martedì 15 agosto 2023

Passavo le giornate tra le aule scolastiche, sale cinematografiche e lunghissime camminate sul mare o nei giardini di Sanremo

Sanremo (IM): un tratto dell'ex linea ferroviaria, oggi pista ciclopedonale, ed uno scorcio di Corso Imperatrice

Nel 1973, ricorda Giuseppe Conte: «lasciai le città dove avevo passato gli anni della mia formazione, Milano prima, poi Torino, tornai a vivere in Liguria a Sanremo, mi sposai senza l'idea di formare una famiglia, mi misi a insegnare controvoglia in una scuola per geometri». <27 Quell'anno rappresenta una svolta importante nella vita e nella produzione di Conte: «Sentivo crescere dentro di me uno scontento, un istinto di ribellione, un'ossessione dell'eros, un'energia vitale che mi spingevano a rimettere in discussione la mia vita, il mio credo, il mio sapere, le mie stesse origini». <28 In questo periodo di «caos rivoltoso e feroce» <29 Conte si costruisce una nuova visione del mondo e si ribella alla cultura europea di quegli anni, «inaridita, avvelenata, […] analitica […] che strozzava ogni slancio creativo e rendeva impossibile pensare a nuovi scenari di canto, a una poesia sempre più astratta, intellettuale, ideologica o intimistica, priva di energie cosmiche e di divinità». <30 In questo modo, spiega il poeta, «mi ribellavo all'inaridimento di me stesso che l'idea di poesia, in me e fuori di me, potesse morire». <31 Ricordando quegli anni di vita sanremese, aggiunge:
"Povero in un quartiere di ricchi, emarginato dalla società letteraria, lontano da ogni centro di potere, passavo le giornate tra le aule scolastiche, sale cinematografiche e lunghissime camminate sul mare o nei giardini di Sanremo leggendo D. H. Lawrence e Alce Nero parla come Vangeli. […] Poi incontrai i libri di Hillman, di Eliade, di Jünger, di Splenger. Conobbi il sapere del Tao e dell'Induismo. Cantavo animali, alberi, fiori, onde, ma in realtà celebravo la caduta di Prometeo, di colui che aveva attaccato gli dèi per dare agli uomini la potenza civilizzatrice, ma oramai rivelatasi anche devastatrice e avvelenatrice, della tecnica. Era venuto il tempo di risacralizzare il fuoco, di rivedere gli dèi nella natura inquinata e morente, di riscoprire la potenza del mito".<32
e della poesia. Il poeta vuole reintrodurre il mito nella letteratura moderna e nella società e cultura occidentale continuando il «lungo lavoro di scavo di studiosi, tra gli altri, come Kàroly Kerényi e Carl Gustav Jung, James Hillmann e Mircea Eliade, Georges Dumézil e Jean-Pierre Vernant, Elémire Zolla e Joseph Campbell». <33
I primi testi poetici di Conte sono pubblicati da "Altri Termini" nel 1973-1974. Una prima versione della lettera in versi "Épater l'artiste" <34 appare sul numero 4-5 della rivista e, nel 1975 viene ripubblicata una versione più breve nell'antologia "Il pubblico della poesia", a cura di Alfonso Berardinelli e Franco Cordelli. <35 Questo volume suscita polemiche e reazioni contrastanti. Tuttavia Giancarlo Ferretti sottolinea l'importanza della pubblicazione perché costituisce il primo tentativo di orientamento e di sistemazione della produzione poetica post-sessantottesca, frammentaria ed emarginata dall'editoria. La poesia di Conte viene collocata «nell'area di più diretta filiazione neoavanguardistica». <36 Enzo Siciliano <37 si domanda il perché di quella collocazione e Silvana Castelli parla di un Conte «spaesato» <38 inserito all'interno di quella pubblicazione. Effettivamente, se da un punto di vista stilistico i versi del poeta ligure presentano aspetti di un certo sperimentalismo neoavanguardistico, da un punto di vista tematico c'è già la proposta di riabilitazione del fare letterario e la polemica nei confronti dei Novissimi.
