Sanremo (IM): uno scorcio della "Pigna", il centro storico dove è nato ed è cresciuto Rodolfo Amadeo |
Non rientro perciò in Svizzera, rimango così a Sanremo e divento segretario del Comitato Comunale di Sanremo [del Partito Comunista].
In quel periodo mantenevo rapporti con l'emigrazione, portando in Francia clandestinamente materiale di propaganda del Partito Comunista. La clandestinità era dovuta dalla necessità di evitare una lunga trafila burocratica che rendeva di fatto impossibile il passaggio della frontiera dei manifesti e dei volantini.
Faccio la campagna elettorale del '68 in Francia e resto bloccato a Parigi nel maggio per lo sciopero generale dei mezzi di trasporto. Nella campagna elettorale ho girato tutta la Francia. Ho fatto riunioni all'uscita delle fabbriche e poi casa per casa. Ho dovuto telefonare al Comitato Centrale del PCF per riuscire a prendere un mezzo di trasporto. Alla stazione era tutto fermo e per telefonare al PCF ho chiesto l'autorizzazione del picchetto della CGT, dicendo che dovevo tornare in Italia a votare. In questo caso sono stati bravissimi. È arrivata la macchina del deputato di Lione e mi ha portato a Sanremo.
Ho partecipato alle manifestazioni del '68. Il PCF non era tanto d'accordo, le considerava manifestazioni di gruppettari. Poi il PCF ha dovuto rimangiarsi tutto ed appoggiare le manifestazioni perché c'era tutto il popolo in piazza.
Nel '63, quando ero a fare la campagna elettorale nel Doubs dove c'era la Peugeot, c'era un compagno sardo, antifascista, che era stato al confino, un certo Budda. Mi invita a passare i giorni di Pasqua con lui in campagna. Io gli dico che non posso perché devo andare in Svizzera dove mi avevano invitalo per una riunione i compagni emigranti. Budda se la prende male e scrive una lettera al comitato centrale del PCI, dicendo che io ho abbandonato il lavoro politico. Budda era diventato più francese che sardo. Allora Vercellino mi invita ad andare a Roma con lui alla festa per il successo elettorale e mi presenta a Togliatti che aveva letta la lettera. Vercellino mi presenta dicendo "Questo è il compagno della lettera" e Togliatti mi rassicura dicendomi: "Non ti preoccupare. È già agli atti."
Il PCF aveva diffidenza nei miei confronti dai tempi dell'articolo di Amendola sull'Europa e con la lettera ispirata da Budda volevano evitare che io tornassi a fare lavoro politico in Francia. Tanto è vero che, quando sono ritornato per la campagna elettorale del '68, il PCI aveva deciso di mandare in Francia il compagno Diodati della federazione di Imperia (che era stato in esilio a Parigi) e me. Il PCF disse che Diodati andava bene ma che Amadeo avrebbero preferito che non venisse. Fontana, allora responsabile nazionale dell'emigrazione, mi disse poi che Longo aveva risposto che i funzionari per la campagna elettorale' li sceglieva il PCI e non il PCF.
Nel '68 mi mettono alla prova. Il compagno Mario Fornaciari, un parente di Zucchero, quando mi incontra nella riunione a Parigi, mi presenta un elenco di compagni da contattare perché dice che questi compagni mi avrebbero messo in relazione con gli altri emigrati e mi dice di tornare l'indomani mattina con tutti i contatti presi.
[...] Nel '70, eletto consigliere comunale a Sanremo, mi divido da mia moglie e continuo a lavorare. Libero dall'impegno coniugale, il partito mi offre di andare a scuola di partito. Nel '71 vado con Ivano Gaggero alle Frattocchie a Roma. La scuola di partito è stata dura nonostante l'impegno. C'è stato un momento in cui nemmeno dormivo più per stare dietro a tutto quello che spiegavano nei corsi e a quello che cercavo di studiare e leggere in più. A me la scuola è servita molto politicamente. Terminata la scuola, tornato a casa, continuo a lavorare. All'inizio del '72, per le politiche anticipate la direzione del partito mi chiede di andare nuovamente in Francia e di fare tutta la zona di Lione e della Savoia. E qui ho conosciuto Juliette, la compagna francese. Arrivato per la campagna elettorale vado nella sede dell'INCA [patronato della CGIL] che era ospitata dalla CGT e l'impiegata dell'Inca mi dice: "Guarda che c'è una compagna francese che vuole conoscerti". E di qui un disastro. Ritornato dalla campagna elettorale, il partito che nel frattempo aveva avuto i risultati del corso che avevo frequentato alle Frattocchie, mi chiede di fare il funzionario. Io accetto e nella parte restante del '72 lavoro alle elezioni comunali di Cipressa, perché conoscevo Renato Abbo e altri compagni. Conquistammo il comune di Cipressa.
