Al principio questa impresa editoriale si presenta sostanzialmente come un foglio, e di promozione turistica dei territori della riviera ligure, e di propaganda della famosa ditta produttrice di olio, tutt’oggi esistente: “P. Sasso e Figli”. Di qui l’eccezionale tiratura della rassegna che nel 1899 raggiunse per allora lo straordinario numero di ottocento-centomila copie (con una punta di centoventimila nel mese di maggio dello stesso anno). Questo almeno sino al 1901, quando Mario Novaro assunse di fatto la direzione della testata imprimendole una svolta radicale <14. Da “un’amena e simpatica trovata fin de siècle” <15 la «La Riviera Ligure» si trasformò rapidamente in una rivista letteraria di primaria importanza nel panorama dell’editoria italiana. Il “direttore-dittatore” <16, infatti, oltre a svolgere l’attività d’imprenditore nell’azienda di famiglia, era ancora prima un letterato, un critico, un saggista e anche un poeta e scrittore allora abbastanza apprezzato <17.
Laureatosi in filosofia a Berlino nel 1893 e, l’anno seguente, all’Università di Torino nella medesima materia, Mario Novaro era uno studioso particolarmente impegnato in materia di occultismo e di teosofia. Questo forte interesse per il ‘trascendente’, per altro molto comune negli intellettuali della generazione operante alla fine dell’Ottocento, lo portò a rimodellare la sua rivista secondo modelli di chiara impronta simbolista. Fra i primi e più importanti collaboratori invitati a partecipare alla nuova impresa figura, infatti, non a caso Giovanni Pascoli (1855-1912) il quale intrattenne con Novaro un lungo e duraturo rapporto, di lavoro prima e di amicizia poi, basato sulla stima reciproca <18. Del poeta sammaurese «La Riviera Ligure» pubblicò negli anni numerose poesie, queste ultime spesso accompagnate da illustrazioni appositamente realizzate per l’occasione. Tra i componimenti pascoliani editati dalla testata ligure, si prenda a titolo esemplificativo "Inno all’Olivo" (poi ristampata nei “Canti di Castelvecchio” col titolo 'La canzone dell’ulivo') illustrata da un disegno a inchiostro di Plinio Nomellini (1866-1943). A parte le facili speculazioni circa una sospetta coincidenza fra i versi di Pascoli, il disegno dell’artista livornese (dominato dalla figura della pianta oleacea) e l’attività economica principale dell’editore, ossia di una “calcolata e sagace sponsorizzazione” letteraria <19, questa felice “unione di studi liberali e felici commerci” <20 rientra esattamente in quel clima di ‘integrazione tra le arti’ e il mondo dell’economia in cui prende forma l’Art Nouveau. Da un punto di vista squisitamente grafico la poesia simbolista pascoliana, “decorativa […] stilizzata, fatta di contorni, di sapienti sagomature” <21, trova sul versante del componimento visivo una perfetta corrispondenza omologica nell’immagine fortemente evocativa e sintetica, realizzata per mezzo di linee fluenti e ben delineate, composta da Nomellini. Lo stesso Pascoli, del resto, riconosce questa ‘convergenza’ stilistica quando esprime in più occasioni tutto il suo apprezzamento per l’opera dell’artista livornese <22. Tuttavia, in questo caso si tratta più di una giustapposizione fra due arti ‘sorelle’ che non di una vera e propria unione in un tutt’uno organico. In altre parole, testo e immagine si corrispondono, ma non si fondono realmente insieme.
