sabato 28 agosto 2021

Durante il periodo bellico si afferma l’italofobia, soprattutto nel sud della Francia e a Nizza

Nizza: Piazza Max Barel

Nel febbraio del 1941 Mazzetti evase e riprese i contatti con la direzione estera del partito e riorganizzò i gruppi di lingua italiani del PCF nel sud della Francia (Marsiglia, Tolone, Nizza, Grenoble). “La ripresa di un'attività politica, organizzativa e militare seria, con varie ramificazioni e stretti collegamenti, avviene nei primi mesi del 1941. - afferma lui stesso - Lungo tutto quell'anno avvenne la riorganizzazione in tutte le principali zone della Francia dove si concentravano gli emigrati italiani. Il giornale 'la Parola degli italiani' inizia ad uscire regolarmente sia al nord che al sud.
Nel 1942 sorgono i Comitati di unità d'azione che poi diventeranno Comitati Italiani di Liberazione Nazionale”. <319
Giunto a Parigi, si occupò come suddetto dell'organizzazione del gruppo armato dei FTP italiani, il III distaccamento, per poi diventare l'anno successivo il responsabile dei Gruppi di lingua MOI della zona Nord della Francia, e poi l'aggiunto di Kaminski nel triangolo della Direzione centrale della MOI dal 1943 al 1944. Per la sua attività venne decorato dalle FFI col grado di Capitano, come testimonia un documento sulla sua attività di resistenza rilasciato nel 1947 dalle FFI. <320
319 M. Mazzetti, in R. Maddalozzo, Carlo Fabro: emigrante, antifascista, resistente, sindacalista, Pubblicazione Tricesimo : A.N.P.P.I.A, 1987 , op. cit. pp. 61-71.
320 Attestato dell'Associazione Nazionale degli ex Franchi Tiratori Partigiani Francesi rilasciatogli il 2 gennaio 1947 e sottoscritto dal tenente colonnello F. Vigne, dove si certifica che egli “E' entrato nella resistenza dopo la sua evasione dal campo di concentramento di Argelès sur Mer, il 2 febbraio 1941. La sua attività anti-tedesca si esercita in più dipartimenti; Rhone, Var, Loire e Alpi marittime. Nel mese di maggio 1942 egli lasciò le Alpi marittime e si arruola volontariamente nei ranghi dei FTPF, parte integrante delle FFI nella zona Nord, nel mese di aprile 1943, con funzione corrispondente al grado di Capitano F.F.I. Capo organizzatore eccezionale si è speso a lungo per la liberazione del nostro territorio”. Documento presente in A. Tonussi, op. cit., pagina senza numero.

Eva Pavone, Gli emigrati antifascisti italiani a Parigi, tra lotta di Liberazione e memoria della Resistenza, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2013
 
Il notevole contributo italiano alla Resistenza nizzarda non fugò, tuttavia, i sentimenti antitaliani maturati nel corso del Ventennio in un dipartimento di frontiera, continuamente minacciato dalle velleità espansionistiche e dalle arroganze irredentiste del regime. Opinioni xenofobe avevano da sempre attraversato questo territorio di immigrazione, tradizionalmente conservatore e ostile ai transalpini, sui quali pesavano antichi pregiudizi di malcostume. Pertanto all’indomani della liberazione, l’opinione pubblica domandò un’immediata epurazione, che fu attuata senza esitazioni, al punto che il Comitato di liberazione locale dovette rivolgersi al governo Bonomi per domandare l’invio di emissari a tutelare la colonia italiana delle Alpi Marittime. Le campagne xenofobe continuarono ad essere appoggiate dalla stampa locale e furono rinfocolate dalle questioni di Briga e Tenda, che rimanevano ancora nelle mani del governo italiano. E mentre i politici antifascisti si battevano per difendere i diritti di chi aveva saputo scegliere e schierarsi, dall’altra parte la massa dei transalpini si mostrava indifferente, impegnata a mantenere una posizione giuridica regolare e a garantirsi il soggiorno in Francia, facendo propria l’ottica assimilazionista dello Stato francese <95.
95. Cfr. Tombaccini, «Gli antifascisti nelle Alpes-Maritimes» cit., p. 294.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista dalla Liguria alla Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015
 
Chiaramente, alla fine del conflitto, da parte francese c’era un forte risentimento nei confronti dell’Italia. Fino al 1947 la volontà principale della classe politica e del popolo francese è quella di farla pagare agli italiani. Da questo punto di vista gli articoli di «Nice Matin» <5, quotidiano Nizzardo moderato, rispecchiano bene questa situazione.
