![]() |
Mentone |
Le sorelle Maccario vissero fin da giovinette l'esperienza della migrazione frontaliera, periodica, tipicamente femminile, che le vide impiegarsi come domestiche nella vicina Costa Azzurra, sfruttando i lasciapassare che all'inizio del secolo venivano concessi alle popolazioni di confine. Maddalena era emigrata definitivamente già nel 1910 a Mentone ed era schedata dalla polizia italiana come socialista. Viaggiava di frequente dall'una e dall'altra parte del confine, andando a fare visita alla famiglia. Sposò Carlo Palmero, comunista di Ventimiglia, che andò a vivere con lei a Mentone e continuò a tornare in Italia presso i familiari, prendendo le distanze dalla sorella Maria Teresa emigrata anch'ella a Mentone, sempre più esposta all'attenzione delle autorità per la sua attività politica. Maria Teresa aveva sposato nel '21 Dante Arnecchi, militante comunista toscano, proveniente da una famiglia spiccatamente antifascista. Nello stesso anno questi raggiunse la moglie a Mentone e lì avrebbe svolto assieme a lei propaganda antifascista, inserendosi nella comunità locale di fuoriusciti. Frattanto nel 1923 anche la terza sorella, Giuseppina Maccario, raggiunse Maria Teresa e Maddalena a Mentone per lavorare come domestica.
[...] Le sorelle Maccario avevano vissuto in gioventù un'esperienza di migrazione periodica femminile impiegandosi come domestiche a Mentone, tornando regolarmente al paese d'origine, e si erano inserite con facilità tra gli anni Dieci e i primi anni Venti nella società d'oltralpe, con la quale avevano intessuto stretti rapporti derivati dalla pratica transfrontaliera. L'una, socialista, era emigrata definitivamente già dal 1910 e nel corso degli anni Trenta, di fronte all'irrigidirsi della legislazione francese nei confronti degli stranieri, si dimostrò meno interessata alla politica. Assieme al marito Carlo Palmero si ritirò infatti a vita privata, occupandosi del lavoro e della vita familiare, cessando di supportare l'attività della sorella Maria Teresa, militante comunista, che sino ad allora aveva aiutato trasportando clandestinamente materiale sovversivo al di là della frontiera, nel corso dei frequenti viaggi in visita ai familiari. Al contrario Maria Teresa continuò a svolgere attiva propaganda anche nel corso degli ultimi, tormentati anni Trenta, assieme al marito, anch'egli comunista, Dante Arnecchi, nonostante i coniugi non fossero riusciti ad ottenere la naturalizzazione francese che desideravano per sé e per la figlia Giacomina. Le Maccario rimasero definitivamente in Costa Azzurra, compresa una sorella dell'Arnecchi, Giuseppina, che abitava a Mentone, anch'ella giuntavi attraverso le reti dell'impiego di servizio femminile.
Intanto la famiglia Arnecchi si divideva: da un lato vi era chi rimaneva a Ventimiglia a gestire una pensione, mentre altri si installavano a Parigi assieme ai genitori, diversificando le strategie migratorie in base alle opportunità e agli interessi personali. Restava ferma l'intenzione di rimanere definitivamente in Francia, dopo una lunga esperienza familiare oltralpe cominciata all'inizio del Novecento, attraverso cui si erano saggiate le varie possibilità di impiego e investimento <34.
I membri della famiglia Arnecchi emigrati nei primi anni Dieci a Parigi, dove gestivano un albergo e un commercio di vini, erano rientrati temporaneamente in Italia con i primi sentori della crisi, compromessi anche politicamente nelle agitazioni dell'antifascismo socialista. Ritornarono in Francia nel 1931 con l'occasione dell'Exposition coloniale internationale, durante la quale era possibile ottenere un visto turistico per espatriare, e aprirono un'attività di ristorazione nei pressi del padiglione italiano dell'Expo, riuscendo a racimolare il denaro necessario per stabilirsi nuovamente a Parigi. Dopo pochi anni, nel pieno della crisi economica, fallita l'attività che conduceva con la famiglia, Nello Arnecchi lasciò la moglie e si diede al commercio ambulante di fiori, abbandonando l'attività politica e i contatti con la Concentrazione, Gl e la massoneria in cui si era inserito. La rottura del matrimonio coincise per Nello con la fine della militanza antifascista e l'inizio di una vita solitaria dedita al lavoro, mentre i figli si integravano nella società francese, l'uno sposandosi e l'altro arruolandosi nell'Armée durante la guerra, e la moglie trovava una via di installazione ricucendo i legami con la famiglia d'origine, stabilendosi a Cannes presso un fratello, anch'egli antifascista <35.
