"Cominciare dallo staccare i frutti dalle fronde pendenti ed andrai man mano disponendo con riguardo come fossero uova, i frutti nel paniere. Appena esso sia pieno converrà che il garzone vada a vuotarlo sulla tenda con la massima attenzione, mentre tu ti servirai dell'altro paniere. Dei luoghi degli alberi a cui non arrivi con la mano, serviti del gancio di legno (Bruncin) onde abbassare i rami; ma con avvertenza di non squarciarli, massime i vecchi, perché non elastici. Bada bene a non tirare mai il frutto, perciocché se esso è perpendicolare senza peduncolo e se obliquo senza scorticare il gambo. Raccolto che avrai alle fronde basse, girerai sulla scala attorno all’albero per raccogliere sulle alte; se poi rimangono frutti da non poterli raccogliere che montando sull'albero lo farai con riguardo alle fronde, ai fiori, e ai piccoli frutti. Attrezzatura adatta. Scarpe con suola di corda, o dammeno sottili e pieghevoli, un gancio di legno (bruncin) 75 cm., due pagneri (cavagni) imbottiti, con gancio per appenderli ai rami, una tela grande di tela grossa, una scala a tre piedi e il calibro anello, quando la rugiada sarà asciutta".
Quando a fine '800 queste regole vennero disattese e i limoni arrivarono a destinazione in pessime condizioni persero la supremazione sui mercati europei.
I limoni siciliani con prezzi più bassi e spediti confezionati nella bambagia arrivavano fino in Russia in perfetta forma.
La cura quasi religiosa per queste piante che portavano ricchezza non è più riscontrabile in nessun ambito odierno.
Commuove quasi la delicatezza pari a quella di una madre per i suoi figli.
Irma Beniamino, Giardini di agrumi nel paesaggio di Sanremo. Coltura e varietà nei secoli XII-XIX, Editore Guaraldi, 2017
Quando a fine '800 queste regole vennero disattese e i limoni arrivarono a destinazione in pessime condizioni persero la supremazione sui mercati europei.
I limoni siciliani con prezzi più bassi e spediti confezionati nella bambagia arrivavano fino in Russia in perfetta forma.
La cura quasi religiosa per queste piante che portavano ricchezza non è più riscontrabile in nessun ambito odierno.
Commuove quasi la delicatezza pari a quella di una madre per i suoi figli.
Irma Beniamino, Giardini di agrumi nel paesaggio di Sanremo. Coltura e varietà nei secoli XII-XIX, Editore Guaraldi, 2017
Secoli di florida produzione di aranci, cedri, limoni e altre specie agrumicole sono trascorsi prima della fine del XIX secolo, quando la ferrovia ma soprattutto una cospicua e rapida espansione edilizia hanno sostituito una realtà paesaggistica del territorio rivierasco dove gli agrumi erano l'elemento dominante dell'agricoltura e del commercio locali. A questa storia si è dedicata con grande perizia e cura, la paesaggista Dott.ssa Irma Beniamino che dopo la tesi di Laurea, premiata dall'Università di Torino con la dignità di stampa, ha per vari anni continuato ad esplorare biblioteche, musei, archivi pubblici e privati alla ricerca di notizie utili a ricostruire i vari aspetti tassonomici, agronomici, produttivi e commerciali di un importante indirizzo colturale oggi praticamente scomparso. Al termine del privilegio di una "prima lettura" di quest'opera ritengo di poter affermare che la Comunità sanremese deve riconoscenza alla Dott.ssa Beniamino per avere con pazienza e competenza esaustivamente ricostruito una pagina così importante del suo passato.
Enrico Baldini, Prof. Emerito di Arboricoltura Generale nell'Università di Bologna, in Irma Beniamino, Op. cit.
Enrico Baldini, Prof. Emerito di Arboricoltura Generale nell'Università di Bologna, in Irma Beniamino, Op. cit.
