sabato 1 aprile 2023

Siccardi ricostruiva i muretti a secco delle terre materne con una tecnica nuova

Uno scorcio di Mentone e, sulla destra, lo storico posto di frontiera di Ponte San Luigi

I ritorni non furono un fenomeno limitato all’avvento del conflitto, ma si verificarono anche, in misura più contenuta, con l’avvento della crisi economica che fu avvertita in Francia dal 1931. Antonio Siccardi, socialista imperiese di estrazione contadina stabilitosi a Cannes già dal 1923, pur essendo un migrante della prima ora, piuttosto ben inseritosi nella società di accoglienza, rientrò in Italia al culmine dell’esasperazione pubblica per la crisi economica, nel '33, riabbracciando la propria famiglia e il lavoro dei campi <112. Similmente il compaesano Carlo Siccardi, fuggito all’inizio degli anni Venti perché implicato in un espatrio clandestino, rientrò alla fine del decennio a Ventimiglia, chiudendo definitivamente l’avventura francese <113. Agostino Guglielmi, comunista di Torri, aveva risieduto per circa dieci anni in Francia spostandosi continuamente come ambulante, da Marsiglia alle regioni del Nord, spingendosi fino in Belgio e in Germania, senza poter gettare solide radici in una comunità specifica, nonostante il sostegno che avrebbe potuto offrirgli la sorella che abitava stabilmente a Mentone e che aveva sposato un cittadino francese; isolato da anni di lavoro solitario, Guglielmi rientrò in patria nel '33, abbandonando la militanza politica <114.
In generale i ritorni furono elementi intrinseci del va-et-vient della migrazione transfrontaliera, obiettivi prestabiliti di percorsi faticosi, di duri anni di lavoro, lontani dalla famiglia. La pregiudiziale antifascista si mescolava agli interessi familiari in dinamiche tipiche della migrazione economica. Il processo di ritorno poteva assumere allora significati importanti non soltanto dal punto di vista del migrante, ma della stessa società di partenza.
Le risorse accumulate nel corso degli anni all’estero venivano infatti impiegate per acquistare la terra o in nuovi investimenti familiari: Nino Siccardi, rientrato in Italia dal Maghreb, riavviava le attività agricole familiari per imbarcarsi nuovamente lungo le rotte mediterranee. Sarebbe infine tornato nella sua Imperia per raccogliere i frutti del suo lavoro.
Persisteva cioè l’attaccamento alla cultura della proprietà, in cui il possesso di beni immobili e della terra costituiva il più importante marcatore dello status.
Il contesto di accoglienza estero rimodellò almeno in parte i punti di riferimento dei migranti, portandoli ad una maggiore consapevolezza delle proprie nuove capacità. Nel ritorno in patria essi mettevano alla prova queste competenze, che nell’ambiente di origine potevano essere maggiormente riconosciute: Siccardi ricostruiva i muretti a secco delle terre materne con una tecnica nuova, che aveva appreso quando era capomastro in Africa del Nord, ottimizzando il lavoro delle sue terre liguri <115.
[...] Le cause non furono sempre univoche e i percorsi individuali incisero, in una situazione di generale incertezza, sulle scelte definitive. Vi fu chi rientrò preoccupato per il proprio stato di salute e per l’età avanzata, desideroso di riabbracciare ancora una volta i propri cari, e che si rivolse direttamente ai consolati per richiedere un permesso ufficiale per tornare in Italia; o ancora chi fece ammenda presso le istituzioni italiane all’estero dichiarandosi pentito di avere combattuto per l’antifascismo e avere compreso infine la giusta causa del regime.
In un contesto come Nizza, persino membri dell’Unione Popolare Italiana, nella primavera del '40, facevano la fila al Consolato italiano per rimpatriare <120.
Qualunque fosse la motivazione più insistente, la Francia a cavallo del nuovo decennio non era più percepita dai migranti italiani come una terra d’asilo. In questi casi non era semplice valutare la veridicità delle dichiarazioni di ravvedimento, spesso opportuniste, a volte segno di un reale distacco dalla politica dopo anni di stenti, solitudini, precarietà; le fonti memorialistiche consentono talvolta di ricostruire i percorsi successivi al rientro in Italia e di verificare la franchezza o le strategie che si celavano dietro a tali confessioni.
[NOTE]
112. Cpc: b. 4794, f. Antonio Siccardi.
113. Cpc: b. 4794, f. Carlo Siccardi.
114. Cpc: b. 2581, f. Agostino Guglielmi.
115. Cerase, «L’onda di ritorno: i rimpatri» cit., pp. 123-125. Biga, U cürtu cit.
120. Cfr. Vial, Notes sur le retour cit.: secondo Vial capitò persino a Romualdo Del Papa v. Cpc: b. 1701, f. ad nomen.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista dalla Liguria alla Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015  

