martedì 29 agosto 2023

Orengo ha più volte affermato che è stato quel distacco dalla Liguria a generare in lui la necessità della scrittura

Mortola, Frazione di Ventimiglia (IM): uno scorcio

In fila come passeri appollaiati su un filo della 'luce' passavamo [n.d.r.: l'autore, Roberto Rovelli, e Nico Orengo] ore seduti sul parapetto della Via Aurelia, nel Giru d'u Marinà (Curva del Marinaio), al centro del paese [Mortola, Frazione di Ventimiglia (IM)]. Anche se non famoso come quello di Alassio, quello era il nostro muretto, il nostro ritrovo.
Non c'era l'Internet, non esisteva il telefonino o il laptop; agli inizi degli anni sessanta, nei paesini come il nostro era rara persino la televisione; il muretto era la nostra rete sociale.
Con l'avanzare dell'adolescenza, il fermento degli ormoni giovanili governava in gran parte le nostre azioni: amori sbocciarono; amicizie si cementarono; cotte e delusioni non mancarono; il muretto era la tavolozza!
Il venerdì era il nostro giorno preferito, specialmente d'estate, quando facevamo più cagnara.
Al venerdì, giorno di mercato a Ventimiglia, nel tardo pomeriggio si formavano lunghe file di auto francesi in coda per passare la frontiera. A volte, se il mercato coincideva con un ponte festivo o qualche altra giornata speciale, la coda si estendeva per chilometri arrivando persino oltre Latte.
La situazione era particolarmente sgradevole per i passeggeri delle corriere di sevizio intrappolate in quelle interminabili code o per quei pochi residenti locali che avevano l'auto e cercavano di ritornare a casa; non c'era alternativa, era l'unica strada.
Noi ci divertivamo ad interagire con i poveri automobilisti e, occasionalmente, non mancarono parolacce indirizzateci da frustrati autisti che non sempre apprezzavano i nostri commenti e schiamazzi.
Un venerdì l'occupante di una Renault Floride Spyder di colore ciclamino, rivolto ad una ragazza a braccetto con Nico, in tono sarcastico le gridò di saltare in macchina con lui se voleva un vero uomo e Nico, senza perdere una battuta, gli rispose ridendo: - è per quello che vai in giro da solo in una carrozzella rosa? -
L'uomo, poco compiaciuto, scese dall'auto rincorrendo Nico che, scimmiottandolo con passi esagerati delle sue lunghe gambe, saltellava lungo la strada accompagnato da un coro di risate.
Un concerto di clacson convinse l'uomo a ritornare alla sua auto e riprendere la lenta marcia.
Ma il tempo passava, le cose cambiavano ed un giorno Nico mi disse che i genitori lo avevano iscritto ad una scuola agraria a Torino dove si sarebbe trasferito alla fine dell'estate [...]
Roberto Rovelli, Ricordando Nico,  Facebook, 28 maggio 2023

Per quanto riguarda l’evocazione degli anni dell’infanzia si registrano varie corrispondenze fra i testi indiziati e "Terre blu", album di fotografie e ricordi, <27 opera che lo scrittore ha definito «una specie di lunghissima nota a piè di pagina a quello che ho scritto finora», <28 proprio perché in molti ricordi qui raccolti si possono riconoscere le fonti di situazioni poetiche e narrative sviluppate altrove. <29 Confrontare le diverse versioni degli stessi ricordi ci permetterà di evidenziare le costanti e le varianti e di misurare la manipolazione del materiale biografico.
[NOTE]
27 Terre blu. Sguardi sulla riviera di ponente, Genova, il Melangolo, 2001. Il testo  - una descrizione dei luoghi cari a Orengo visti attraverso il suo sguardo - è corredato di fotografie scattate da Giorgio Bergami e dallo stesso Orengo. Le fotografie e il testo, seppur legati perché rappresentano gli stessi luoghi, non sono interdipendenti (come avviene, per intenderci, nei romanzi di figure di Lalla Romano in cui il testo commenta e descrive le immagini e non avrebbe senso senza di esse). Infatti, la narrazione segue la scia dei ricordi dello scrittore, mentre le fotografie sono munite di semplici didascalie che si limitano a precisare il luogo in cui sono state scattate.
28 www.nicoorengo.it [n.d.r.: sito non raggiungibile]
29 Inoltre, Orengo parla qui di molte persone che entrano come personaggi nei suoi romanzi: Andrea che «era stato veramente in Argentina. C’era andato a fare il giardiniere alla “Casa Rosada” perché si era invaghito di Evita Peron che aveva visto nel Teatro Romano di Ventimiglia. Le aveva dedicato una rosa gialla che ancora si coltiva, poi era partito per Buenos Aires» (Tb, 13) è il nonno delle Rose di Evita; ci sono il «giornalaio, il Salvai» (Tb, 14), Libero e la signora Canzani che troviamo nella "Curva del Latte", nonché i tre pescatori, il Giga, il Matto, l’Ernesto che ricorrono in diversi testi; Adriano Viale «mio grande amico, maitre, cineasta, fotografo, amico di Morlotti e Sutherland» (Tb, 61) che compare negli "Spiccioli di Montale" e nella "Guerra del basilico".

