venerdì 7 ottobre 2022

Ai primi bombardamenti della città, papà e mamma ci avevano mandati dai nonni, a Sanremo

Sanremo (IM): il Porto Vecchio ed il Morgana

Pippo Barzizza nacque a Genova il 15 maggio del 1902. Da giovanissimo imparò a suonare il violino.
Studente di ingegneria, trascurò gli studi per esibirsi nei locali della sua città: la musica era la sua vera vocazione.
Strumentista inquieto e curioso, dal violino passerà al pianoforte, alla fisarmonica, al sax e alla batteria, fino ad approdare ai ‘nuovi lidi’ della composizione e dell’orchestrazione.
Dopo aver lavorato come strumentista nelle formazioni orchestrali dirette dai Fratelli Di Piramo, iniziò a dar vita a formazioni di cui fu arrangiatore e direttore. Ricordiamo a tal proposito la leggendaria "Blue Star", con la quale debuttò a Milano nel 1925.
Il successo non tardò ad arrivare: il suo stile alla ‘americana’ - con molto swing, e sezione fiati in evidenza - era innovativo e colpiva.
Nel 1936 diviene direttore stabile dell'"Orchestra Cetra" con la quale trasmetteva dalla Radio Nazionale (EIAR).
[...] Sposato felicemente, Barzizza ha avuto due figli: Isa, destinata a diventare una famosa soubrette nonché attrice per il cinema, la tv e il teatro, e Renzo, attivo sul fronte della comunicazione e della pubblicità.
Negli ultimi anni della sua vita si ritirò a vivere a Sanremo, dove continuò l'attività di musicista e compositore scrivendo alcuni brani dialettali per la Famija Sanremasca e fornendo la sua collaborazione alla "Compagnia Stabile Città di Sanremo".
Negli anni sanremesi la sua abitazione era diventata una scuola di musica e di canto.
Morì a Sanremo il 4 aprile 1994. Fu nominato cittadino onorario di Sanremo [...]
(testo basato su note di A. Gandolfo)
Redazione, Pippo BarzizzaSanremo. Storia e Tradizioni 

