sabato 15 gennaio 2022

Nel 1907 Rubino comincia a disegnare le copertine per «Il giornalino della Domenica»

Fonte: Angela Articoni, Op. cit. infra

Contemporaneo di Tofano è Antonio Rubino, sicuramente influenzato da Felicien Rops, Odilon Redon, Alberto Martini, Umberto Boccioni, Gino Severini, Fortunato Depero, dalle avanguardie e dal passaggio dal Liberty al Futurismo, e tanto altro ma, come asserisce Santo Alligo, «Pur trovando singolari parentele e curiose analogie con gli artisti e i movimenti sopra elencati, sono convinto che lo stile del tutto originale di Rubino sia nato per «generazione spontanea» <63.
Nasce a Sanremo il 15 maggio 1880 e i suoi primi esercizi letterari, poesie burlesche e poemi grotteschi, risalgono alla fanciullezza e allʼadolescenz,a quando svilupperà anche il suo apprendistato artistico da autodidatta.
Nel 1907 Rubino comincia a disegnare le copertine per «Il giornalino della Domenica», settimanale per bambini fondato da Luigi Bertelli (in arte Vamba, autore de "Il giornalino di Gian Burrasca"). Lʼanno successivo Silvio Spaventa Filippi gli chiede di partecipare alla genesi de «Il Corriere dei Piccoli», supplemento domenicale per bambini de «Il Corriere della Sera». Alcune disegni di copertine per la rivista «si nutrono delle linee sinuose dellʼArt Nouveau, ma già contaminati da stilemi che anticipano compiutamente il Decò: [...] utilizzando il nero più un secondo colore, rigorosamente piatti, Rubino crea immagini assolutamente anticipatrici» <64.
Successivamente tante sono le sue collaborazioni ad ogni genere di testate e progetti editoriali: per lʼAvanti!, LʼAuto dʼItalia, Il Risorgimento Grafico e La Lettura; negli stessi anni Rubino comincia ad illustrare diversi libri, tra cui i racconti di Andersen pubblicati da Bemporad nel 1911; durante la prima guerra mondiale lavora come scrittore e disegnatore al giornale di trincea per soldati La Tradotta; negli anni seguenti dirige Il Balilla (1926), fonda Mondo Bambino (1929) e Mondo Fanciullo (1933), collabora con Il Cartoccino dei Piccoli; nella seconda metà degli anni ʼ30 dirige per Mondadori Topolino, Albi dʼOro, I Tre Porcellini e Paperino.
Al termine della seconda guerra mondiale collabora a Bambola, Gazzetta dei Piccoli e Modellina (1947), mentre nel 1949, a Sanremo, fonda Il Gazzettino della Riviera dei Fiori (poi rinominato Il Gazzettone e infine La Gazzetta di Sanremo).
Gran parte dellʼattività di Rubino, poi, è dedicata alla scrittura e allʼillustrazione di opere pubblicate in volume: nel 1911 pubblica Versi e disegni, raccolta di poesie e di illustrazioni legate alla poetica del decadentismo, mentre negli anni seguenti scrive ed illustra moltissimi volumi di storie per lʼinfanzia in versi e in prosa, tra i più noti I balocchi di Titina (1912) forse il suo capolavoro per ragazzi, Viperetta (1920) il più conosciuto e amato, Tic e Tac, ovverosia lʼorologio di Pampalona (1920), Fata Acquolina (1922 ca.) visionaria fiaba gastronomica, la collana La scuola dei giocattoli (1922), albi nati a scopo didattico ma ineccepibili come libri dʼarte e libri˗gioco, Il giardino di Fiorella (1926), Caro e Cora (1928), Il frottoliere (1929), Fiabe quasi vere (1936), Pupi giocattolo infelice (1938) e Il collegio La Delizia (1939), con Renato Simoni <65.
La Scuola dei giocattoli, una serie di albi a colori scritti e illustrati da Antonio Rubino, sono stati pubblicati dallʼIstituto Editoriale Italiano, e sono caratterizzati dallʼavere in copertina personaggi disegnati secondo i principi dellʼanamorfismo, cioè da risultare proporzionati solo se adeguatamente curvati. Questo singolare esperimento editoriale - davvero coraggioso se si considerano gli anni in cui fu realizzato e circolò - aveva lʼobiettivo, per la prima volta in Italia, di avvicinare bambini così piccoli allʼuniverso della lettura adeguandosi al principio dellʼ«istruire divertendo». Le copertine di ogni albo, quindi, sono disegnate in modo da sembrare pupazzi tridimensionali che, una volta piegate a cilindro, potevano essere inserite dal bambino in una casetta di cartone.
I volumetti sono intitolati Belle lettere, Numeretta, Bestie per bene, Io asino primo, O di Giotto, Re Bifé e sono ripubblicati da Scalpendi con una bella iniziativa editoriale in copia anastatica, che li prevede sia sciolti, sia in cofanetto, a cura di Martino Negri <66.
