martedì 20 agosto 2024

La Casbah di calviniana memoria

Sanremo (IM): un vicolo della Pigna

Parallelamente, per Calvino Sanremo è la città delle origini, il modello attraverso il quale viene letta e interpretata ogni altra città, l'esperienza iniziale rispetto alla quale si delineano le coordinate della conoscenza del mondo, il nucleo da cui nasce la scrittura e al quale è possibile tornare per ritrovare il senso delle differenze in una realtà sempre più indifferenziata: Zoe è l'emblema di questa indistinzione segnica, perché non si può ricondurre a una netta distinzione tra fuori e dentro, tra ordine e disordine, a un disegno che ne mappi le strade, le piazze, le officine e i templi, ma in essa il forestiero si perde.
L‟aspetto di Zoe, che si presenta come una “pigna di pagode e abbaini e fienili”, simile al paese descritto in dall'opaco come “una pigna tutta arcate e finestre”, è l'ennesima metamorfosi del paesaggio interiore di Calvino, della “vecchia Casbah della Pigna, grigia e porosa come un osso dissotterrato, con segmenti neri catramati o gialli e cespi d'erba” evocata ne La strada di San Giovanni. Si tratta di un nucleo antico e vitale, sul quale si depositano le stratificazioni del tempo, dando vita a una sorta di carcere piranesiano, con lo stesso intreccio inestricabile di livelli sovrapposti e ibridi, cresciuti senza ordine, come delle metastasi, un altro simbolo della memoria: «Fulcro di questo inurbamento era la Pigna, la vecchia Pigna rannicchiata ancora per paura dei pirati, con le case sostenute una addosso all'altra con archi e volte, sempre più aggrovigliata per le aggiunte e gli adattamenti delle successioni ereditarie, sempre più pigiata per le scosse dei terremoti, con le strade ripide e acciottolate piene di sterco di mulo, la Pigna senza fogne, senz'acqua nelle case, buia nelle strade strette» <381.
[NOTA]
381 Italo Calvino, Sanremo città dell'oro, in Saggi 1945-85, tomo II, pp. 2371-72.
Gianni Cimador, Calvino e la riscrittura dei generi, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2008-2009

Quando Italo Calvino, ne La strada di San Giovanni - parlava della «vecchia casbah della Pigna, grigia e porosa come un osso dissotterrato» che senso voleva dare a quelle parole?
Perché associare l’immagine di una Casbah a quella del centro storico di Sanremo? Quale il nesso? Il dedalo di vicoli, gli archi svettanti, i forti chiaroscuri di volte ombrose e improvvisi squarci di luce, o altre suggestioni ancora d’origine mediterranea e nordafricana...
Di certo, al tempo di Calvino, non erano gli abitanti a costituire il richiamo a quell’immagine esotica; solo una questione urbanistica.
Ma l’intento del grande scrittore era forse di taglio denigratorio?
C’è da escluderlo, anche se la successiva similitudine, quella dell’osso, parrebbe non troppo lusinghiera.
Eppure, a noi sembra che entrambe le definizioni, filtrate dalla fantasia del romanziere, siano scevre da ogni connotazione negativa; semmai tendono a sottolineare caratteristiche morfologiche ed estetiche: le pietre addossate una sull’altra, nei secoli, e ciò che disegnano.
Quindi, ancor oggi, non c’è nulla di male a definire la Pigna una Casbah. Anzi, togliamo pure da questa parola ogni sovrapposto senso di “regno della delinquenza” poiché - è cronaca degli ultimi mesi, in crescendo, purtroppo - che fattacci si verificano ancor più spesso in altre zone della città, anche nei salotti-bene, nei ristorantini modaioli, nelle vie dello shopping.
La Pigna sta diventando, al confronto, davvero luogo di villeggiatura, dove arte e cultura, storia medievale e intrecci di culture sono ingredienti evidenti. Un luogo dove i bambini possono ancora giocare a palla in strada, e dove non giungono quasi i rumori metropolitani di auto, sirene, rombanti motorini. Il massimo del fastidio acustico è qualche schiamazzo, qualche lite debordante dai balconi, ma insomma cose più che umane.
Anche noi, Accademia di studiosi, bibliofili, cultori di antichità ma anche di modernità, siamo nella Pigna, da più di un lustro “abitiamo” nella Pigna, ovvero la Casbah di calviniana memoria.
Ne siamo orgogliosi, ma non vogliamo farne una cosa solo “nostra”, anzi dev’essere aperta, vissuta, frequentata e condivisa con tutta la popolazione e con i turisti, che forse più di noi autoctoni ne colgono la valenza senza pregiudizi di sorta.
Può dar fastidio a qualcuno l’accostamento con la cultura araba, bene.
Resta il fatto che questo borgo davvero assomiglia ad una Casbah
Chi siamo noi, dopotutto, per contestare Italo Calvino?
Faris La Cola, Editoriale,  Il Regesto - Bollettino bibliografico dell'Accademia della Pigna - Piccola Biblioteca, ANNO V N° 2 (18) SANREMO, APRILE/GIUGNO 2014

