cannucce per impedire alle foglie di scurire.

Per quanto riguarda in particolare quest’ultima (ex Ruscus racemosus) è intensivamente coltivata nella piana di Taggia (IM), di Albenga (SV) e nella valle Roya come verde ornamentale. E’ rinvenibile qua e là nelle zone umide ed ombrose del Ponente ligure, ed al riguardo non esistono dubbi: il Lauro Alessandrino è la spontaneizzazione di una specie proveniente dalle lontane montagne persiane.

Gli antichi naturalisti, conoscendo molto bene i "Pungitopo", ne avevano individuate le diverse potenzialità terapeutiche tanto che Dioscoride proponeva di macerarne le bacche, le singolari foglie e le parti sotterranee nel vino, riconoscendone l’utilità quale specifico in tutte le manifestazioni dell'idropisia, nella renella, nella gotta e nelle ritenzioni di urina. In epoca romana il "Pungitopo" era adoperato per curare il rigonfiamento della milza negli insaziabili maiali e, per salvarli, si riempivano i truogoli di acqua ponendovi a macerare piante di Ruscus aculeatus e di Tamericio (Tamarix africana).

“Il succo - dice infatti Columella - è salutare, ed assorbito con molta acqua, riduce il gonfiore interno”. Lo stesso autore, nel capitolo settimo dei suo celebre libro, fra le erbe selvagge con possibili utilizzi alimentari include i giovani getti dei Ruscus dicendo che dovevano dapprima essere preparati eliminando l'acqua con il sale e quindi sistemati in un recipiente da tenere al fresco per alcuni giorni; successivamente si potevano conservare a lungo ricoprendoli con aceto e salamoia in parti eguali dopo aver tappato accuratamente le anfore con “un pezzo di fusto di Finocchio tagliato l'anno precedente”.

Negli stessi anni Plinio si occupa anche dei loro riflessi medicinali nei confronti degli umani:”Dalla radice bollita del rusco (Ruscus aculeatus), si ottiene una pozione che va bevuta a giorni alterni quando si soffre di calcoli, oppure se la minzione è dolorosa, o se l'orina presenta tracce di sangue.

Bisogna svellere la radice un giorno prima, bollirla la mattina successiva, e mescolare ad un sestario di decotto due ciati di vino. C'è anche chi beve la radice cruda tritata in acqua; si ritiene inoltre che non ci sia in assoluto un medicamento migliore, per le parti virili, degli steli di questa pianta tritati in aceto.

L’Alloro nano (Ruscus hypophillum) ha un fusto unico foglie sottili come quelle dell’Alloro ed un seme rosseggiante che cresce attaccato alle lamine; lo si applica fresco per i mali di testa ed i bruciori di stomaco, oltre a favorire i parti critici se applicato con panno di lana.

L'Ipoglossa  (Ruscus hypoglossum) ha le foglie di aspetto simile a quelle del Mirto selvatico, concave e spinose: e all'interno di esse come delle lingue formate da una fogliolina che esce dalle foglie. Una corona fatta con queste foglie e posta sul capo fa diminuire il mal di testa.” 
La loro utilità non si esaurisce comunque nelle notizie sopra riportate. Il perché ce lo spiega diciotto secoli più tardi Michele Tenore:”Il Ruscus aculeatus, un frutice sempreverde nativo dei nostri boschi ha una radice amara fornita di un notevole potere astringente e leggera forza tonica, mentre i semi delle bacche rosse possono essere adoperati come succedaneo dei caffè. Il Ruscus hypoglossurn, ossia l’Uvularia, è in tutta la pianta pregna di principio astringente ed è praticata nel rilasciamento dell'ugola e nel ritardo dei mestrui”.

Ruscus aculeatus in fiore - Fonte: Alfredo Moreschi
Il Turner ci informa che presso gli Apotecari dei suo tempo queste piante erano anche note con il termine di "Bruscum", un nome divenuto nel volgare italiano "Brusco", voce che ritroviamo nei battesimi liguri.

Come succede nel caso dell'Asparago, a cui il Pungitopo è strettamente affine, i suoi giovani germogli possono essere mangiati come verdura.

Gli antichi erboristi consigliavano di berne una pozione fatta con le radici e di usare una poltiglia, ottenuta dalle bacche e dalle foglie, per aiutare le ossa rotte a rinsaldarsi. Calcio, un sale di potassio, un olio essenziale, una saponina ed una sostanza resinosa sono i princìpi attivi contenuti nel Ruscus aculeatus, ritenuto ancora oggi ottimo aperitivo e sudorifero.  Assieme al Sedano, all'Asparago, al Prezzemolo ed al Finocchio, il "Pungitopo" continua ad essere impiegato nella distillazione dei celeberrimo aperitivo delle Cinque radici, una delle ricette più antiche e famose dell'erboristeria europea che vanta un'azione combinata aperitiva e diuretica .

C'è anche chi beve la radice cruda tritata in acqua; si ritiene inoltre che non ci sia in assoluto un medicamento migliore, per le parti virili, degli steli di questa pianta tritati in aceto.