La politica in favore della Repubblica costituì la via d'integrazione privilegiata per i fratelli Guglielmi di Perinaldo, per i quali la militanza si dispiegò soprattutto all'interno delle organizzazioni francesi, nei sindacati comunisti di Vallauris, nelle Alpi Marittime, ove risiedevano, accanto ai lavoratori francesi nelle battaglie sociali, e poi con lo scoppio della guerra nell'esercito francese attraverso l'arruolamento volontario, in una Nazione che sentivano ormai appartenere loro. I Guglielmi assieme al padre avrebbero ottenuto la cittadinanza francese, rimanendo stabilmente a Golfe Juan <36.
Effettivamente l'attività comunista all'interno delle strutture italiane si era fatta sempre più difficile nelle Alpi Marittime occupate. A Nizza l'Unione popolare fu disciolta e i militanti si ritirarono a poco a poco a vita privata. Sporadici atti di opposizione e una certa attività di propaganda furono mantenuti dai comunisti e dalla Moi, la Main d'Ouvre Immigré, organizzazione che fu ricostituita dopo il suo scioglimento sotto Vichy nel gennaio del 1941. Il Pcd'I clandestino ridusse la sua azione a dimostrazioni episodiche, ma la testimonianza della sua resistenza servì a mantenere una rete di contatti che avrebbe riattivato l'azione nell'Italia non ancora occupata <37.
"In generale nelle zone ad alta densità di liguri, dove la comunità immigrata era ben impiantata, la possibilità di avvalersi di una rete nutrita di compaesani, di conoscenze familiari e affinità politiche aveva facilitato l'inserimento in zone come La Seyne o Nizza, dove i fuoriusciti liguri potevano sentirsi “a casa”. Progetti politici, personali e familiari permisero a molti antifascisti liguri, di tutte le appartenenze politiche - ad eccezione dei dirigenti - di raggiungere una certa integrazione e stabilizzazione economica". La cultura della famiglia e della comunità non perdeva però nemmeno allora il proprio ruolo: spesso i legami con il paese d'origine furono ripresi all'indomani della guerra.
Fin dai primi anni Venti le reti transfrontaliere createsi fra l'Imperiese e il Nizzardo avevano visto stabilizzarsi una comunità antifascista immigrata nel vicino Sud-Est francese, forte di esperienze migratorie precedenti in famiglia e di una conoscenza profonda del territorio di nuova installazione. La rete socialista formatasi attorno a Serrati, Amoretti e Dulbecco a Imperia aveva ricreato le sue basi a Nizza, dove il movimento si era consolidato con le figure di “Moretto”, Augusto Ludovico Amoretti, Leonardo Dulbecco e Felice Musso, che approfondirono i legami con le organizzazioni socialiste e comuniste francesi, integrandosi attraverso la politica nella società di accoglienza. I fratelli Guglielmi di Ventimiglia si inserirono a Mentone e a La Turbie attraverso le vicende migratorie familiari e l'impegno politico, nel Pcd'I, lavorando stabilmente nel settore più italianizzato, l'edilizia, e riuscirono ad ottenere la naturalizzazione - il che implicava la sottomissione agli obblighi militari francesi - nel corso degli anni Trenta, in piena crisi, scongiurando i rischi di espulsione e optando dunque, in un'epoca di instabilità e incertezze, per la scelta definitiva dell'emigrazione <38.
