lunedì 7 dicembre 2020

La Riviera Ligure (1895-1919)

Fonte: Teatro Naturale cit. infra

Testata (bicroma) siglata «VT» con disegno a firma «Intraina», pubblicata fino a tutto il 1899 - Fonte: Studi di Memofonte 13/2014

Almanacco Sasso 1903 realizzato da Plinio Nomellini - Fonte: Studi di Memofonte 13/2014

Plinio Nomellini, illustrazione per l’Inno all’Olivo di Giovanni Pascoli, «La Riviera Ligure», VII, 30, 1901 - Fonte: Studi di Memofonte 13/2014

Ci valiamo per questa indagine di un corpus decisamente privilegiato, ricavato da «La Riviera Ligure», rivista al contempo artistica e letteraria, esito quasi unico di variegate istanze culturali, commerciali e pubblicitarie anzitutto, che fin dal titolo richiama esplicitamente un certo grado di visività. «La Riviera Ligure» nasce, come noto, con una precisa finalità promozionale: è infatti il bollettino pubblicitario della Ditta dell’Olio Sasso di Oneglia (oggi Imperia); questa genesi andrà debitamente considerata per meglio definire e intendere pure le speciali caratteristiche che fanno di questo periodico un precoce esempio di House Organ. Fin dal principio, con intuizione particolarmente felice, lo scopo pubblicitario del bollettino si lega a una volontà dichiarata di esaltare la Riviera - prima di Ponente (come recita il titolo scelto inizialmente per la testata <5) e solo in un secondo momento, con l’eliminazione della
precisazione geografica, il periodico diviene rappresentativo dell’intera riviera ligure. La promozione dell’olio diventa dunque, da subito, tutt’uno con la promozione di un territorio.  E la rivista finisce col contribuire in modo determinante alla codificazione di una certa immagine della riviera ligure medesima, con il vantaggio di occuparsi di una terra poco conosciuta ai non liguri.
5 La precisazione «di Ponente» sarà mantenuta per le prime quattro annate, fino al 1898: «La Riviera Ligure di Ponente», IV, 3, 1898-99.
Veronica Pesce, Acquarelli, quadretti, impressioni. «La Riviera Ligure» fra arte figurativa e letteratura, Studi di Memofonte 13/2014 