[...] Certo, nel biennio tra il ’45 e il ’47 non sono mancati anche segni di riavvicinamento, come rimarca sempre il giornale Nizzardo, sensibile verso gli argomenti relativi al rapporto coi transalpini (la frontiera dista da Nizza poco più di 30 km…); l’8 gennaio 1946 riprendono le relazioni ferroviarie tra Francia e Italia <8, il 2 febbraio si effettua il primo collegamento postbellico tra Ventimiglia e Nizza <9, in marzo vengono siglati degli accordi commerciali <10. Ma via via che si avvicina il momento della rettifica dei confini e della stipulazione del trattato di pace, il gelo tra i due paesi si fa sempre più forte. Inoltre, da parte francese, non si ha fiducia nella nuova Italia che si va formando. Ogni indizio è buono per pensare che, di lì a poco, il paese tornerà ad essere governato da una dittatura e precipiterà ancora nel caos. «Nice Matin» è ancora un buon riferimento in questo senso. Molti sono gli articoli come questo, pubblicato il 30 aprile 1947: Violentes manifestations néofascistes en Italie <11.
Le relazioni tra le due nazioni riprenderanno solo dopo la firma del Trattato di Pace <12, che sanzionerà il passaggio di Tenda e La Briga alla Francia. A inizio giugno infatti verrà stipulato un accordo per avviare dei lavori idro-elettrici lungo la frontiera <13.
A questo punto l’atteggiamento dei due governi si modifica: l’Italia ha bisogno di essere riaccolta in ambito internazionale, e l’aiuto della Francia può risultare utile <14. La Francia, da parte sua, ha la possibilità di instaurare una sorta di “protettorato” sul paese vicino, sul quale potrebbe far valere la sua influenza. Inoltre, economicamente parlando, il riavvicinamento potrebbe essere favorevole per entrambe. Infine, gli Stati Uniti fanno pressione sulla Francia affinché, nel nuovo scenario di guerra fredda, i paesi europei del blocco occidentale collaborino tra di loro per far fronte alla minaccia sovietica.
I vecchi rancori dunque dovrebbero essere messi da parte <15.
[...] Seguono, dal 1948 in poi, tutt’una serie di trattati: nel marzo del ’48 agli italiani residenti in Francia viene accordata una protezione sociale uguale a quella dei francesi, nel gennaio ’49 il governo italiano acquista materiale francese per rammodernare la linea telefonica, tra 1949 e 1950 vengono firmati diversi accordi doganali, mentre nel 1952 vengono organizzate cerimonie comuni per commemorare la campagna militare del 1859 e la guerra del ’15-’18, combattuta insieme <16. Infine, dal punto di vista internazionale, Francia e Italia percorrono la stessa strada all’interno del blocco occidentale e della futura Comunità Europea: nell’aprile 1949 l’Italia sigla il Patto Atlantico e nel ’55 entra nell’ONU.
[...] L’epurazione postbellica colpisce fortemente gli stranieri: a Nizza il 26% dei condannati sono italiani <20. Nonostante una certa diffidenza per lo straniero la Francia ha bisogno dell’immigrazione: il 3 marzo 1945 De Gaulle dice che bisogna, grazie all’immigrazione, “introdurre nel corso dei prossimi anni, con metodo e intelligenza, dei buoni elementi nella società francese” <21.
[...] Oltre a questa immigrazione legale e pianificata vi è quella clandestina. Migliaia sono gli italiani che, nel secondo dopoguerra, varcano le Alpi a piedi, nella speranza di trovare un futuro migliore in Francia. In un servizio del dicembre 1946 il settimanale «Tempo» descrive l’odissea di queste persone <25. La maggior parte viaggia in treno fino a Torino. Qui, in stazione, i migranti vengono riconosciuti e avvicinati da guide i quali li accompagnano lungo le valli fino a valicare il confine. Alla fine del 1946 il prezzo per essere accompagnati in Francia da queste persone si aggira sulle due mila lire a testa. Nella maggior parte dei casi i migranti vengono abbandonati appena arrivati in territorio francese. “Altri andranno in paesi più lontani; panche di terza classe o stive di piroscafi. È il vecchio triste problema di questa povera Italia dove non c’è pane per tutti”, chiude l’articolo.