[NOTE]
34. Cpc: b. 2896, f. Maria Teresa Maccario; b. 196, ff. Dante Arnecchi, Nello Arnecchi, Santina Arnecchi; b. 3678, f. Carlo Palmero.
35. Cpc: b. f. Nello Arnecchi.
36. Cpc: b. 2582, f. Romeo Egidio Guglielmi; b. 2581, f. Celestino Ettore Guglielmi; b. 2581, f. Giuseppe Guglielmi.
37. Cfr. Ibidem.
38. Cpc: b. 2582, f. Oberto Guglielmi; b. 2581, f. Giovanni Guglielmi; Adam: 6M 784: f. Oberto Louis Guglielmi.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista dalla Liguria alla Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015
[...] Le sorelle Maccario avevano vissuto in gioventù un'esperienza di migrazione periodica femminile impiegandosi come domestiche a Mentone, tornando regolarmente al paese d'origine, e si erano inserite con facilità tra gli anni Dieci e i primi anni Venti nella società d'oltralpe, con la quale avevano intessuto stretti rapporti derivati dalla pratica transfrontaliera. L'una, socialista, era emigrata definitivamente già dal 1910 e nel corso degli anni Trenta, di fronte all'irrigidirsi della legislazione francese nei confronti degli stranieri, si dimostrò meno interessata alla politica. Assieme al marito Carlo Palmero si ritirò infatti a vita privata, occupandosi del lavoro e della vita familiare, cessando di supportare l'attività della sorella Maria Teresa, militante comunista, che sino ad allora aveva aiutato trasportando clandestinamente materiale sovversivo al di là della frontiera, nel corso dei frequenti viaggi in visita ai familiari. Al contrario Maria Teresa continuò a svolgere attiva propaganda anche nel corso degli ultimi, tormentati anni Trenta, assieme al marito, anch'egli comunista, Dante Arnecchi, nonostante i coniugi non fossero riusciti ad ottenere la naturalizzazione francese che desideravano per sé e per la figlia Giacomina. Le Maccario rimasero definitivamente in Costa Azzurra, compresa una sorella dell'Arnecchi, Giuseppina, che abitava a Mentone, anch'ella giuntavi attraverso le reti dell'impiego di servizio femminile.
Intanto la famiglia Arnecchi si divideva: da un lato vi era chi rimaneva a Ventimiglia a gestire una pensione, mentre altri si installavano a Parigi assieme ai genitori, diversificando le strategie migratorie in base alle opportunità e agli interessi personali. Restava ferma l'intenzione di rimanere definitivamente in Francia, dopo una lunga esperienza familiare oltralpe cominciata all'inizio del Novecento, attraverso cui si erano saggiate le varie possibilità di impiego e investimento <34.
I membri della famiglia Arnecchi emigrati nei primi anni Dieci a Parigi, dove gestivano un albergo e un commercio di vini, erano rientrati temporaneamente in Italia con i primi sentori della crisi, compromessi anche politicamente nelle agitazioni dell'antifascismo socialista. Ritornarono in Francia nel 1931 con l'occasione dell'Exposition coloniale internationale, durante la quale era possibile ottenere un visto turistico per espatriare, e aprirono un'attività di ristorazione nei pressi del padiglione italiano dell'Expo, riuscendo a racimolare il denaro necessario per stabilirsi nuovamente a Parigi. Dopo pochi anni, nel pieno della crisi economica, fallita l'attività che conduceva con la famiglia, Nello Arnecchi lasciò la moglie e si diede al commercio ambulante di fiori, abbandonando l'attività politica e i contatti con la Concentrazione, Gl e la massoneria in cui si era inserito. La rottura del matrimonio coincise per Nello con la fine della militanza antifascista e l'inizio di una vita solitaria dedita al lavoro, mentre i figli si integravano nella società francese, l'uno sposandosi e l'altro arruolandosi nell'Armée durante la guerra, e la moglie trovava una via di installazione ricucendo i legami con la famiglia d'origine, stabilendosi a Cannes presso un fratello, anch'egli antifascista <35.