Torino, giugno 1940. Ai primi bombardamenti della città, papà e mamma ci avevano mandati dai nonni, a Sanremo, dove la vita trascorreva pacificamente, almeno per noi bambini; e la guerra arrivava a noi come un'eco, lontana e sfocata. Una vita tutto sommato normale, la mattina a scuola al Cassini, poi i compiti a casa, e poi i giochi in via Peirogallo, dove Isa era alla testa di una temibile banda di ragazzini, “Il cerchio Rosso”. Tutto questo fino all’otto settembre del 1943. All’annuncio dell’armistizio, tanta gente per strada, «La guerra è finita! È finita!» gridavano i grandi, e noi bambini dietro, urlanti e felici per quella festa imprevista di cui capivamo poco, ma comunque era una grande festa. Durò poco. Arrivarono i tedeschi, facevano paura con quei loro elmetti, e le armi, e i pesanti stivali.
Arrivarono anche i bombardamenti, dal cielo, pochi e terrorizzanti, e dal mare, ogni giorno, e in alcuni casi più volte al giorno. Fine della scuola, solo poche lezioni con il maestro Laura; ancora i giochi, non più in via Peirogallo ma a San Pietro, nell’entroterra ligure, sulle colline, dove eravamo sfollati per sfuggire alle bombe.
Un bambino tutto sommato felice, sempre affamato, ma felice di quella vita randagia, sempre piena di sorprese, un giorno a far legna, o raccogliere le castagne, o al pozzo giù a San Pietro, o alla sorgente, a caccia di frutta selvatica, a prendere il latte di capra o un po’ di frutta dal “cumpà”, un contadino che faceva “laborsanera”, parola misteriosa che usavano i nonni. Una volta il “cumpà”, che era a tavola con la sua gente, mi aveva dato da assaggiare un pezzetto di coniglio alla ligure, ma così buono, così buono... Un bambino felice e ignorante.
[...] Torino, maggio 2015. L’appuntamento è davanti all’Auditorium «A. Toscanini», con Freddy Colt e Filippo Arri; lo scopo, una visita, sapientemente guidata, all’Archivio O.S.N. dove sono conservati circa 50.000 documenti, alcuni rarissimi; e tanti, tanti manoscritti, partiture preziose, molte delle quali firmate da Pippo Barzizza, cioè dal mio grande e amato papà, riscoperto ed apprezzato da nuove generazioni di musicisti, colti, competenti e soprattutto appassionati.
[...] Sanremo, inverno 1944. «Renzo, va’ a vedere chi è». Ora insolita per una visita. Noi eravamo a tavola nella grande cucina della casa dei nonni. Luce fioca, un piatto di riso condito con l’estratto di carne Liebig, di cui la nonna aveva fatto la scorta alla vigilia della guerra. Liebig e un filo, ma proprio un filo, di olio. Il campanello continuava a gracchiare, un vecchio campanello manuale, come si usava allora. Apro la porta, un attimo di incertezza… «Nonna, è lo zio Mario! Lo zio Mario è tornato!». François, Annunziata, Romeo, Renata e Mario: i fratelli Salesi, legatissimi l’uno agli altri. Mario, il più giovane, era stato preso durante un rastrellamento dei tedeschi e dei fascisti con altri ragazzi della sua età e mandato in un campo di concentramento a Marsiglia; con la brutta prospettiva di essere arruolati a forza nelle truppe di Salò oppure spedito in Germania. Brutta prospettiva, appunto: così Mario, con alcuni suoi compagni di prigionia, era evaso dal campo in modo rocambolesco, proprio come in un film d’azione, ed era tornato in Italia a piedi, correndo grandissimi rischi, lui e i suoi amici sanremaschi. Erano entrati in città con il buio, e poi si erano separati per tornare alle loro case. Mario era magrissimo, sporco, ed affamato. Gli cedemmo gran parte della nostra cena e lo ascoltavamo, affascinati. Il giorno dopo il nonno fece venire il dottor Ruggero, un gran medico che aveva fatto nascere tutt’e cinque i fratelli Salesi. Gli trovò una pleurite piuttosto grave e lo ficcò a letto, con noi bambini sempre intorno per farci raccontare le sue avventure. Lo zio Mario non era ancora guarito del tutto, quando fu individuato dai fascisti, arruolato a forza nelle truppe di Salò, e trasferito sotto scorta all’Ospedale Militare di Vercelli, dove avrebbe dovuto finire la sua convalescenza. Ma il fratello maggiore, François, già stava già preparando la sua seconda evasione.
[...] Poi da Vercelli a Torino, eludendo tutti i controlli, per arrivare in piazza Cavour ed affidare Mario ad Annunziata, cioè a Tatina, l’affascinante e bellissima moglie di Pippo. E Pippo e Tatina non ebbero il minimo dubbio, accettarono l’incarico e si organizzarono. In quei tempi bui ospitare un disertore ed essere scoperti, magari per una delazione, significava Auschwitz o un altro campo di sterminio in Germania, sempre che non ti fucilassero immediatamente. Mario visse nascosto per più di un anno nei mezzanini di Palazzo Biscaretti; con anche il problema dei bombardamenti, durante i quali Mario entrava per ultimo nel rifugio, cappello calcato sugli occhi, bavero rialzato, come una persona sorpresa lontana dal suo quartiere.
Insomma, una famiglia unita, solidale e coraggiosa. In quei due ultimi anni di occupazione e di guerra, Pippo Barzizza incontrava spesso anche membri del Partito d’Azione; colleghi ed amici, ma certamente oppositori convinti del regime fascista; un’altra iniziativa estremamente pericolosa. Di questo so poco, e ho solo il rimpianto di non aver chiesto di più. Scrive Malvano: «… un sottile lavoro di dissidenza da parte di un artista coraggioso». Sì, un artista coraggioso, in tutti i sensi; sia nel quotidiano che nello svolgimento della sua attività di musicista, di teorico e di innovatore. Talento, tempra, passione; ma anche grande generosità e altruismo.
Mi piace chiudere questa prefazione ringraziando Andrea Malvano e la sua squadra di ricercatori, e la Rai che ha sostenuto con forza questa iniziativa.
Renzo Barzizza, Prefazione a Andrea Malvano, L'arte di arrangiar(si). Trascrizioni e adattamenti storici dell'Archivio Musicale Rai, Libreria Musicale Italiana RAI Eri, 2015