Nel discrimine fra la rassicurante, per il lettore, offerta di letteratura di intrattenimento e l’ambizioso, nelle intenzioni del direttore, impegno di un’accurata rassegna poetico-artistica crescono intrecciati il limite e la forza di «Riviera Ligure»: rivista-contenitore senza programmi conclamati, ma proprio per la minore esposizione, anche geografica, capace di un inedito e inatteso dialogo con esperienze fortemente connotate. Prima fra tutte quella della fiorentina «Voce», con la quale lo scambio di forze e il cauto dialogo a distanza si fece, a partire dal 1910, sempre più fitto e, agli occhi di antichi e fedeli collaboratori, controverso e compromissorio. Sulle pagine della «Riviera Ligure» compaiono testi di Slataper, di Jahier e di Boine, del Saba di Coi miei occhi e dello Sbarbaro di Pianissimo, raccolte edite entrambe poco più tardi dalla Libreria della Voce. Proprio a Boine, poi, si dovrà la liquidazione dei residui classicisti ed estetizzanti: all’indomani del divorzio dall’idealismo crociano e dall’intellettualismo educativo della nuova «Voce» prezzoliniana, avvenuto nel 1914, e in eredità solo nominale del suo predecessore, il critico e poeta carducciano Giuseppe Lipparini, Boine assume e mantiene fino al 1917 la cura di una rubrica di recensioni dissonante, per ironia, asprezza polemica e accentuato individualismo di giudizio, rispetto al mediato e ponderato ecumenismo della direzione novariana.
«Plausi e botte» segnala Rebora e Sbarbaro, Slataper e Jahier ma, come si è sottolineato in sede critica, la presa di distanze del recensore dal periodico fiorentino non aggrega intorno alla defilata rivista di Oneglia il gruppo dissidente dei cosiddetti “moralisti”: troppo solitario è il percorso di riconoscimenti e consonanze tracciato dal recensore, troppo forte la preferenza accordata dal direttore alla gradualità degli scarti dalla tradizione e alla loro molteplice direzione.
Dall’inizio degli anni Dieci «La Riviera Ligure» propone ai suoi lettori i mai ripresi Studii di Emilio Cecchi, i versi di Guido Gozzano e quelli di Corrado Govoni, quindi, accomunate dalla tragica contingenza della guerra su un comune e scabro scenario carsico latamente apparentabile alla terra ligure, le poesie di Rebora, Saba e Ungaretti.
La reale portata del rapporto mantenuto con i vociani e la misura della forza e incisività di decisione agita nel quotidiano allestimento del periodico dalla netta e sicura consapevolezza letteraria dello schivo Novaro sono almeno due delle questioni ancora aperte della ricca bibliografia su «La Riviera Ligure». Resta come dato significativo che, al riparo dalle acque agitate delle avanguardie fiorentine e tutelate dall’understatement di Novaro e dalla gestione periferica, alcune delle migliori opere riconducibili a quella temperie culturale si decantano proprio sulle pagine della rivista di Oneglia, quasi a esperire e insieme riconsiderare la poetica del frammentismo: Il peccato, Conversione al codice e Frantumi di Boine, Con me e con gli alpini di Jahier, i Trucioli di Sbarbaro. Libri e raccolte che si costruiscono in uscite a puntate su «Riviera Ligure», banco di prova per lo stesso direttore che al vaglio dei  collaboratori e amici lettori sottopose le anticipazioni della propria opera unica.
Dal 1902, quando sulla rivista presero ad essere centellinati i meditati approdi della personale ricerca poetica, al 1912, quando, in improvvisa accelerazione, dalla moltiplicazione delle prove licenziate sulla «Riviera Ligure» approdò alla compiuta ripresa in volume per i tipi di Ricciardi, fino ad arrivare al 1944, quando la morte lasciava in bozze la quinta edizione riveduta della raccolta, la storia compositiva di Murmuri ed Echi si dispiega silenziosa e pervicace, quasi unicum nel panorama letterario nazionale.
E se la raccolta, esito di una mai pacificata tensione fra prosa e poesia, attende un’edizione critica che ne scandisca i sottili passaggi di revisione, la matrice filosofica del ragionar cantando o, se si vuole, del cantare ragionando del poeta in prosa o, di nuovo, del prosatore in versi Mario Novaro chiede di essere seguita nelle molte ramificazioni delle sue radici. Poiché se nell’epoca della crisi degli istituti metrici Novaro avvicina la prosa come «nutrice del verso», di riscontro ai suoi studi più noti, Malebranche e il concetto di infinito prima, Ciuang-tzè e il Tao poi, andrebbe per esempio collocata a pieno titolo anche la poco soppesata lezione di Arthur Schopenhauer. La cui influenza, suggeriscono significative saggiature di Bardazzi e Zoboli (rispettivamente 1988 e 2001), scorre sotterranea alla cultura dei maggiori poeti liguri, dallo stesso Roccatagliata Ceccardi a Sbarbaro a Montale.
Federica Merlanti, La letteratura in Liguria fra Ottocento e Novecento. II. Il Novecento. 1. «La Riviera Ligure» e i suoi poeti, Storia della cultura ligure (a cura di Dino Puncuh), Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2016
 
