Ventimiglia (IM): uno scorcio del "golfo di Latte" |
Fine ottobre, la stagione di lampara è terminata. Fermi alla fonda la luce attira solo “bugotti” o pesci “de scaia” (di scaglia). Marinenghi e paesenghi [n.d.r.: persone di Bordighera] sono stufi e sazi e vorrebbero gustare le (a volte) vituperate sardine.
Gobba a levante, luna calante.
S’avvicina lo scuro lunare consono alla pesca con lampara.
Selene mostra il viso in formato ridotto, forse irrìde e così sembra sorridere alla luce artificiale lamparesca.
Si vara con rotta ponentina.
“Gurfu de Làite [n.d.r.: golfo di Latte, Frazione di Ventimiglia (IM)], dove la brezza autunnale “du ventu a tèra” è mitigata dai colli Roberti e Sgorra [ndr: piccole alture/località, sempre, come Latte, situate nella zona di ponente, quasi al confine con la Francia, di Ventimiglia]. Le lampare ventimiuse sono assenti. L’hanno azzeccata, visto che dopo un paio di bordi, cioè ricerca al largo per stanare il pesce azzurro, non da alcun risultato.
L’anziano Charle sentenzia “noete giaba” (notte senza guadagno).
Forse le sardine sono occupate negli sponsali per le prossime nidiate di giancheti. Natura vuole così.
Si ritrova ancora un bordo di ricerca “prima de lasciaghe gèrbu” (lasciarci gerbido prima d’andarsene).
Ma… durante la lenta remata alla “scia”, remata al contrario, come quella dei gondolieri veneziani, Vincè de Lingheia al limite chiaroscuro vede qualcosa d’argenteo.
Mi comanda: “aganta i remi, scia adaijetu” [agguanta i remi, procedi adagio], eseguo remando come ha detto. Lui afferra il capace retino (salabro in gergo bordigotto) e mette a bordobarca, con destrezza la guizzante preda. E’ una grossa aguglia, becco lungo e dentato. Io non ne avevo mai visto uno così lungo: quasi un metro!!!
Nel chiaroscuro se ne vedono altri. Il fratello con l’altra lampara è a portata di voce, anzi di fischio. Viene avvertito: "Pipu semu intu mezu d’in sciamu d’aguì” [Pippo siamo in mezzo ad uno sciame di aguglie] fa come noi, armati del salabre, svelto, che forse la nottata non sarà perduta!"
Prima dell’incipiente alba i trequarti della luna vedono colmare alcune “corbe” di quel ben di Dio, attirato dalle lampare.
I “Burdigati” [abitanti di Bordighera], così ci appellano i Ventemiusi, “ì l’an fa’ bona aiscì sta vota! [l'hanno fatta buona anche questa volta]”
L’aurora vide la piccola squadra “de pescaui burdigoti” in rotta est che senza bagnare la grossa rete che avvolge e cattura, ha evitato una nottata “giaba”.
Ciò malgrado le avventate previsioni del buon Charle.
Quel giorno ottobrino i consumatori ittici bordigoti hanno variato il menù. Non zerri o bogotti, ma… "agui a zemin: aiu, prunsemu e vin". Cioè aglio, prezzemolo, vino, con aggiunta di due cucchiai d’olio e “aurive de nosce”.
Allo scrivente viene l’acquolina in bocca e credo anche a chi legge.
Era il dopoguerra. A quel tempo il pesce era SOLO fresco, non GHIACCIATO come ai tempi d’oggi.
Un allora imberbe sedicenne [ndr: correva l'anno 1945].
Mario Armando, Strana notte di lampara, Paize Autu, Periodico dell’Associazione “U Risveiu Burdigotu”, Anno 5, novembre 2012