[...] Dal 1981 al 1989, il poeta ligure intensifica i suoi viaggi: Irlanda, Orcadi, Cipro, Alto Egitto, India del Sud, New Mexico. Egli è accompagnato, a volte, dalla moglie Maria Rosa e dal critico Giorgio Ficara, suo amico e fedele lettore. Raccoglie in "Terre del mito" una sorta di diario di viaggio, ma il libro è anche un testo di poetica importante. <90
Nel 1983 i coniugi Conte che si trasferiscono a Capo Berta, tra Oneglia e Diano Marina, sempre nel ponente ligure, in una casa con un giardino molto grande. Di questa casa affittano un piano dove hanno come ospite, tra gli altri, Mario Soldati per il quale il poeta imperiese ha una grande ammirazione. Nella villa vengono accolti molti intellettuali come nella casa di Sanremo. Conte continua a non risparmiarsi come viaggiatore.
Nel 1985 si reca a New York, S. Francisco, New Mexico. Visita la tomba di Lawrence sulle Montagne Rocciose. Poi è la volta di una riserva indiana, Taos Pueblo. Questo eterno viaggiare fa sentire Conte cosmopolita: sente di appartenere al mondo e a nessun posto in particolare. In alcuni luoghi ama soggiornare per lunghi periodi, come in Bretagna.
Abita per quindici anni a Nizza (dal 1991 al 2006), prima di tornare ad abitare a Sanremo dove risiede tutt'oggi, e questo lo fa sentire francese. Oltre tutto, come abbiamo già avuto modo di dire, le sue opere hanno un vasto successo in Francia.
In mezzo a questi viaggi Conte non dimentica la Liguria. Egli, anche se afferma di non sentirsi profondamente ligure, è molto legato a questa terra. Lo dicono molte delle sue espressioni poetiche, la rappresentazione del paesaggio, simbolico e non, i particolari della vegetazione a lungo vissuti e amati, la nostalgia per la cucina povera ma sapientissima.
[...] Continua i suoi viaggi e a Parigi, durante la festa per il premio al Beaubourg, Giuseppe Conte incontra per il poeta siriano Adonis, il grande poeta arabo di cui promuove la traduzione in italiano delle sue opere.
Dopo avere insegnato per alcuni anni nella scuola, all'Istituto di Istruzione Superiore «Cristoforo Colombo» di Sanremo, decide di darsi esclusivamente alla scrittura.
Nel 1987 presso Rizzoli viene pubblicato il romanzo "Equinozio d'autunno". <103 Si tratta di un racconto complesso dove alla vicenda centrale si intrecciano leggende celtiche. L'opera riceve apprezzamenti, ma anche critiche a volte distruttive a volte più sottili e ironiche.
Nel 1988 per la collana Bur la Rizzoli pubblica "Le Stagioni" considerato da molti critici la migliore raccolta poetica di Conte e Giorgio Montefoschi lo definisce «un libro di straordinaria bellezza»: <104 si tratta di un poema che parla del cosmo, delle divinità, della natura. Sono i temi già presenti nelle poesie prodotte fino ad ora e che costituiscono il sostrato della cultura e della filosofia di Conte. Vi si intravede un primo interesse del poeta per la mistica della religione islamica. Nella raccolta si avverte una discontinuità rispetto al mondo dei miti che nelle raccolte precedenti sembrava costituire un'alternativa al buio del presente.