[...] Per quello che riguarda l’epoca presa in considerazione vi sono diverse fasi da analizzare. Durante il periodo bellico si afferma l’italofobia, soprattutto nel sud della Francia e a Nizza, che subì l’occupazione italiana.
La volontà di farla pagare agli italiani per il “coup de poignard dans le dos” continua almeno fino al febbraio del ’47. Da questo momento (cioè dopo che si è decisa la rettifica dei confini franco-italiani) prevarrebbe, in entrambi i paesi, la volontà di riavvicinarsi e riappacificarsi.
[...] Al cambiare dell’atteggiamento del governo francese si modifica anche l’immagine degli italiani. Già nel 1946 con “Roma città aperta” Rossellini vince la palma d’oro a Cannes e mostra ai francesi le sofferenze della guerra italiana. Alla fine degli anni ’40 la sinistra riabilita l’Italia, che avrebbe già pagato a caro prezzo la sua adesione al fascismo. Nel 1948 Bartali vince il Tour de France, dando lustro al nome italiano nella più importante competizione sportiva francese. Lo sport però testimonia anche che, tra le due popolazioni, i risentimenti non sono ancora finiti: nel ’50 la squadra italiana deve abbandonare il Tour, a causa di incidenti verificatisi a ridosso della frontiera <32.
Una frase di Eric Vial testimonia bene la visione francese degli italiani: “Poco dopo la guerra, vista dalla Francia, l’Italia è il paese di don Camillo e di Gina Lollobrigida, del calcio e del turismo: poco serio ma simpatico” <33. In generale per i francesi l’Italia resta un paese-museo, dai bei paesaggi, e dai molti luoghi storico-artistici, con abitanti ospitali e dal carattere amabile, ma è comunque un paese del sud, anche dopo il boom economico, visto come più povero e arretrato <34.
[...] Il 28 agosto 1944 Nizza fu liberata dal movimento di Resistenza. In città la CGT aveva lanciato lo sciopero generale già dal 20 agosto. Il 19 settembre 1944 Virgile Barel è designato come presidente della Delegazione speciale che dovrà guidare la città fino alle nuove elezioni. Barel era stato eletto deputato nel 1936.
Il 13 maggio 1945 vincerà le elezioni la lista Républicaine, socialiste et de la Résistance, con 46.000 voti, contro i 33.000 della lista del PCF. A capo della città si trova l’avvocato Cotta, messosi in luce nelle file della Resistenza. Resterà in carica fino al 1947.
Da notare che, a Nizza, la rottura tra MRP, PCF e SFIO è stata decisamente anteriore a quella avvenuta nel governo francese.
Dal 1946 al 1951 la città conosce un lento spostamento dell’elettorato da sinistra verso destra. Le elezioni municipali dell’ottobre 1947 vengono così vinte da Jean Médecin (già maire di Nizza prima della guerra), sostenuto dai partiti di centro-destra, che manterrà la poltrona di “sindaco” fino al 1966, anno della sua morte. La sua politica e la sua linea di pensiero avranno un’influenza importante sull’immigrazione italiana post-bellica a Nizza <41.
Dalla fine del conflitto diversi sono stati i fattori che hanno caratterizzato la ripresa nizzarda, segnando la crescita della città fino ad oggi.
[...] Per quanto riguarda le attività economiche è importante sottolineare che tra il 1948 e il 1970, in tutto il dipartimento, furono costruiti 142.764 edifici. L’edilizia si pone così, insieme al turismo, come il principale motore dell’economia locale. Infatti, se nel 1954 i lavoratori in questo settore sono 21.852, nel 1972 saranno 43.000, moltissimi dei quali italiani.
A spiegare questa “febbre da costruzione” non sono sufficienti, da soli, la necessità di ricostruire gli edifici distrutti dalla guerra e il boom demografico. La costruzione è infatti mossa, in gran parte, dalla necessità di creare case per i turisti. I dati sono chiari: nel 1948, a Nizza, si hanno 300.000 turisti, che diventano 531.000 nel 1962. Fino a questa data i principali visitatori sono gli statunitensi, seguiti da inglesi e belgi, oltre chiaramente ai francesi, che rappresentano il 60% dei vacanzieri <42.
A modificare ulteriormente l’aspetto geografico della regione è l’abbandono progressivo dell’attività agricola: gli addetti a questo settore, tra 1954 e 1968 passano da 30.350 a 19.320. Ciò comporta un progressivo spopolamento dei villaggi dell’entroterra; i terreni, prima coltivati, vengono ora venduti.