L’opera anticipatrice dell’imprenditore e intellettuale Mario Novaro (Oneglia, 1868-1944) è testimoniata soprattutto dalle pagine di “La Riviera Ligure” (1895-1919), un modello innovativo di rivista aziendale incentrata sul rapporto letteratura/arte/industria. È considerata il primo house-organ europeo alla svolta fra Otto e Novecento.
Le sue pagine hanno ospitato note firme dell’epoca, da Pascoli a Pirandello, ma anche esordienti destinati a lasciare un segno nella cultura novecentesca: da Papini a Ungaretti, a Cecchi, Palazzeschi, Sbarbaro. Pure sotto l’aspetto grafico, la rivista ha svolto un ruolo d’avanguardia. Insieme ad altri, vi hanno collaborato artisti quali Giorgio Kienerk, Plinio Nomellini, Edoardo De Albertis.
L’importanza di “Riviera Ligure” e il significato che essa ha avuto per il futuro della poesia italiana non sono stati però mai approfonditi adeguatamente causa l’impossibilità di rinvenire una raccolta completa della testata nelle biblioteche italiane. Oggi, con un lavoro organico promosso dalla Fondazione Novaro (1) di Genova e finanziato dal Ministero per i Beni Culturali, si è finalmente in grado di offrire agli studiosi, in formato digitale, l’intera raccolta della rivista (oltre 4000 pagine). Il traguardo consentirà senza dubbio una riapertura degli interessi per una pubblicazione che raggiunse all’epoca tirature certo sorprendenti (fino a 120.000 copie).
La Fondazione Mario Novaro, riconosciuta dal Ministero per i Beni Culturali e dalla Regione Liguria, è stata costituita a Genova nel 1983. Svolge attività di ricerca, conservazione e divulgazione nei settori della scrittura e dell’immagine, valorizzando in particolare la cultura ligure del Novecento. Edita un Quaderno quadrimestrale monografico, testi e volumi a carattere scientifico, organizza convegni, seminari, mostre. Possiede un importante archivio (corrispondenze, manoscritti, documenti e materiali vari) e una biblioteca che riunisce circa trentamila volumi riguardanti i diversi settori della creatività e della comunicazione.
Teatro Naturale, 25 ottobre 2008
(1) La Fondazione Mario Novaro onlus, riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Regione Liguria, è stata fondata per volontà degli eredi di Mario Novaro e di un gruppo di docenti dellUniversità di Genova. Scopo della Fondazione è la valorizzazione della cultura in Liguria, con particolare riferimento al Novecento, all’opera di Mario Novaro e alla rivista «La Riviera Ligure».
La Fondazione dispone di una biblioteca  specializzata e di un archivio storico. Sia la biblioteca che l’archivio sono accessibili al pubblico, e si sono arricchiti negli anni anche grazie a lasciti di importanti studiosi e intellettuali.
Il nucleo originario dell’archivio storico, costituito dal “Fondo Mario Novaro e della Riviera Ligure”, che comprende, tra l’altro, i fascicoli della Riviera Ligure e la corrispondenza intercorsa tra Novaro e i vari collaboratori della rivista, è attualmente in corso di digitalizzazione nell’ambito del Progetto Nazionale Diffondere la cultura visiva: l’arte contemporanea tra riviste, archivi e illustrazioni, attivato nel programma ministeriale “Futuro in Ricerca 2012”. Nel database allestito per il progetto e liberamente consultabile sul sito capti.it, è possibile visionare sia la collezione completa de La Riviera Ligure, sia l’archivio epistolare di Mario Novaro.
A questo si aggiungono l’ulteriore lavoro di valorizzazione storica, economica e culturale del territorio - perseguito attraverso la realizzazione di mostre, incontri e convegni dedicati alla comunicazione pubblicitaria e alle tradizioni agricole, artigianali e industriali della Liguria - e le numerose pubblicazioni realizzate.
La Fondazione pubblica un quaderno quadrimestrale che ha ripreso il titolo della testata storica diretta da Novaro; esso è in genere monografico e dedicato a esponenti o a momenti della cultura ligure del Novecento.  Liguria Cultura Territorio

Cartolina (Sanremo) della serie «La Riviera Ligure Illustrata» eseguita su disegno di Gabrio Chiattone e offerta in dono ai clienti della Ditta Sasso per la fine dell’anno (1900) - Fonte: Studi di Memofonte 13/2014

