Al 1985 risalgono anche le prime prove xilografiche dell'artista [Ligustro]; una veduta dei tetti di Oneglia [Imperia], con un fiore in primo piano e il grande cerchio del sole sullo sfondo; una barca con il marinaio al timone su una nave curvo, e nuovamente l'astro che tramonta con la sua scia riflessa sull'acqua.
Si tratta di xilo su legno di "testa", come si è detto, e non di "filo", come avviene comunemente nella stampa giapponese e come il Ligustro prenderà a fare successivamente.
Ma da queste prime, essenziali e quasi scarne prove, alle ricche stampe "broccato" (Nishiki-e) negli anni Novanta la corsa sarà breve.
Ligustro, come tutti i geniali autodidatti, assumerà gli elementi della stampa giapponese rielaborandoli in una sua personale tecnica; così si fabbricherà degli strumenti propri al fine di ottenere gli effetti desiderati.
Il baren, o tampone dischetto per premere il foglio sulla matrice in legno, di sughero a diametri varianti, e non di corda; il kento, o registro marginale sulle matrici, a modulo variabile, un'idea questa che solo a prima vista pare banale "come tutte le idee innovative" che il nostro deve avere mutato dalle vecchie cassette a regolo dei caratteri tipografici, ma che gli permette di fatto di realizzare anche l'uso di decine e decine di matrici sullo stesso foglio senza ricorrere all'accumulo delle tavolette di legno.
Così dalle prime prove di policromia, rabeschi di limoni in giallo, oro, verde e violetto, Ligustro è giunto al suo primo piccolo capolavoro xilografico, Il mio mondo, 1989, un foglio di più di cinquanta centimetri, in cui ha dispiegato tutte le magie della tecnica Nishiki-e; il gofun, l'uso della polvere di conchiglia nel pigmento, il karazuri, tecnica di stampa per impressione a secco, con effetti di rilievo, il sabi-bori, tecnica di stampa che evidenzia le pennellate, il bokashi, la gradazione del colore, e si veda a questo proposito il prezioso glossarietto di Fiamma del Gaizo in fondo al catalogo alla recente mostra Arte xilografica giapponese dei secoli XVIII - XX, per il decennale del Centro Studi d'Arte Estremo Orientale di Bologna.
Durante l'ultimo decennio la creativa vena xilografica di Ligustro si è sviluppata ampiamente: da prove preziose come Il sogno di Chuang Tse: La farfalla, un foglio accompagnato dalla calligrafia. Nulla si sa e tutto si immagina, che evoca stilisticamente tanta grafica Decò, alla prima serie dei tre diversi "stati" di Jneja, con le vedute del golfo di Imperia in tre momenti del corso del sole, dall'alba alla notte.
Questa attenzione di Ligustro alla diversa luce del giorno, intesa come intonazione di cromie sullo stesso disegno, ritorna, mi sembra, anche in altre serie di varianti: Il circo, del 1998, e la Finestra del pittore dello stesso anno. Si tratta di grandi fogli, di sessanta per quaranta centimetri, in cui egli dispiega tutta la sua grande abilità di incisore e stampatore "si ricordi che in Giappone non era la stessa persona a fare queste due operazioni" e soprattutto la sua genuina natura di poeta dell'immagine. Sono, queste stampe di Ligustro, come anche Sole nella rete, 1998, Palloncini, 1998, Varco nel cielo, 1999, La danza del sole e Malinconica attesa, 2000, degli esempi potenti di come la xilografia, in quest'epoca di arte concettuale e computerizzata, non sia morta; di quanto l'immaginazione, la mano paziente dell'uomo possono dare all'espressione delle figure del mondo.
Vi è infine quella stampa che io preferisco, Geisha alla finestra con veduta di Oneglia, 1998, e che a me pare uno dei piccoli capolavori della xilografia del Novecento, e che sintetizza in un'immagine alcuni dei motivi centrali della nostra cultura figurativa: l'immagine della donna di spalle mentre si pettina, la finestra sul golfo con la luna, il fiore in primo piano e la quinta di base, il paravento di glicini, con la lucertola che pare mirare la luna argentata.
Qui si assiste, nella piena autonomia dell'illustratore "intendo illustrazione nel senso più alto" a tutta una serie di "richiami visivi", da Utamaro a Matisse, dai Nabis all'Art decò; perché questa è stata la magia di Ligustro che, nel momento in cui egli voleva rifare l'Ukiyo-e, egli ha fatto se stesso, e tutte le suggestione tecniche che andavano a confluire nella sua abilissima perizia manuale, dalle raffinatezze dei surimono all'eleganza del nishiki-e, si sono piegate all'immaginazione di un uomo dei nostri giorni.
a cura del Prof. Marco Fagioli
Redazione, La tecnica di Ligustro, Ligustro
Si tratta di xilo su legno di "testa", come si è detto, e non di "filo", come avviene comunemente nella stampa giapponese e come il Ligustro prenderà a fare successivamente.
