giovedì 9 gennaio 2020

L'iris delle vedove

Hermodactylus tuberosus
"Il dito di Mercurio"; questa è la singolare denominazione assegnata dal botanico  provenzale Giuseppe Pitton de Tournefort, vissuto nella seconda metà del 1600, quando istituì il Genere monospecifico Hermodactylus
In precedenza questa Iridacea era stata inserita in altro gruppo con il nome di Iris bulbosa; le ragioni per le quali ne venne separata risiedono soprattutto per la sezione quadrangolare delle foglie, per l'ovario ad un solo loculo e per l'apparato sotterraneo  formato da parecchi tuberetti divergenti come le dita di una mano aperta.
La sua morfologia del tutto insolita ha imposto anche la nascita di altri battesimi altrettanto originali come "Iris dalla testa di serpente", "Bocca di lupo", ed "Iris delle vedove",  puntualmente rimarcato dal battesimo ligure valido a Bordighera (IM), a causa della striscia scura formata dai sepali patenti.
Quercus
Nasce con una certa frequenza in compagnia della Quercus coccinea nelle zone collinari corrispondenti alla fascia mediterranea dell'ulivo, assieme ad altre Iridacee molto decorative come i Gladioli e gli Iris.
In quelle valli dell'estremo ponente ligure dove Clarence Bicknell, alla fine del 1800, lo segnalava come abbondante in tutti i luoghi erbosi e pietrosi delle zone attorno a Vallecrosia (IM) e sui rilievi della Val Nervia  ad ovest di Camporosso (IM), oggi è diventato introvabile a causa delle profonde e continue mutazioni ambientali. 
Continua, invece, a prosperare nelle serre dei vivaisti e dei collezionisti di specie vegetali insolite ed abbonda nei cataloghi dove vengono decantati sia i suoi insoliti colori che l'inebriante profumo che esala.



Infatti, in RIVIERA NATURE NOTES edito nei primi anni del 1900, si può leggere: "Ho comperato la splendida Iris tuberosa, dai fiori quasi neri al mercato di Nizza verso la fine di marzo- scrive l'autore- I contadini mi dicono che nasce nella valle del Var ma sono incapaci o non vogliono indicarmi la località precisa.
Questa pianta così rara è stata trovata a suo tempo nella valle di Magnan, ma dubito che esista ancora. C'è una terza località indicata nei pressi di Grasse, ma l' ho ricercata invano".

Sinora questa precoce Iridacea è stata considerata componente unica di un Genere monospecifico, ma il gruppo di lavoro coordinato da Mark Chase dei Jodrell Laboratory's di Kew, interessato anche alla riorganizzazione complessiva del Genere Iris, sembra  intenzionato a ridarle la vecchia casa con la denominazione di Iris tuberosa L.

Il nome Hermodactylus significa "Le dita di Ermes", ed è suggerito dalla forma dell’apparato radicale costituito da un rizoma pressoché orizzontale i cui tubercoli si allargano disponendosi a ventaglio imitando le dita di una mano. La Bellavedova ha un brevissimo periodo di fioritura, limitato tra febbraio e marzo.   Il fiore edule si può gustare crudo assieme al rizoma, in insalata; nel meridione  viene considerato un piatto quaresimale a volte mescolato al rizoma di un’altra Iridacea chiamata Iris sisyrinchium nota come Giaggiolo dei poveri o castagnola.  Entrano in queste ricette tradizionali anche il rizoma lessato di una vecchia cinoscenza ligure come l’Iris germanica.

Hermodactylus tuberosus - Salisb. (Sin. Iris bulbosa L.  II- III. Nasce negli incolti, siepi ed oliveti sino ai 1400m). Ha un rizoma obliquo  a tubercoli allungati; il fusto è eretto e cilindrico, alto sino a 40cm. Le foglie inferiori sono in parte squamiformi e pallide, in parte lineari, più lunghe del fusto ed a sezione quadrata. Il fiore solitario ha la base contornata da una spata lanceolata con i tepali esterni ovali, orizzontali, color marrone scuro con bordo chiaro; gli interni sono eretti, lineari lanceolati color verde giallastro. Gli stimmi sono diritti, bilobi ed acuminati; l'ovario ha un solo loculo e forma di fuso.

Il massimo campo d'azione dell'Hermodactylus tuberosus si realizza nel giardinaggio, dove si trova talvolta commerciato anche con il vecchio nome di Iris tuberosa. L'unica avvertenza, soprattutto nella nostra regione dove non esistono pericoli di gelate che ne impongano il ricovero invernale, deve essere quella di piantare i tuberi lasciando più di un palmo di distanza fra una pianta e l'altra e di porli a dimora in posizione semi ombreggiata. Va coltivato in piena terra, ma può essere piantato con successo anche in recipienti sufficientemente profondi per portare un tocco di semplice bellezza su un balcone o un terrazzo. Il suolo può essere di qualsiasi tipo. Durante il ciclo vegetativo non deve mancare l'umidità nel substrato, mentre durante il riposo estivo è sufficiente annaffiare il vaso ogni due, tre settimane.


di Alfredo Moreschi