Probabilmente Ceccardo conosce Angiolo Silvio Novaro nel 1894: quell’anno lo scrittore ventottenne si iscrive alla sezione di Oneglia del neonato Partito Socialista italiano, e proprio a Oneglia (e a Diano Marina) il ventitreenne Ceccardo, anch’egli in gioventù simpatizzante del socialismo, tiene nella primavera alcune conferenze sulla «questione Sociale» e sul Primo maggio; entrambi, sempre nel 1894, rispondono inoltre positivamente all’inchiesta sul socialismo condotta dalla rivista «Vita Moderna»; e, quando due anni dopo Ceccardo assume la direzione dello «Svegliarino» di Carrara, Angiolo Silvio collabora al ‘Supplemento del giovedì’, ideato dal poeta di Ortonovo, che recensirà sul periodico il suo racconto La rovina [...] Tre anni prima Angiolo Silvio [Novaro] aveva avuto l’idea di pubblicizzare i prodotti dell’azienda olearia di famiglia, lo Stabilimento «P. Sasso e figli» di Oneglia, per mezzo di un foglio che unisse industria e letteratura: era così nata, il 15 giugno 1895, «La Riviera Ligure di Ponente», sulle pagine della quale a inserti pubblicitari, prezzarî e condizioni di spedizione dell’olio, si alternavano ricette della cucina ligure e giochi a premi, ma anche raccontini umoristici, bozzetti e descrizioni paesistiche.
Angiolo Silvio, con ogni evidenza, propose dunque a Ceccardo di collaborare alla «Riviera», e il poeta, sul numero del novembre 1898 - gennaio 1899 e poi su quello del febbraio aprile successivo, fece stampare due prose - San Fruttuoso di Portofino (Riviera di Levante) e La chiesa dei Doria a S. Fruttuoso - ritagliate per l’occasione dal più ampio disegno delle Lettere di crociera comparse fra il 17 luglio e il 12 agosto 1898 sulla «Gazzetta Genovese».
Le due prose ceccardiane costituiscono (come indica il sottotitolo della prima) una delle rare escursioni della «Riviera Ligure di Ponente» nella riviera di Levante; ma, soprattutto, rappresentano decisamente il contributo letterario più notevole al foglio della «P. Sasso e figli» che, con il numero successivo del maggio 1899, passa - con la nuova testata «La Riviera Ligure» - sotto la direzione di Mario, fratello minore di Angiolo Silvio, tornato da due anni a Oneglia dopo gli studi di filosofia e un periodo di insegnamento in Germania: nel breve giro di alcuni anni il giovane Novaro trasformerà il foglio pubblicitario dell’azienda di famiglia nella più importante rivista italiana ‘di pura poesia’ del primo Novecento, che cesserà le pubblicazioni dopo vent’anni esatti, nel giugno del 1919.
Nel 1934 Mario rivendicherà il fatto che «la “Riviera Ligure” iniziò la sua vita letteraria nella primavera del 1899»; e non sorprenderà che, dalla ‘preistoria’ della «Riviera Ligure di Ponente», il solo Ceccardo sia approdato alla «Riviera Ligure», della quale anzi sarà il più assiduo collaboratore: dal numero inaugurale del maggio 1899 a quello del gennaio 1917 (ne usciranno in seguito soltanto altri dieci), Ceccardo collabora infatti a 61 dei 203 fascicoli della rivista (all’incirca, dunque, con una collaborazione ogni tre fascicoli). Nel 1939 l’antico direttore della «Riviera» ricorderà fra i principali collaboratori di essa Ceccardo che - dopo il Libro dei frammenti, del 1895 - le dette quasi tutta la sua poesia e numerose composizioni di prosa, unico quasi continuo collaboratore del ventennio.
Nel 1899 - a parte l’opuscolo Dai paesi dell’anarchia e numerosi scritti in versi e in prosa su periodici - Ceccardo ha infatti pubblicato soltanto il suo primo, prezioso libro di versi, mentre «La Riviera Ligure» costituirà il principale ‘cantiere’ del secondo (Sonetti e Poemi, 1910) e soprattutto del terzo (Sillabe ed Ombre, 1925, postumo).
A parte Ceccardo, si diceva, nessuno fra i collaboratori della «Riviera Ligure di Ponente» comparirà più sulla «Riviera Ligure», mentre una prima, nuova linfa vitale viene alla rivista di Oneglia dal ‘Cenacolo di Sturla’, del quale l’autore del Libro dei Frammenti è figura di spicco, o comunque, si direbbe, attraverso di lui. Già il fatidico numero del maggio 1899 offre così un sensibile salto di qualità: il sonetto ceccardiano Nell’Infinito è infatti incorniciato da una prosa di Arbocò - Primavera ligure (frammenti) - e da una di Cosimo Giorgieri-Contri - Acquarelli liguri. Il Piano di S. Andrea -, già collaboratore del ‘Supplemento del giovedì’, con il quale Ceccardo è in contatto almeno dall’inizio del 1896.
Nel biennio successivo Novaro mira sempre più ad alzare il livello qualitativo della sua rivista: nel 1901 sulla «Riviera» iniziano a pubblicare Pascoli, la Deledda e Pirandello; e, dal punto di vista della grafica, iniziano a comparire illustrazioni di Giorgio Kienerk (n. 28, con due disegni: il primo illustra Fantasia del cuore di Ceccardo) e di Plinio Nomellini (n. 29, con tre disegni, che illustrano Sestri Levante di Arbocò).
L’anno dopo (n. 35) inizierà a pubblicare sulla rivista Edoardo De Albertis (nuovamente illustrando Ceccardo), e «La Riviera Ligure», ‘rivista mensile illustrata’, vivrà così fra il 1901 e il 1904 - grazie ai tre artisti - i suoi «anni di splendore», la sua «geniale stagione» grafica.
Ora, a parte Kienerk, Nomellini è un amico fraterno di Ceccardo sin dai primi anni Novanta («A quel tempo risale la sua amicizia fraterna con Plinio Nomellini», registra una anonima e preziosa biografia del 1904; e ancora nella lettera dedicatoria di Sonetti e Poemi, nel 1910, l’autore lo definirà «mio compagno, fratel mio potrei dire»), già collaboratore del ‘Supplemento del giovedì’ e membro del ‘Cenacolo’; per quanto poi riguarda De Albertis, membro del ‘Cenacolo’ anch’egli, ci rimane la lettera da Genova del 14 settembre 1901 con la quale Ceccardo lo propone a Novaro: «L’amico mio carissimo Edoardo de Albertis avrebbe caro di esser fra i collaboratori artistici della Riviera»; e, non certo casualmente, l’artista esordisce sulle pagine della rivista illustrando una poesia di Ceccardo: Canzone d’autunno, sul n. 35 del 1902.
Dal canto suo, in quei due anni (1900-1901) Ceccardo collabora alla rivista di Oneglia piuttosto intensamente, con poesie e prose: certamente il pronto compenso alle collaborazioni garantito da Novaro, per altri prezioso, era fondamentale per lui, che fra l’altro il 10 settembre 1901 mette su famiglia sposando Francesca Giovannetti (e l’11 ottobre del 1902, a Genova, nasce il figlio Tristano); ma la «Riviera » contribuisce non poco alla fama del poeta.
Paolo Zoboli, Ceccardo, Mario Novaro e «La Riviera Ligure», in La Riviera Ligure, quadrimestrale della Fondazione Mario Novaro, n° 89 - maggio-agosto 2019 - ANNO XXX (2)