Come nota P. Racine in un suo studio <43, i nuovi acquirenti, in generale, hanno come obiettivo non quello di rilanciare l’agricoltura, ma di avere una seconda casa per le vacanze. Anche questo fenomeno interessa da vicino gli immigrati italiani; in tanti infatti, nelle Alpi Marittime, praticavano l’agricoltura.
[...]
Per capire la situazione di Nizza nel dopoguerra è importante aprire una parentesi su un personaggio importante della sua storia contemporanea: Jean Médecin, maire della città tra il 1928 e il ’35, tra il 1940 e il ’43 e, ininterrottamente, dal 1947 al 1966, anno della sua morte. L’influenza della sua famiglia sulla città diventa ancora più evidente se si pensa che suo figlio, Jacques Médecin, sarà maire di Nizza dal 1966 al 1990, quando darà le sue dimissioni.
Per quello che riguarda il periodo prebellico Jean Medécin rappresenta la figura principale del centro-destra in tutto il dipartimento. Viene eletto maire di Nizza nel 1928, deputato nel 1932 e senatore nel 1938. Dopo l’occupazione del giugno 1940 il titolo di maire fu affidato dal nuovo governo di Vichy ancora a Médecin. Questi restò in carica fino a luglio ’43, quando il governo fascista lo costringe alle dimissioni a causa della sua assoluta opposizione alla causa di Nizza italiana. Nel giugno del ’44 le milizie naziste lo imprigionano a Belfort, da dove sarà liberato a fine guerra. Entrato nelle file della Resistenza e divenuto commissario della Repubblica a Montpellier viene dichiarato nuovamente eleggibile dalla risorta Repubblica francese. Comunque, nelle elezioni tenutesi a Nizza nel ’45 non si presenterà, e la sinistra, sfruttando il ruolo avuto nella Resistenza, otterrà un larghissimo successo.
Il ritorno di Jean Médecin sulla scena politica fa slittare l’elettorato verso destra. Il blocco moderato vincerà infatti le elezioni dell’ottobre 1947 e Médecin riprenderà la poltrona di maire. Diventerà anche presidente del Consiglio Generale delle Alpi Marittime dal 1951 al 1961 e segretario di stato nel 1955.
A succedergli sarà suo figlio, Jacques Médecin, eletto consigliere municipale di Nizza nel gennaio 1966 e maire un mese dopo.
La sua carriera sarà ancora più sfolgorante di quella del padre: nel 1973 diviene presidente del Consiglio Generale, deputato dal 1967 al 1988 e ministro del turismo dal 1976 al 1978.
A sostenere la posizione moderata dei Médecin vi sarà sempre «Nice Matin». Al paragrafo 1.7 si trovano esempi chiari della politica seguita da questi sindaci e sostenuta dal giornale.
[...] Nel 1911 il 26% degli abitanti della città sono stranieri, e tra questi il 93% sono italiani. Durante il fascismo l’immigrazione è soprattutto politica, e porta tanti italiani nella periferia e nella vecchia Nizza, che diventa sovrappopolata. Gli arrivi sono numerosi soprattutto dal Piemonte <44.
Durante la guerra, come già detto, molte famiglie decidono di tornare in patria. A questo fenomeno si aggiunge la cacciata di molti anti-fascisti italiani sotto il governo di Vichy. Alla fine della guerra molti italiani cacciati sotto la repubblica di Vichy vogliono tornare <45, altri sono costretti ad andarsene a causa dell’epurazione fascista. Nel frattempo la colonia italiana nella regione si ritrova dimezzata.
Per controllare il flusso di migranti in entrata il ministro del Lavoro (all’epoca del PCF) crea l’ONI. Inoltre il ministro degli Interni, per tutelarsi dai vecchi invasori, stabilisce che: le Alpi Marittime, l’Haut Rhin e la Mosella sono riservate agli aventi permesso di soggiorno rilasciato dalla Prefettura <46.
Si tende dunque a porre leggi sempre più restrittive sull’entrata nelle Alpi Marittime.
Diventa interessante ora osservare come avviene il rientro degli italiani nelle Alpi Marittime. Secondo uno studio di Claude Vincent <47, se nel 1926-31 Nizza raggruppava circa un terzo di tutti gli immigrati nelle Alpi Marittime, nel 1946 questo tasso si porta a circa il 48%. Gli italiani, dopo la guerra, tornano molto più velocemente a Nizza che nel resto del dipartimento.