A San Giovanni, località dell'entroterra che sovrasta Sanremo, i Calvino erano proprietari di una «campagna» racchiusa in una valle dove l'avanzata della modernità ancora non era giunta. Tuttavia è il mondo in basso ad attirare l'attenzione del bambino: «il porto non si vedeva, nascosto dall'orlo dei tetti delle case alte di piazza Sardi e piazza Bresca, e ne affiorava solo la striscia del molo e le teste delle alberature e dei battelli; e anche le vie erano nascoste e mai riuscivo a far coincidere la loro topografia con quella dei tetti, tanto irriconoscibili mi apparivano di quassù proporzioni e prospettive».
Dall'alto appaiono le sagome della città marittima, un intreccio di linee e superfici senza profondità dove una distesa irregolare di tetti preclude la cognizione del reticolato interno delle vie. San Remo appare come un collage di figure accostate l'una contro l'altra: «là il campanile di San Siro, la cupola a piramide del teatro comunale Principe Amedeo, qua la torre di ferro dell'antica fabbrica d'ascensori Gazzano […], le mansarde della cosiddetta «casa parigina», un palazzo d'appartamenti d'affitto».
L'occhio inquieto dell'osservatore immobile percorre dal basso verso l'alto il digradare del territorio: «al di là si levava, come una quinta, […] la riva di Porta Candelieri, […] e s'aggrappava la vecchia casbah della Pigna, grigia e porosa come un osso dissotterrato, con segmenti neri catramati o gialli e cespi d'erba, sormontata […] da un giardino pubblico ben ordinato e un po' triste, che saliva con le sue siepi e spalliere la collina: fino al ballo d'un dopolavoro montato su palafitte, al palazzotto del vecchio ospedale, al santuario settecentesco della Madonna della Costa, dalla dominante mole azzurra». (RR III, pp. 8-9).
Francesco Migliaccio, Il luogo dello sguardo. Paesaggio e scrittura in Calvino, Celati e Biamonti, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Torino, Anno accademico 2014-2015