Almanacco Sasso 1903 realizzato da Plinio Nomellini - Fonte: Studi di Memofonte 13/2014

Nella seconda metà dell’Ottocento e nei primi decenni del nostro secolo, la Liguria, senza rinunciare alle virtù tradizionali della sua gente di mare e di traffici, è venuta a poco a poco scoprendo la sua realtà interiore, il suo fondo segreto e scontroso di affetti, il suo paesaggio fisico e morale, e ha dato vita a una sua letteratura, narrativa e lirica, uscendo alla fine dal suo secolare riserbo. Ma la vicenda di maggior rilievo è quella che, in un giro non lungo di anni, ha portato alla scoperta di un suo mondo poetico, fortemente caratterizzato dalle sue ragioni morali e dalla natura aspra e scavata del linguaggio: da Ceccardi a Boine, da Mario Novaro a Camillo Sbarbaro, questa vicenda segna il vero avvento della Liguria nella società letteraria d’Italia, con risultati sempre notevoli e a volte di grande rilievo. Al centro di questo processo si colloca il nome di Montale. (Natalino Sapegno in Faticata e scontrosa maturazione, “Tuttitalia”, Novara, 1962). “Quanto alla “ Riviera Ligure” non saprei proprio cosa dirvene a parte l’opera continuata di Boine con Plausi e Botte. Del resto favorii i giovani promettenti e che non avevano ancora un nome riconosciuto”. Così Mario Novaro riassumeva in una lettera, scritta a pochi anni dalla morte (9 agosto 1944), il singolare contributo dato dalla sua rivista, alla cultura poetica del tempo. I giovani promettenti, ancora sconosciuti, cui aveva offerto generosa ospitalità sulle colonne del suo giornale, si chiamavano Boine, Rebora, Campana, Soffici, Govoni, Ungaretti, Sbarbaro…i nomi più significativi della storia letteraria del primo Novecento che avrebbero lasciato un segno profondo nella cultura italiana contemporanea. “La Riviera Ligure”era sorta nel 1895 per la promozione dell’olio prodotto dallo stabilimento Sasso, a Oneglia. All'inizio era un opuscolo pubblicitario. A proposito della “Riviera Ligure” Gina Lagorio scrive: “La rivista era nata nella maniera più tradizionalmente ligure, per un calcolo di tipo commerciale. Tutto iniziò con Agostino Novaro, un frantoiano di Diano Marina […]. Agostino cominciò a commerciare in olio, in un raggio sempre più vasto finchè aperto alle cose anche straniere (Ventimiglia non costituisce frontiera per i liguri) egli applicò il metodo di esportazione che aveva visto adottare oltr’alpe per i vini”. (G. Lagorio, Sbarbaro, Un modo spoglio di esistere, Garzanti, Milano 1981). Venne così introdotto nelle cassette dell’olio medicinale un opuscolo contenente, insieme ai prezzi, qualche articolo e illustrazione del paesaggio pittoresco della costa ligure. L’amena e simpatica trovata “fin de siècle” ebbe immediato successo. Il fascicolo non era però reperibile in edicola. I primi collaboratori erano modesti intellettuali. La rivista si proponeva come scopo principale la réclame del prodotto e intendeva fornire ai clienti letture amene. La "Riviera" si presentava come un album sottile, dalla grafica elegante firmata da Kienerk. La prima pagina era costituita da una velina staccabile. Collaborarono al periodico anche altri grandi e noti artisti tra cui  Plinio Lomellini e Edoardo De Albertis che impressero alla rivista un tocco raffinato e ne fecero un valido esempio di grafica liberty [...] La nascita (1895) della “Riviera Ligure” si colloca proprio nel momento di transizione tra il vecchio e il nuovo. Precede il sorgere delle grandi riviste fiorentine - anche della più