Bisogna giungere al 1937, perché su iniziativa dei comunisti, con la costituzione dell'Unione Popolare Italiana, si dia vita al più ambizioso e riuscito tentativo di saldatura fra l'azione degli esuli politici e la massa degli immigrati italiani in Francia.
L'UPI è il frutto di un'applicazione estensiva della linea dei fronti popolari, come ve ne sono anche in altre realtà nazionali con il nome di politiche della riconciliazione ο della mano tesa <5. Il suo obiettivo è infatti quello di realizzare «l'unione degli italiani immigrati, al di sopra di ogni tendenza particolare ο di partito», estendendo il reclutamento anche «oltre il confine antifascista» e rivolgendosi «a tutti gli italiani onesti, amici della pace e del progresso» <6. Al suo fianco si muove una serie di organismi collaterali, anch'essi animati dall'attivismo comunista e destinati alla penetrazione in specifici settori dell'emigrazione italiana: tra questi il più importante è l'Associazione franco-italiana degli ex combattenti, che esiste già dal 1935 <7. L'UPI si avvale anche di un giornale quotidiano, La Voce degli Italiani, che inizia le pubblicazioni nel luglio 1937 e che, pur senza esserne ufficialmente l'organo, ne esprime le posizioni e ne sostiene le attività <8. Al culmine della sua espansione, alla vigilia della guerra, l'UPI vanterà oltre 50.000 iscritti, organizzati in quasi 700 sezioni.
[NOTE]
5 Cfr.. E. Gennari, La politica della riconciliazione fra le masse emigrate italiane, in Lo Stato operaio, 1937, n° 2, p. 148-152.
6 Per le basi programmatiche dell'UPI, cfr. Unione popolare italiana. Congresso di Lione 28-29 marzo 1937, Parigi, s.d.; L'Unione popolare all'alba del 1938, Parigi, s.d.
7 L'Association franco-italienne des Anciens combattants (AFIAC), che agisce in stretto collegamento con la francese ARAC, era sorta nel gennaio 1935 sulle ceneri della Federazione Italiana degli Ex-combattenti, costituitasi nel 1929 in ambiente socialista-repubblicano. Promotori dell'AFIAC erano stati due ex repubblicani, Bettini (detto Schettini) e Rossetti, avvicinatisi alle posizioni del PCI. Cfr. la documentazione contenuta in ACS, G1, b. 232, f. 498/1 e b. 315, f. 1169.
8 Secondo il progetto iniziale La Voce degli Italiani avrebbe dovuto essere un giornale unitario dell'antifascismo, ma, non essendo andate in porto le trattative tra i partiti, l'iniziativa della pubblicazione è assunta dall'UPI e dall'AFIAC, cioè, in pratica, dal PCI. Per qualche tempo collabora all'impresa anche la LIDU, il cui presidente Campolonghi è, assieme al comunista Gennari, uno dei due primi condirettori del giornale.