[...] Insieme a Stefano Zecchi, nel 1996, organizza il "Festival Mitomodernista" <135 di Alassio, evento destinato a ripetersi negli anni. <136 Sono gli anni dell'esperienza televisiva di Conte il quale, con Silvia Ronchey e Giuseppe Scaraffia e con RAI 2 realizza un programma televisivo dal titolo "L'Altra edicola"; dedica venticinque puntate al racconto di miti di tutto il mondo. Per Rai 1 (Uno mattina e Casa RAI 1, con contratto di autore e presenza in video) dirige alcuni programmi di poesia in collaborazione con il Comune di Sanremo e il «Teatro Ariston». <137 A Verona rappresenta l'Italia, per volontà dell'Unesco, nell'«Institut mondial de l'opera et de la poesie». Viene invitato ovunque da prestigiose università ed è sempre più presente in testi antologici.
[NOTE]
27 G. Conte, Nota dell'autore, in Id., L'Oceano e il Ragazzo, TEA, Milano, 2002, p. 5. Nel 1973 si sposa con l'amata Maria Rosa (Mary) e con lei andrà a vivere a Sanremo. I coniugi abiteranno in un'antica villa liberty in cui converranno spesso intellettuali e poeti.
28 Ibidem.
29 Ibidem.
30 Ibidem.
31 Ibidem. 32 Ivi, pp. 5-6. Ci piace ricordare che Conte intrattiene un rapido epistolario con Ernst Jünger: «mandai a Jünger l'edizione francese dell'Oceano e il ragazzo, e con mia enorme sorpresa mi arrivò una sua cartolina con un apprezzamento: "le sue poesie hanno davvero radici nel mito" che ti puoi immaginare quanto mi abbia fatto gioire. In seguito, ricevetti diverse cartoline raffiguranti una earias jungeriana, la farfalla che prende il suo nome e una bellissima con la foto di lui e Borges che bevono champagne nella casa di Wilflingen, ogni cartolina con un saluto e un giudizio generoso sui miei libri». D. Brullo, Giuseppe Conte: il poeta-paladino dell'occidente, 10 dicembre 2017 "Pangea. Rivista avventuriera di cultura e idee" (online: https://www.pangea.news/giuseppe-conte-poeta-paladino-tramonto-delloccidente/, consultato il 20 ottobre 2021).
33 G. Conte, Il sonno degli dèi. La fine dei tempi nei miti delle grandi civiltà, Rizzoli, Milano, 1999, p. 15.
34 G. Conte, Épater l'artiste, "Altri Termini", 4-5, 1973-1974, pp. 3-18.
35 G. Conte, Épater l'artiste, in AA. VV., Il pubblico della poesia, a cura di A. Berardinelli, F. Cordelli, Lerici, Cosenza, 1975, pp. 149-162. Il testo viene ripubblicato nelle successive edizioni dell'antologia pubblicate da Castelvecchi, Roma, nel 2004 (pp. 168-181) e nel 2015 (pp. 123-134). La lettera in versi scritta a Torino, luglio-ottobre 1973, è di chiara ispirazione anceschiana, dedicata a Franco Cavallo, dove Conte definisce la letteratura «l'unica voce che tenta di non parlare il linguaggio del capitale» (p. 124 dell'ultima edizione citata). Il testo viene considerato da molti critici il manifesto dell'antologia.
36 A. Berardinelli, Effetti di deriva, in AA. VV., Il pubblico della poesia, a cura di A. Berardinelli, F. Cordelli, op. cit., p. 23. L'antologia è divisa in quattro parti e Conte, insieme ad Adriano Spatola, Cesare Viviani e Sebastiano Vassalli, è inserito in quella intitolata La gente guarda e tace, entra al supermercato.
37 E. Siciliano, Trova lettori solo in sé stessa la poesia giovane, "Il Mondo", 13 novembre 1975, ora in AA. VV., Da Narciso a Castelporziano. Poesia e pubblico degli anni Settanta, a cura di A. Barbuto, Edizioni dell'Ateneo, Roma, 1981, pp. 64-71.
38 S. Castelli, I lettori tornano sui testi di poesia, in AA. VV., Da Narciso a Castelporziano. Poesia e pubblico degli anni Settanta, a cura di A. Barbuto, op. cit., p. 81.