L’esempio più emblematico di una vera unione fra parola e disegno presente sulle pagine de «La Riviera Ligure» è fornito dall’opera di un altro grande protagonista della stagione liberty in Italia, Giorgio Kienerk (1869-1948). A quest’ultimo, infatti, si deve sia il rinnovamento generale del layout della rivista, sia l’intera impostazione grafica la quale, a partire dal n. 27 del 1901, caratterizzerà l’immagine della rassegna per oltre un lustro. La formula adottata da Kienerk per la testata è esemplare: all’interno di un riquadro ondulato fortemente asimmetrico, evocante i flutti del mare, campeggiano le lettere che compongono il nome della rivista; queste ultime a loro volta fanno eco all’andamento sinuoso ed eccentrico della cornice adottando un lettering morbido, d’ispirazione appunto ‘undamorfa’, che unisce i singoli segni fonetici fra di loro secondo uno schema libero che elude, di fatto, l’impostazione tradizionale della rigida griglia gutemberghiana di stampo moderno. Questo stile, utilizzato per molti altri lavori pubblicati sia su «La Riviera Ligure» che in altre testate (loghi editoriali, capilettera, fregi, finalini ecc.), Kienerk lo chiama giustamente “geroglifico” <23, ossia un componimento sintetico/astratto in cui il segno grafico (significante) e la parola o concetto (significato) coincidono. Lo stesso carattere conciso, simbolico e fortemente decorativo lo si può riscontrare anche in disegni più impegnativi (tavole autonome, vignette e illustrazioni a tutta pagina), in cui emergono chiaramente due linee stilistiche differenti: l’una divisionista, sulla scia di Nomellini, ma interpretata con forti accenti nordici vicini ai modelli provenienti soprattutto dai maestri del simbolismo belga (in primis di Fernand Khnopff) <24; l’altra incentrata sull’utilizzo di un rigoroso à plat derivato, come lui stesso scrive, dai disegni che “si vedono per le riviste inglesi e tedesche” <25.
Diverso, sia da Nomellini che da Kienerk, è il caso del terzo e più importante collaboratore de «La Riviera Ligure», il genovese Edoardo De Albertis (1874-1950) <26. Più giovane rispetto ai due artisti toscani, De Albertis adotta un divisionismo grafico per così dire ‘severo’ che denuncia chiaramente un orientamento stilistico differente. Il suo tratto infatti, seppure sempre filamentoso, s’irrigidisce alquanto, mette in evidenza la plasticità dei corpi e gioca per quanto possibile su potenti effetti di chiaroscuro; tutti ingredienti, questi, che denunciano apertamente la volontà da parte dell’artista di aderire a un linguaggio riconducibile stilisticamente all’interno in quella variante del Liberty nostrano, di stampo eminentemente neomichelangiolesca, promosso e diffuso dal coetaneo e ben più famoso Adolfo De Carolis <27.
Questa situazione rimase pressoché immutata sino al 1904 quando Novaro, dopo avere faticosamente ordito una fitta rete di relazioni in grado di dare vita a una rivista solidamente impostata sullo stretto binomio testi/arti figurative, decise improvvisamente di sciogliere questo legame per concentrarsi esclusivamente sul versante letterario. Già l’anno successivo, infatti, in molti numeri non compaiono più tavole illustrate, ma solo alcuni fregi ornamentali concepiti da Kienerk qualche tempo prima. A partire dal 1906 la svolta è completa e più nessun tipo di fregio adorna le pagine della testata. Le ragioni di questo cambiamento repentino sono varie, non ultime quelle di origine economica, ma, come spesso accade, le giustificazioni finanziarie costituiscono molto spesso un alibi per nascondere “motivi di ordine ideologico e psicologico” <28. La volontà da parte di Novaro di recidere definitivamente con il passato ‘commerciale’ della rivista potrebbe quindi averlo indotto a rinunciare a quell’apparato illustrativo d’impronta Liberty oramai troppo corsivo, ‘popolare’ e, cosa più importante, indissolubilmente legato all’ambito della réclame.
[NOTE]
14 A partire dal n. 25 compare sulla prima pagina della rivista la dicitura “nuova serie” a rimarcare il nuovo cammino intrapreso. Inoltre, la stampa del giornale fu affidata alla famosa casa editrice F.lli Treves di Milano la quale, come noto, era da tempo impegnata a rinnovare la propria offerta editoriale sull’esempio delle coeve esperienze straniere.
15 R. BOSSAGLIA, La Riviera Ligure. Un modello di grafica liberty, Costa & Nolan, Genova, 1985, p. 8.
16 Cfr. E. SANGUINETI, Valorosi e noti, in R. BOSSAGLIA, cit., pp. 23-28.
17 Fra gli scritti più importanti di Mario Novaro si possono qui ricordare i saggi La teoria della casualità in Malebranche (1893), Il concetto di infinito e il problema cosmologico (1895), la curatela critica dei Pensieri metafisici di
Niccolò Malebranche (1910) e le poesie pubblicate nella raccolta Murmuri ed echi (1912).