Uno dei titoli, O di Giotto, è forse il più interessante della serie. Viene presentato dallʼautore come nomenclatura figurata degli oggetti più familiari: il protagonista, una figura tonda con la tavolozza dei colori in mano, disegna tanto da divenire lui stesso un disegno.  È un volume in cui sei pagine sono piene di disegni (tutti i personaggi più celebri di Rubino apparsi negli anni precedenti sul Corriere dei piccoli e altrove), staccati tra loro, senza apparente coerenza.
Leggiamo dal testo: "Odigiotto non si accorgeva di una cosa. Credeva di disegnare e invece scriveva. Salvo che invece di scrivere con le lettere dei grandi, scriveva con le lettere dei piccoli. Le lettere dei grandi sono quelle dellʼABC, che si leggono A, si leggono B e si leggono C. Le lettere dei piccoli sono i disegni e le figure, che si possono leggere come si vuole. Quando un bambino prendeva in mano un disegno di Odigiotto, si metteva a leggere anche senza sapere lʼABC. Ed era straordinario sentire queste cose, sempre nuove, quel bambino leggeva in quel disegno. Allora Odigiotto prese i suoi disegni e ne fece un libro senza parole. E questo libro piacque molto ai piccoli, perché ognuno era padrone di leggervi quello che voleva. E questo libro fece molto dispetto ai grandi, che mancando di fantasia, non sanno leggere che le parole scritte" <67. Alla fine del racconto Odigiotto che non sapeva più cosa disegnare, decide di farsi un autoritratto ma, nel tirarsi indietro per guardare il suo capolavoro, il foglio di carta gli cade addosso, lo schiaccia e diventa disegno anche lui: lʼironia e una sorta di gusto del macabro che contraddistingue spesso Rubino.
La teoria della visione proposta da Rubino in O di Giotto è incentrata sullʼidea che le caratteristiche fisiche dellʼocchio influiscano sulla forma che il reale assume facendosi rappresentazione interiore e dunque, inevitabilmente, anche sulla sua stessa comprensione: a sottolineare la dimensione soggettiva, e fortemente radicata dellʼesperienza, del conoscere umano. Il fatto che Odigiotto disegni figure «sbagliate» dipende pertanto dal modo in cui il mondo esterno si fa, in lui, esperienza, paesaggio interiore; ma il discorso di Rubino pare alludere, in senso più generale, al fatto che lʼarte, quella rivolta ai bambini per lo meno, non è chiamata alla mera riproduzione della realtà, pena il morire nel fruitore <68.
Rubino è stato un vero e proprio maestro nel rendere preponderante il linguaggio visivo nella narrazione per i ragazzi. I suoi disegni sono spesso caratterizzati dalla presenza di dettagli che arricchiscono la narrazione e la investono di nuovi significati, trascendendo lʼidea di illustrazione come elemento decorativo; non tratta con condiscendenza i bambini, offrendo loro disegni semplici: fa esattamente il contrario, a dimostrare che lʼimmagine è la lingua primaria del bambino e che quindi ogni particolare in più rappresenta uno svolgimento maggiore della storia, unʼinformazione aggiunta <69.
«È stato probabilmente lʼartista che più di ogni altro, nel primo quarto del Novecento, ha connotato lʼorizzonte visivo e immaginario dellʼinfanzia italiana» <70.
[NOTE]
63 Alligo, S., Pittori di carta. Libri illustrati tra Otto e Novecento, vol. II, Torino, Little Nemo, 2005, p. 123. Cfr. Alligo, S., Antonio Rubino. I libri illustrati, Torino, Little Nemo, 2008.
64 Alligo, S., Pittori di carta, cit., p. 124.
65 Ivi pp. 123˗142.
66 Rubino, A. ˗ Negri, M. (a cura di), La scuola dei giocattoli di Antonio Rubino. Un progetto di editoria didattica degli anni venti, Milano, Scalpendi, 2013.
67 Rubino, A., O di Giotto, in La scuola dei giocattoli di Antonio Rubino, Milano, Scalpendi, 2013.
68 Negri, M., La scuola dei giocattoli di Antonio Rubino. Un progetto di editoria didattica degli anni venti, Milano, Scalpendi, 2013, snp.
69 Per saperne di più: Faeti, A., Guardare le figure, Torino, Einaudi, 1972, Roma, Donzelli, 2012; Pallottino, P., (a cura di), La matita di zucchero. Antonio Rubino, Milano, Cappelli, 1978.
70 Hamelin, (a cura di), I libri per ragazzi che hanno fatto lʼItalia, Bologna, Hamelin Associazione Culturale, 2011, pp. 68˗69.
Angela Articoni, L'arte nell'editoria per bambini: arte di carta, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Foggia, Anno accademico 2014/2015