90 Scrive Conte: «Viaggiare è sempre stata per me l'esperienza più forte e irradiante: quella più vicina al senso dell'amore, e quella più capace di simbolizzare il processo morte-rinascita, di portarmi sul confine tra il visibile e l'invisibile, tra il finito e l'infinito. I libri più grandi per me sono stati veri e propri viaggi, come i baci più veri, e come i sogni. Spesso sono partito per conoscere la vastità del mondo, per inseguire dei fantasmi, per conseguire delle mete, per compiere un dovere, per liberarmi da un ricordo, per sfuggire a un'angoscia. E talvolta come i veri viaggiatori che partono per partire, ho anch'io scelto innanzitutto di mettermi in movimento per cogliere l'essenza dei miei desideri e della mia vita.» G. Conte, Terre del mito, Mondadori, Milano, 1991, p. 1.
103 Il romanzo viene recensito da A. Bertolucci, Sara nella tempesta, "Panorama", 5 aprile 1987, pp. 25-26.
104 G. Montefoschi, Il mantello di Flora, "Il Messaggero", 3 dicembre 1988 (archivio Conte).
135 Conte, a proposito del movimento, dichiara: «Non è un gruppetto di poeti o di artisti che propugna la sua poetica, non è un movimento di tendenza e basta. […] Mitomodernismo è una "direzione", il guardare avanti per una strada verso dove l'energia creatrice non è mai morta, verso dove "tutto ricomincia", come nel mito, nelle sue eterne domande sul perché, sulle origini, sull'anima, sul cosmo.» E continua: «Il Mitomodernismo legge il mito con gli occhi della modernità, e la modernità con gli occhi del mito: tutto è vivente, tutto è antico, tutto è contemporaneo, tutto quello che vive e si proietta nel futuro.» G. Visci, Forme e temi nella poesia di Giuseppe Conte, Tesi di Laurea in Letteratura italiana e moderna, Università degli Studi di Roma "La Sapienza", 2002-2003, p. 16.
136 Qui Conte presenta l'opera L'iliade e il jazz su musiche di Duke Ellington. 137 Ci piace ricordare la collaborazione di Giuseppe Conte con il «Teatro Ariston», dal 23 marzo 2020, durante la pandemia, per molti mesi, sulla pagina facebook («Teatro Ariston Sanremo»), sul canale Youtube («Ariston Sanremo») e sul sito www.aristonsanremo.com, in uno spazio virtuale, viene trasmesso Alle cinque della sera, dal lunedì al venerdì. Conte è protagonista della rubrica Le più belle poesie d'Amore del mondo.
Monica Ramò, L'universo poetico di Giuseppe Conte, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Genova - Université Côte d'Azur, 2022

Giuseppe Conte (Imperia, 1945), è autore di  raccolte di poesia, tra cui "L'Oceano e il Ragazzo", uscita in Italia nel 1983 e ristampata nel 2002, e tradotta con prefazione ["Cosa sono gli dèi, oggi per noi? Per Giuseppe Conte sono la presenza della preistoria nei luoghi, anzi della storia preumana, gli inizi della vegetazione e della fauna, e prima ancora il formarsi della struttura del suolo; sono il permanere dello stupore delle origini, l'avida trepidazione del primo sguardo umano che distingue e nomina piante e animali e costellazioni." (Italo Calvino)] di Italo Calvino in Francia (Premio Nelly-Sachs) e negli Stati Uniti, e "Ferite e rifioriture", Premio Viareggio 2006. È anche autore di saggi, libri di viaggio e romanzi, tra cui "Il terzo ufficiale" (Premio Hemingway), "La casa delle onde" (Selezione Premio Strega), "L'adultera" (Premio Manzoni). Il suo ultimo romanzo è "Il male veniva dal mare", uscito nel 2013. A lui si devono anche traduzioni da Blake, Shelley, Whitman e Lawrence, e due monumentali antologie internazionali di poesia. È autore di opere teatrali e di libretti d'opera. Ha collaborato a programmi di RAI1 e RAI2, e scrive editoriali e articoli letterari per diversi quotidiani. Ha tenuto conferenze e letture  di poesia in più di trenta paesi del mondo. Le sue poesie sono tradotte in tutte le lingue europee e, tra le extraeuropee, in arabo, turco, hindu e cinese. Suoi romanzi e racconti sono tradotti in francese, inglese, olandese, russo e greco.