18 Per una ricostruzione sui rapporti fra Mario Novaro e Giovanni Pascoli si veda M. NOVARO, Alcune lettere inedite di Giovanni Pascoli, Nante, Imperia, 1934; inoltre P. BOERO (a cura di), Lettere a “La Riviera Ligure” 1900-1905,
Edizioni di Storia e Letteratura, Roma , 1980.
19 E. SANGUINETI, cit., p. 27.
20 Lettera riportata in P. BOERO, cit., p. 13 (lettera 20)
21 R. BARILLI, Pascoli simbolista. Il poeta dell’avanguardia debole, BUP, Bologna, 2012, p. 27.
22 Cfr. P. BOERO, cit., pp. 6 (lettera 10); pp. 7-8 (lettera 12).
23 Ivi, p. 14 (lettera 22).
24 Significativo in proposito segnalare che Kienerk fu l’unico artista italiano, dopo Segantini, ad essere invitato da Octave Maus al Salon de la Libre Esthétique del 1901 a Bruxelles.
25 Cfr. P. BOERO, cit., p. 15 (lettera 23). Nella lettera del 15 dicembre del 1901 inoltre Kienerk cita espressamente come modello di riferimento le riviste monacensi «Jugend» e «Simplicissimus» (cfr., ivi, p. 26, lettera 39).
26 De Albertis è stato oltre che illustratore anche un pittore, decoratore e incisore, ma soprattutto un importante scultore attivo soprattutto a Genova, che ha segnato il passaggio dal Liberty al Déco e al Novecentismo. Per una ricostruzione completa della figura dell’artista si rimanda al fondamentale contributo di D. COLOMBO, Eros e Thanatos. La scultura di Edoardo De Albertis a Staglieno, Erga, Genova 1996; inoltre si veda C. OLCESE SPINGARDI, La scultura, in F. SBORGI (a cura di), Il mito del moderno. La cultura liberty in Liguria, Fondazione Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova, 2003, pp.139-163 (con bibliografia precedente).
27 Cfr. qui cap. 3.1.
28 R. BOSSAGLIA, cit., p. 21.
Giuseppe Virelli, «L’Eroica» e la xilografia italiana dal tardo Liberty all’Espressionismo (1911-1917), Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012
Il contributo di Calò, che suggellava la sua passione poetica nata per amore e favorita dall’amicizia con Marino Moretti, trovò collocazione all’interno del cosiddetto «numero dei filosofi», poiché il fascicolo di ottobre 1911 ospitò anche opere di Giovanni Papini e di Mario Novaro <49. La rivista di Oneglia era nata come un foglio pubblicitario bimestrale, allegato ai prodotti della casa produttrice dell’Olio Sasso; per questo motivo, almeno inizialmente, gli scopi pubblicitari erano strettamente legati alla volontà di dare spazio ad una produzione letteraria estemporanea. Nel tempo, «La Riviera Ligure» assunse una propria fisionomia, grazie all’impegno del direttore Mario Novaro, che ne fece una tribuna di rinnovamento artistico e letterario né mai esclusivamente elitario e circoscritto, né tantomeno riformistico-rivoluzionario. Pur non essendo legata ad alcuna avanguardia, la rivista di Oneglia era interessata a svecchiare, a sprovincializzare, ad accogliere i filoni più interessanti della cultura europea contemporanea e, nel contempo, gli esordi di giovani artisti, come i fratelli Adelchi e Pierangelo Baratono, Giovanni Boine, Dino Campana, Luigi Capuana, Francesco Chiesa, Grazia Deledda, Corrado Govoni, Guido Gozzano, Marino Moretti, Umberto Saba, Camillo Sbarbaro, Scipio Slataper, Ardengo Soffici e tanti altri <50.
[NOTE]
49 Cfr. Marino Moretti a Mario Novaro, lettera n. 134 del 9/09/1911, in P. Boero, F. Merlanti, Lettere a «La Riviera Ligure», vol. 3, 1910-1912, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2003, p. 142
50 Non va, inoltre, dimenticato che sulla rivista di Oneglia scrissero anche Luigi Pirandello e Giovanni Pascoli; cfr. E. Villa, P. Boero (a cura di), La Riviera Ligure, Canova, Treviso 1975, pp. 9-25
Evelina Scaglia, Giovanni Calò nel panorama filosofico e pedagogico italiano dal 1900 al 1940, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Bergamo, Anno accademico 2010-2011