In questo periodo la sinistra guida la città con Barel; l’obiettivo principale è quello di riavviare l’economia evitando le tensioni sociali, dunque tutelando i lavoratori francesi e naturalizzando persone il più possibile compatibili con l’economia locale. Permane ovviamente lo spirito antifascista anche nel reclutamento degli immigrati <48.
La posizione del nuovo maire di Nizza, Jean Médecin, conservatore, si fa ancora più dura nei confronti degli italiani.
[NOTE]
5 Vedi paragrafo 1.7.
8 «Nice Matin», Reprise des relations ferroviaires France-Italie, 8 gennaio 1946.
9 «Nice Matin», Dans Ventimille détruite l’abondance est revenue. Le résultat a été obtenu par le génie militaire anglais, la main d’oeuvre italienne et aux cheminots françaises, 2 febbraio 1946.
10 «Nice Matin», in Les relations commerciales franco-italiennes: Les deux pays viennent de signer des accords pouvant accélérer leur rétablissement économique, 14 marzo 1946.
11 Vedi ancora, a tal proposito, i paragrafi 1.7.2.2 e 1.7.2.3
12 «Nice Matin», L’Assemblée Nationale ratifie le Traité de Paix avec l’Italie, 14 giugno 1947.
13 «Nice Matin», in Négociations franco-italiennes: De grands travaux hydroelectriques seront entrepris le long de la frontière des Alpes, 8 giugno 1947.
14 «Nice Matin», (parla il Ministro Sforza) Même au prix de quelques sacrifices, l’Italie doit tout tenter pour s’entendre avec la France, 17 giugno 1948.
15 Vedi Bruna Bagnato, Regards croisés au lendemain de la Seconde Guerre mondiale, in Images et imaginaire dans les relations internationales depuis 1938, «Les cahiers de l’Insitut d’histoire du temps présent» (cahier n.28), sotto la direzione di R. Frank, giugno 1994, pagg. 61-70.
16 Ralph Schor, L’image de l’Italie dans la presse niçoise (1948-1953), in Jean Baptiste Duroselle, Enrico Serra (a cura di), Italia e Francia (1946-1954), Franco Angeli, Milano, 1988, p. 255.
20 Eric Vial, La fine di un’immigrazione, in Piero Bevilacqua, Andreina de Clementi, Emilio Franzina (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana. 2. Arrivi, Donzelli, Roma, 2001, pp. 141-46.
21 Ralph Schor, Histoire de l’immigration en France de la fin du XIXe siècle à nos jours, A. Colin, Paris, 1996. Vedi capitolo 7, La reprise de l’immigration: 1945-1974.
25 Paolo Rossigni, Un fiume di miseria valica le Alpi, «Tempo», n. 49, 21-28 dicembre 1946.
32 Vedi cap. 4.
33 Eric Vial, La fine di un’immigrazione, cit.
34 Cfr. Attilio Brilli, Un paese di romantici briganti: gli italiani nell’immaginario del Grand Tour, Il Mulino, Bologna, 2003. Cfr. Loredana Sciolla, Italiani. Stereotipi di casa nostra, Il Mulino, Bologna, 1997
41 Vedi paragrafo 1.7
42 André Nouschi, La guerre de 1939-1945 e Nice et son pays aujourd’hui (depuis 1946), cit., p. 437.
44 Vedi, per informazioni, Paul Caramagna, Les italiens à Nice dans l’entre deux guerres, mémoire de Maîtrise, Nice, 1974. In più si veda la tesi di Antonio Cavaciuti, relativa al periodo tra le due guerre.
45 Vedi Faidutti Rudolph, L’immigration italienne dans le Sud-Est de la France, Gap, 1964, pp. 9-10.
46 Journal Officiel del 19 marzo 1946.
47 C. Vincent, Les travailleurs étrangers à Nice de 1945 à 1974, mémoire de Maîtrise, Nice, 1975. Sugli italiani vedi capitolo 1: Les italiens, pp. 14-61.
48 C. Vincent, Les travailleurs étrangers à Nice de 1945 à 1974, cit., pp. 26-27.
Alessandro Dall'Aglio, Emigrazione italiana e sport a Nizza nel secondo dopoguerra (1945-1960), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Parma, Anno Accademico 2002/2003