Redazione, Giuseppe Conte, Ossigeno nascente. Atlante dei poeti italiani contemporanei

Ed è proprio nel tempo astorico o, meglio, preistorico, come osserva Calvino <810, che Conte fa scoprire al lettore quegli dèi che hanno ispirato la razza umana fin dalle proprie origini. Infatti, Bormano/Diana <811, dea dell'annientamento "fatata, stregata" <812, "feroce" <813 e della rinascita è invocata in tutta la raccolta, ma specialmente in Lucus Bormani [n.d.r.: nella zona del Dianese in provincia di Imperia] <814 dove si rileva la cessazione del tempo. Bormano è ancora presente, è "vicina" <815, è in ogni aspetto della Natura, che si anima e si divinizza nei fiori - crochi, ginestre, valeriane, candidi iris - e negli animali selvatici, è una cerva che lascia le orme sulla rena e, sotto spoglie umane, diventa "ragazza ligure dai capelli di cerva" <816. È, quella di Conte, una poesia visionaria che crea una dimensione mitica anche nel contesto odierno. L'ispirarsi a Bormano, rileva Calvino <817, mette in evidenza il desiderio di Conte di fondersi sia con la natura che con le tradizioni culturali della sua Liguria nativa ricostruendo, nei suoi versi, l'autentico franante paesaggio ligure, quadro naturale che già aveva abbozzato in "Primavera", perfezionato in "Equinozio", e ripreso in "Casa".
La lirica centrale, la più densa e significativa di "Oceano" è l'"Elegia scritta nei giardini di Villa Hanbury [n.d.r.: nei Giardini Hanbury in Frazione Mortola di Ventimiglia (IM)]" dove la natura diventa arcaica, incantata e luminosa e dove i metaforici acanti-guerrieri dell'aiuola divengono un simbolo di vitalità e rinascita, un'interpretazione della natura in chiave di eros dipinta con quello che è definito da Ficara <818 una forza-linguaggio spaziante dal fuoco e dalla potenza delle immagini della natura nel giardino ligure fino al brusco ritorno alla vita quotidiana - il rientro alla dimora in auto, la sosta a fare la spesa... <819 -. Anche in questa lirica Conte mette in evidenza, a nostro avviso, la sterilità del rapporto natura-uomo, squilibrio però mitigato da quella luce, timidamente soffusa di speranza, che così sovente fa capolino dalle pagine delle sue opere: "Faremo l'amore tra noi ancora, e da noi// non si alzeranno i boschi, non// nasceranno guerrieri (...). Siamo di gioia// disperata, né fiori dell'acanto né ponente// (...). Siamo aridi, vinti, ma (...) ci è possibile// un canto" <820.
[NOTE]
811 Si tratta di un'antica dea ligure, Diana per i Romani.
812 Oceano: 116.
813 Oceano: 118.
814 Oceano: 115.
815 Oceano: 119.
816 Oceano: 115,116.
817 in Stortoni-Hager 1987: XVIII.
818 in Oceano: 19.