importante, “La Voce”, sorta nel 1908 - ed è quella anche che dura più a lungo (1919). Nel 1901 Mario Novaro chiama a collaborare alla rivista Pascoli che scrive per la “Riviera” L’inno all’olivo (30, 1901), illustrato da Plinio Nomellini. Fra il 1901 e il 1902 collaborano al giornale scrittori già famosi tra cui Capuana e Deledda. Pirandello esordisce con i versi Pianto del Tevere (32, 1901 ) e scrive al Novaro: “Egregi Sig.ri P. Sasso e figli, con tutto il cuore accetto l’invito a collaborare nella simpatica e geniale rivista. Ecco versi. Grazie e devoti ossequi. Aff.mo Luigi Pirandello”. Nel 1912 approda alla rivista - con un biglietto di presentazione di Papini - Giovanni Boine (Finalmarina 1887 - Porto Maurizio 1917), scrittore singolare per il contributo dato in quegli anni al dibattito delle idee. Ancora giovanissimo aveva esordito, durante il soggiorno milanese, nella rivista “Il Rinnovamento” ed era rimasto coinvolto nell’avventura del Modernismo, movimento condannato come eretico da papa Pio X nel 1907. Collaboratore della “Voce” era intervenuto nel dibattito suscitato dall’articolo di Prezzolini Che fare? Nel 1911, per l’aggravarsi della sua malattia, era tornato a Porto Maurizio. Particolarmente interessanti i suoi carteggi con Amendola, Papini, Soffici, Prezzolini e Cecchi. Esordì nella “Riviera” con il racconto La Città e, dal 1914, ne diventò collaboratore fisso con la rubrica di critica Plausi e botte (86 recensioni in tutto). Boine era uno spirito profondamente religioso e inquieto, conoscitore dei mistici spagnoli, percepiva con profonda angoscia il senso dell’infinita trascendenza di Dio nei confronti dell’umana piccolezza. Nelle edizioni della Voce aveva pubblicato il suo romanzo Il Peccato. Per lui la poesia scaturiva “nel tremore germinale del nuovo”. Fu anche uno dei primi a comprendere la novità della poesia di Clemente Rebora, che lesse e interpretò con finissima sensibilità ed espresse anche il suo netto dissenso nei confronti della filosofia di Benedetto Croce. Nella prima recensione di Plausi e botte, pubblicata sulla “Riviera” (gennaio 1914), aveva accusato Prezzolini di aver trasformato la “Voce” da rivista intelligente ed aperta, libera espressione di uomini liberi e onesti, in un foglio dell’idealismo militante: “Il sottoscritto a cui la cosa preme, s’è fatto dovere di chiedere subito, a destra e a sinistra, per sapere che cosa dunque è questo idealismo italiano. Competente mancia a chi gliene dà prontamente notizia”. Nel settembre 1912 Sbarbaro pubblica sulla Rivista due liriche “Padre se anche tu non fossi il mio” e “Padre che muori tutti i giorni un poco”. Nel corso della prima guerra mondiale Ungaretti invia poesie dalla zona di guerra. Piero Jahier pubblica sulla “Riviera” Con me e con gli alpini; Alvaro le Poesie grigioverdi. Nel 1917 muore Giovanni Boine. Nel 1919 “La Riviera Ligure” conclude le sue pubblicazioni col numero unico dedicato ai Trucioli di Camillo Sbarbaro. Caproni scrive: “A ragione possiamo dire che ‘La Riviera Ligure’ sia stata la fondatrice di quella robusta linea ligustica della nostra poesia che ha trovato più tardi in Montale la mente più lucida e il più forte temperamento” (“Il Corriere Mercantile”, 22 luglio 1959).
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Cartolina (Oneglia) della serie «La Riviera Ligure Illustrata» eseguita su disegno di Gabrio Chiattone e offerta in dono ai clienti della Ditta Sasso per la fine dell’anno (1900) - Fonte: Studi di Memofonte 13/2014