Ma il 1960 sarà per Pippo un anno durissimo: il 21 dicembre del 1959 muore il suo amatissimo "papalone" Luigi e il 3 giugno del 1960 muore in un incidente il marito di Isa, Carlo Alberto Chiesa. Provato dal dolore e dalla fatica, è colpito da un infarto che interrompe e conclude una eccezionale e fortunata carriera.
Gli anni dal 1960 al 1994 Pippo li trascorrerà a Sanremo con la sua adorata Tatina. I primi tempi sono piuttosto difficili: l'incertezza sulla sua ripresa fisica, la paura di dover vivere come un invalido e la lontananza dal quel suo mondo così competitivo, ma anche così affascinante. Ma Pippo ha una salute di ferro e il recupero ha del miracoloso; si distrae dipingendo tutti gli infissi della sua casa e diventa un "provetto pittore"; gioca con i suoi cani; legge molto, cura il suo giardino. Poi la voglia di far musica prevale e ritorna alla sua vita di sempre, ma a Sanremo, nella sua villa, dedicando il suo tempo, le sue capacità ed esperienza non più a platee esigenti, ma ad un gran numero di allievi giovani e meno giovani. Così il suo studio si trasforma in una vera sala di registrazione; arriverà ad avere cinque registratori multitraccia (Teac, Revox, Akai, Philips, stereo e mono; 8 tastiere, batteria elettronica e un ottimo campionatore; il tutto progettato, cablato e gestito da lui, Pippo, il mancato ingegnere. Sono anni felici, «...i più felici della mia vita», come spesso diceva. Non componeva quasi più: le sole cose di quegli anni sono un inedito, Pagine d'Album e La Messa della Mercede, donata ai Frati Francescani e composta su sollecitazione di un simpatico frate, amico suo. È aggiornatissimo come sempre: riconosce il talento dei grandi artisti di quegli anni molto prima del loro meritato successo. Ha una vera passione per i Beatles: «sono grandissimi, entreranno nella storia della musica». E poi suona a memoria Puccini, Verdi, Wagner, Bizet, Mozart, Grieg.. Appare in televisione nel 1982 con Mike Bongiorno (Flash); nel 1984 con Renzo Arbore (Cari amici vicini e lontani) dove dirige due suoi brani per orchestra sola; infine, sempre nel 1984 e in occasione dei sessant'anni della RAI, alla presenza di Sandro Pertini e di Nilde Iotti, dirige per l'ultima volta una grande orchestra proponendo Il Boscaiolo e Sera, due tra le sue più famose e amate composizioni, ri-arrangiate proprio per quella occasione. Non ha invidie o rimpianti. «Ho avuto una bellissima carriera, grandi successi, riconoscimenti; ho viaggiato su macchine potenti, mi sono divertito con le moto, con il cinema e la fotografia. Ho una moglie bellissima, Tatina e due figli in gamba, Isa e Renzo. Ho avuto tutto e ora posso divertirmi con la mia musica. La musica - diceva spesso - è un dono di Dio.». Così, la vita di Pippo trascorre intensa e serena in compagnia della sua adorata Tatina: ben sessantasei anni di felice matrimonio. Si spegne a 92 anni, nella sua amata casa, il 4 aprile del 1994.
In suo onore, il "Centro Studi Stan Kenton" di Sanremo ha istituito un premio per arrangiatori (fermo dal 2004) la cui giuria è stata presieduta da Ennio Morricone.
Redazione, Pippo Barzizza, Radio Swiss Classic  