Confrontando Il sentiero dei nidi di ragno e La strada di San Giovanni, emergono due descrizioni parallele:
"È notte: Pin ha scantonato fuori dal mucchio delle vecchie case, per le stradine che vanno tra orti e scoscendimenti ingombri di immondizie. [...] Pin va per i sentieri che girano intorno al torrente, posti scoscesi dove nessuno coltiva. [...] È una scorciatoia sassosa che scende al torrente tra due pareti di terra ed erba. [...] Pin vaga tutto solo per i sentieri del fossato e cerca il posto dove fanno la tana i ragni. Con uno stecco lungo si può arrivare fino in fondo ad una tana, e infilzare il ragno, un piccolo ragno nero, con dei disegnini grigi come sui vestiti d’estate delle vecchie bigotte" (RR I, p. 23).
"Al di là [del torrente San Francesco] si levava, come una quinta, - il torrente era nascosto giù in fondo, con le canne, le lavandaie, il lerciume dei rifiuti sotto il ponte del Roglio, - la riva di Porta Candelieri, dov'era uno scosceso terreno ortivo allora di nostra proprietà, e s’aggrappava la vecchia casbah della Pigna" (RR III, p. 8).
In entrambi i brani vediamo che ricorrono alcuni elementi comuni che descrivono il letto del torrente San Francesco: è ripido e scosceso, pieno di canne e rifiuti e gira intorno ad alcuni orti. Ulteriore elemento identificativo di questo luogo in La strada di San Giovanni è il ponte del Roglio <7 che ci permette di ipotizzare che il posto dove i ragni facevano i nidi, si possa trovare proprio in questa parte di Sanremo lungo il torrente. In questo luogo magico, anche i nidi dei ragni assumono caratteristiche quasi fiabesche e fantasiose, ma esistono in natura delle specie di ragni che creano dei nidi verosimili alle descrizioni che Calvino ci offre attraverso la voce di Pin. Si tratta dei ragni migalomorfi che vivono in zona mediterranea e realizzano dei nidi in piccoli tubi scavati nella terra e rivestiti interamente di tela con delle botole chiuse che sembrano delle vere e proprie porticine <8. Così, l’immagine di questi «ragni che fanno tane, tunnel e porticine», potrebbe essere stata presa in prestito alla scienza e inserita nella narrazione in maniera quasi del tutto autentica.
Un altro ambiente che fa da collegamento tra la Pigna e la parte ad ovest di Sanremo, è un insieme di tunnel sotterranei nei quali si nascondevano gli abitanti della Pigna quando sentivano il rombo degli aerei <9: quando «s’ode un rombo e tutto il cielo è invaso da aereoplani […] la Città Vecchia in quel momento si sta svuotando e la povera gente s’accalca nella fanghiglia della galleria» (RR I, pp. 97-98).
[NOTE]
7 Questo ponte non esiste più dal momento che verso metà ‘900 il torrente San Francesco venne coperto. Prima della copertura scorreva a valle della Pigna, parallelamente a via Porte Candelieri. Oggi questa zona è completamente irriconoscibile.
8 In un approfondimento di Marco Isaia, professore universitario presso la facoltà di Torino, la cui attività scientifica si incentra principalmente sull’aracnologia e sull’ecologia delle grotte, in Italo Calvino, Sanremo e dintorni. Un itinerario letterario (1923-2023), pp. 117-118, si legge che i ragni che più verosimilmente corrispondono alla descrizione di Calvino sono i Nemesia, che «alloggiano in tubi scavati in terra profondi da 5 a 40 cm., rivestiti interamente o parzialmente di tela che vengono rinchiusi con delle vere e proprie botole che rimangono chiusi nei periodi secchi o durante il giorno e socchiuse di notte o al crepuscolo. I ragni rimangono nelle vicinanze dell’apertura del tubo e quando una preda transita sulla botola o nelle sue immediate vicinanze, scattano velocemente verso l’esterno, catturandola con i robusti cheliceri e consumandola all’interno del tubo, espellendo i rifiuti non consumabili (ad esempio le parti dure) all’esterno quando il pasto è concluso. Le femmine possono passare fino a 8-10 anni in questi tubi, e in genere non ne escono, a meno che il terreno ceda o frani. I maschi invece vivono di meno, e in genere escono in autunno alla ricerca delle femmine. Dopo aver “gentilmente” bussato alle botole delle femmine, si accoppiano con modalità del tutto particolari e in genere muoiono a fine stagione».
9 La galleria di cui parla Calvino è, con molta probabilità, quella che collega via Francia con via Martiri. Giacomo Mannisi, esperto della Sanremo sotterranea, interpellato da me il 7 novembre 2022, mi ha riferito che durante la guerra questa galleria veniva utilizzata come rifugio antiaereo. All’epoca non era ancora completata, ed era aperta soltanto la parte che guardava verso il mercato annonario; l’altra metà venne terminata agli inizi degli anni sessanta, esattamente nel 1963, tre anni dopo l’inaugurazione del Mercato Annonario (www.sanremostoria.it).
Elisa Longinotti, Calvino e i suoi luoghi, Tesi di laurea, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2022-2023