Nei primi giorni del '73 viene nella Federazione di Imperia Giuliano Pajetta, responsabile dell'Emigrazione, che già aveva informazioni su di me da Alessandro Natta e aveva letto la relazione che avevo fatto sulla campagna elettorale in Francia. Giuliano chiedeva alla Federazione se era disposta a lasciarmi andare, qualora io avessi acconsentito, a fare attività politica nell'emigrazione in Germania. Quindi incontro Pajetta che mi fa direttamente la domanda, visto che avevo già acquisito con la Svizzera e con le campagne elettorali un po' di esperienza di lavoro all'estero. La cosa mi interessò, ma gli dissi che c'era un problema di lingua: con il francese me la cavavo ma non con il tedesco. Pajetta rispose che la lingua non era un problema e quindi accettai.
La cosa mi fece piacere sia perché si trattava di un lavoro politico che mi piaceva, sia perché a Sanremo avevo avuto degli scontri politici e cominciavo a non trovarmici.
A fine gennaio andai a Roma ed ebbi una informazione più dettagliata della situazione del partito in Germania che non era molto chiara. C'erano diversi gruppi ma non riuscivano a produrre iniziativa anche per una divisione tra loro sulla base delle regioni di provenienza. Tra pugliesi e siciliani non c'era molto accordo, anche se tutti volevano costruire un partito adeguato alle esigenze degli emigrati in Germania.
A Roma incontrai il compagno Pelliccia che era uno dei responsabili dell'emigrazione e conosceva bene la situazione anche perché conosceva bene il tedesco. Era stato uno speaker della radio della DDR da cui proveniva. Decidemmo di andare in Germania a fare una riunione con i compagni più attivi. Facemmo la riunione e decidemmo che io mi stabilissi a Colonia, perché a Stoccarda e Francoforte c'erano gruppi più attivi. Inoltre a Colonia ce n'era bisogno perché città della Renania-Vestfalia, accanto all'area industriale della Ruhr, che vedeva una forte presenza di emigrazione italiana.
Rodolfo Amadeo, Dalla Pigna di Sanremo al mondo dei lavoratori, Grafiche Amadeo - Chiusanico (IM), pp.14-17
In quel periodo mantenevo rapporti con l'emigrazione, portando in Francia clandestinamente materiale di propaganda del Partito Comunista. La clandestinità era dovuta dalla necessità di evitare una lunga trafila burocratica che rendeva di fatto impossibile il passaggio della frontiera dei manifesti e dei volantini.
Faccio la campagna elettorale del '68 in Francia e resto bloccato a Parigi nel maggio per lo sciopero generale dei mezzi di trasporto. Nella campagna elettorale ho girato tutta la Francia. Ho fatto riunioni all'uscita delle fabbriche e poi casa per casa. Ho dovuto telefonare al Comitato Centrale del PCF per riuscire a prendere un mezzo di trasporto. Alla stazione era tutto fermo e per telefonare al PCF ho chiesto l'autorizzazione del picchetto della CGT, dicendo che dovevo tornare in Italia a votare. In questo caso sono stati bravissimi. È arrivata la macchina del deputato di Lione e mi ha portato a Sanremo.
Ho partecipato alle manifestazioni del '68. Il PCF non era tanto d'accordo, le considerava manifestazioni di gruppettari. Poi il PCF ha dovuto rimangiarsi tutto ed appoggiare le manifestazioni perché c'era tutto il popolo in piazza.
Nel '63, quando ero a fare la campagna elettorale nel Doubs dove c'era la Peugeot, c'era un compagno sardo, antifascista, che era stato al confino, un certo Budda. Mi invita a passare i giorni di Pasqua con lui in campagna. Io gli dico che non posso perché devo andare in Svizzera dove mi avevano invitalo per una riunione i compagni emigranti. Budda se la prende male e scrive una lettera al comitato centrale del PCI, dicendo che io ho abbandonato il lavoro politico. Budda era diventato più francese che sardo. Allora Vercellino mi invita ad andare a Roma con lui alla festa per il successo elettorale e mi presenta a Togliatti che aveva letta la lettera. Vercellino mi presenta dicendo "Questo è il compagno della lettera" e Togliatti mi rassicura dicendomi: "Non ti preoccupare. È già agli atti."