Novaro Mario: 2 L di Novaro; 4 L, 15 C, 11 B di UB.
Carteggio 1914-1920: dopo aver letto Uomini e altri animali, Novaro richiede a UB alcuni scritti per la «Riviera ligure» (e farà uscire il primo racconto, Un uomo con la pipa, nello stesso numero in cui compare la recensione di Boine, ottobre 1914). Più tardi (1915-1917) UB pubblica sulla rivista anche alcuni aforismi, cui dà in questi anni l’appellativo di Note. Alle critiche di Novaro, che talvolta sembra considerare questi aforismi come mere esercitazioni letterarie, UB risponde prontamente con l’invio di nuovi aforismi [025].
[...] Papini Giovanni: 28 L, 12 C, 1 B di Papini; 23 L, 13 C, 2 B, 3 M di UB.
Amicizia importante, ricca di scambi letterari, che risale ai tempi della prima «Voce»: il carteggio va dal 1912 alla morte di Papini. Questi stima UB soprattutto per i suoi racconti, che tenta di far pubblicare nei «Quaderni della Voce» (ma Prezzolini è contrario): quando, nel 1915, la direzione di De Robertis gli lascerebbe più spazio, UB ha già pubblicato i racconti presso lo Studio editoriale lombardo e declina l’invito di Papini a collaborare ancora con «La
Voce», che giudica una «setta, chiesuola, cricca» (inizia proprio nel 1914 la sua collaborazione con la «Riviera ligure»). [...]
L'Archivio Ugo Bernasconi, Carteggi, Manoscritti, Documenti a stampa (1874-1960). Inventario, Carteggi: elenco dei corrispondenti, a cura di Margherita d’Ayala Valva, Edizioni Scuola Normale Superiore Pisa, 2005

Illustrazioni per Aquarelli liguri: Boccadasse da fotografie di Ernesto Salvatore Arbocò («La Riviera Ligure», V, 19, 1899) - Fonte: Studi di Memofonte 13/2014

Testata di Riccardo Galli - Fonte: Studi di Memofonte 13/2014

 
ROSSANA BOSSAGLIA, La Riviera Ligure, un modello di grafica liberty, con un saggio di Edoardo Sanguineti, Costa & Nolan, Genova 1985, pp. 177, Lit. 35.000.
[...] Da "mero bollettino pubblicitario", "La Riviera Ligure ", sotto la direzione di Novaro, si trasforma in un forte strumento di consenso, il filosofo-sponsor, può permettersi di rifiutare una novella a Capuana.
Significativa anche dal punto di vista grafico, "La Riviera Ligure", deve molta della sua iconografia all'incontro fra Liguria e Toscana, a Plinio Nomellini, toscano che viveva a Genova e favoriva l'incontro fra gli artisti. L'epoca poi del "Liberty", come sottolinea Rossana Bossaglia nel suo saggio, non poteva essere più propizia: "la 'Riviera' aveva come suo principale obiettivo la propaganda dell'olio; e niente era più adatto dello stile Art Nouveau (Liberty nella fattispeciej a tradurre in termini decorativi elementi vegetali; proprio quando si andava sviluppando in Italia una grafica pubblicitaria audacemente suggestiva, che utilizzava in tutti i modi il tema del ramo, della foglia, del fiore - nell'intento, più o meno conscio, di associare l'esaltazione del progresso tecnico alla rassi-curante presenza della genuinità della natura...". Quella de "La Riviera Ligure", fu un triangolo, fra industria, letteratura e grafica, certamente esemplare di "convergenza e distanza, di armonie e disarmonie", che il lavoro di Rossana Bossaglia ed Edoardo Sanguineti aiutano a capire chiarendo quello che Eugenio Montale ha definito "uno dei capitoli più interessanti e variati sul costume civile e letterario della nostra epoca".
Nico Orengo, I costumi della Riviera, L'Indice dei Libri del Mese, luglio-agosto 1985, Anno II,  N. 6/7