Federica Lorenzi, Il paesaggio nell’opera di Nico Orengo, Tesi di Laurea, Université Nice Sophia Antipolis - Università degli Studi Di Genova, 2016

Lucamante: [...]  Gli interessi legati alla scrittura di un romanzo politico, ideologia di potere, impegno sociale, e desiderio di un profondo cambiamento societario si sono infatti spostati, a mio avviso, in uno spazio reso disponibile, ο comunque reso possibile, dalle più recenti campagne per la protezione dell'ambiente, anch'esse forma di lotta contro un nucleo più conservatore che si rifiuta di vedere le pur evidenti e gravi implicazioni di certa malcelata indifferenza all'ambiente. Potremmo definire le sue opere narrative come appartenenti ad una corrente narrativa "ecologica"? In altre parole, Le andrebbe la classificazione dei suoi lavori come di "romanzi ecologici"?
Orengo: Ne "Gli spiccioli di Montale" davo dello speculatore edilizio a uno che voleva distruggere proprio i posti dove ambiento i miei romanzi. <1 Mi hanno fatto una causa a Roma che ho vinto. E nel libro c'era anche un discorso ai Verdi di Ventimiglia. Indirettamente sì, potrei dire che essi ne fanno parte, sempre tenendo conto di quelle che sono le possibilità reali della letteratura. "La guerra del basilico" non è mai un romanzo politico in prima istanza, lo è di rimando, arrivando su dei temi che non sono ancora sotto la luce dei riflettori, per buttare la luce là dove ancora non si vede. Se c'è una presenza forte della natura, del tema della natura, esiste certo anche una preoccupazione per certi temi, ma non mi potrei mai definire un "romanziere ecologista"!
[NOTA]
1 "Comprai la scatola in mogano per acquarelli della Windsor & Newton quando venni a sapere che la Curia di Ventimiglia, contrariamente alla volontà del lascito Orengo, sarebbe riuscita a vendere la Piana di latte, l'uliveto a ridosso dell'antica strada romana, ormai sforacchiata da orribili cancelli in ferro e garages. Avrebbero liquidato i Pestarino, mia zia sarebbe stata sfrattata, e su quella terra avrebbero tirato su alberghi e case a schiera. La speculazione l'avrebbe fatta un mio vecchio compagno di scuola, Marcello, proprietario di pompe di benzina e di un magazzino alimentare Conad, col trip del costruttore. Da tempo comprava e ristrutturava, con appoggi dicci e psi, distruggendo, con un innato cattivo gusto, vecchie ville e casolari" ("Gli spiccioli di Montale" [Roma: Theoria, 1992], pp. 17-18).

Stefania Lucamante, Intervista con Nico Orengo, in “Rivista di studi italiani”, XIV (2), dicembre 1996