Il PCF aveva diffidenza nei miei confronti dai tempi dell'articolo di Amendola sull'Europa e con la lettera ispirata da Budda volevano evitare che io tornassi a fare lavoro politico in Francia. Tanto è vero che, quando sono ritornato per la campagna elettorale del '68, il PCI aveva deciso di mandare in Francia il compagno Diodati della federazione di Imperia (che era stato in esilio a Parigi) e me. Il PCF disse che Diodati andava bene ma che Amadeo avrebbero preferito che non venisse. Fontana, allora responsabile nazionale dell'emigrazione, mi disse poi che Longo aveva risposto che i funzionari per la campagna elettorale' li sceglieva il PCI e non il PCF.
Nel '68 mi mettono alla prova. Il compagno Mario Fornaciari, un parente di Zucchero, quando mi incontra nella riunione a Parigi, mi presenta un elenco di compagni da contattare perché dice che questi compagni mi avrebbero messo in relazione con gli altri emigrati e mi dice di tornare l'indomani mattina con tutti i contatti presi.
[...] Nel '70, eletto consigliere comunale a Sanremo, mi divido da mia moglie e continuo a lavorare. Libero dall'impegno coniugale, il partito mi offre di andare a scuola di partito. Nel '71 vado con Ivano Gaggero alle Frattocchie a Roma. La scuola di partito è stata dura nonostante l'impegno. C'è stato un momento in cui nemmeno dormivo più per stare dietro a tutto quello che spiegavano nei corsi e a quello che cercavo di studiare e leggere in più. A me la scuola è servita molto politicamente. Terminata la scuola, tornato a casa, continuo a lavorare. All'inizio del '72, per le politiche anticipate la direzione del partito mi chiede di andare nuovamente in Francia e di fare tutta la zona di Lione e della Savoia. E qui ho conosciuto Juliette, la compagna francese. Arrivato per la campagna elettorale vado nella sede dell'INCA [patronato della CGIL] che era ospitata dalla CGT e l'impiegata dell'Inca mi dice: "Guarda che c'è una compagna francese che vuole conoscerti". E di qui un disastro. Ritornato dalla campagna elettorale, il partito che nel frattempo aveva avuto i risultati del corso che avevo frequentato alle Frattocchie, mi chiede di fare il funzionario. Io accetto e nella parte restante del '72 lavoro alle elezioni comunali di Cipressa, perché conoscevo Renato Abbo e altri compagni. Conquistammo il comune di Cipressa.
Nei primi giorni del '73 viene nella Federazione di Imperia Giuliano Pajetta, responsabile dell'Emigrazione, che già aveva informazioni su di me da Alessandro Natta e aveva letto la relazione che avevo fatto sulla campagna elettorale in Francia. Giuliano chiedeva alla Federazione se era disposta a lasciarmi andare, qualora io avessi acconsentito, a fare attività politica nell'emigrazione in Germania. Quindi incontro Pajetta che mi fa direttamente la domanda, visto che avevo già acquisito con la Svizzera e con le campagne elettorali un po' di esperienza di lavoro all'estero. La cosa mi interessò, ma gli dissi che c'era un problema di lingua: con il francese me la cavavo ma non con il tedesco. Pajetta rispose che la lingua non era un problema e quindi accettai.
La cosa mi fece piacere sia perché si trattava di un lavoro politico che mi piaceva, sia perché a Sanremo avevo avuto degli scontri politici e cominciavo a non trovarmici.
A fine gennaio andai a Roma ed ebbi una informazione più dettagliata della situazione del partito in Germania che non era molto chiara. C'erano diversi gruppi ma non riuscivano a produrre iniziativa anche per una divisione tra loro sulla base delle regioni di provenienza. Tra pugliesi e siciliani non c'era molto accordo, anche se tutti volevano costruire un partito adeguato alle esigenze degli emigrati in Germania.
A Roma incontrai il compagno Pelliccia che era uno dei responsabili dell'emigrazione e conosceva bene la situazione anche perché conosceva bene il tedesco. Era stato uno speaker della radio della DDR da cui proveniva. Decidemmo di andare in Germania a fare una riunione con i compagni più attivi. Facemmo la riunione e decidemmo che io mi stabilissi a Colonia, perché a Stoccarda e Francoforte c'erano gruppi più attivi. Inoltre a Colonia ce n'era bisogno perché città della Renania-Vestfalia, accanto all'area industriale della Ruhr, che vedeva una forte presenza di emigrazione italiana.
Rodolfo Amadeo, Dalla Pigna di Sanremo al mondo dei lavoratori, Grafiche Amadeo - Chiusanico (IM), pp.14-17