sabato 15 febbraio 2025

Un prefetto fascista di Imperia, bersaglio di beffarde lettere anonime

Imperia: uno scorcio, sul fondo, della vecchia Prefettura

Le carte di Salò relative al prefetto Enrico Degli Atti (nato nel 1881, in carriera dal 1907, prefetto dal 1932 con lunga permanenza ad Imperia dal 1933 al 1939, poi per tre anni a disposizione con funzioni di ispettore generale e collocato a riposo nel settembre 1942) riguardano solo la sua attività artistica. Come si rileva da un articolo ripreso dal «Corriere della sera» (in trascrizione datt., priva di autore e data), una sua composizione è stata eseguita nella sala dei concerti del Casinò municipale di Sanremo nell’annuale della marcia su Roma. Sia qui che negli articoli successivi - debitamente trascritti - è fatta menzione di uno strumento musicale di sua invenzione, il “Prall”, grazie alla quale il prefetto avrebbe vinto addirittura il premio...
Ci si perdoni se abbiamo voluto citare un passo scelto, questa volta, da una nostra scheda di lavoro <253. Una scheda interrotta nel momento in cui abbiamo letto che il Degli Atti avrebbe vinto il premio Nobel per la musica! E allora ridendo (è giusto confessarlo) siamo tornati a leggere meglio le cronache, con la vergogna di non aver colto immediatamente la valenza onomatopeica insita nel nome dello strumento.
Perché negli anni trascorsi in Liguria, il prefetto Degli Atti è afflitto da un corpus insidioso di anonimi. La quantità - a vedere dalle carte trasferite a Salò - non è cospicua, ma è la dalla regolarità e ancor più dalla qualità che si rileva la raffinatezza della persecuzione di cui è fatto oggetto. Il destinatario fisico degli esposti, in primo luogo, non è il prefetto, ma il ministero. Ed in ciò consiste una prima afflizione per Degli Atti: perché ogni esposto anonimo diretto al superiore ministero prevede, in precisa sequenza, la sua trasmissione all’interessato con richiesta di riferire in merito, eventualmente dopo aver fatto esperire accurate indagini. Quanto al mittente, poi, è sempre lo stesso: anche ad occhio nudo si nota la particolare impronta di una stessa macchina da scrivere. Ed è quanto evidenzia il capo di gabinetto Mormino al prefetto Degli Atti, quasi stigmatizzando il fatto che ancora non si sia pervenuti all’identificazione dell’autore. E il prefetto, dal canto suo, risponde che certo, si rende conto - anche per il difetto di battitura della lettera P maiuscola - che dietro agli esposti c’è un’unica mano, ma che ancora, nonostante le indagini appositamente Riteniamo si tratti di uno di quei tipici casi - ne analizzeremo meglio oltre la casistica: tanto nel 1940-41 quanto nel dopoguerra - in cui è preferibile che un esposto anonimo resti tale. Non tanto, intendiamoci, a tutela dello scrivente, bensì a tutela dello stesso oggetto delle sue attenzioni. Perché quando si tratti non di voci popolari, ma di scritti che per stile e contenuti riflettono l’appartenenza delle voci anonime ad un ceto sociale perlomeno pari e ad ambienti non necessariamente distanti, se il rischio di chi inoltra l’anonimo è forte, sotto certi aspetti il rischio di chi vi soggiace lo è ancora di più: perché la scoperta del mormoratore, con l’attribuzione di un nome e di un cognome, farebbe discendere sul mormorato un’ombra assai più cupa e tangibile. E ci sono casi in cui il mormoratore appartiene a una cerchia di riferimento troppo alta perché la sua eventuale “scoperta” non possa far cadere nel pubblico discredito il mormorato medesimo, gettando talvolta nel fango - per le molteplici reti sottese - un’intera città nella sua rappresentanza legale.
Possiamo allora anche far mostra di credere al prefetto di Imperia quando sostiene di non essere stato in grado di individuare la mano anonima che, con tanta petulanza, spedisce per quattro anni con frequenza pressoché regolare esposti a suo carico all’indirizzo del ministero. Ci troviamo, si noti, di fronte ad un dissenziente consapevole, per certo non fascista <255. Ma, ciò che più qui conta, l’autore si diverte a girare il proprio innegabile, raffinato senso dell’arte in prosa comica: protetto da un plausibile anonimato, del fascismo sbeffeggia lo stile ed il culto della personalità, attingendo all’arte giullaresca nel gruppo di esposti maggiormente godibili, quelli relativi alla «Società anonima del Prallo» (Telegrammi: Prallo. Milano Via Scorreggio 18 tel. 537208): mettendo in azione tale strumento - di cui Degli Atti, si è detto, sarebbe l’inventore - il prefetto comporrebbe odi canzoni ed arie, ma anche flatulenze pernacchie e scorregge, tipicamente inneggianti al duce. Ma non possiamo che apprezzare, di volta in volta, la qualità delle sue cronache giornalistiche apocrife <256, il metro dei versi che lo stesso attribuisce al prefetto <257 e finanche una splendida partitura per fiati in chiave di sol:
 