Si tratta di una produzione corposa e varia, unificata da un elemento: la geografia. Infatti, nell’opera narrativa e poetica di Orengo compaiono con insistenza i luoghi di origine della sua famiglia, Latte e La Mortola nell’estremo Ponente ligure, in cui egli ha trascorso una parte dell’infanzia e dell’adolescenza. Aveva sei anni quando la famiglia si è trasferita in Liguria, dove era solita passare le vacanze estive e sedici quando è tornato a Torino, città in cui era nato e dove ha vissuto per il resto della sua vita, tranne una breve parentesi romana. <6 Orengo ha più volte affermato <7 che è stato quel distacco dalla Liguria a generare in lui la necessità della scrittura, che si è offerta come una possibilità di ritorno nella terra amata e di recupero di una stagione vitale. La dimensione ligure è lo sfondo fisso della sua opera in cui egli descrive la flora e la fauna, i sapori e i colori della Riviera e ne rappresenta la popolazione umana con uno sguardo ironico.
Per queste caratteristiche peculiari la critica ha riconosciuto in Orengo una delle voci più originali del panorama letterario italiano.
[NOTE]
6 A Roma Nico Orengo terminò gli studi superiori e conseguì il diploma di maturità magistrale. Ospite della zia Renata e del marito Giacomo Debenedetti, conobbe scrittori e artisti che frequentavano il loro salotto, quali Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia.
7 Cfr. Stefania Lucamante, Intervista con Nico Orengo, in “Rivista di studi italiani”, XIV (2), dicembre 1996, pp. 138-151; Incontro con l’autore: Nico Orengo, in “Parchi”, 47, febbraio 2006, http://www.parks.it/federparchi/rivista/P47/103.html. Negli "Spiccioli di Montale" leggiamo un brano che illumina sull’ambiente culturale frequentato dallo scrittore a Torino: «Il distacco, quella ferita, mi avevano fatto scrivere […] Era un modo per non sentirmi orfano di mattine che sapevano di gladioli e ranuncoli, calle e calendule, mentre vivevo le parole che a Torino, affascinantemente, dicevano Giulio Einaudi e Massimo Mila, Italo Calvino e Norberto Bobbio, Leonardo Sciascia e Giorgio Manganelli. E fuori da lì, dall’Einaudi, Giulio Paolini, Luigi Tenco, Vasco, Alberto Gozzi, gli operai delle ceramiche Simonis, quelli della Ghia-Osi, dell’officina Fiat, ingresso 2» (SM, 16).

Federica Lorenzi, Op. cit.

Orengo: [...] Cioè, c'è una cultura ormai abbastanza omologata dei comportamenti, sia qui che fuori da qui, per cui ogni storia che io racconto là (in Riviera), in un fondale che conosco, in realtà la potrei raccontare da un'altra parte, se ne conoscessi ugualmente bene il fondale. Poi (le ambiento) là perché, intanto è il luogo delle radici, ma anche perché è una Liguria strana perché, come dire, è tipica, molto mare, scoglio, roccia, una Liguria pietrosa, impervia, ma allo stesso tempo è anche la Liguria degli inglesi, una doppia Liguria, fatta dagli inglesi, e quindi c'è una cultura in più. Questo è un fascino ulteriore alla motivazione di scrivere di lì.
[...] Lucamante: "La guerra del basilico", 1994. Un romanzo molto bello, ben costruito, pieno di colpi di scena. Feticci, miti, cinema, finzione, racconto nel racconto [...]. Come colleghiamo questi motivi emergenti fra i tanti di questo straordinario romanzo? E Sandra, con la Caulerpia taxifolia, non si sente defraudata del ruolo (apparente) di protagonista? Come mai non c'è ombra di una donna come Sandra, colta, in gamba, decisa, nel suo romanzo più recente?
Orengo: Anche questo romanzo si svolge in questo luogo, sempre chiuso, sempre vicino. Da un lato c'è l'albergo (si chiamava in altro modo, ma esisteva veramente) che, man mano passava di padrone in padrone, e quindi deteriorava sempre di più, sempre peggio tenuto, metafora dell'Italia di quegli anni. L'albergo veniva preso in mano da gente non del mestiere, anche quella una caratteristica di quegli anni, dove nessuno voleva più fare il suo lavoro, e ognuno voleva fare una cosa che "apparisse," e quindi anche questi avvocati, evidentemente, avevano voglia di star lì, vestirsi bene, fare le feste, esistevano veramente anche loro. C'era poi questo problema straordinario di quest'alga, scappata dal museo oceanografico di Montecarlo, un problema veramente grosso. Mi sembrava allora che da una parte dovesse esserci sempre una storia metaforica (l'albergo, gli avvocati), dall'altra una storia molto realistica, cioè l'alga, il personaggio di Sandra. Su questo mi piaceva, proprio una cosa da commedia, inserirla in un luogo che aveva ospitato Hitchcock, Grace Kelly, "Caccia al ladro", e il cinema in generale, perché tutto fa parte di quella parte di Riviera, vicino appunto al Principato di Monaco.
Stefania Lucamante, art. cit.