Leonardo Rapone, I fuorusciti antifascisti, la Seconda Guerra Mondiale e la Francia, Persée, 1986 

La “pugnalata alla schiena” di Mussolini costò cara ai rifugiati italiani, internati in massa come nemici nei campi di concentramento. Fu allora che molti emigrati presero la via del ritorno, sollecitati anche dalla politica di rimpatri del regime <69. Di rado le fonti istituzionali permettono di seguire i percorsi dei singoli fuoriusciti durante la guerra <70. Di fronte all’emergenza bellica e nello stato di ostilità con la Francia l’apparato poliziesco del regime non riusciva evidentemente più a condurre la sua capillare opera di sorveglianza all’estero, fino a quando questa non cessò totalmente con la caduta di Mussolini. Tuttavia la memorialistica e la memoria locale permettono di ricostruire una buona parte delle vicende degli esuli liguri e di gettare uno sguardo d’insieme sul fenomeno del ritorno. In alcuni casi, poi, le fonti francesi di naturalizzazione rivelano il carattere definitivo dell’immigrazione. In generale chi si fermò in Francia in modo permanente aveva messo in atto progetti personali e familiari, raggiungendo una certa integrazione e stabilizzazione economica. Accadde in particolare nelle zone ad alta densità di liguri, dove la comunità immigrata era ben impiantata. La possibilità di avvalersi di una rete nutrita di compaesani, di conoscenze familiari e affinità politiche aveva facilitato l’inserimento in zone come La Seyne o Nizza, dove i fuoriusciti liguri potevano sentirsi “a casa”. La cultura della famiglia e della comunità non perdeva nemmeno allora il proprio ruolo: spesso i legami con il paese d’origine si mantennero anche all’indomani della guerra <71. I militanti più in vista del fuoriuscitismo seguivano però in maggioranza i flussi di ritorno. Chi non riuscì a rimpatriare perché colto dall’invasione nazista profuse il suo impegno nella resistenza francese; ma la gran parte dopo questa esperienza tornò in Italia, approfittando del capovolgimento della situazione nazionale il 25 luglio o al termine del conflitto <72. Per tutti gli altri l’inizio della guerra e l’avvicinarsi dell’esercito tedesco costituirono l’occasione per varcare definitivamente la frontiera, anche a costo di essere arrestati. Spesso furono gli stessi partiti ad organizzare il rimpatrio e ad avvicinare gli esuli al movimento antifascista clandestino in Italia per assumervi ruoli organizzativi di prima importanza, mettendo a frutto l’esperienza maturata all’estero <73.
[NOTE]
69 E. Vial, In Francia, cit., pp. 141-146; Police et migrants: France 1667-1939, Pur, Rennes 2001.
70 La maggior parte dei fascicoli del Cpc all’Acs si arresta tra il 1941 e il 1943. Le fonti dei ministeri degli esteri sono perlopiù statistiche.
71 ACS, CPC, b. 2866, fasc. Mansueto Lucherino; b. 2868, fasc. Amore Massimo Luciani; b. 2869, fascc. Francesco Luciani; Orlando Luciani; b. 3011, fascc. Ernesto Marabotto; Giuseppe Marabotto; Silvio Marabotto; b. 4043, fasc. Andrea Poggi; b. 4044, fasc. Gerolamo Andrea Poggi; b. 4045, fasc. Paolo Poggi; b. 2895, fasc. Andrea Michele Maccario; interviste a G. Marabotto, A. Marzocchi e G. Meneghini et al. cit. Sulla cultura della famiglia dei migranti cfr. i lavori di Emilio Franzina o dell’Alsp; sulla cultura degli antifascisti cfr. G. De Luna, Donne in oggetto. L’antifascismo nella società italiana 1922-1939, Bollati Boringhieri, Torino 1995.
72 Interviste a G. Marabotto, M. Martini, A. Marzocchi cit.
73 Cfr. G. Gimelli, La Resistenza in Liguria: cronache militari e documenti, Carocci, Roma 2005; Giovanni Battista Pera, cit.; interviste a G. Marabotto, A. Michelangeli e M. Rolla cit.; N. Simonelli, Raffaele Pieragostini (1899-1945), Contributo ad una storia del partito comunista a Genova, Pci Genova, Genova 1974; Id., Agostino Novella e il Pci a Genova (1945-1947), De Ferrari, Genova 2008; R. Rainero, Raffaele Rossetti, cit.; F. Biga, “U curtu”: vita e battaglie del partigiano Mario Baldo Nino Siccardi..., Dominici, Imperia 2001.

Emanuela Miniati, Antifascisti liguri in Francia. Caratteristiche e percorsi del fuoriuscitismo regionale in «Percorsi Storici», 1 (2013)