 L’Alloro nano (Ruscus hypophillum) ha un fusto unico foglie sottili come quelle dell’Alloro ed un seme rosseggiante che cresce attaccato alle lamine; lo si applica fresco per i mali di testa ed i bruciori di stomaco, oltre a favorire i parti critici se applicato con panno di lana.

L'Ipoglossa  (Ruscus hypoglossum) ha le foglie di aspetto simile a quelle del Mirto selvatico, concave e spinose: e all'interno di esse come delle lingue formate da una fogliolina che esce dalle foglie.

Una corona fatta con queste foglie e posta sul capo fa diminuire il mal di testa”.   Infatti, sul mercato di Sanremo (IM), assieme alle numerose altre fronde verdi, vengono tuttora commerciate grandi quantità di Ruscus aculeatus e Danae racemosa per la composizione di vasi da arredo.  

L'indipendenza è il valore simbolico attribuito al "Pungitopo", sicuramente purché le sue spine impediscono o rendono comunque difficile impadronirsene. In ragione di questa funzione protettiva viene da tempo immemorabile seccato e adoperato per decorare le abitazioni nei mesi invernali, particolarmente durante le feste natalizie dove sostituisce o affianca l’Agrifoglio ed il Vischio negli usi celebrativi, soprattutto nelle zone in cui queste ultime sono diventate piante protette. Grazie alle foglie e alle bacche rosse che maturano alla fine dell'autunno e si mantengono per tutto l'inverno, riveste lo stesso simbolismo augurale.

Tornando ai Ruscus, i caratteri comuni del Genere  sono quelli di piante sempreverdi con aspetto di subarbusti cespugliosi che nascono da un rizoma strisciante; sono provvisti di rami appiattiti che simulano delle foglie (cladodi o fillodi) e nascono all'ascella di piccole scaglie che rappresentano le vere foglie.  I loro fiori verdastri o bianco verdastri, inseriti verso la metà della faccia dei cladodi, sono unisessuati e pertanto si trovano su piedi diversi quelli staminiferi e quelli pistilliferi; hanno un perianzio a sei segmenti patenti, liberi e persistenti, tre stami a filamenti saldati in un tubo rigonfio e stilo corto e capitato. I frutti sono bacche grosse, globose e carnose che non si aprono alla maturità.

    Ruscus aculeatus L. (II- IV. Nasce nei luoghi boscosi, nelle siepi, sino ai 900m). Ha rizoma strisciante, fusti robusti, eretti e striati, ramosi, alti sino a 60cm. Porta cladodi rigidi, più o meno sessili, acuminati e pungenti, oblunghi o ellittico lanceolati, con fiori in numero di 1 o 2. Il frutto è una bacca rossa e tonda ascellare di una bratteola. 

    Ruscus hypoglossum L. (XII- IV. Nasce nei luoghi boscosi, nelle siepi, sino ai 1400m). Ha rizoma strisciante fusti gracili, semplici, alti sino a 60cm. I cladodi sono poco rigidi, ellittici o oblanceolate portanti alla base una brattea fogliacea lanceolata, gli inferiori opposti o in verticilli ma alterni verso la sommità; il picciolo è ritorto. I fiori sono dioici, in fascetti di 3-6, inseriti sulla pagina superiore dei cladodi all’ascella di una squama. Il frutto è una bacca rossa e tonda. Simile è;

    Ruscus hypophyllum L. che differisce  per avere i fiori inseriti sulla pagina inferiore dei cladodi privi o con una bratteola piccolissima ed il picciolo dei cladodi dritto.  

Ruscus hypoglossum: i fiori - Fonte: Alfredo Moreschi
Come raccoglierli e coltivarli

Nel giardinaggio tutte e tre le nostre specie trovano impiego come piante da bordura e da riservare alle parti ombrose dei giardino; ma si deve rilevare che queste Liliacee, così poco esigenti durante la loro vita selvaggia, nella coltivazione artificiale si mostrano particolarmente sensibili in fatto di clima e necessitano della protezione di un letto di foglie secche nei mesi invernali.

Crescono bene in tutti i terreni da giardino, anche in quelli argillosi, pesanti, calcarci, poco profondi. Si piantano in gruppi di 3-5, utilizzando piante di entrambi i sessi. Si consiglia la divisione dei cespi ed il distacco dei polloni, durante il periodo primaverile. Si tolgono dal terreno, si dividono e si ripiantano immediatamente.

Si possono anche seminare generalmente in autunno, in terrine riempite con la composta da semi, in luogo protetto, ma è la strada più lunga causa la lenta crescita che rasenta i due anni. Quando le piantine hanno raggiunto l’altezza sufficiente si trapiantano in vivaio e si coltivano per 3 anni. In natura le specie sono protette ed è quindi consigliabile rivolgersi ai vivaisti.

Ruscus aculeatus: Punzitopo, Rúspo, Brùsco, Erba coào ed Erba cocca a Genova, Cocchett a Pegli, Cúcca a Sanremo ed a San Bernardo, Punziratti a Rapallo, Spin‑e de ratti a Savona, Punzatop e Razzacú a Sarzana.

Ruscus hypophyllum: Bislingua a Genova

Ruscus hypoglossum:  Lauro a Genova e dintorni.

di Alfredo Moreschi