Fonte: Carlo Monaco, Op. cit. infra

Se abbiamo voluto soffermarci sugli esposti apocrifi intorno al prefetto Degli Atti, è certo perché questa notazione sinfonica di voci si presta bene a rappresentare quanto si può reperire nei fascicoli personali: dal meno al più, pressoché ogni funzionario - nella campionatura da noi effettuata - conosce esposti anonimi, esposti firmati, reclami. Il problema, ai nostri fini, non è comprendere (o non lo è sempre) quanto di vero o di falso vi sia in essi: senza la necessità di utilizzare strumenti più consoni alla storia giudiziaria, se vogliamo saperne di più possiamo anche fidarci delle indagini coeve o successive (come talvolta abbiamo fatto) sottoponendole a vaglio critico, ma non è questo il nostro modesto ufficio. Crediamo invece più importante stabilire la valenza complessiva di questo materiale. Perché, si è detto, ad ogni esposto anonimo che pervenga agli uffici della prefettura o del ministero (e, come è meglio noto, a quelli della segreteria particolare del duce) e che sia rivolto contro un funzionario, corrisponde - puntuale - una richiesta di spiegazioni, talvolta una indagine più accurata.
[NOTE]
253 La scheda si riferisce a ACS, MI, RSI, Gab., b. 23, fasc. 499 Degli Atti Errico.
254 ACS, MI, RSI, Gab., b. 23, fasc. 499 Degli Atti Errico, 9 ottobre 1934.
255 Siamo, comunque, nell’alveo di un dissenso di ceti medi: cfr. SIMONA COLARIZI, L’opinione degli italiani sotto il regime 1929-1943, Roma-Bari, Laterza, 2009 <2, pp. 274-282.
256 Cfr. ACS, MI, RSI, Gab., b. 23, fasc. 499 Degli Atti Errico, in particolare l’apocrifo “Trema il Carso”. Riproduzione di guerra di E. Degli Atti, «L’Eco della Riviera», s.d. (ovviamente).
257 Cfr. ACS, MI, RSI, Gab., b. 23, fasc. 499 Degli Atti Errico, in particolare «l’invocazione “Fuggir vogl’io”, espressione purissima di un'arte limpida e squisitamente italiana, traboccante d'insuperabile sentimento nostalgico, tanto soave quanto suggestivamente accorata, intramezzata dalla riposante dolcezza della fluida vena del “Prall”», allegata ad articolo apocrifo (da qui lo stralcio) del «Corriere della sera». Da qui anche la partitura di seguito riprodotta.

Carlo Monaco, "Dei doveri che il pubblico ufficio mi impone". Burocrazie statali e ceti di governo nel Veneto dal fascismo al dopoguerra, Tesi di Dottorato, Università Ca’ Foscari - Venezia, 2008