819 Oceano: 86.
820 Oceano: 87.
Rosa-Luisa Amalia Dogliotti, Arte e mito nell'opera di Giuseppe Conte. Lo scrittore come sciamano, Tesi di laurea, Università del Sud Africa, 2005
 
Gli aspetti evidenziati da Calvino nei confronti di Conte vengono ribaditi da Ficara che fa riferimento alle «onde metafisiche» <540 che battono continuamente il paesaggio ligure di Conte a picco sul mare. Esso è sprofondato in un silenzio marino in attesa di essere annientato o ricreato. Pur ereditando molti elementi esterni dai precedenti poeti liguri, si diversifica, ad esempio, nel significato metafisico attribuito al mare, inteso nella sua poetica, come un simbolo della forza e del mistero.
Calvino accenna alla rappresentazione barocca della natura e Conte sembra contrapporvi la consapevolezza che quei paesaggi descritti nei suoi versi sono continuamente in pericolo, minacciati o già estinti. Con le espressioni «che cos'era il mare», <541 oppure «si diceva», <542 il poeta ligure allude a una realtà perduta, mentre in "Secondo la profezia" <543 viene annunciato un futuro crollo della Liguria in mare. Le varie componenti del paesaggio (gli orti, i giardini, i fiori) non scompaiono. Ciò che a volte sembra compromessa è la chiara differenziazione tra il mondo esterno e il soggetto, tra la veduta e l'osservatore. In alcune poesie di Conte (come in Caproni <544) il paesaggio è uno spazio dove, scrive Francesca Sensini, «l'esterno tende a corrispondere e a scontrarsi con l'interiorità del soggetto e dove le usuali distinzioni sfumano o vengono meno. Come in Montale, Calvino e molti altri del Novecento, la realtà, posta prima sotto gli occhi di un osservatore centrale e centrato su di sé, precipita dentro, facendosi coscienza, e sembra che soltanto da dentro possa tornare a inverarsi con il suo carico di possibile salvezza o pericolo. […]». <545
Certamente gli scrittori e i poeti liguri che hanno scritto in passato sulla Liguria, appartengono a Conte, quasi in modo genetico. La Liguria è certamente il retroterra della ligusticità perché suggeritrice di immagini suggestive per tutti i poeti liguri. Possiamo dire che Conte condivida con Montale orti, <546 mare, macchia, alcuni stilemi ed emblemi, per esempio quel «tacchino sperduto» <547 che somiglia molto alla «gallina zoppa». <548 C'è in Montale l'idea dell'attesa continua di un'apparizione; Conte forse ha qualche volta culturalmente scavalcato il muro, quello in cima ai «cocci aguzzi di bottiglia»,549 perché un tipo di cultura che accetta la visione non si limita all'attesa «ma cerca proprio di profondersi nelle visione stessa» <550 e, aggiunge Conte «io ho l'impressione cioè che la paura della visionarietà sia qualcosa che ha bloccato il nostro secolo, e credo che la poesia per vivere nuove stagioni deve essere portatrice di visioni anche sapendo che va sul crinale sottile della follia, e della menzogna, naturalmente». <551
[NOTE]
540 G. Ficara, Introduzione, in G. Conte, L'Oceano e il Ragazzo, op. cit., 2002, p. 23.
541 G. Conte, Che cos'era il mare, in Id., L'Oceano e il Ragazzo, op. cit., 202, p. 55.
542 Ibidem.
543 «La Liguria crollerà in mare, è certo […]», G. Conte, Secondo la profezia, in Id., L'Oceano e il Ragazzo, op. cit., 2002, p. 59.
544 Si veda: G. Caproni, La frana, in Id., L'opera in versi, edizione critica a cura di L. Zuliani, Introduzione di P. V. Mengaldo, cronologia e bibliografia a cura di A. Dei, I Meridiani, Mondadori, Milano, 2001, p. 554.
545 F. I. Sensini, Anarchici e fuori tema: orti, giardini e fiori di Giorgio Caproni, in AA.VV., A trent'anni dal “congedo” di Giorgio Caproni. “Scendo, buon proseguimento”, a cura di F. De Nicola, F. Marenco, Oltre s.r.l., Sestri Levante, 2021, p. 74.

Monica Ramò, Op. cit.