Ma da queste prime, essenziali e quasi scarne prove, alle ricche stampe "broccato" (Nishiki-e) negli anni Novanta la corsa sarà breve.
Ligustro, come tutti i geniali autodidatti, assumerà gli elementi della stampa giapponese rielaborandoli in una sua personale tecnica; così si fabbricherà degli strumenti propri al fine di ottenere gli effetti desiderati.
Il baren, o tampone dischetto per premere il foglio sulla matrice in legno, di sughero a diametri varianti, e non di corda; il kento, o registro marginale sulle matrici, a modulo variabile, un'idea questa che solo a prima vista pare banale "come tutte le idee innovative" che il nostro deve avere mutato dalle vecchie cassette a regolo dei caratteri tipografici, ma che gli permette di fatto di realizzare anche l'uso di decine e decine di matrici sullo stesso foglio senza ricorrere all'accumulo delle tavolette di legno.
Così dalle prime prove di policromia, rabeschi di limoni in giallo, oro, verde e violetto, Ligustro è giunto al suo primo piccolo capolavoro xilografico, Il mio mondo, 1989, un foglio di più di cinquanta centimetri, in cui ha dispiegato tutte le magie della tecnica Nishiki-e; il gofun, l'uso della polvere di conchiglia nel pigmento, il karazuri, tecnica di stampa per impressione a secco, con effetti di rilievo, il sabi-bori, tecnica di stampa che evidenzia le pennellate, il bokashi, la gradazione del colore, e si veda a questo proposito il prezioso glossarietto di Fiamma del Gaizo in fondo al catalogo alla recente mostra Arte xilografica giapponese dei secoli XVIII - XX, per il decennale del Centro Studi d'Arte Estremo Orientale di Bologna.
Durante l'ultimo decennio la creativa vena xilografica di Ligustro si è sviluppata ampiamente: da prove preziose come Il sogno di Chuang Tse: La farfalla, un foglio accompagnato dalla calligrafia. Nulla si sa e tutto si immagina, che evoca stilisticamente tanta grafica Decò, alla prima serie dei tre diversi "stati" di Jneja, con le vedute del golfo di Imperia in tre momenti del corso del sole, dall'alba alla notte.
Questa attenzione di Ligustro alla diversa luce del giorno, intesa come intonazione di cromie sullo stesso disegno, ritorna, mi sembra, anche in altre serie di varianti: Il circo, del 1998, e la Finestra del pittore dello stesso anno. Si tratta di grandi fogli, di sessanta per quaranta centimetri, in cui egli dispiega tutta la sua grande abilità di incisore e stampatore "si ricordi che in Giappone non era la stessa persona a fare queste due operazioni" e soprattutto la sua genuina natura di poeta dell'immagine. Sono, queste stampe di Ligustro, come anche Sole nella rete, 1998, Palloncini, 1998, Varco nel cielo, 1999, La danza del sole e Malinconica attesa, 2000, degli esempi potenti di come la xilografia, in quest'epoca di arte concettuale e computerizzata, non sia morta; di quanto l'immaginazione, la mano paziente dell'uomo possono dare all'espressione delle figure del mondo.
Vi è infine quella stampa che io preferisco, Geisha alla finestra con veduta di Oneglia, 1998, e che a me pare uno dei piccoli capolavori della xilografia del Novecento, e che sintetizza in un'immagine alcuni dei motivi centrali della nostra cultura figurativa: l'immagine della donna di spalle mentre si pettina, la finestra sul golfo con la luna, il fiore in primo piano e la quinta di base, il paravento di glicini, con la lucertola che pare mirare la luna argentata.
Qui si assiste, nella piena autonomia dell'illustratore "intendo illustrazione nel senso più alto" a tutta una serie di "richiami visivi", da Utamaro a Matisse, dai Nabis all'Art decò; perché questa è stata la magia di Ligustro che, nel momento in cui egli voleva rifare l'Ukiyo-e, egli ha fatto se stesso, e tutte le suggestione tecniche che andavano a confluire nella sua abilissima perizia manuale, dalle raffinatezze dei surimono all'eleganza del nishiki-e, si sono piegate all'immaginazione di un uomo dei nostri giorni.
a cura del Prof. Marco Fagioli
Redazione, La tecnica di Ligustro, Ligustro