La politica in favore della Repubblica costituì la via d'integrazione privilegiata per i fratelli Guglielmi di Perinaldo, per i quali la militanza si dispiegò soprattutto all'interno delle organizzazioni francesi, nei sindacati comunisti di Vallauris, nelle Alpi Marittime, ove risiedevano, accanto ai lavoratori francesi nelle battaglie sociali, e poi con lo scoppio della guerra nell'esercito francese attraverso l'arruolamento volontario, in una Nazione che sentivano ormai appartenere loro. I Guglielmi assieme al padre avrebbero ottenuto la cittadinanza francese, rimanendo stabilmente a Golfe Juan <36.
Effettivamente l'attività comunista all'interno delle strutture italiane si era fatta sempre più difficile nelle Alpi Marittime occupate. A Nizza l'Unione popolare fu disciolta e i militanti si ritirarono a poco a poco a vita privata. Sporadici atti di opposizione e una certa attività di propaganda furono mantenuti dai comunisti e dalla Moi, la Main d'Ouvre Immigré, organizzazione che fu ricostituita dopo il suo scioglimento sotto Vichy nel gennaio del 1941. Il Pcd'I clandestino ridusse la sua azione a dimostrazioni episodiche, ma la testimonianza della sua resistenza servì a mantenere una rete di contatti che avrebbe riattivato l'azione nell'Italia non ancora occupata <37.
"In generale nelle zone ad alta densità di liguri, dove la comunità immigrata era ben impiantata, la possibilità di avvalersi di una rete nutrita di compaesani, di conoscenze familiari e affinità politiche aveva facilitato l'inserimento in zone come La Seyne o Nizza, dove i fuoriusciti liguri potevano sentirsi “a casa”. Progetti politici, personali e familiari permisero a molti antifascisti liguri, di tutte le appartenenze politiche - ad eccezione dei dirigenti - di raggiungere una certa integrazione e stabilizzazione economica". La cultura della famiglia e della comunità non perdeva però nemmeno allora il proprio ruolo: spesso i legami con il paese d'origine furono ripresi all'indomani della guerra.
Fin dai primi anni Venti le reti transfrontaliere createsi fra l'Imperiese e il Nizzardo avevano visto stabilizzarsi una comunità antifascista immigrata nel vicino Sud-Est francese, forte di esperienze migratorie precedenti in famiglia e di una conoscenza profonda del territorio di nuova installazione. La rete socialista formatasi attorno a Serrati, Amoretti e Dulbecco a Imperia aveva ricreato le sue basi a Nizza, dove il movimento si era consolidato con le figure di “Moretto”, Augusto Ludovico Amoretti, Leonardo Dulbecco e Felice Musso, che approfondirono i legami con le organizzazioni socialiste e comuniste francesi, integrandosi attraverso la politica nella società di accoglienza. I fratelli Guglielmi di Ventimiglia si inserirono a Mentone e a La Turbie attraverso le vicende migratorie familiari e l'impegno politico, nel Pcd'I, lavorando stabilmente nel settore più italianizzato, l'edilizia, e riuscirono ad ottenere la naturalizzazione - il che implicava la sottomissione agli obblighi militari francesi - nel corso degli anni Trenta, in piena crisi, scongiurando i rischi di espulsione e optando dunque, in un'epoca di instabilità e incertezze, per la scelta definitiva dell'emigrazione <38.
[NOTE]
34. Cpc: b. 2896, f. Maria Teresa Maccario; b. 196, ff. Dante Arnecchi, Nello Arnecchi, Santina Arnecchi; b. 3678, f. Carlo Palmero.
35. Cpc: b. f. Nello Arnecchi.
36. Cpc: b. 2582, f. Romeo Egidio Guglielmi; b. 2581, f. Celestino Ettore Guglielmi; b. 2581, f. Giuseppe Guglielmi.
37. Cfr. Ibidem.
38. Cpc: b. 2582, f. Oberto Guglielmi; b. 2581, f. Giovanni Guglielmi; Adam: 6M 784: f. Oberto Louis Guglielmi.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista dalla Liguria alla Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015