Ma fantastica è soprattutto lei, Isa Barzizza. L’eleganza prestata alla fabbrica dei sogni di celluloide. La musa-attrice della nobile ditta comica di Macario e poi del principe della risata, Totò, l’abbiamo scovata nel suo buen retiro in Sardegna («vivo qui da cinque anni»), dove sta per dare inizio alla sua «grande festa» di compleanno. «Sono 90, oggi, 22 novembre, e ho chiamato a raccolta tutti gli amici più cari: vengono da Milano, da Bari, da Roma, e dei parenti da Sanremo, la città dove sono nata e in cui sono sfollata durante la guerra... Scappammo da quella Torino bombardata, con la camicia da notte sotto il cappotto e la paura nel cuore. Poi a Sanremo ci sono tornata per delle fantastiche gite in mare, in motoscafo assieme a giovani amici tra cui Italo Calvino».
Cartoline da Sanremo, che è anche la città che aveva adottato suo padre, il genovese maestro Pippo Barzizza, il primo Pippo “nazionalpopolare”.
Diciamo che ai tempi, gli anni ’30-’40, quanto a popolarità non è stato da meno di Pippo Baudo. Papà era un uomo abitato dalla musica. Ebbe un enorme successo con la sua orchestra Blue Star, un sestetto che girava il mondo suonando 36 strumenti, e poi con l’Orchestra Cetra. Pippo Barzizza è stato tante cose, ma soprattutto un pioniere del jazz in Italia.
Massimiliano Castellani, I 90 anni di Isa Barzizza, eleganza senza tempo, Avvenire.it, 22 novembre 2019  

La carriera di Pippo Barzizza, ora raccontata da un documentato e piacevole libro di Freddy Colt, inizia nel capoluogo ligure, dove dopo studi classici il dotato violinista si butta anima e corpo a suonare quel jazz che arriva in città sulle navi che fanno la spola tra il porto cittadino e quelli d’Oltreoceano, e che in termini orchestrali egli ha iniziato ad apprezzare anche seguendo il modello del “re del jazz” americano, Paul Whiteman.
E’ a Milano, dove poi si trasferisce, città pullulante di attività dal vivo ed editoriali, che Pippo  fonda il suo primo complesso, i Blue Star, che a un certo punto include anche Cinico Angelini.
E sulla scorta dei primi successi discografici ed editoriali (per la Fonit, la Carisch, la Suvini e Zerboni e altri marchi ancora celebri) Barzizza approda quindi alla radio pubblica, sostituendo un direttore inglese nominato e licenziato-per ragioni politiche-nel giro di pochi mesi, Claude Bampton.
L’Eiar gli offre un posto sicuro e non molto remunerato, ma che nel tempo gli darà fama e guadagni collaterali, facendone un piccolo “re del jazz” in formato nazionale, e soprattutto una celebrità in termini mediatici.
[...] Il gruppo, che nel tempo farà squadra con un altro musicista italiano di questo periodo molto legato anche al jazz, Gorni Kramer, tra il 1942 e il 1949 (quando nella formazione entra Lucia Mannucci), deve molto della sua ascesa alla notorietà al rapporto con Barzizza, col quale incide brani quali Oggi ho visto un leon e l’americano Route 66.
Come mette in luce il riuscito libro di Colt, nome d’arte di un musicista e pubblicista ligure, la lunga carriera di Barzizza non si conclude con l’esperienza radiofonica, per indirizzarsi, a Roma, al cinema e alla relativa attività di compositore di colonne sonore, firmando le musiche di quasi trenta film di Mario Mattoli (tra cui Fifa e arena, con Totò), Vittorio Metz, Carlo Ludovico Bragaglia e Camillo Mastrocinque.
E’ l’epilogo di una lunga vita, gli ultimi anni della quale Barzizza ha trascorso serenamente, con la famiglia, a Sanremo.
Luca Cerchiari, Freddy Colt, L’astro di Pippo Barzizza. Vita e opere del “re del jazz” italiano, Carocci, IFANEWS.it, 30 aprile 2021