Testata di Riccardo Galli - Fonte: Studi di Memofonte 13/2014

Chiudiamo provvisoriamente la nostra rassegna, con il caso forse più emblematico che «Riviera» registra: le Kleksografie di Corrado Govoni. Il termine appare come titolo sul periodico nel 1915, ma non si tratta di un hapax nella produzione dell’autore: l’aggettivo «kleksografico» ricorre sia nel volume coevo l’inaugurazione della primavera sia nella precedente raccolta Poesie elettriche (1911). Se in queste altre occorrenze l’impiego dell’aggettivo porta con sé un forte potenziale figurativo, ma allo stesso tempo lo lega strettamente a un’immagine specifica (le più semplici «belle nubi kleksografiche» cui fanno pendant poco oltre le «belle notti crittografiche» <29 nell’attestazione più antica e poi «L’ombrello kleksografico del temporale / con le sue stecche elettriche di fulmini /rovesciato dal vento sulle case» <30), ascrivendo infine a questo titolo un gruppo di testi (rispettivamente Cos’è?, Il poeta e la lucciola, Piove) il lettore è indirizzato a leggerli come vere e proprie kleksografie, appunto, ossia complessivamente come ‘disegni’ ottenuti piegando e ripiegando un foglio macchiato d’inchiostro <31. Il primo testo, in particolare, con la domanda che pone nel titolo (Cos’è?), reiterandola nell’incipit e sottintendendola continuamente nella successiva enumerazione di domande che costituiscono l’ossatura della poesia, si spiega al lettore in una serie di ipotesi sull’identificazione di un suono - si badi bene: un suono, non un’immagine - come una kleksografia in cui si cerchi di ravvisare una figura. La sfera uditiva decisamente prevale (anche nelle scelte onomatopeiche: ‘murmure’, ‘borbottar’, ‘cantilenando’, ‘ninna-nanna’, ‘ronzando’):
Cos’è il murmure ch’io sento
e non so distinguere?
È forse il borbottar del vento
per la gola del camino?
È il mio bimbo che piange nella culla
e la mamma lo dondola cantilenando
una sua dolce ninna-nanna
ch’è tutto ed è nulla?
[…]
O sciamano ronzando l’api
intorno all’alveare?
È la piena del torrente
che sale, sale?
È il mare sulla ghiaia, calmo e buono,
che fa un dolce rumor come chi bacia?
O l’usignolo studia sull’acacia?
Fino ai versi finali che, pur non perdendo precisi connotati uditivi, portano in primo
piano qualcosa di visivo e propriamente figurativo, «un’erma rossa»:
Sei tu, sei tu,
o mio povero cuore,
che come un’erma rossa
nel giardino di foglie morte dell’anima mia
piangi le tue lagrime di sangue
col ticchettio crudel del pendolo che batte:
- Mai più! Mai più!
Non è questa la prima volta che laddove il titolo annuncia qualcosa di visivo e figurativo sia poi il suono a diventare protagonista, con un effetto in qualche modo spiazzante per il lettore che indirizzato dal titolo si aspetta di ‘vedere’ più che di ‘sentire’. L’artificio tuttavia non fa che reduplicare lo scambio sensoriale: come in una mise en abyme, il titolo rimanda da un oggetto verbale all’ambito visivo, ma il testo torna a esaltare con scelte tematiche e pure linguistiche (lessicali e retoriche) aspetti fonici viceversa legati più alla sfera verbale che a quella visiva. Lo scambio sensoriale di partenza dunque si amplifica, si fa esso stesso strumento o motivo stilistico, che andrà esaminato in tutti i suoi risvolti, ma che pare fin da subito sfidare in una nuova e originale sintesi l’irriducibilità dei due codici espressivi.
[NOTE]
29 GOVONI 1911, p. 37.
30 GOVONI 1915, p. 57.
31 Il lemma ‘kleksografia’ per la verità presenta come primo significato la «tecnica di disegno che consiste nel piegare più volte su se stesso un foglio su cui è stata fatta cadere una goccia d’inchiostro» e solo successivamente «il disegno stesso che ne deriva» (GRADIT); al doppio significato può corrispondere una duplice lettura del testo: ‘kleksografia’ sia come tecnica di scrittura, sia come esito del processo. Sarà opportuno segnalare che sia il GDLI sia i dizionari dell’uso, pur registrando la voce, non ne offrono esempi; il GRADIT riporta il 1942 come data della prima attestazione scritta, da retrodatare dunque di almeno trent’anni. Il lemma non è registrato in GRASSI-PEPE 1995.
Veronica Pesce, Op. cit.