C’è una Sanremo fatta di giardini di agrumi, specie autoctone e commerci internazionali, del profumo dei cedri, del giallo dei limoni che si stempera nell’arancio dei mandarini antichi. Una Sanremo che parla di storia e di colture oggi scomparse: un mondo, e un paesaggio, raccontati con perizia da Irma Beniamino nel suo ultimo libro Giardini di agrumi nel paesaggio di Sanremo. Coltura e varietà nei secoli XII-XIX.
Storica e paesaggista, Irma Beniamino aveva lavorato in passato sulle coltivazioni sanremesi insieme all’indimenticato Libereso Guglielmi. La ricerca sugli agrumi ha radici nella tesi di laurea e indaga un aspetto poco noto di queste colture, diffuse in Riviera sia per scopi commerciali e alimentari, sia per uso estetico. “Nel libro descrivo la coltivazione degli agrumi a Sanremo, ma anche la trasformazione del paesaggio - racconta - e poi le varietà, con la loro diffusione nei giardini storici italiani ed europei dall’epoca barocca in avanti”. La prima documentazione iconografica degli agrumi in città è databile a metà del ‘600, mentre per la parte varietale la prima citazione risale al XII secolo. “Da lì arriviamo fino ai primi del ‘900 - aggiunge la Beniamino - fino alla sparizione dal paesaggio e quasi anche dalla memoria. Eppure in territori limitrofi, come a Mentone, la memoria è rimasta più forte, sebbene non ci fosse la notorietà internazionale di Sanremo”.
La città dei fiori, in realtà, era in passato la città degli agrumi, con varietà che ne portavano il toponimo e ne avevano costruito la fama internazionale. Sanremo era infatti famosa per i cedri, considerati i migliori d’Italia e capaci di richiamare, fin dal Medioevo, la presenza di commercianti ebrei in arrivo da tutta Europa. E poi c’era il cosiddetto limone di Sanremo, documentato in decine di pubblicazioni e nelle collezioni delle orangerie dei più importanti giardini storici d’Europa. “Alcune varietà esistono ancora oggi - spiega l’autrice - ma sono limitate alle collezioni storiche, per esempio quelle medicee di Boboli a Firenze, oppure a un vivaismo di agrumi antichi molto specializzato”.
Alessandra Chiappori, Giardini di agrumi a Sanremo, Riviera dei Fiori info
Storica e paesaggista, Irma Beniamino aveva lavorato in passato sulle coltivazioni sanremesi insieme all’indimenticato Libereso Guglielmi. La ricerca sugli agrumi ha radici nella tesi di laurea e indaga un aspetto poco noto di queste colture, diffuse in Riviera sia per scopi commerciali e alimentari, sia per uso estetico. “Nel libro descrivo la coltivazione degli agrumi a Sanremo, ma anche la trasformazione del paesaggio - racconta - e poi le varietà, con la loro diffusione nei giardini storici italiani ed europei dall’epoca barocca in avanti”. La prima documentazione iconografica degli agrumi in città è databile a metà del ‘600, mentre per la parte varietale la prima citazione risale al XII secolo. “Da lì arriviamo fino ai primi del ‘900 - aggiunge la Beniamino - fino alla sparizione dal paesaggio e quasi anche dalla memoria. Eppure in territori limitrofi, come a Mentone, la memoria è rimasta più forte, sebbene non ci fosse la notorietà internazionale di Sanremo”.
La città dei fiori, in realtà, era in passato la città degli agrumi, con varietà che ne portavano il toponimo e ne avevano costruito la fama internazionale. Sanremo era infatti famosa per i cedri, considerati i migliori d’Italia e capaci di richiamare, fin dal Medioevo, la presenza di commercianti ebrei in arrivo da tutta Europa. E poi c’era il cosiddetto limone di Sanremo, documentato in decine di pubblicazioni e nelle collezioni delle orangerie dei più importanti giardini storici d’Europa. “Alcune varietà esistono ancora oggi - spiega l’autrice - ma sono limitate alle collezioni storiche, per esempio quelle medicee di Boboli a Firenze, oppure a un vivaismo di agrumi antichi molto specializzato”.
Alessandra Chiappori, Giardini di agrumi a Sanremo, Riviera dei Fiori info